C-424/11 - Wheels Common Investment Fund Trustees e a.

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62011CJ0424

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

7 marzo 2013 ( *1 )

«Imposta sul valore aggiunto — Direttiva 77/388/CEE — Esenzione della gestione dei fondi comuni d’investimento — Portata — Regimi di pensioni di vecchiaia professionali»

Nella causa C-424/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Regno Unito), con decisione dell’8 luglio 2011, pervenuta in cancelleria l’11 agosto 2011, nel procedimento

Wheels Common Investment Fund Trustees Ltd,

National Association of Pension Funds Ltd,

Ford Pension Fund Trustees Ltd,

Ford Salaried Pension Fund Trustees Ltd,

Ford Pension Scheme for Senior Staff Trustee Ltd

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, e dai sigg. A. Borg Barthet, E. Levits, J.-J. Kasel e M. Safjan (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per la Wheels Common Investment Fund Trustees Ltd e a., da P. Lasok, QC, su incarico di A. Brown, solicitor;

per il governo del Regno Unito, da C. Murrell, in qualità di agente, assistita da R. Hill, barrister;

per la Commissione europea, da R. Lyal e C. Soulay, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), e dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Wheels Common Investment Fund Trustees Ltd e a. ed i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») in merito al diniego opposto da questi ultimi di esentare dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») taluni servizi di gestione di fondi forniti alla Wheels Common Investment Fund Trustees Ltd e a.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

La sesta direttiva è stata abrogata dalla direttiva 2006/112, entrata in vigore il 1o gennaio 2007. Poiché il periodo dei fatti discussi nel procedimento principale è compreso tra il 1o luglio 2004 ed il 30 giugno 2007, a detto procedimento sono applicabili entrambe le direttive.

4

L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 sono formulati in termini sostanzialmente identici. Ai sensi di tali disposizioni, gli Stati membri esentano dall’IVA «la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri».

Il diritto del Regno Unito

5

L’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, era attuato dai punti 9 e 10 del gruppo 5 dell’allegato 9 della legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994), in base ai quali erano esenti:

«9.

La gestione di un fondo comune di investimento autorizzato sotto forma di trust [“authorised unit trust”; in prosieguo: l’“AUT”] o di un fondo d’investimento immobiliare;

10.

la gestione del regime patrimoniale di una società di investimento a capitale variabile [“Open-ended investment company”; in prosieguo: l’“OEIC”]».

6

Per tenere conto della soluzione fornita dalla sentenza del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, Racc. pag. I-5517; in prosieguo: la «sentenza Claverhouse»), l’ambito di applicazione dei citati punti 9 e 10 è stato ampliato, con effetto dal 1o ottobre 2008, dal decreto del 2008 relativo all’imposta sul valore aggiunto (Finanza) [Value Added Tax (Finance) (n. 2) Order 2008]. Ai sensi di detti punti, sono ora esenti la gestione di organismi di investimento collettivo sotto forma di OEIC e di AUT nonché la gestione di imprese di investimento collettivo di tipo chiuso, quali le Investment trust companies.

7

La nota 6 al gruppo 5 dell’allegato 9 alla legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto prevede che le OEIC e gli AUT siano definiti nella legge del 2000 sui servizi e sui mercati finanziari (Financial Services and Markets Act 2000).

8

La parte XVII di quest’ultima legge, agli articoli 235-237, prevede, in particolare, quanto segue:

«235.

Regimi di investimento collettivo

(1)   Nella presente parte, per “organismo di investimento collettivo” si intende qualsiasi accordo relativo a patrimoni di qualsiasi tipo, anche valutario, che abbia per oggetto o per effetto di consentire ai soggetti che partecipano all’accordo (divenendo proprietari del patrimonio o di sue quote, o in altro modo) di partecipare ai o percepire i profitti o i redditi derivanti dall’acquisto, dalla detenzione, dalla gestione o dalla disposizione del patrimonio o degli importi relativi a detti profitti o redditi.

(2)   Gli accordi devono essere tali per cui i soggetti che vi partecipano (i “partecipanti”) non esercitano sulla gestione del patrimonio un controllo costante e giornaliero, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno il diritto di essere consultati o di dare indicazioni.

(3)   Gli accordi devono inoltre avere almeno una delle seguenti caratteristiche:

(a)

i contributi dei partecipanti, nonché i profitti o i redditi all’origine dei pagamenti ai partecipanti devono essere gestiti in comune;

(b)

il patrimonio deve essere gestito nel suo insieme dal responsabile dell’organismo o per suo conto.

(...)

236.

Società d’investimento a capitale variabile

(1)   Nella presente parte, per “società d’investimento a capitale variabile” si intende un organismo di investimento collettivo che soddisfa tanto il requisito del patrimonio quanto quello dell’investimento.

(2)   Il requisito relativo al patrimonio consiste nel fatto che il patrimonio appartiene ad una persona giuridica (PG) ed è da questa gestito, ovvero per suo conto; tale persona giuridica ha come finalità l’investimento dei suoi fondi con l’obiettivo di:

(a)

ripartire il rischio di investimento, e

(b)

distribuire ai suoi membri i proventi della gestione di tali fondi da parte o per conto della persona giuridica.

(...)

237.

Altre definizioni

(...)

(3)   Nella presente parte

per “authorised unit trust” si intende uno unit trust autorizzato ai fini della presente legge con un decreto di autorizzazione in vigore ai sensi dell’articolo 243;

per “società autorizzata di investimento a capitale variabile” si intende una persona giuridica ai sensi della normativa di cui all’articolo 262, per la quale vige un decreto di autorizzazione in applicazione delle disposizioni adottate nell’ambito di tale normativa ai sensi del paragrafo 2, lettera l), di detto articolo;

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9

La Wheels Common Investment Fund Trustees Ltd (in prosieguo: la «Wheels») è il «trustee» di un fondo nel quale confluiscono, a fini di investimento, gli attivi dei regimi pensionistici professionali istituiti dall’impresa Ford Motor Company per ottemperare ai propri obblighi previsti dalla normativa nazionale e dalle convenzioni collettive.

10

Ogni regime eroga pensioni a una categoria di ex dipendenti, calcolate sulla base dell’ultimo salario dei membri affiliati e della loro anzianità nell’impresa. Nel corso della loro carriera, gli affiliati al regime – aperto a tutti i dipendenti, ma non obbligatorio – versano contributi di importo fisso detratto dal loro stipendio. Anche il datore di lavoro versa contributi, di importo tale da garantire il finanziamento dei costi scoperti delle prestazioni pensionistiche.

11

All’epoca dei fatti, la Capital International Limited forniva servizi di gestione di fondi alla Wheels. Conformemente alle disposizioni della normativa del Regno Unito in materia di IVA, essa fatturava alla Wheels l’IVA per tali servizi e la versava a questo titolo ai Commissioners.

12

Nel corso del mese di settembre 2007, dopo la pronuncia della citata sentenza Claverhouse, la Capital International Limited ha chiesto ai Commissioners il rimborso dell’IVA relativa alla fornitura dei servizi di gestione di fondi da essa prestati, sostenendo che detti servizi rientravano nell’esenzione prevista all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 o all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, a seconda del periodo considerato.

13

Con decisione del 2 gennaio 2008, i Commissioners hanno opposto un diniego a tale domanda. La Wheels ha allora proposto ricorso avverso detta decisione dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber). Anche se, secondo il giudice del rinvio, i servizi forniti alla Wheels costituiscono servizi di «gestione» ai sensi dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, sussiste un dubbio circa la possibilità di qualificare il fondo detenuto dalla Wheels alla stregua dei «fondi comuni d’investimento» di cui alla suddetta esenzione.

14

In tali circostanze, il Firts-tier Tribunal (Tax Chamber) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’espressione “fondi comuni d’investimento” di cui all’articolo [13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva] ed all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 debba essere interpretata come idonea ad includere (i) un regime pensionistico professionale istituito da un datore di lavoro allo scopo di fornire prestazioni previdenziali ai dipendenti e/o (ii) un fondo comune d’investimento in cui gli attivi di vari regimi pensionistici di questo tipo confluiscono per essere investiti, qualora i regimi pensionistici in questione abbiano le seguenti caratteristiche:

a)

le prestazioni previdenziali spettanti all’affiliato sono definite in anticipo dagli atti costitutivi del regime facendo riferimento ad una formula basata sull’anzianità di servizio dell’affiliato presso il datore di lavoro e sul suo stipendio, e non al valore degli attivi del regime;

b)

il datore di lavoro è obbligato a versare contributi al regime;

c)

solo i dipendenti del datore di lavoro possono partecipare al regime e ottenere a tale titolo prestazioni previdenziali (un partecipante al regime è qui indicato col termine “affiliato”);

d)

un dipendente è libero di decidere se essere o meno un affiliato;

e)

un dipendente affiliato è di norma obbligato a versare contributi al regime corrispondenti ad una percentuale del suo stipendio;

f)

i contributi del datore di lavoro e degli affiliati sono raggruppati dal gestore del regime ed investiti (generalmente in titoli) per formare un fondo diretto a finanziare le prestazioni erogate dal regime agli affiliati;

g)

se gli attivi del regime sono più elevati di quanto necessario per finanziare le prestazioni erogate dal medesimo, il gestore del regime e/o il datore di lavoro, in conformità con i termini del regime e con le disposizioni di diritto nazionale pertinenti, possono adottare una o più delle seguenti misure: in primo luogo, ridurre i contributi versati dal datore di lavoro al regime o, in secondo luogo, trasferire l’intera eccedenza, o una sua parte, al datore di lavoro, o ancora, in terzo luogo, incrementare le prestazioni previdenziali per gli affiliati al regime;

h)

se gli attivi del regime sono insufficienti a finanziare le prestazioni erogate dal medesimo, il datore di lavoro è in linea di principio tenuto a coprire il deficit e, qualora non lo faccia o non sia in grado di farlo, vengono ridotte le prestazioni percepite dagli affiliati;

i)

il regime consente agli affiliati di versare contributi aggiuntivi volontari (“additional voluntary contributions” o “AVC”) che non sono trattenuti dal regime, ma che vengono trasferiti a terzi per essere investiti e per ottenere prestazioni aggiuntive in base al rendimento degli investimenti effettuati (tali operazioni non sono soggette ad IVA);

j)

gli affiliati hanno diritto di trasferire i capitali accumulati nel regime (calcolati con riferimento al valore attuariale di tali capitali al momento del trasferimento) ad altri regimi pensionistici;

k)

i contributi del datore di lavoro e degli affiliati al regime non vengono considerati, ai fini dell’imposta sul reddito applicata dallo Stato membro, come reddito degli affiliati;

l)

le pensioni erogate dal regime agli affiliati sono considerate, ai fini dell’imposta sul reddito applicata dallo Stato membro, come reddito degli affiliati, e

m)

i costi di gestione del regime sono sopportati dal datore di lavoro, e non dagli affiliati al regime.

2)

Se, alla luce degli obiettivi dell’esenzione prevista dall’articolo [13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva] e dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, del principio di neutralità fiscale e delle circostanze descritte nell’ambito della questione 1) supra:

a)

uno Stato membro sia legittimato a definire, nella normativa nazionale, i fondi che rientrano nella nozione di “fondi comuni d’investimento” in maniera da escluderne i fondi aventi le caratteristiche indicate alla questione 1) supra e di includervi invece gli organismi d’investimento collettivo quali definiti dalla direttiva [85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 375, pag. 3)], come modificata [dalla direttiva 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002 (GU L 41, pag. 35; in prosieguo: la “direttiva OIVCM”)];

b)

siano pertinenti, e in quale misura, al fine di determinare se un fondo del tipo descritto nella questione 1) supra debba essere o meno qualificato dalla normativa di uno Stato membro come fondo comune d’investimento:

le caratteristiche del fondo, quali descritte nella questione 1) supra;

la misura in cui il fondo è “simile e quindi in concorrenza con” altri strumenti di investimento già qualificati dallo Stato membro come fondi comuni d’investimento.

3)

Nell’ipotesi in cui, in risposta alla questione 2), lettera b), secondo trattino, supra, risulti pertinente determinare la misura in cui il fondo è “simile e quindi in concorrenza con” altri strumenti di investimento già qualificati dallo Stato membro come fondi comuni d’investimento, se sia necessario considerare la questione dell’esistenza e della portata del rapporto di “concorrenza” tra il fondo di cui trattasi e gli altri suddetti strumenti di investimento come distinta rispetto alla questione della loro somiglianza».

Sulle questioni pregiudiziali

15

Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se e a quali condizioni gli attivi di un regime di pensioni di vecchiaia e i fondi d’investimento nel quale questi confluiscono rientrino nella nozione di «fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112.

16

Occorre anzitutto ricordare che, secondo costante giurisprudenza, sebbene le esenzioni previste, in particolare, all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 costituiscano nozioni autonome di diritto dell’Unione che devono, in linea di principio, ricevere una definizione comune volta ad evitare divergenze nell’applicazione del regime IVA da uno Stato membro all’altro, di modo che gli Stati membri non possono modificarne il contenuto, ciò tuttavia non vale nel caso in cui il legislatore abbia affidato ai medesimi il compito di definire taluni termini di un’esenzione (v., in tal senso, sentenze del 4 maggio 2006, Abbey National, C-169/04, Racc. pag. I-4027, punti 38 e 39, nonché Claverhouse, cit., punti 19 e 20). Orbene, tali disposizioni conferiscono agli Stati membri il potere di definire la nozione di «fondi comuni d’investimento» (v., in tal senso, citate sentenze Abbey National, punti 40 e 41, nonché Claverhouse, punto 43).

17

Tale potere definitorio così riconosciuto agli Stati membri trova tuttavia i propri limiti nel divieto di violare i termini stessi dell’esenzione utilizzati dal legislatore dell’Unione (v. sentenza Claverhouse, cit., punto 21). In particolare, uno Stato membro non può, senza negare i termini stessi di «fondi comuni d’investimento», selezionare quali tra detti fondi beneficino dell’esenzione e quali no. Le suddette disposizioni gli conferiscono quindi esclusivamente il potere di definire, nel suo diritto interno, i fondi corrispondenti alla nozione di «fondi comuni d’investimento» (v. sentenza Claverhouse, cit., punti 41-43).

18

Il potere di definire la nozione di «fondi comuni d’investimento», riconosciuto agli Stati membri, deve inoltre rispettare gli obiettivi perseguiti dalla sesta direttiva e dalla direttiva 2006/112 nonché il principio di neutralità fiscale caratterizzante il sistema comune dell’IVA (v. sentenza Claverhouse, cit., punti 22 e 43).

19

A tale riguardo si deve osservare, da un lato, che l’obiettivo dell’esenzione delle operazioni correlate alla gestione di fondi comuni d’investimento è, segnatamente, quello di agevolare agli investitori l’investimento in titoli tramite organismi d’investimento, escludendo i costi dell’IVA e, in tal modo, garantendo la neutralità del sistema comune dell’IVA quanto alla scelta tra l’investimento diretto in titoli e quello mediante organismi d’investimento collettivo (v. citate sentenze Abbey National, punto 62, e Claverhouse, punto 45).

20

Quanto, d’altro lato, al principio di neutralità fiscale, esso osta a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni siano trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA (v., in tal senso, sentenze del 16 settembre 2004, Cimber Air, C-382/02, Racc. pag. I-8379, punti 23 e 24; dell’8 dicembre 2005, Jyske Finans, C-280/04, Racc. pag. I-10683, punto 39; Abbey National, cit., punto 56, nonché Claverhouse, cit., punto 29).

21

Occorre, inoltre, rilevare che tale principio non richiede che si tratti di operazioni identiche. Infatti, secondo giurisprudenza costante, detto principio osta altresì a che prestazioni di servizi di uno stesso tipo, che si trovano quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA (v., in particolare, sentenze del 23 ottobre 2003, Commissione/Germania, C-109/02, Racc. pag. I-12691, punto 20; del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis, C-453/02 e C-462/02, Racc. pag. I-1131, punto 24; del 26 maggio 2005, Kingscrest Associates e Montecello, C-498/03, Racc. pag. I-4427, punto 54; dell’8 giugno 2006, L.u.P., C-106/05, Racc. pag. I-5123, punto 32; del 12 gennaio 2006, Turn- und Sportunion Waldburg, C-246/04, Racc. pag. I-589, punto 33; del 27 aprile 2006, Solleveld e van den Hout-van Eijnsbergen, C-443/04 e C-444/04, Racc. pag. I-3617, punto 39, nonché Claverhouse, cit., punto 46).

22

Occorre quindi determinare se un fondo d’investimento nel quale confluiscono gli attivi di un regime di pensioni di vecchiaia avente le caratteristiche presentate dal fondo oggetto del procedimento principale sia identico ai fondi che costituiscono «fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, o sia comparabile a questi ultimi a tal punto da trovarsi in una situazione concorrenziale con essi.

23

A tale riguardo si deve ricordare che i fondi che costituiscono organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari ai sensi della direttiva OICVM costituiscono fondi comuni d’investimento (v., in tal senso, segnatamente, sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank, C-44/11, punto 32). Come emerge dall’articolo 1, paragrafo 2, della suddetta direttiva, gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari costituiscono, infatti, organismi che, come gli AUT e le OEIC (v., in tal senso, sentenza Claverhouse, cit., punto 50), hanno per oggetto esclusivo, conformemente all’obiettivo perseguito all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, l’investimento collettivo, in valori mobiliari, dei capitali raccolti presso il pubblico.

24

Inoltre, vanno altresì considerati fondi comuni d’investimento i fondi che, pur non costituendo organismi d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM, presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano quindi le stesse operazioni o, quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi (v., in tal senso, citate sentenze Abbey National, punti 53-56, nonché Claverhouse, punti 48-51).

25

Orbene, un fondo d’investimento nel quale confluiscono gli attivi di un regime di pensioni di vecchiaia, come quello di cui al procedimento principale, non può essere considerato un organismo d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM. Un simile fondo non è, infatti, aperto al pubblico, ma costituisce, come emerge dalla decisione di rinvio, un vantaggio legato all’impiego, vantaggio che i datori di lavoro concedono esclusivamente ai loro dipendenti. Un fondo siffatto non è quindi identico ai fondi che costituiscono «fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112.

26

Un fondo d’investimento siffatto non è neppure comparabile agli organismi d’investimento collettivo come definiti dalla direttiva OICVM a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con questi ultimi. Essi si differenziano, infatti, per varie caratteristiche, in misura tale da non poter essere considerati rispondenti alle stesse esigenze.

27

In particolare, gli affiliati a un regime di pensioni di vecchiaia, come quello di cui al procedimento principale, non sopportano il rischio di gestione del fondo d’investimento nel quale confluiscono gli attivi di detto regime, a differenza degli investitori privati che investono i propri capitali in un organismo d’investimento collettivo (v., in tal senso, sentenza Claverhouse, cit., punto 50). Mentre la pensione percepibile da un dipendente, affiliato ad un regime di pensioni di vecchiaia come quello di cui al procedimento principale, non dipende affatto dal valore degli attivi del regime e dall’andamento degli investimenti effettuati dai gestori del regime, ma è predefinita in funzione della durata della carriera presso il datore di lavoro e dell’importo dello stipendio, il rendimento che gli acquirenti di quote di un organismo d’investimento collettivo possono attendersi dipende dall’andamento degli investimenti effettuati dal gestore del fondo nel periodo in cui detti acquirenti detengono tali quote.

28

Inoltre, un regime di pensioni di vecchiaia come quello di cui al procedimento principale si distingue da un organismo d’investimento collettivo anche dal punto di vista del datore di lavoro. Quest’ultimo non si trova in una situazione comparabile a quella di un investitore di un organismo di investimento collettivo, dal momento che, pur dovendo anch’egli sopportare le conseguenze finanziarie degli investimenti effettuati dai gestori del regime, i contributi che versa al regime di pensioni di vecchiaia costituiscono per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei suoi dipendenti.

29

Alla luce delle precedenti considerazioni, occorre rispondere alle questioni sottoposte che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che un fondo d’investimento nel quale confluiscono gli attivi di un regime di pensioni di vecchiaia non rientra nella nozione di «fondi comuni d’investimento», ai sensi di dette disposizioni, la cui gestione può essere esentata dall’imposta sul valore aggiunto alla luce dell’obiettivo di tali direttive e del principio di neutralità fiscale, qualora gli affiliati non sopportino il rischio della gestione di detto fondo ed i contributi versati dal datore di lavoro al regime di pensioni di vecchiaia costituiscano per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei suoi dipendenti.

Sulle spese

30

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che un fondo d’investimento nel quale confluiscono gli attivi di un regime di pensioni di vecchiaia non rientra nella nozione di «fondi comuni d’investimento», ai sensi di dette disposizioni, la cui gestione può essere esentata dall’imposta sul valore aggiunto alla luce dell’obiettivo di tali direttive e del principio di neutralità fiscale, qualora gli affiliati non sopportino il rischio della gestione di detto fondo ed i contributi versati dal datore di lavoro al regime di pensioni di vecchiaia costituiscano per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei suoi dipendenti.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: l’inglese.