C-74/08 - PARAT Automotive Cabrio

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Causa C‑74/08

PARAT Automotive Cabrio Textiltetőket Gyártó Kft.

contro

Adó- és Pénzügyi Ellenőrzési Hivatal, Hatósági Főosztály, Észak-magyarországi Kihelyezett Hatósági Osztály

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Nógrád Megyei Bíróság)

«Sesta direttiva IVA — Adesione di un nuovo Stato membro — Imposta relativa all’acquisto sovvenzionato di beni strumentali — Diritto alla detrazione — Esclusioni previste da una normativa nazionale al momento dell’entrata in vigore della sesta direttiva — Facoltà per gli Stati membri di mantenere esclusioni»

Massime della sentenza

1.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Esclusioni del diritto a detrazione — Facoltà per gli Stati membri di mantenere le esclusioni esistenti alla data di entrata in vigore della sesta direttiva

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, nn. 2 e 6)

2.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, n. 2)

1.        L’art. 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che, in caso di acquisto di beni sovvenzionato da fondi pubblici, consente di detrarre l’imposta sul valore aggiunto ad esso relativa solo fino a concorrenza della parte non sovvenzionata di tale acquisto.

Infatti, una normativa siffatta introduce, per quanto concerne l’acquisto di beni o di servizi finanziati da una sovvenzione, una limitazione che non è autorizzata dall’art. 17, n. 2, della sesta direttiva. Certamente, il principio del diritto alla detrazione è tuttavia mitigato dalla disposizione derogatoria contenuta nell’art. 17, n. 6, secondo comma della citata direttiva. Tuttavia, l’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva deve essere letto alla luce del primo comma della stessa disposizione, che conferisce al Consiglio la competenza a determinare, su proposta della Commissione, le spese che non danno diritto a detrazione dell’imposta, pur precisando che non potranno comunque costituire oggetto di tale diritto le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. Di conseguenza, e considerata l’interpretazione restrittiva di cui deve essere oggetto in quanto disposizione derogatoria, l’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva non può essere considerato come norma che autorizza uno Stato membro a mantenere una limitazione del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto applicabile in maniera generale a qualunque spesa legata all’acquisto di beni, indipendentemente dalla sua natura o dal suo oggetto. Un’interpretazione simile si impone anche alla luce dei lavori preparatori di tale disposizione, che rispecchiano la costante volontà del legislatore comunitario di autorizzare l’esclusione dal regime di detrazione soltanto di taluni beni o servizi, e non esclusioni di carattere generale.

(v. punti 20‑21, 27‑30, dispositivo 1)

2.        L’art. 17, n. 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, attribuisce ai soggetti passivi diritti che questi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi a una normativa nazionale incompatibile con questa disposizione. Inoltre, qualora un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente alle disposizioni della sesta direttiva, le autorità tributarie nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una disposizione che deroga al principio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. Il soggetto passivo cui sia stata applicata una tale misura deve dunque poter ricalcolare il suo debito impositivo conformemente all’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta.

(v. punti 33‑36, dispositivo 2)







SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

23 aprile 2009 (*)

«Sesta direttiva IVA – Adesione di un nuovo Stato membro – Imposta relativa all’acquisto sovvenzionato di beni strumentali – Diritto alla detrazione – Esclusioni previste da una normativa nazionale al momento dell’entrata in vigore della sesta direttiva – Facoltà per gli Stati membri di mantenere esclusioni»

Nel procedimento C‑74/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Nógrád Megyei Bíróság (Ungheria), con decisione 16 luglio 2007, pervenuta in cancelleria il 30 gennaio 2008, nella causa

PARAT Automotive Cabrio Textiltetőket Gyártó kft

contro

Adó- és Pénzügyi Ellenőrzési Hivatal Hatósági Főosztály Észak-magyarországi Kihelyezett Hatósági Osztály,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore) e dal sig. J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 marzo 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo ungherese, dalle sig.re R. Somssich, J. Fazekas, K. Borvölgyi e dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou e dalla sig.ra K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la società PARAT Automotive Cabrio Textiltetőket Gyártó kft (in prosieguo: la «PARAT») e la Adó- és Pénzügyi Ellenőrzési Hivatal Hatósági Főosztály Észak-magyarországi Kihelyezett Hatósági Osztály (Ufficio fiscale locale, dipendente dall’ufficio fiscale competente per la regione del nord dell’Ungheria dell’amministrazione delle entrate e del controllo finanziario, in prosieguo: l’«APEH»), in ordine alla determinazione dell’ambito di applicazione del diritto tributario nazionale in tema di diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») sull’acquisto di beni sovvenzionati.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        L’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU 1967, 71, pag. 1301) è così formulato:

«Il principio del sistema comune di [IVA] consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’[IVA], calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’[IVA] che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

(…)».

4        Ai sensi dell’art. 17, nn. 2, 6 e 7, della sesta direttiva, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18):

«2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)

6.      Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’[IVA]. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all’entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva.

7.      Fatta salva la consultazione prevista dall’articolo 29, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere totalmente o in parte dal regime di deduzioni la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni. Per mantenere condizioni di concorrenza identiche, gli Stati membri possono, anziché rifiutare la deduzione, tassare i beni fabbricati dallo stesso soggetto passivo o acquistati dal medesimo all’interno del paese, oppure importati, in modo che questa imposizione non superi l’ammontare dell’[IVA] che graverebbe sull’acquisto di beni analoghi».

 La normativa nazionale

5        Il capitolo VIII della legge ungherese 1992, n. LXXIV, relativa all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), in vigore dal 1° maggio 2004 – data di adesione della Repubblica di Ungheria all’Unione europea – conteneva, all’epoca dei fatti controversi nella causa principale, all’art. 38, n. 1, lett. a), riguardante la ripartizione dell’imposta assolta a monte, con il titolo «Detrazione dell’imposta», la seguente disposizione:

«Ripartizione dell’imposta assolta a monte

Il soggetto passivo è tenuto ad indicare in modo distinto, nella sua contabilità, l’ammontare dell’imposta assolta a monte detraibile e non detraibile (…). Il soggetto passivo che beneficia di sovvenzioni provenienti da fondi pubblici non rientranti nella base imponibile (…) può, salvo che la legge finanziaria annuale non disponga diversamente,

a)      in caso di sovvenzioni ottenute per acquistare determinati beni, esercitare il diritto a detrazione solo relativamente all’acquisto di cui trattasi e per un importo massimo pari alla parte non sovvenzionata.

(…)».

6        La disposizione summenzionata è stata abrogata con effetto dal 1° gennaio 2006. Tale misura, tuttavia, non era retroattiva. Di conseguenza, l’applicazione del calcolo al prorata delle sovvenzioni finanziate da fondi pubblici aveva luogo per ogni acquisto di beni effettuato prima del 31 dicembre 2005.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

7        In forza di un contratto di sovvenzione stipulato l’11 maggio 2005 con la Magyar Fejlesztési Bank (Banca ungherese di sviluppo), che agiva per conto del Gazdasági és Közlekedési Minisztérium (Ministero dell’Economia e dei Trasporti), la PARAT realizzava un investimento allo scopo di ampliare le sue capacità di produzione di tetti decappottabili per automobili nel corso del 2005. Detto contratto aveva attribuito alla PARAT una sovvenzione a fondo perduto pari al 47% dell’importo totale delle spese di investimento.

8        La PARAT, per tale investimento, contabilizzava quattro fatture rilasciate per l’acquisto di macchinari per un importo complessivo di HUF 43 882 853, detraendo la totalità dell’IVA indicata su tali fatture, ossia HUF 10 971 718, nella sua dichiarazione IVA relativa al mese di settembre 2005.

9        Successivamente, la Nógrád Megyei Igazgatóság Kiutalás Előtti Ellenőrzési Osztálya (Divisione di controllo della direzione dell’amministrazione tributaria del comitato di Nógrád) effettuava un controllo della summenzionata dichiarazione, secondo il quale concludeva che la PARAT doveva ridurre l’importo dell’IVA dedotto relativo all’acquisto di macchinari nell’ambito dell’investimento realizzato, in ragione della sovvenzione a fondo perduto da essa ricevuta.

10      L’APEH calcolava quindi l’importo dell’IVA detraibile sulla base della parte del finanziamento percepito (47%), constatando che la PARAT, invece dell’importo pari a HUF 10 971 718 da essa detratto quale IVA sui beni strumentali acquistati, aveva diritto ad una detrazione di HUF 5 748 000. L’APEH, dunque, dopo il calcolo del prorata rimanente, fissava in HUF 5 223 718 l’importo dell’IVA non detraibile, che veniva imputato alla PARAT come debito d’imposta. Inoltre, quest’importo era maggiorato di un’ammenda e di una penalità di mora.

11      Nel reclamo diretto contro questa decisione la PARAT chiedeva l’annullamento di detto debito d’imposta nonché dell’ammenda e della penalità di mora. Essa faceva valere, in particolare, che la normativa nazionale applicabile all’epoca dei fatti della causa principale costituiva una limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA incompatibile con le disposizioni della sesta direttiva. Il reclamo della PARAT veniva respinto dall’APEH.

12      La PARAT, pertanto, proponeva un ricorso di annullamento contro la decisione che ordinava il recupero del debito d’imposta, maggiorato di un’ammenda e di una penalità di mora. Essa sottolineava, in particolare, che l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva le consentiva di detrarre la totalità dell’IVA risultante dalle fatture corrispondenti ai beni strumentali acquisiti.

13      Ciò considerato, il Nógrád Megyei Bíróság decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se il 1° maggio 2004, data di adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, il regime sancito all’art. 38, n. 1, lett. a), della legge [sull’IVA], fosse compatibile con il disposto dell’art. 17 della sesta direttiva (…).

2)       In caso di risposta negativa, se la ricorrente possa invocare direttamente l’art. 17 della sesta direttiva quando esercita il diritto a detrazione, considerato il regime di cui all’art. 38, n. 1, lett. a), della legge [sull’IVA]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

14      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni di cui all’art. 17 della sesta direttiva ostino a che uno Stato membro escluda il diritto alla detrazione dell’IVA per la parte del prezzo di acquisto di un bene proveniente da una sovvenzione finanziata da fondi pubblici.

15      Per risolvere tale questione, occorre anzitutto ricordare che il diritto alla detrazione dell’IVA costituisce, in quanto parte integrante del meccanismo dell’IVA, un principio fondamentale inerente al sistema comune dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (v. sentenze 21 marzo 2000, cause riunite C‑110/98- C‑147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I‑1577, punto 43, 8 gennaio 2002, causa C‑409/99, Metropol e Stadler, Racc. pag. I‑81, punto 42, nonché 26 maggio 2005, causa C‑465/03, Kretztechnik, Racc. pag. I‑4357, punto 33).

16      La Corte, ai detti punti delle citate sentenze, ha altresì dichiarato che, in base ai principi inerenti al sistema comune dell’IVA, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’IVA gravante direttamente sulle operazioni effettuate a monte. Il diritto alla detrazione si esercita immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte. Ne deriva che qualsiasi limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA incide sul livello dell’imposizione fiscale e deve applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri.

17      È necessario rilevare, inoltre, che l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva afferma, in termini espressi e precisi, il principio della detrazione da parte del soggetto passivo degli importi fatturatigli a titolo di IVA per i beni ceduti o i servizi prestati allo stesso, qualora tali beni o servizi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili (v. sentenze Metropol e Stadler, cit., punto 43; 11 dicembre 2008, causa C‑371/07, Danfoss e AstraZeneca, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27, nonché 22 dicembre 2008, causa C‑414/07, Magoora, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29).

18      Ciò considerato, sono consentite deroghe nei soli casi espressamente contemplati dalla sesta direttiva (v. sentenze 19 settembre 2000, cause riunite C‑177/99 e C‑181/99, Ampafrance e Sanofi, Racc. pag. I‑7013, punto 34, nonché citate sentenze Danfoss e AstraZeneca, punto 26, e Magoora, punto 28).

19      Riguardo ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, recante il titolo «Detrazione dell’imposta», si deve osservare che essa contiene una limitazione generale del diritto alla detrazione dell’IVA applicabile a qualunque acquisto di beni sovvenzionato da fondi pubblici.

20      Una normativa siffatta introduce, per quanto concerne l’acquisto di beni o di servizi finanziati da una sovvenzione, una limitazione del diritto alla detrazione che non è autorizzata dall’art. 17, n. 2, della sesta direttiva (v., in tal senso, sentenze 6 ottobre 2005, causa C‑204/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑8389, punti 26 e 27, nonché Commissione/Francia, causa C‑243/03, Racc. pag. I‑8411, punto 32).

21      Il principio del diritto alla detrazione dell’IVA è tuttavia mitigato dalla disposizione derogatoria contenuta nel secondo comma dell’art. 17, n. 6, della sesta direttiva. In base a tale disposizione, gli Stati membri sono autorizzati a mantenere in vigore la propria legislazione esistente in materia di esclusione del diritto alla detrazione dell’IVA alla data di entrata in vigore di detta direttiva, fintantoché il Consiglio non determini le spese per le quali tale diritto non sia riconosciuto (v. citate sentenze Metropol e Stadler, punto 44, nonché Danfoss e AstraZeneca, punto 28).

22      L’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva contiene una clausola di «standstill», che prevede il mantenimento delle esclusioni nazionali del diritto alla detrazione dell’IVA già vigenti anteriormente all’entrata in vigore della sesta direttiva per lo Stato membro considerato. Tale disposizione mira a consentire agli Stati membri, nell’attesa dell’adozione da parte del Consiglio del regime comunitario delle esclusioni del diritto alla detrazione dell’IVA, di mantenere in vigore qualsiasi norma giuridica nazionale che escluda questo diritto alla detrazione effettivamente applicata dalle loro autorità pubbliche al momento dell’entrata in vigore della sesta direttiva (v. citate sentenze Metropol e Stadler, punto 48; Danfoss e AstraZeneca, punti 30 e 31, nonché Magoora, punto 35).

23      Tuttavia, un regime che prevede una deroga al principio del diritto alla detrazione dell’IVA, istituito in generale al n. 2 dell’art. 17 della sesta direttiva, e che mira a garantire la neutralità di tale imposta, deve essere interpretato restrittivamente (v. citate sentenze Metropol e Stadler, punto 59, nonché Magoora, punto 28).

24      Quanto ad una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale e all’applicabilità del regime derogatorio summenzionato, occorre anzitutto osservare che la sesta direttiva è entrata in vigore in Ungheria alla data di adesione di tale Stato membro all’Unione europea, vale a dire il 1° maggio 2004. Pertanto, tale data rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 17, n. 6, di detta direttiva, per quanto riguarda questo Stato membro (v., in tal senso, sentenza Magoora, cit., punto 27).

25      Al fine di valutare una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale con riferimento al detto regime derogatorio comunitario, è necessario constatare che, come risulta dal punto 19 della presente sentenza, essa costituisce una misura di carattere generale che limita il diritto alla detrazione integrale dell’IVA versata a monte relativo a qualunque acquisto di beni finanziato da una sovvenzione proveniente da fondi pubblici.

26      Orbene, detta normativa contiene una limitazione del diritto alla detrazione che eccede quanto autorizzato dall’art. 17, n. 6, della sesta direttiva.

27      Infatti, l’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva deve essere letto alla luce del primo comma della stessa disposizione che conferisce al Consiglio la competenza a determinare, su proposta della Commissione, le spese che non danno diritto a detrazione dell’IVA, pur precisando che non potranno comunque costituire oggetto di tale diritto le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

28      Di conseguenza, e considerata l’interpretazione restrittiva di cui deve essere oggetto in quanto disposizione derogatoria, l’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva non può essere considerato come norma che autorizza uno Stato membro a mantenere una limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA applicabile in maniera generale a qualunque spesa legata all’acquisto di beni, indipendentemente dalla sua natura o dal suo oggetto.

29      Un’interpretazione simile si impone anche alla luce dei lavori preparatori di tale disposizione, che rispecchiano la costante volontà del legislatore comunitario di autorizzare l’esclusione dal regime di detrazione soltanto di taluni beni o servizi, e non esclusioni di carattere generale (v., in tal senso, sentenze 5 ottobre 1999, causa C‑305/97, Royscot e a., Racc. pag. I‑6671, punto 22, nonché 14 luglio 2005, causa C‑434/03, Charles e Charles-Tijmens, Racc. pag. I‑7037, punti 32 e 35).

30      Occorre, pertanto, risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che, in caso di acquisto di beni sovvenzionato da fondi pubblici, consente di detrarre l’IVA ad esso relativa solo fino a concorrenza della parte non sovvenzionata di tale acquisto.

 Sulla seconda questione

31      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un soggetto passivo possa far valere l’applicazione dell’art. 17 della sesta direttiva contro una normativa nazionale che limita il diritto alla detrazione dell’IVA in maniera non conforme ai nn. 2 e 6 di detto art. 17.

32      Per risolvere tale questione occorre ricordare che la Corte, nella sentenza 6 luglio 1995, causa C‑62/93, BP Soupergaz (Racc. pag. I‑1883, punto 35), ha rilevato che l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva indica con precisione i requisiti ai quali è subordinato detto diritto nonché la portata del medesimo, e non lascia agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per quanto attiene alla sua attuazione.

33      La Corte, pertanto, ai punti 35 e 36 di detta sentenza, ha dichiarato che l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva attribuisce ai singoli diritti che questi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi a una normativa nazionale incompatibile con la disposizione medesima.

34      La Corte ha inoltre sottolineato che, qualora un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente alle disposizioni della sesta direttiva, le autorità tributarie nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una disposizione che deroga al principio del diritto alla detrazione dell’IVA (v. sentenza 14 settembre 2006, causa C‑228/05, Stradasfalti, Racc. pag. I‑8391, punto 66).

35      Il soggetto passivo cui sia stata applicata una tale misura deve dunque poter ricalcolare il suo debito IVA conformemente all’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta (v. citata sentenza Stradasfalti, punto 68).

36      Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva attribuisce ai soggetti passivi diritti che questi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi a una normativa nazionale incompatibile con questa disposizione.

 Sulle spese

37      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’art. 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che, in caso di acquisto di beni sovvenzionato da fondi pubblici, consente di detrarre l’imposta sul valore aggiunto ad esso relativa solo fino a concorrenza della parte non sovvenzionata di tale acquisto.

2)      L’art. 17, n. 2, della sesta direttiva 77/388 attribuisce ai soggetti passivi diritti che questi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi a una normativa nazionale incompatibile con questa disposizione.

Firme


* Lingua processuale: l’ungherese.