C-85/11 - Commissione / Irlanda

Printed via the EU tax law app / web

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

9 aprile 2013 (*)


«Inadempimento di uno Stato – Fiscalità – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 9 e 11 – Normativa nazionale che consente l’inclusione di soggetti non imponibili in un gruppo di soggetti che possono essere considerati come un unico soggetto passivo dell’IVA»

Nella causa C-85/11,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 24 febbraio 2011,

Commissione europea, rappresentata da R. Lyal, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Irlanda, rappresentata da D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito da G. Clohessy, SC, e da N. Travers, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

sostenuta da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek e T. Müller, in qualità di agenti;

Regno di Danimarca, rappresentato inizialmente da C. Vang, successivamente da V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo;

Repubblica di Finlandia, rappresentata da H. Leppo e S. Hartikainen, in qualità di agenti;

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da H. Walker, in qualità di agente, assistita da M. Hall, barrister,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dal sig. K. Lenaerts, vicepresidente, dai sigg. A. Tizzano, J. Malenovský, dalla sig.ra M. Berger e dal sig. E. Jarašiūnas (relatore), presidenti di sezione, dai sigg. E. Juhász, J.-C. Bonichot, M. Safjan, D. Sváby e dalla sig.ra A. Prechal, giudici,

avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 settembre 2012,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 novembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, consentendo a soggetti non imponibili di essere membri di un gruppo di soggetti considerati come un unico soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo, rispettivamente: un «gruppo IVA» e l’«IVA»), l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 9 e 11 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

2        Il titolo III della direttiva IVA, intitolato «Soggetti passivi», contiene gli articoli 9-13 di tale medesima direttiva.

3        Ai sensi dell’articolo 9 della direttiva in parola:

«1.      Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.

2.      Oltre alle persone di cui al paragrafo 1, si considera soggetto passivo ogni persona che effettui a titolo occasionale la cessione di un mezzo di trasporto nuovo spedito o trasportato a destinazione dell’acquirente dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di uno Stato membro ma nel territorio della Comunità».

4        L’articolo 10 della medesima direttiva precisa che la condizione che l’attività economica sia esercitata in modo indipendente esclude dall’imposizione lavoratori dipendenti ed altre persone se sono vincolati al loro datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che crei vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

5        L’articolo 11 della direttiva IVA così dispone:

«Previa consultazione del comitato consultivo dell’[IVA], ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo comma, può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione».

6        L’articolo 12 della direttiva in esame prevede che gli Stati membri possano considerare come soggetto passivo chiunque effettui, a titolo occasionale, un’operazione relativa alle attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della medesima direttiva e, in particolare, la cessione di un fabbricato o di un terreno edificabile.

7        A norma dell’articolo 13 della direttiva IVA, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico, in linea di principio, non sono considerati soggetti passivi per le attività o le operazioni che compiono in quanto pubbliche autorità.

 Il diritto irlandese

8        L’articolo 15 della legge consolidata relativa all’imposta sul valore aggiunto del 2010 (Value Added Tax Consolidation Act 2010), che ha ripreso, in sostanza, le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 8, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto del 1972 (Value Added Tax Act 1972), quale modificata, prevede quanto segue:

«(1)      Salvo quanto disposto al paragrafo 2, qualora l’amministrazione finanziaria abbia accertato che due o più soggetti stabiliti nello Stato, di cui almeno uno sia un soggetto passivo, siano strettamente vincolati sul piano finanziario, economico ed organizzativo e ciò sembri per essi necessario o opportuno al fine di un’amministrazione dell’imposta efficiente ed efficace (compresa la riscossione), la suddetta amministrazione finanziaria può, ai fini della presente legge e in seguito o meno ad una domanda in nome di tali soggetti:

(a)      mediante avviso scritto (...) informare ognuno di detti soggetti che essi sono equiparati ad un unico soggetto passivo (...); i soggetti in tal modo informati verranno quindi considerati come facenti parte [di un gruppo IVA] fintantoché il presente paragrafo sarà loro applicabile, mentre l’articolo 65 si applica a ciascun membro del gruppo [IVA], e

(i)      uno di questi soggetti, adeguatamente informato dall’amministrazione finanziaria, è ritenuto responsabile dell’osservanza delle disposizioni della presente legge per il gruppo [IVA], e

(ii)      tutti i diritti e gli obblighi derivanti dalla presente legge con riguardo alle operazioni del gruppo [IVA] sono determinati in modo corrispondente,

nonché

(b)      rendere ciascun soggetto del gruppo [IVA] congiuntamente e solidalmente responsabile dell’osservanza della presente legge e dei regolamenti (comprese le disposizioni che prescrivono il pagamento dell’imposta) che si applicano a ciascuno di essi e sottoporlo alle sanzioni previste dalla presente legge alle quali sarebbe assoggettato se il singolo soggetto fosse tenuto a pagare all’amministrazione finanziaria l’intero importo dell’imposta esigibile, indipendentemente dal regime previsto dal presente articolo, nei confronti di ognuno di tali soggetti».

 La fase precontenziosa e il procedimento dinanzi alla Corte

9        Il 23 settembre 2008, la Commissione ha inviato all’Irlanda una lettera di diffida, in cui attirava l’attenzione di tale Stato membro sulla possibile incompatibilità con gli articoli 9 e 11 della direttiva IVA dell’articolo 8, paragrafo 8, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto del 1972, quale modificata, all’epoca in vigore, in forza della quale soggetti non imponibili potevano fare parte di un gruppo IVA, come ormai previsto dall’articolo 15 della legge consolidata relativa all’imposta sul valore aggiunto del 2010. Conformemente all’articolo 226 CE, essa ha invitato il suddetto Stato membro a presentare osservazioni.

10      Nella loro lettera di risposta del 23 gennaio 2009 le autorità irlandesi hanno sostenuto che le disposizioni nazionali di cui trattasi erano compatibili con la direttiva IVA.

11      Non essendo rimasta soddisfatta da tale risposta, in data 23 novembre 2009, la Commissione ha emanato un parere motivato al quale l’Irlanda ha risposto il 27 gennaio 2010 affermando che essa manteneva ferma la sua posizione espressa nella risposta alla lettera di diffida.

12      Ciò premesso, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

13      Con ordinanze del presidente della Corte del 4 luglio e 27 settembre 2011, è stato ammesso l’intervento della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca e della Repubblica di Finlandia, da una parte, nonché del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra, a sostegno delle conclusioni dell’Irlanda.

14      Con lettera del 27 gennaio 2012, l’Irlanda ha chiesto, in base all’articolo 16, paragrafo 3, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che la causa fosse decisa dalla Grande Sezione.

 Sul ricorso

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

15      L’Irlanda chiede, in via principale, di respingere il ricorso in quanto irricevibile. Essa deduce, a tal riguardo, che l’oggetto del ricorso è più esteso della censura formulata dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo. Infatti, mentre nella lettera di diffida e nel parere motivato la Commissione le avrebbe addebitato di consentire a soggetti non imponibili di aderire ad un gruppo IVA, essa le addebiterebbe ormai di consentire a tali persone di essere membri di un siffatto gruppo, il che implicherebbe la necessità non soltanto di disciplinare e controllare la costituzione dei gruppi IVA autorizzati esistenti, ma anche di esercitare un controllo permanente su questi ultimi al fine di assicurarsi che i loro membri possano continuare ad essere considerati individualmente come soggetti passivi qualora le loro attività fossero esaminate separatamente.

16      Nella sua replica, la Commissione si oppone a questa eccezione di irricevibilità deducendo che essa ha sempre dichiarato che il riferimento alle «persone», di cui all’articolo 11 della direttiva IVA, riguarda soltanto i soggetti passivi, dal che discende che i soggetti non imponibili non possono essere membri di un gruppo IVA. Inoltre, qualora la Corte ritenesse che la Commissione abbia ampliato l’oggetto del procedimento, l’irricevibilità potrebbe, a suo avviso, essere soltanto parziale.

 Giudizio della Corte

17      Secondo una giurisprudenza costante, l’oggetto di un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE è circoscritto dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione. Pertanto, il ricorso deve essere basato sui medesimi motivi e mezzi del parere motivato. Tuttavia, tale requisito non può giungere fino al punto di imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nel dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato, non sia stato ampliato o modificato (v., in particolare, sentenze dell’11 luglio 2002, Commissione/Spagna, C-139/00, Racc. pag. I-6407, punti 18 e 19, nonché del 18 novembre 2010, Commissione/Portogallo, C-458/08, Racc. pag. I-11599, punti 43 e 44).

18      Nella specie, sebbene la Commissione abbia impiegato i termini «to be members of a VAT group» (essere membri di un gruppo IVA) nel dispositivo del suo ricorso, mentre aveva impiegato i termini «to join a VAT group» (aderire ad un gruppo IVA) nell’esposizione della censura formulata nel parere motivato, ciò non ha modificato affatto l’oggetto della controversia quale definito in quest’ultimo. Infatti, la differenza sussistente tra tali espressioni non influisce per nulla sul contenuto dell’asserito inadempimento che, come illustrato tanto nel ricorso quanto nel parere motivato, risiede nel fatto che la normativa irlandese di recepimento della direttiva IVA consente di includere persone non imponibili in un gruppo IVA in violazione, ad avviso della ricorrente, degli articoli 9 e 11 della direttiva in parola.

19      Di conseguenza, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’Irlanda.

 Nel merito

 Argomenti delle parti

20      A sostegno del suo ricorso, la Commissione afferma che l’articolo 11 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che persone non soggette all’IVA non possono essere incluse in un gruppo IVA.

21      Essa sostiene, infatti, che in base all’articolo 11 della direttiva IVA sussiste la possibilità di considerare più persone, viste congiuntamente, come unico soggetto passivo a condizione che ciascuna di esse sia soggetta all’IVA individualmente. Tale articolo rappresenterebbe un’eccezione alla regola generale che dispone che ogni soggetto passivo debba essere trattato come entità distinta ai fini dell’applicazione delle norme relative all’IVA. Esso dovrebbe quindi essere interpretato restrittivamente. Sebbene, certamente, detto articolo si riferisca alle «persone», il fatto che i soggetti inclusi in un gruppo IVA debbano essere trattati come «un unico» soggetto passivo implicherebbe che ogni membro di tale gruppo debba essere, a sua volta, soggetto passivo. Del pari, il concetto di «gruppo» implicherebbe che i soggetti interessati appartengano alla stessa categoria ai fini del sistema comune dell’IVA.

22      D’altronde, secondo la Commissione, se il termine «persone» dovesse essere inteso nel senso che si riferisce a qualsiasi persona senza restrizioni, un gruppo IVA potrebbe essere interamente composto da soggetti non imponibili, il che sarebbe contrario al sistema comune dell’IVA.

23      La sua interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA sarebbe inoltre coerente con l’obiettivo del medesimo, il quale, come emergerebbe dalla motivazione della proposta che ha condotto all’adozione della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), è, da un lato, di consentire una semplificazione amministrativa per i contribuenti e l’amministrazione finanziaria e, dall’altro, di evitare gli abusi impedendo che persone che non siano realmente entità commerciali indipendenti vengano trattate come soggetti passivi distinti. Invero, l’inclusione di soggetti non imponibili in un gruppo IVA non consentirebbe né una semplificazione amministrativa né la prevenzione di abusi.

24      Né la formulazione dell’articolo 11 della direttiva IVA né i documenti preparatori della medesima indicherebbero che tale disposizione fosse destinata a modificare la nozione di «soggetto passivo» e ad estendere i diritti e gli obblighi dei soggetti imponibili ad altre persone. Orbene, secondo la Commissione, si otterrebbe tale risultato se soggetti non imponibili potessero aderire ad un gruppo IVA poiché, essendo considerati inesistenti dal punto di vista dell’IVA gli acquisti effettuati in seno ad un simile gruppo, ciò consentirebbe, da un lato, di fornire beni o servizi a soggetti non imponibili senza fatturare l’IVA e, dall’altro, per il gruppo di cui trattasi, di recuperare l’IVA versata a monte sulle forniture effettuate a tali soggetti, il che condurrebbe ad una perdita netta dell’IVA e sarebbe contrario al sistema comune dell’IVA.

25      Secondo la Commissione, non occorre dunque attenersi ad un’interpretazione letterale dell’articolo 11 della direttiva IVA, bensì leggere quest’ultimo alla luce, da un lato, del suo contesto immediato, ossia il titolo III della direttiva IVA e, in particolare, l’articolo 9 della medesima, che definisce come «soggetto passivo» chiunque eserciti un’attività economica, e, dall’altro, più in generale, del sistema generale della direttiva in parola.

26      Sebbene la Corte non abbia ancora avuto modo di pronunciarsi sulla questione sollevata nel caso di specie, un sostegno indiretto alla posizione della Commissione si rinverrebbe al punto 19 della sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin (C-162/07, Racc. pag. I-4019), nonché nelle conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 giugno 1991, Polysar Investments Netherlands (C-60/90, Racc. pag. I-3111).

27      Contestando il complesso di tali argomenti, l’Irlanda sostiene che l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA ad opera della Commissione non è compatibile con il senso letterale del medesimo. L’impiego del termine «persons» (persone) nella versione inglese, e non del termine «taxable persons» (persone imponibili), a suo avviso, è riconducibile ad una scelta deliberata del legislatore dell’Unione. La tesi, esposta nel parere motivato, secondo cui il termine «taxable» è stato tralasciato per evitare una ripetizione non sarebbe credibile in quanto, al momento dell’adozione della direttiva in esame, la parola «any» è stata aggiunta nella versione inglese di quest’ultima, tra l’espressione «single taxable person» e il termine «persons».

28      Lo scopo dell’articolo 11 della direttiva IVA sarebbe di consentire agli Stati membri di considerare come unico soggetto passivo più persone purché ricorrano determinati presupposti minimi, il che implicherebbe una valutazione da parte di suddetti Stati. Ai fini dell’applicazione delle norme relative all’IVA, tale soggetto passivo unico sussisterebbe soltanto se svolge un’attività economica, conformemente all’articolo 9 della predetta direttiva che fornisce una definizione generale di soggetto passivo. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’articolo 11 della direttiva IVA, nell’ambito del titolo III della medesima, non apparirebbe affatto come deroga a tale definizione. Inoltre, il concetto di «gruppo» non potrebbe fungere da base per un’interpretazione del suddetto articolo 11, poiché non compare nella sua formulazione e le persone ivi contemplate non costituiscono un gruppo, ma cessano di esistere individualmente ai fini dell’amministrazione dell’IVA per essere ormai un unico soggetto passivo.

29      Se è vero che un gruppo IVA può comprendere uno o più soggetti non imponibili, secondo l’Irlanda ciò non significa che uno Stato membro abbia il potere di considerare come unico soggetto passivo un gruppo composto unicamente da siffatte persone, il che non avrebbe alcun senso e sarebbe escluso dalla normativa irlandese.

30      L’Irlanda si oppone all’affermazione della Commissione secondo cui l’interpretazione operata da quest’ultima dell’articolo 11 della direttiva IVA è coerente con gli obiettivi del citato articolo. Essa osserva che, sebbene una semplificazione amministrativa e la lotta contro gli abusi si annoverino tra questi obiettivi, esse non sono le uniche ragioni del suddetto articolo, come emerge dal secondo comma dello stesso. Ad ogni modo, gli obiettivi perseguiti non consentirebbero di determinare come occorra interpretare il termine «persone». Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, il fatto di includere soggetti non imponibili in un gruppo IVA in determinate circostanze non soltanto potrebbe essere compatibile con la semplificazione amministrativa e la prevenzione di abusi, ma anche necessario a tal fine.

31      Quanto all’argomento della Commissione secondo cui la nozione di «soggetto passivo» non può essere estesa, l’Irlanda lo ritiene infondato in quanto il fatto di consentire a un soggetto non imponibile di fare parte di un gruppo IVA, al pari del fatto di consentire ad un soggetto passivo che non effettua cessioni imponibili di fare parte di un simile gruppo, non modificherebbe la portata di tale nozione. Se è vero che, in determinate circostanze, l’articolo 11 della direttiva IVA può produrre l’effetto di ampliare i diritti e gli obblighi di un membro di un gruppo IVA, in realtà ciò sarebbe l’obiettivo stesso di tale disposizione, ossia il trattamento fiscale unico di tutte le persone facenti parte di un gruppo IVA debitamente autorizzato. Inoltre, il secondo comma dell’articolo 11 della direttiva IVA permetterebbe agli Stati membri di adottare misure contro la frode e l’evasione fiscali di cui un gruppo IVA potrebbe essere l’autore.

32      L’Irlanda aggiunge che, una volta autorizzato il gruppo IVA, l’entità che non era imponibile viene inclusa in quest’ultimo per quanto attiene all’IVA, pur restando giuridicamente indipendente ad ogni altro effetto. Essa osserva che, indubbiamente, non sarà percepita alcun’IVA qualora tale entità riceva beni o servizi da un altro membro di tale gruppo, ma le sue attività non economiche saranno prese in considerazione quando si tratterà di determinare il diritto a detrazione del suddetto gruppo, allo stesso modo che se l’impresa fosse stata strutturata come soggetto unico. Il fatto di non consentire a un soggetto non imponibile, come per esempio una società holding, di essere membro di un gruppo IVA, a suo avviso, equivarrebbe a negare il diritto a detrazione per il modo in cui l’entità è strutturata alla luce del diritto societario.

33      Infine, l’Irlanda rileva che la giurisprudenza della Corte non apporta alcun sostegno all’interpretazione operata dalla Commissione in merito all’articolo 11 della direttiva IVA, contrariamente a quanto da essa sostenuto.

34      Al pari dell’Irlanda, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Regno Unito ritengono che né i termini e gli obiettivi dell’articolo 11 della direttiva IVA, né il sistema comune dell’IVA, né la giurisprudenza della Corte avvalorino la posizione della Commissione.

 Giudizio della Corte

35      In via preliminare, va ricordato che, per determinare la portata di una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark, C-174/08, Racc. pag. I-10567, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

36      Nel caso di specie, dalla formulazione dell’articolo 11, primo comma, della direttiva IVA emerge che quest’ultimo consente a ciascuno Stato membro di considerare più persone come un unico soggetto passivo qualora esse siano stabilite sul territorio di questo stesso Stato membro e, pur essendo indipendenti dal punto di vista giuridico, siano strettamente vincolate tra loro sul piano finanziario, economico ed organizzativo. In base alla sua formulazione, tale articolo non subordina la sua applicazione ad altre condizioni e, in particolare, a quella che dette persone abbiano potuto, esse stesse, possedere individualmente la qualità di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA. Impiegando il termine «persone» e non i termini «persone imponibili», esso non opera alcuna distinzione tra soggetti imponibili e soggetti non imponibili.

37      Si deve rilevare che l’articolo 11 della direttiva IVA discende dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva. Orbene, mentre il punto 2 dell’allegato A della seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303), che ha introdotto nel diritto dell’Unione la nozione di gruppo IVA, consentiva agli Stati membri «di non considerare come soggetti passivi distinti, bensì come un unico soggetto passivo», i soggetti organicamente vincolati tra loro da rapporti economici, finanziari ed organizzativi, l’espressione «come soggetti passivi distinti» è stata tralasciata nel testo del citato articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

38      Peraltro, mentre la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva è stata ripresa in termini simili nella maggior parte delle versioni linguistiche dell’articolo 11 della direttiva IVA, nella versione inglese di tale articolo, il termine «any» (ogni) è stato aggiunto sicché il passaggio pertinente di tale disposizione è del seguente tenore: «each Member State may regard as a single taxable person any persons established in the territory of that Member State» (ogni Stato membro può considerare come unico soggetto passivo chiunque sia stabilito sul territorio del detto Stato membro).

39      Da tali modifiche redazionali successive non emerge che, in sede di adozione della sesta direttiva, poi della direttiva IVA, il legislatore dell’Unione abbia inteso escludere che soggetti non imponibili possano essere inclusi in un gruppo IVA e che il termine «persone» sia stato usato al posto dei termini «persone imponibili» per evitare una ripetizione. La circostanza che altre disposizioni della direttiva IVA, non rientranti nel titolo III della medesima dedicato alla nozione di «soggetto passivo», impieghino il termine «persone» per designare soggetti passivi non può condurre ad una diversa constatazione, poiché tale termine è usato in un contesto diverso da quello dell’articolo 11 della direttiva IVA.

40      Va inoltre rilevato che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, non è possibile dedurre dai termini «come un unico soggetto passivo» che lo scopo dell’articolo 11 della direttiva IVA sia unicamente quello di permettere di trattare più soggetti passivi come un’unica entità, poiché tali termini non si riferiscono a una condizione di applicazione di tale articolo, bensì al suo risultato consistente nel considerare più persone come un unico soggetto passivo. Non trovano neppure fondamento, nella formulazione del suddetto articolo, l’argomento della Commissione secondo cui esso rappresenterebbe un’eccezione alla regola generale che dispone che ogni soggetto passivo debba essere trattato come entità distinta, sicché occorrerebbe interpretare questo stesso articolo in modo restrittivo, né l’argomento secondo cui il concetto di gruppo implicherebbe che le persone che ne fanno parte appartengano tutte alla stessa categoria, poiché il termine «gruppo» non vi ricorre.

41      Di conseguenza, dal tenore letterale dell’articolo 11 della direttiva IVA non emerge che soggetti non imponibili non possano essere inclusi in un gruppo IVA.

42      La Commissione fa tuttavia valere che, al di là del tenore letterale dell’articolo 11 della direttiva IVA, l’interpretazione da essa operata di tale articolo s’impone alla luce del suo contesto, dei suoi obiettivi nonché della giurisprudenza della Corte. Occorre dunque esaminare se gli argomenti addotti dalla Commissione a sostegno di siffatta posizione dimostrino che l’articolo 11 debba essere interpretato nel senso che soggetti non imponibili non possono essere inclusi in un gruppo IVA.

43      In primo luogo, va rilevato che la giurisprudenza della Corte cui fa riferimento la Commissione in ordine a tale questione non può essere validamente invocata nel caso di specie, poiché la suddetta questione non forma oggetto delle citate sentenze Polysar Investments Netherlands nonché Ampliscientifica e Amplifin.

44      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto dell’articolo 11 della direttiva IVA, va osservato che il suo articolo 9, paragrafo 1, contiene una definizione generale della nozione di «soggetto passivo». Quanto al paragrafo 2 di tale articolo e agli articoli 10, 12 e 13 della direttiva in parola, essi apportano precisazioni su tale nozione includendovi o consentendo agli Stati membri di includervi soggetti che non corrispondono a tale definizione generale, come coloro che effettuano determinate operazioni occasionalmente, oppure escludendo altri soggetti, quali i dipendenti o gli enti pubblici. Pertanto, non può essere dedotto dal sistema generale del titolo III della direttiva IVA che un soggetto non corrispondente alla suddetta definizione generale sia necessariamente escluso dai soggetti previsti dall’articolo 11 della medesima.

45      Quanto alla collocazione sistematica, nell’ambito del titolo III della direttiva IVA, tra gli articoli 9, paragrafo 1, e 11 della direttiva in parola, è giocoforza constatare che una lettura congiunta di tali articoli non consente di giungere alla conclusione, cui è pervenuta la Commissione, che i soggetti di cui al suddetto articolo 11 debbano corrispondere individualmente alla definizione generale di soggetto passivo fornita dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi. Invero, il ravvicinamento di queste due disposizioni non esclude che, come sostenuto dall’Irlanda e dagli intervenienti, a dover corrispondere collettivamente alla definizione di cui trattasi siano tali persone, considerate congiuntamente, essendo strettamente vincolate tra loro sul piano finanziario, economico ed organizzativo.

46      Di conseguenza, non possono essere accolti gli argomenti della Commissione secondo cui, alla luce del contesto dell’articolo 11 della direttiva IVA, quest’ultimo deve essere interpretato nel senso che soggetti non imponibili non possono essere inclusi in un gruppo IVA.

47      Per quanto riguarda, in terzo luogo, gli obiettivi perseguiti dall’articolo 11 della direttiva IVA, dalla motivazione della proposta che ha condotto all’adozione della sesta direttiva [COM(73) 950] emerge che, adottando l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di quest’ultima, sostituito dal suddetto articolo 11, il legislatore dell’Unione ha voluto consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente la qualità di soggetto passivo alla nozione di indipendenza puramente giuridica, per esigenze di semplificazione amministrativa o per evitare determinati abusi, quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi allo scopo di beneficiare di un regime specifico.

48      Orbene, non sembra essere in contrasto con i suddetti obiettivi la possibilità, per gli Stati membri, di considerare come soggetto passivo unico un gruppo di soggetti comprendenti uno o più elementi che individualmente non potrebbero avere la qualità di soggetto passivo. Non si può invece escludere che, come sostenuto dall’Irlanda e dagli intervenienti, la presenza, nell’ambito di un gruppo IVA, di siffatti soggetti contribuisca ad una semplificazione amministrativa tanto per il suddetto gruppo quanto per l’amministrazione finanziaria e consenta di evitare taluni abusi, poiché la suddetta presenza può essere persino indispensabile a tali fini, qualora da sola crei il vincolo stretto che deve sussistere sul piano finanziario, economico ed organizzativo tra i soggetti che compongono questo stesso gruppo per essere considerati come un unico soggetto passivo.

49      Va inoltre osservato che, anche ammettendo che questa stessa possibilità possa dare luogo ad abusi, l’articolo 11, secondo comma, della direttiva IVA consente agli Stati membri di adottare tutte le misure utili per evitare che l’applicazione del primo comma di tale articolo renda possibili la frode o l’evasione fiscali.

50      Di conseguenza, la Commissione non ha dimostrato che gli obiettivi dell’articolo 11 della direttiva IVA depongano a favore dell’interpretazione secondo cui soggetti non imponibili non possono essere inclusi in un gruppo IVA.

51      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve respingere il ricorso della Commissione.

 Sulle spese

52      A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’Irlanda ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, dello stesso regolamento, a tenore del quale gli Stati membri intervenuti nella lite sopportano le proprie spese, occorre decidere che la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Regno Unito sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

3)      La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopportano le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.