C-102/08 - SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft

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Causa C‑102/08

Finanzamt Düsseldorf-Süd

contro

SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft mbH & Co. Objekt Offenbach KG

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Sesta direttiva IVA — Art. 4, n. 5, secondo e quarto comma — Facoltà riconosciuta agli Stati membri di considerare come attività della pubblica autorità le attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 e 28 della sesta direttiva — Modalità d’esercizio — Diritto alla detrazione — Distorsioni di concorrenza di una certa importanza»

Massime della sentenza

1.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Organismi di diritto pubblico — Non assoggettamento per le attività svolte in quanto pubbliche autorità

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, n. 5, quarto comma)

2.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Organismi di diritto pubblico — Non assoggettamento per le attività svolte in quanto pubbliche autorità

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, n. 5, secondo comma)

1.        Per potersi avvalere della facoltà di cui all’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, facoltà in virtù della quale determinate attività degli organismi di diritto pubblico, esentate a norma degli artt. 13 o 28 della stessa direttiva, sono considerate come attività della pubblica autorità, gli Stati membri devono adottare una norma espressa.

A tal fine, gli Stati membri hanno la facoltà di optare per la tecnica normativa che reputino la più appropriata. Essi possono così, ad esempio, limitarsi a riprendere nella normativa nazionale la formula utilizzata nella sesta direttiva o un’espressione ad essa equivalente, oppure redigere un elenco delle attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 o 28 della sesta direttiva che vengono considerate come attività della pubblica autorità. Infatti, un’autorità esecutiva può essere autorizzata da una norma di legge a specificare quali siano le attività degli organismi di diritto pubblico esentate in forza degli artt. 13 o 28 della sesta direttiva che vengono considerate come attività della pubblica autorità, sempreché le sue decisioni di applicazione rivestano forza cogente incontestabile, rispondano ai requisiti di specificità, di precisione nonché di chiarezza necessari per garantire la certezza delle situazioni giuridiche e possano essere sottoposte al controllo dei giudici nazionali.

(v. punti 56-58, dispositivo 1)

2.        L’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che gli organismi di diritto pubblico devono essere considerati come soggetti passivi per le attività o le operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità non solo quando il loro non assoggettamento, a norma del primo o del quarto comma di tale disposizione, provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza a danno di loro concorrenti privati, ma anche quando esso provocherebbe siffatte distorsioni a loro stesso danno.

(v. punto 76, dispositivo 2)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

4 giugno 2009 (*)

«Sesta direttiva IVA – Art. 4, n. 5, secondo e quarto comma – Facoltà riconosciuta agli Stati membri di considerare come attività della pubblica autorità le attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 e 28 della sesta direttiva – Modalità d’esercizio – Diritto alla detrazione – Distorsioni di concorrenza di una certa importanza»

Nel procedimento C‑102/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione 20 dicembre 2007, pervenuta in cancelleria il 5 marzo 2008, nella causa

Finanzamt Düsseldorf-Süd

contro

SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft mbH & Co. Objekt Offenbach KG,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J.N. Cunha Rodrigues, J. Klučka e A. Arabadjiev (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 gennaio 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la SALIX Grundstücks-Vermietungsgesellschaft mbH & Co. Objekt Offenbach KG, dal sig. U. Prinz, Wirtschaftsprüfer/Steuerberater, e dall’avv. A. Cordewener, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, dai sigg. D. O’Hagan e M. MacGrath, in qualità di agenti, nonché dal sig. N. Travers, BL;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4, n. 5, secondo e quarto comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Finanzamt Düsseldorf-Süd (Ufficio tributario Düsseldorf-Süd; in prosieguo: il «Finanzamt») e la SALIX Grundstücks‑Vermietungsgesellschaft mbH & Co. Objekt Offenbach KG (in prosieguo: la «Salix»), in merito al diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») assolta a monte nell’ambito della costruzione di un edificio successivamente locato ad un organismo di diritto pubblico che, a sua volta, lo ha in parte sublocato a lungo termine a terzi soggetti all’IVA.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        A termini dell’art. 2 della sesta direttiva sono soggette all’IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

4        L’art. 4, n. 5, della sesta direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili.

Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica [autorità] le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli articoli 13 o 28».

5        Ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), primo comma, della sesta direttiva, gli Stati membri esonerano «l’affitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione: (…) delle locazioni di aree destinate al parcheggio dei veicoli».

6        L’art. 13, parte C, della stessa direttiva riserva agli Stati membri la facoltà di accordare ai propri soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione nel caso di affitto e locazione di beni immobili e consente loro tanto di restringere la portata del diritto di opzione quanto di stabilirne le modalità di esercizio.

 La normativa nazionale

7        L’art. 2, nn. 1 e 3, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari del 1993 (Umsatzsteuergesetz 1993, BGBl. 1993 I, pag. 565), nella versione in vigore nel 1995 (in prosieguo: l’«UStG»), aveva il seguente tenore:

«È imprenditore chiunque eserciti in modo indipendente un’attività industriale, commerciale o professionale. L’impresa comprende l’insieme delle attività industriali, commerciali o professionali dell’imprenditore. Per attività industriale, commerciale o professionale s’intende ogni attività esercitata in modo stabile per ricavare introiti, anche nell’ipotesi in cui manchi l’intento di lucro o in cui un’associazione di persone eserciti le proprie attività unicamente a favore dei propri soci.

(…)

3.      Le persone giuridiche di diritto pubblico esercitano un’attività industriale, commerciale o professionale soltanto nell’ambito delle loro aziende di natura industriale o commerciale (art. 1, n. 1, punto 6, e art. 4 del Körperschaftsteuergesetz) e delle loro aziende agricole o forestali (...)».

8        L’art. 4, n. 12, lett. a), dell’UStG disponeva che, nell’ambito delle operazioni contemplate dall’art. 1, n. 1, punti 1-3, dell’UStG, sono esentate da imposta «la locazione e l’affitto di beni immobili, di diritti e facoltà ai quali si applicano le disposizioni del diritto civile relative ai beni immobili e di diritti relativi ad una prerogativa dello Stato afferente all’uso di beni immobili e fondiari».

9        In conformità dell’art. 9, n. 1, dell’UStG, «l’imprenditore può trattare un’operazione esente a norma dell’art. 4, (...) punti 12 (...) alla stregua di una imponibile quando tale operazione viene effettuata in favore di un altro imprenditore e per le esigenze dell’impresa di quest’ultimo».

10      Ai sensi dell’art. 9, n. 2, dell’UStG, la rinuncia all’esenzione è consentita solo «laddove il beneficiario della prestazione utilizzi o intenda utilizzare l’immobile esclusivamente al fine di realizzare operazioni che non escludono la detrazione dell’imposta a monte. Incombe sull’imprenditore l’onere di provare il rispetto di tali condizioni».

11      L’art. 1, n. 1, punto 6, della legge relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz, BGBl. 1991 I, pag. 637), nella versione in vigore nel 1995 (in prosieguo: il «KStG»), prevedeva che le «aziende di natura industriale o commerciale» gestite da persone giuridiche di diritto pubblico e aventi la propria direzione o la propria sede nel territorio tedesco fossero interamente soggette all’imposta sulle persone giuridiche.

12      L’art. 4 del KStG stabiliva quanto segue:

«1.      Salvo quanto disposto dal n. 5 del presente articolo, per aziende di natura industriale o commerciale di persone giuridiche di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 1, n. 1, punto 6, s’intendono tutte le entità organizzative finalizzate all’esercizio di un’attività economica stabile allo scopo di ricavarne introiti, ad esclusione delle attività agricole e forestali, e che si distinguono economicamente all’interno dell’attività complessiva della persona giuridica. Non sono necessari l’intento di lucro e la partecipazione agli scambi economici generali.

2.      Un’azienda di natura industriale o commerciale è illimitatamente soggetta ad imposta anche se essa stessa è una persona giuridica di diritto pubblico.

(…)

4.      È considerata azienda di natura industriale o commerciale la dazione in affitto di un’azienda di questo tipo.

5.      Non costituiscono aziende di natura industriale o commerciale quelle aziende che servono prevalentemente per l’esercizio di pubblici poteri (aziende di natura amministrativa). Ai fini della qualifica di azienda di natura amministrativa non è sufficiente la sussistenza di poteri coercitivi o diritti esclusivi».

13      Dalla decisione di rinvio emerge che, nell’ambito del sistema dell’imposta sulle società, la locazione a lungo termine di un patrimonio immobiliare non viene considerata tra le attività di un’«azienda di natura industriale o commerciale». Tale valutazione discenderebbe per taluni dalla fictio juris di cui all’art. 4, n. 4, del KStG e, per altri, dall’art. 14 del codice tributario del 1977 (Abgabenordnung 1977), nel testo in vigore nel 1995 (in prosieguo: l’«AO»).

14      L’art. 14 dell’AO stabiliva che «costituisce attività aziendale di natura economica l’attività indipendente a carattere stabile che consente di ottenere introiti o altri vantaggi economici e che va oltre la gestione patrimoniale. Non è necessario il fine di lucro. In via generale, sussiste gestione patrimoniale allorché un patrimonio viene fatto fruttare, come ad esempio quando un patrimonio di capitali viene investito e produce interessi o quando un patrimonio immobiliare viene affittato o locato».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

15      Il 20 marzo 1995 la Salix, una società di locazione di beni immobiliari, ha stipulato un «contratto di locazione finanziaria immobiliare» con l’Industrie- und Handelskammer Offenbach (Camera dell’industria e del commercio di Offenbach; in prosieguo: l’«IHK»), organismo di diritto pubblico. Con tale contratto essa s’impegnava a mettere a disposizione dell’IHK, per una durata locativa di 27 anni, un erigendo edificio amministrativo dotato di parcheggio sotterraneo.

16      Nello stesso anno la Salix ha ultimato il suddetto edificio e l’ha messo a disposizione dell’IHK. Quest’ultima ha destinato una parte degli uffici ad uso proprio e ha sublocato a lungo termine i restanti uffici a terzi soggetti all’imposta sulla cifra d’affari. Anche per quanto riguarda il parcheggio sotterraneo l’IHK ha riservato una parte dei posti auto ad uso proprio, ha sublocato a lungo termine un’altra parte degli stessi ai locatari degli uffici ed ha messo a disposizione, a breve termine e a titolo oneroso, i restanti posti auto a soggetti estranei all’immobile.

17      Per poter detrarre l’IVA versata a monte nell’ambito della costruzione dell’edificio e inerente alla parte dell’immobile sublocata dall’IHK, la Salix ha rinunciato, in applicazione dell’art. 9, n. 1, dell’UStG, all’esenzione delle operazioni di locazione, prevista dall’art. 4, n. 12, lett. a), dell’UStG. La società suddetta riteneva che tale rinuncia le conferisse il diritto alla suddetta detrazione, dal momento che essa locava l’edificio per le esigenze dell’impresa di un altro imprenditore, ossia l’IHK, il quale a sua volta lo destinava in parte ad operazioni facenti sorgere il diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte.

18      Tuttavia, in occasione di un’ispezione fiscale effettuata presso la Salix, l’ispettore fiscale le ha negato il beneficio di tale detrazione in relazione alla parte dell’edificio sublocata a lungo termine, per il motivo che, effettuando tale sublocazione, l’IHK non aveva agito nella veste di «imprenditore» ai sensi dell’art. 9, n. 1, dell’UStG.

19      A tale riguardo l’ispettore fiscale ha rilevato che dall’art. 2, n. 3, prima frase, dell’UStG risulterebbe che le persone giuridiche di diritto pubblico possono agire in qualità di imprenditore soltanto nell’ambito di un’«azienda di natura industriale o commerciale», nella definizione datane dagli artt. 1, n. 1, punto 6, e 4 del KStG.

20      Orbene, ad avviso dell’ispettore fiscale, solo la locazione a breve termine poteva essere considerata un’attività esercitata nell’ambito di un’«azienda di natura industriale o commerciale» ai sensi delle succitate disposizioni, dal momento che la locazione a lungo termine, in quanto pura «gestione patrimoniale», non rientrerebbe nella suddetta attività.

21      Il 20 aprile 2001 il Finanzamt ha conseguentemente emesso un avviso di accertamento fiscale rettificativo dell’IVA per l’anno 1995, recante il diniego della detrazione dell’IVA versata a monte dalla Salix nell’ambito della costruzione dell’edificio e inerente alla parte dell’immobile sublocata a lungo termine dall’IHK.

22      L’amministrazione finanziaria competente per le imposte dell’IHK tuttavia non ha condiviso la posizione sopra descritta. Essa ha confermato tanto la qualità di imprenditore dell’IHK relativamente a tutte le sue operazioni di sublocazione quanto la validità della rinuncia da parte della stessa all’esenzione di tali operazioni.

23      A seguito del rigetto del reclamo da essa introdotto avverso l’avviso di accertamento fiscale rettificativo, la Salix ha adito il Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale finanziario di Düsseldorf).

24      Il Finanzgericht Düsseldorf ha accolto il ricorso presentato dalla Salix. Pur ritenendo che l’IHK non avesse effettuato le proprie operazioni di sublocazione a lungo termine in qualità di imprenditore ai sensi del diritto tributario tedesco, il Finanzgericht Düsseldorf ha concluso che si doveva nondimeno ritenere che al riguardo l’IHK avesse agito quale soggetto passivo e, pertanto, quale «imprenditore», in ossequio ad un’interpretazione del diritto nazionale conforme all’art. 4, n. 5, secondo e quarto comma, della sesta direttiva.

25      A giudizio del Finanzgericht Düsseldorf, qualora all’IHK venisse negato il riconoscimento della qualità di imprenditore, privandola così della possibilità di optare per l’imposizione e di conseguenza di detrarre l’IVA versata a monte, la stessa si troverebbe in una posizione di svantaggio rispetto ai suoi concorrenti privati sui mercati interessati. Orbene, ciò potrebbe produrre quelle «distorsioni di concorrenza di una certa importanza» che l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva sarebbe teso a prevenire.

26      Con impugnazione dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte suprema tributaria) il Finanzamt chiede l’annullamento della sentenza del Finanzgericht Düsseldorf ed il rigetto del ricorso della Salix. A fondamento della propria impugnazione il Finanzamt adduce la giurisprudenza della Corte, in base alla quale la summenzionata nozione di «distorsioni di concorrenza di una certa importanza» sarebbe preordinata soltanto a salvaguardare il settore privato dell’economia, vale a dire le imprese private assoggettate ad imposta, nei confronti della concorrenza di organismi di diritto pubblico non assoggettati. Di conseguenza, un’applicazione di questa disposizione in favore anche degli organismi di diritto pubblico contrasterebbe con la finalità della stessa.

27      In primo luogo, il Bundesfinanzhof è propenso a ritenere che gli Stati membri possano avvalersi della facoltà, prevista dall’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, di considerare come attività della pubblica autorità le attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 o 28 di tale direttiva solo ove essi abbiano adottato un’espressa norma di legge in questo senso.

28      Dalla decisione di rinvio risulta in proposito che, per quanto concerne l’assoggettamento degli organismi di diritto pubblico che esercitano attività di affitto e di locazione di immobili, in Germania non è stata adottata alcuna norma di legge espressa. Nella causa principale l’assoggettabilità ad imposta di tali organismi allorché effettuano siffatte operazioni dipende unicamente dall’interpretazione fornita alla nozione di «gestione patrimoniale». Orbene, questa nozione non figura nella normativa pertinente, vale a dire né nell’art. 2, n. 3, dell’UStG, né nell’art. 1, n. 1, punto 6, del KStG, né nell’art. 4 del KStG, e neppure in una delega legislativa conferita da tali disposizioni all’amministrazione.

29      In secondo luogo, il Bundesfinanzhof si chiede se l’applicazione dell’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva sia preclusa nella causa principale per il fatto che la stessa IHK, e non invece uno dei suoi concorrenti privati, nel caso in cui le sue operazioni di sublocazione a lungo termine venissero considerate non imponibili, potrebbe subire distorsioni di concorrenza di una certa importanza ai sensi del secondo comma della suddetta disposizione.

30      Infatti, il Bundesfinanzhof ritiene che, se scopo principale dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva è certo la tutela del settore privato dell’economia nei confronti delle attività non tassate di organismi di diritto pubblico, ciò non impedirebbe per questo che anche tali organismi possano giovarsi della riserva a tutela della concorrenza contemplata dalla detta disposizione. A questo proposito esso fa osservare che dalla lettera del succitato secondo comma non risulterebbe alcuna restrizione alla riserva a tutela della concorrenza ivi prevista, la quale si ricollegherebbe al sopravvenire di distorsioni di concorrenza di una certa importanza, e ciò indipendentemente da chi ne subisca il pregiudizio. Tuttavia, il Bundesfinanzhof è dell’avviso che entrambe tali opposte interpretazioni possano risultare fondate in base alla giurisprudenza della Corte.

31      In tale contesto il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli Stati membri possano “considerare” le attività degli Stati, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri organismi di diritto pubblico, esentate a norma dell’art. 13 della sesta direttiva (...), come attività della pubblica autorità, in applicazione dell’art. 4, n. 5, quarto comma, della medesima direttiva, solo qualora sia stata adottata un’espressa norma di legge in tal senso.

2)      Se la nozione di “distorsioni di concorrenza di una certa importanza”, ai sensi del combinato disposto del quarto e del secondo comma dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva (...), presupponga necessariamente che il non assoggettamento ad imposta di un organismo di diritto pubblico provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza a danno di soggetti passivi concorrenti di diritto privato, ovvero si estenda anche all’ipotesi in cui il non assoggettamento di un organismo di diritto pubblico sia fonte di distorsioni di concorrenza di una certa importanza a danno dell’organismo stesso».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

32      Con la sua prima questione, il Bundesfinanzhof chiede se gli Stati membri possano avvalersi della facoltà, prevista dall’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, di considerare come attività della pubblica autorità le attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 o 28 di tale direttiva soltanto ove sia stata adottata un’espressa norma di legge in tale senso.

 Osservazioni presentate alla Corte

33      A giudizio della Salix, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, per avvalersi della facoltà di cui all’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, gli Stati membri debbono adottare atti legislativi che prevedano tale facoltà in modo espresso. Infatti, gli Stati membri sarebbero tenuti, nell’ambito della trasposizione delle direttive comunitarie, ad optare per strumenti normativi cogenti del diritto nazionale, al fine di instaurare un quadro legislativo preciso, privo di margini di dubbio e chiaramente comprensibile per tutti gli operatori economici. Essa aggiunge che i detti atti potrebbero nondimeno concretizzarsi in una delega di poteri d’attuazione subordinati in favore dell’amministrazione.

34      Il governo tedesco, dal canto suo, ritiene che per la trasposizione dell’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva sia invero richiesta l’adozione di una norma di legge, ma che questa non debba necessariamente essere espressa. A suo avviso, infatti, per la trasposizione della facoltà prevista dalla suddetta disposizione è sufficiente che l’intenzione del legislatore sia chiaramente ricavabile dalle disposizioni di legge applicabili sulla scorta dei metodi di interpretazione giuridici riconosciuti. Orbene, contrariamente a quanto asserito dal giudice del rinvio, per la trasposizione della disposizione in discorso sarebbero state adottate norme di legge.

35      L’Irlanda adduce che dalla costante giurisprudenza della Corte emerge che gli Stati membri, allorché recepiscono una direttiva nel proprio ordinamento giuridico nazionale, devono perseguire gli obiettivi posti da tale direttiva, pur essendo liberi di scegliere la forma e i mezzi appropriati per pervenire a tale risultato. Quanto alla causa principale il suddetto governo ritiene che la normativa tedesca, operando una chiara distinzione tra la gestione patrimoniale e le operazioni commerciali, fornirebbe un fondamento giuridico sufficientemente certo per l’applicazione dell’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva e pertanto non avrebbe rilevanza la mancanza di norme espresse.

36      Ad avviso della Commissione delle Comunità europee, il rispetto dei principi generali del diritto comunitario impone che la trasposizione delle direttive comunitarie avvenga mediante norme di diritto nazionale chiare, formali, dotate di effetto diretto nei confronti dei cittadini, oggetto di pubblicazione ufficiale e non modificabili a discrezione dell’amministrazione. Di conseguenza, gli Stati membri dovrebbero adottare norme di natura legislativa o regolamentare. Nella causa principale, risulterebbe tanto più necessaria una norma espressa e definita in modo puntuale in quanto si tratterebbe di determinare la sfera di applicazione di una deroga al principio di assoggettamento ad imposta di ogni soggetto che eserciti, in modo indipendente, una delle attività economiche menzionate dall’art. 4, n. 2, della sesta direttiva.

 Giudizio della Corte

37      In via preliminare occorre rilevare che, in base all’art. 13, parte B, lett. b), primo comma, della sesta direttiva, l’attività di locazione di spazi destinati al parcheggio di veicoli non figura tra le attività esenti. Pertanto, un’attività siffatta non può essere assimilata, ex art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, ad un’attività esercitata in quanto pubblica autorità, ai sensi del primo comma del medesimo art. 4, n. 5, qualora essa non soddisfi già di per sé tale condizione (v., in tal senso, sentenza 14 dicembre 2000, causa C‑446/98, Fazenda Pública, Racc. pag. I‑11435, punto 44).

38      Occorre però precisare che la nozione di «locazione di beni immobili», oggetto dell’esenzione di cui all’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, comprende necessariamente, oltre alla locazione dei beni che costituiscono l’oggetto principale di essa, quella di tutti i beni che ne sono gli accessori. Pertanto non può essere esclusa dall’esenzione così stabilita la locazione di spazi destinati al parcheggio di veicoli, qualora tale locazione sia strettamente connessa a quella di immobili destinati ad altro uso, nel senso che le due locazioni formano un’operazione economica unica (sentenza 13 luglio 1989, causa 173/88, Henriksen, Racc. pag. 2763, punti 14 e 15).

39      Nella causa principale spetterebbe eventualmente al giudice del rinvio verificare, tenendo conto di tutte le circostanze del caso, se la sublocazione a lungo termine da parte dell’IHK di una parte degli spazi destinati al parcheggio sotterraneo di veicoli ai locatari a lungo termine degli uffici situati nello stesso immobile faccia parte di un’unica operazione economica, ai sensi della giurisprudenza illustrata al punto precedente. Infatti, se così non fosse, la sublocazione da parte dell’IHK dei detti spazi destinati al parcheggio non potrebbe in nessun caso essere assimilata, in applicazione dell’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, ad un’attività esercitata in quanto pubblica autorità, a norma del primo comma di tale disposizione.

40      Per quanto riguarda la questione se gli Stati membri possano valersi della facoltà prevista dall’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva solo ove abbiano previamente adottato un’espressa norma di legge in tal senso, va rammentato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, per la trasposizione di una direttiva nel diritto interno non è necessario che le disposizioni di questa vengano riprese in modo formale e testuale in una norma di legge espressa e specifica e può essere sufficiente un quadro giuridico generale, purché esso garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso (sentenze 28 febbraio 1991, causa C‑131/88, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑825, punto 6; 15 novembre 2001, causa C‑49/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑8575, punto 21, nonché 28 aprile 2005, causa C‑410/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3507, punto 60).

41      Perché il requisito di certezza del diritto sia assolto è particolarmente importante che, nel caso in cui la direttiva di cui trattasi sia diretta a creare diritti in capo ai singoli, i beneficiari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro diritti ed eventualmente di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (v. sentenze citate Commissione/Germania, punto 6; 15 novembre 2001, Commissione/Italia, punti 21 e 22, nonché 28 aprile 2005, Commissione/Italia, punto 60).

42      Difatti, ciascuno Stato membro ha l’obbligo di attuare le direttive in modo tale che siano soddisfatti appieno i requisiti di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche imposti dal legislatore comunitario, nell’interesse dei soggetti interessati stabiliti negli Stati membri. A tal fine le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente incontestabile, nonché con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie (sentenza 18 ottobre 2001, causa C‑354/99, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑7657, punto 27, e giurisprudenza ivi citata).

43      In particolare, semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dall’amministrazione e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi del Trattato CE (v. sentenze 7 marzo 1996, causa C‑334/94, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1307, punto 30, e 13 marzo 1997, causa C‑197/96, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1489, punto 14).

44      Sebbene spetti al giudice del rinvio valutare se nella causa principale le condizioni di trasposizione illustrate ai punti 40-43 della presente sentenza siano soddisfatte, la Corte tuttavia può, al fine di offrire al detto giudice una risposta utile, fornirgli le indicazioni che essa reputi necessarie (v., in particolare, sentenze 1° luglio 2008, causa C‑49/07, MOTOE, Racc. pag. I‑4863, punto 30, e 22 dicembre 2008, causa C‑414/07, Magoora, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33).

45      Nella fattispecie in esame, dalla decisione di rinvio risulta che, a norma del diritto tributario tedesco, la possibilità per l’IHK di optare per il proprio assoggettamento ad imposta dipende unicamente dalla questione se la locazione d’immobili da parte di organismi di diritto pubblico sia considerata come attività imprenditoriale effettuata nell’ambito di un’azienda di natura industriale o commerciale, oppure come attività rientrante nella mera gestione patrimoniale.

46      Al riguardo, dalla decisione di rinvio risulta altresì che, come rilevato al punto 28 della presente sentenza, la fondamentale nozione di gestione patrimoniale non figura nella normativa pertinente, cioè né nell’UStG, né nel KStG, né in una delega legislativa conferita all’amministrazione da tali testi normativi.

47      Relativamente a quanto fatto osservare dal governo tedesco, ossia che l’art. 14 dell’AO prevede la nozione di gestione patrimoniale distinguendola dalle attività imprenditoriali, si deve peraltro rilevare che dalla decisione di rinvio emerge che situazioni come quella oggetto della causa principale non ricadono direttamente nella sfera d’applicazione di tale art. 14.

48      Infatti, da un lato, il giudice del rinvio ha precisato che la distinzione tra la gestione patrimoniale e le attività imprenditoriali non figura nella normativa pertinente. Dall’altro, esso ha espressamente rilevato che, ove tale distinzione venga considerata nondimeno applicabile al sistema dell’imposta sulle società, tale valutazione si basa soltanto su una deduzione che, oltretutto, trova il proprio fondamento, per taluni, nell’art. 14 dell’AO e, per altri, nell’art. 4, n. 4, del KStG.

49      Infine, dalla decisione di rinvio risulta che l’amministrazione finanziaria competente a conoscere della domanda dell’IHK diretta ad ottenere la detrazione dell’IVA versata a monte ha ritenuto, contrariamente al Finanzamt, che anche la locazione a lungo termine fosse un’attività imprenditoriale atta a far sorgere, in ultima analisi, il diritto alla detrazione. Si deve dunque necessariamente constatare che esistono prassi amministrative divergenti.

50      Inoltre, secondo la decisione di rinvio, in Germania non è stata adottata alcuna norma di legge espressa per quanto concerne l’assoggettamento ad imposta degli organismi di diritto pubblico che esercitano attività di affitto e di locazione di immobili.

51      A tale proposito va sottolineato che, secondo l’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, gli Stati membri hanno la facoltà, e non l’obbligo, di considerare le attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 o 28 della sesta direttiva come attività della pubblica autorità. Questa disposizione, pertanto, non deve essere necessariamente oggetto di trasposizione nel diritto nazionale.

52      Ne consegue che, per poter beneficiare della facoltà prevista da tale disposizione, gli Stati membri sono tenuti ad operare la scelta di avvalersene.

53      Va del pari rilevato che la facoltà in questione consente agli Stati membri di valersi, per le suddette attività, della deroga, prevista dall’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, alla regola generale sancita dagli artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2, della direttiva, secondo la quale ogni attività di natura economica è, in linea di principio, soggetta all’IVA.

54      Ora, dato che l’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva prevede una deroga ad una delle regole generali fissate da quest’ultima, il disposto della detta disposizione deve essere interpretato restrittivamente.

55      Ciò premesso occorre ritenere che, per avvalersi della facoltà prevista dall’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, gli Stati membri debbano operare una scelta specifica in tale senso. Essi devono quindi disporre che le specifiche attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 o 28 della sesta direttiva siano considerate come attività della pubblica autorità.

56      In proposito va precisato che gli Stati membri hanno la facoltà di optare per la tecnica normativa che reputino la più appropriata. Essi possono così, ad esempio, limitarsi a riprendere nella normativa nazionale la formula utilizzata nella sesta direttiva o un’espressione ad essa equivalente, oppure redigere un elenco delle attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli art. 13 o 28 della sesta direttiva che vengono considerate come attività della pubblica autorità (v., in tal senso, sentenza 17 ottobre 1989, cause riunite 231/87 e 129/88, Comune di Carpaneto Piacentino e a., Racc. pag. 3233, punto 18).

57      Infatti, un’autorità esecutiva può essere autorizzata da una norma di legge a specificare quali siano le attività degli organismi di diritto pubblico esentate a norma degli artt. 13 o 28 della sesta direttiva che vengono considerate come attività della pubblica autorità, sempreché le sue decisioni di applicazione rivestano forza cogente incontestabile, rispondano ai requisiti di specificità, di precisione nonché di chiarezza necessari per garantire la certezza delle situazioni giuridiche e possano essere sottoposte al controllo dei giudici nazionali (v., per analogia, sentenza Fazenda Pública, cit., punto 35).

58      Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la prima questione dichiarando che, per potersi avvalere della facoltà di cui all’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva, facoltà in virtù della quale determinate attività degli organismi di diritto pubblico, esentate a norma degli artt. 13 o 28 della stessa direttiva, sono considerate come attività della pubblica autorità, gli Stati membri devono adottare una norma espressa.

 Sulla seconda questione

59      Con la sua seconda questione, il Bundesfinanzhof chiede in sostanza se l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva vada interpretato nel senso che gli organismi di diritto pubblico devono essere considerati come soggetti passivi per le attività o le operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità non solo qualora il loro non assoggettamento in forza del primo o del quarto comma di questa disposizione provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza a danno dei loro concorrenti privati, ma anche qualora esso provochi siffatte distorsioni a loro stesso danno.

 Osservazioni presentate alla Corte

60      La Salix, il governo tedesco e la Commissione fanno osservare che il testo dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva si riferisce indistintamente a tutte le «distorsioni della concorrenza di una certa importanza», a prescindere da chi ne subisca il pregiudizio. Orbene, il non assoggettamento di tali organismi, comportando la loro esclusione dal diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte, potrebbe altresì provocare distorsioni di concorrenza a danno del soggetto esente da imposta. Dal momento che la concorrenza è falsata, poco importa se a vantaggio degli organismi di diritto pubblico o dei loro concorrenti privati, dovrebbe ritenersi violato il principio di neutralità fiscale, espressione in materia di IVA del principio di parità di trattamento. Una simile interpretazione, infatti, risponderebbe alla logica della tutela della concorrenza in quanto tale, a prescindere dalla qualità soggettiva dell’operatore individuale coinvolto.

61      L’Irlanda fa per contro osservare che, benché il testo dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva non fornisca una definizione più specifica della nozione di «distorsioni di concorrenza di una certa importanza», il detto art. 4, n. 5, mirerebbe ad escludere gli organismi di diritto pubblico dall’ambito della sesta direttiva. Il legislatore comunitario non avrebbe mai avuto l’intenzione di consentire agli stessi organismi di diritto pubblico di invocare questa eccezione al fine di ottenere la qualità di operatori soggetti ad imposta per le loro attività. Inoltre, siffatta interpretazione svuoterebbe del suo contenuto il potere discrezionale accordato gli Stati membri dal quarto comma della suddetta disposizione e contrasterebbe altresì con l’obiettivo perseguito dal secondo comma della stessa disposizione, e cioè, ai sensi della giurisprudenza della Corte, di tutelare i concorrenti privati dall’attività degli organismi di diritto pubblico.

 Giudizio della Corte

62      In via preliminare occorre rammentare che, in forza dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, gli organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per quanto riguarda l’IVA per le attività o le operazioni di natura economica che esercitano in quanto pubbliche autorità e che, a termini del quarto comma della stessa disposizione, gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica autorità le attività dei suddetti organismi le quali siano esenti a norma degli artt. 13 o 28 della detta direttiva.

63      Tuttavia tali organismi, anche quando esercitano simili attività nella loro qualità di pubbliche autorità, devono essere considerati come soggetti passivi, in conformità dell’art. 4, n. 5, secondo comma, qualora il loro non assoggettamento provochi distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

64      Spetta pertanto al giudice del rinvio stabilire in prima battuta se l’attività di locazione dell’IHK configuri un’attività esercitata da un organismo di diritto pubblico che agisce in quanto pubblica autorità ai sensi dell’art. 4, n. 5, primo o quarto comma, della sesta direttiva. Solo in quest’ipotesi trova applicazione l’art. 4, n. 5, secondo comma (v., in tal senso, sentenze Fazenda Pública, cit., punto 43, e 16 settembre 2008, causa C‑288/07, Isle of Wight Council e a., Racc. pag. I‑7203, punti 30‑32).

65      Innanzi tutto va ricordato che, giusta l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, gli organismi di diritto pubblico devono essere considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, «quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza».

66      Pertanto, il testo dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva non specifica i soggetti che esso si prefigge di tutelare da tali distorsioni di concorrenza di una certa importanza conseguenti al non assoggettamento ad imposta degli organismi di diritto pubblico.

67      In secondo luogo, si deve ricordare che l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, contemplando una deroga al non assoggettamento degli organismi di diritto pubblico per le attività o le operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, mira a ripristinare la regola generale, sancita dagli artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2, di tale direttiva, secondo la quale ogni attività avente natura economica è, in linea di principio, soggetta all’IVA (v. sentenza Isle of Wight Council e a., cit., punto 38).

68      Di conseguenza, l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva non può essere sottoposto ad un’interpretazione restrittiva (v. sentenza Isle of Wight Council e a., cit., punto 60).

69      In terzo luogo, per quanto attiene alla finalità dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, cui si riferisce in particolare l’Irlanda, non vi sono elementi atti a far ritenere che questa disposizione sia volta ad assicurare che gli organismi di diritto pubblico subiscano le conseguenze delle distorsioni di concorrenza di una certa importanza che potrebbe provocare il loro non assoggettamento a norma del primo o del quarto comma della suddetta disposizione.

70      In quarto luogo, va ricordato che il diritto alla detrazione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Tale diritto si esercita immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v., in particolare, sentenze 6 luglio 1995, causa C‑62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I‑1883, punto 18; 21 marzo 2000, cause riunite da C‑110/98 a C‑147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I‑1577, punto 43, nonché 6 luglio 2006, cause riunite C‑439/04 e C‑440/04, Kittel e Recolta Recycling, Racc. pag. I‑6161, punto 47).

71      Infatti, il sistema delle detrazioni mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v., in particolare, sentenze 22 febbraio 2001, causa C‑408/98, Abbey National, Racc. pag. I‑1361, punto 24; 21 aprile 2005, causa C‑25/03, HE, Racc. pag. I‑3123, punto 70, nonché Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 48).

72      Ne consegue che il diritto alla detrazione è, in linea di principio, applicabile in tutta la catena di cessioni di beni e di prestazioni di servizi effettuate da soggetti passivi che agiscano in quanto tali per le esigenze delle attività economiche di altri soggetti passivi (v., in tal senso, sentenze 12 gennaio 2006, cause riunite C‑354/03, C‑355/03 e C‑484/03, Optigen e a., Racc. pag. I‑483, punto 52, nonché Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 45).

73      Orbene, non può escludersi che il non assoggettamento di un organismo di diritto pubblico esercitante determinate attività ed operazioni possa, ove ostacoli il suddetto diritto alla detrazione dell’IVA, avere ripercussioni sulla catena di cessioni di beni e di prestazioni di servizi a danno di soggetti passivi operanti nel settore privato.

74      Infatti, nella causa principale, come si è rilevato ai punti 17‑21 della presente sentenza, il non assoggettamento dell’IHK ha precluso alla Salix, persona giuridica di diritto privato, di beneficiare del diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte.

75      Da tutto quanto precede discende che l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva ha ad oggetto anche le distorsioni di concorrenza a danno degli organismi di diritto pubblico.

76      Stanti tali premesse, si deve risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che gli organismi di diritto pubblico devono essere considerati come soggetti passivi per le attività o le operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità non solo quando il loro non assoggettamento, a norma del primo o del quarto comma di tale disposizione, provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza a danno di loro concorrenti privati, ma anche quando esso provocherebbe siffatte distorsioni a loro stesso danno.

 Sulle spese

77      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Per potersi avvalere della facoltà di cui all’art. 4, n. 5, quarto comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, facoltà in virtù della quale determinate attività degli organismi di diritto pubblico, esentate a norma degli artt. 13 o 28 della stessa direttiva, sono considerate come attività della pubblica autorità, gli Stati membri devono adottare una norma espressa.

2)      L’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che gli organismi di diritto pubblico devono essere considerati come soggetti passivi per le attività o le operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità non solo quando il loro non assoggettamento, a norma del primo o del quarto comma di tale disposizione, provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza a danno di loro concorrenti privati, ma anche quando esso provocherebbe siffatte distorsioni a loro stesso danno.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.