C-415/85 - Commissione / Irlanda

Printed via the EU tax law app / web

EUR-Lex - 61985C0415 - IT

61985C0415

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 2 dicembre 1987. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA'EUROPEE CONTRO IRLANDA. - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO - IMPOSIZIONE AD ALIQUOTA ZERO. - CAUSA 415/85.

raccolta della giurisprudenza 1988 pagina 03097


Conclusioni dell avvocato generale


++++

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1 . Il ricorso per inadempimento in esame, proposto nei confronti della repubblica d' Irlanda, verte sui criteri d' applicazione dell' art . 28 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ( 1 ) ( in prosieguo : la "direttiva "). In sostanza si rimprovera alla repubblica d' Irlanda di applicare a talune categorie di beni o di prestazioni di servizi ( 2 ) figuranti nell' elenco stabilito dal Value Added Tax Act del 1972 ( 3 ) un' aliquota zero che non sarebbe giustificata da "ragioni di interesse sociale ben definite" e non andrebbe "a favore dei consumatori finali", contrariamente a quanto prescritto dall' art . 17, ultimo trattino, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967 ( 4 ) ( in prosieguo : l' "art . 17 "), al quale rinvia l' art . 28, n . 2, della sesta direttiva .

2 . Quest' ultima direttiva rientra in un processo d' armonizzazione iniziato nell' aprile 1967, quando vennero adottate le due prime direttive ( 5 ) intese all' armonizzazione delle normative nazionali in materia di imposte sulla cifra d' affari . Veniva così istituita, anche se "senza la contemporanea armonizzazione delle aliquote e delle esenzioni" ( 6 ) "un' imposta generale sul consumo" ( 7 ). Dieci anni più tardi, con la sesta direttiva ( 8 ), si è perseguito uno scopo essenziale, vale a dire la creazione di risorse proprie delle Comunità, le quali "comprendono, tra l' altro, quelle provenienti dall' imposta sul valore aggiunto e ottenute mediante applicazione di un' aliquota comune ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie" ( 9 )

3 . "Per una percezione paragonabile delle risorse proprie in tutti gli Stati membri" ( 10 ), gli artt . 13-16 della direttiva stabiliscono un elenco di esenzioni comuni a tutti detti Stati . Peraltro, provvisoriamente, l' art . 28 della direttiva li autorizza in particolare a mantenere in vigore, sussistendo determinati presupposti, le aliquote ridotte e le esenzioni esistenti al 31 dicembre 1975, conformi ai criteri di cui all' art . 17 . Questa facoltà è stata contemplata perché è apparso "indispensabile prevedere un periodo transitorio al fine di consentire un adattamento progressivo delle legislazioni nazionali in determinati settori" ( 11 ).

4 . Adottato in forza dell' art . 28, n . 2, il sistema dell' aliquota zero di cui trattasi differisce però dal sistema di esenzione contemplato da detta disposizione . Questa si riferisce, infatti, ad un' "esenzione con rimborso delle imposte pagate allo stadio anteriore", applicata al momento della vendita al minuto . Nella fase precedente, ogni soggetto passivo definito dall' art . 4 della direttiva applica l' imposta . Soltanto il dettagliante, che vende al "consumatore finale" un prodotto che fruisce di un' esenzione, non fattura l' IVA che ha pagato e ne ottiene il rimborso dall' amministrazione fiscale . Il sistema dell' aliquota zero si basa su una concezione diversa . Una serie di beni e di servizi, determinati dal legislatore nazionale, costituisce oggetto di un' imposizione teorica e nulla che si risolve nella mancanza dell' effettiva riscossione dell' IVA sia al momento delle consegna che nelle fasi commerciali precedenti . E' evidente quindi che non vi è rimborso a favore del dettagliante . Secondo la Commissione, l' aliquota zero riguarda il 33% circa dei consumi privati delle famiglie nella repubblica d' Irlanda . Quest' ultima contesta detta percentuale, da essa stimata nel 25 %. La percentuale sarebbe del 35% nel Regno Unito . Anche altri tre Stati applicano il sistema dell' aliquota zero, in misura però assai ridotta, in particolare nel settore della stampa .

5 . Va subito rilevato che questo sistema non è contestato in via di principio dalla Commissione, la quale lo considera equivalente a quello delle esenzioni con rimborso . Tuttavia, essa critica l' applicazione dell' aliquota zero ai beni o ai servizi summenzionati ( 12 ) in quanto non sarebbe conforme ai criteri stabiliti dall' art . 17 . Pur ammettendo che l' aliquota zero non incide sulle risorse proprie, la Commissione rileva che "nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, dell' abolizione delle frontiere fiscali (...)", essa persegue lo scopo "di limitare l' uso delle aliquote zero alle operazioni che siano conformi ai criteri stabiliti dall' art . 28, n . 2, della direttiva nell' ambito della sua politica fiscale generale che mira all' abolizione totale dei sistemi dell' aliquota zero e delle esenzioni con rimborso ". A suo avviso, "l' applicazione dell' aliquota zero costituisce uno degli scogli sulla via dell' uniformazione delle aliquote IVA ".

6 . Secondo la ricorrente, per stabilire fino a quale punto del circuito commerciale si possa applicare l' aliquota zero in modo da procurare un vantaggio al consumatore finale, si possono prendere in considerazione soltanto le fasi corrispondenti ad "effettivi inputs" nella produzione o nella distribuzione di un medesimo prodotto finale esentabile in base ai criteri di cui all' art . 28, n . 2 . Le forniture di prodotti agricoli di cui trattasi non sarebbero destinate al consumatore finale e potrebbero essere considerate solo fattori indiretti di produzione agricola . Inoltre soltanto chi acquisti beni o servizi senza diritto a detrazione potrebbe essere qualificato consumatore finale .

7 . Nelle sue memorie scritte il governo della repubblica d' Irlanda non ha contestato la definizione del consumatore finale adottata dalla Commissione, sebbene nel corso della fase amministrativa, nella lettera 23 luglio 1982, l' avesse ritenuta troppo ristretta e "non necessariamente corretta ". Esso sostiene, innanzitutto, che l' applicazione dell' aliquota zero è giustificata qualora, tenuto conto delle circostanze commerciali, ne risulti un vantaggio, fosse anche indiretto, per il consumatore finale . Comunque, nel caso dei fattori di produzione agricola considerati sussisterebbe un vantaggio diretto per i produttori che consumano i prodotti della loro azienda . La repubblica d' Irlanda sostiene inoltre di disporre di un potere discrezionale per stabilire quali provvedimenti corrispondano a ragioni d' interesse sociale ben definite . Essa osserva che l' esercizio del vostro sindacato risulta "assai difficile" a questo proposito . La Commissione non contesta l' esistenza di un siffatto potere dello stato convenuto . Deduce però che vi tocca definire il contenuto comunitario delle "ragioni d' interesse sociale ben definite" e di valutare la compatibilità dei provvedimenti adottati con detta nozione .

8 . Tuttavia la repubblica d' Irlanda invoca in via principale, a sua difesa, l' art . 27, n . 5, della sesta direttiva ( in prosieguo : art . 27 ). Questa disposizione, rinviando al n . 1 dello stesso articolo, autorizza gli Stati membri a mantenere in vigore, purché li notifichino alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978, i provvedimenti speciali di deroga adottati allo scopo "di semplificare la riscossione dell' imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali ". Secondo il governo convenuto, detta disposizione giustifica l' applicazione dell' aliquota zero ai fattori di produzione agricola, e, in subordine, alle forniture d' elettricità . La Commissione sostiene in sostanza che, ratione materiae, si deve escludere l' applicazione cumulativa degli artt . 27 e 28, n . 2, e che, in particolare, il primo di detti articoli non deve consentire di eludere le norme stabilite dal secondo .

9 . La repubblica d' Irlanda, nella controreplica, ha infine rimproverato alla Commissione, più in generale, di usare il ricorso per inadempimento per tentare, in realtà, di eludere l' art . 28, secondo cui spetta al Consiglio decidere, deliberando all' unanimità, l' abolizione delle esenzioni contemplate dallo stesso articolo . Il governo convenuto osserva come la Commissione abbia rilevato che il metodo irlandese dell' aliquota zero "impedisce (...) qualsiasi progresso verso una maggiore armonizzazione dell' IVA ". Esso ravvisa in detto rilievo un argomento di natura politica . Fa inoltre notare che, al momento della proposizione del ricorso, la Commissione non aveva presentato al Consiglio programmi d' abolizione . A questo proposito, si deve osservare che nelle more del giudizio la Commissione l' ha fatto ( 13 ).

10 . Dico subito che una pronuncia su queste obiezioni relative alle eventuali motivazioni del ricorso esula dal vostro compito . E' superfluo ricordare che in ogni caso la Commissione, custode dei trattati, dispone di piena libertà di valutazione per proporre il ricorso per inadempimento e che le "spetta (...) stabilire quando sia opportuno promuovere un ricorso dinanzi a questa Corte" ( 14 ). D' altra parte, e soprattutto, il vostro compito nella fattispecie consiste nel giudicare gli eventuali inadempimenti degli obblighi di uno Stato membro stabiliti dal diritto positivo . A questo proposito, ricordo che nella causa Parlamento contro Consiglio, in cui quest' ultimo sosteneva che l' istituzione ricorrente si avvaleva del ricorso per carenza come mezzo per perseguire scopi politici, avete dichiarato che :

"non si può limitare, per una di esse ( le istituzioni comunitarie ) l' esercizio di tale diritto ( il ricorso per carenza ) senza compromettere la sua posizione istituzionale, voluta dal trattato" ( 15 ).

Avete così respinto l' eccezione d' irricevibilità sollevata a questo proposito dal Consiglio, conformandovi alle conclusioni dell' avvocato generale, il quale aveva osservato :

"Non spetta alla Corte decidere se il ricorso possa essere inteso a perseguire un fine politico . La controversia, ad essa sottoposta secondo le norme del diritto processuale, verte su una questione giuridica, e cioè sulla portata degli obblighi incombenti ad una istituzione comunitaria . Per la soluzione di detta controversia si applicano le norme del caso, vale a dire quelle del trattato 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità economica europea . Il procedimento ha luogo nell' interesse della Comunità e del suo ordinamento, al fine di chiarire quale sia la portata dei diritti e degli obblighi delle parti in causa" ( 16 ).

Questi rilievi di principio, che sottolineano la natura oggettiva dei ricorsi dinanzi a voi proposti, consentono di valutare nella loro giusta misura la portata degli argomenti presentati a questo proposito dal governo convenuto . Peraltro, anche se nella fattispecie la Commissione ha fatto taluni rilievi generali circa gli interessi che riteneva essere in gioco, è pur vero che nel ricorso essa contesta, senza alcuna ambiguità, l' inosservanza dell' art . 28 della sesta direttiva in combinato disposto con l' art . 17 della seconda direttiva . Orbene, evidentemente, fatta salva la portata dell' art . 27, questi sono manifestamente i soli articoli che vi consentiranno di accertare se sussista o no l' inadempimento dello stato convenuto; infatti, anche se la sesta direttiva stabilisce espressamente che spetta al Cosiglio abolire le deroghe stabilite in forza dell' art . 28, il mantenimento in vigore delle stesse fino alla decisione del Consiglio implica la loro conformità a detto articolo . Si deve quindi procedere ora alla verifica di questa conformità .

I - Le nozioni "ragioni d' interesse sociale ben definite" e "a favore dei consumatori finali"

11 . Si deve innanzitutto sottolineare che "ragioni d' interesse sociale ben definite" e vantaggio per il consumatore finale non costituiscono condizioni alternative . Infatti, una riguarda lo scopo dei provvedimenti di cui trattasi, l' altra i beneficiari degli stessi . Esse sono pertanto cumulative . D' altronde, nulla autorizza un' interpretazione estensiva di una disposizione che deroga alle norme sulla base imponibile dell' IVA .

A - Le "ragioni d' interesse sociale ben definite"

12 . A questo proposito le parti concordano nel riconoscere agli Stati membri un potere discrezionale per quanto riguarda la determinazione della loro politica sociale . Tuttavia, ad avviso della Commissione, dovete dare un contenuto comunitario alla nozione "ragioni d' interesse sociale ben definite" e, eventualmente, accertare se i provvedimenti adottati siano insufficientemente definiti o ingiustificati, oppure sproporzionati rispetto alle ragioni invocate .

13 . L' applicazione dell' aliquota zero può mirare a far diminuire i prelievi fiscali sui ceti sociali più indigenti . E' però del pari concepibile che gli Stati membri usino lo strumento fiscale anche per soddisfare in modo migliore le esigenze della grande maggioranza della popolazione . E non penso, per quanto riguarda la nozione di cui si discute, che dobbiate valutare l' opportunità delle scelte effettuate dagli Stati membri . Ricordo che, a proposito della riserva della moralità pubblica in materia di libera circolazione delle merci, avete considerato quanto segue :

"spetta in linea di principio a ciascuno Stato membro determinare gli imperativi della moralità pubblica nell' ambito del proprio territorio in base alla propria scala di valori e nella forma da esso scelta" ( 17 ).

Vi suggerisco quindi di trasporre questa soluzione nel caso presente . Infatti, poiché gli Stati membri possono stabilire in tal modo una limitazione della suddetta libertà fondamentale, si deve riconoscere loro un' analoga libertà, senza che ciò comporti maggiori pericoli per la coerenza dell' ordinamento giuridico comunitario, per quanto riguarda deroghe provvisorie all' uniformità della base imponibile dell' IVA .

14 . Tuttavia, l' osservanza della direttiva di cui trattasi esige che possiate intervenire qualora l' esercizio dei poteri degli Stati membri in materia non abbia alcuna attinenza con il settore considerato e quindi comprometta il raggiungimento degli scopi della direttiva stessa . Vi suggerisco pertanto di riservarvi di censurare i casi in cui lo scopo dei provvedimenti nazionali sia manifestamente estraneo al soddisfacimento delle esigenze fondamentali, individuali o collettive, della popolazione dello Stato membro .

B - Il consumatore finale

15 . Secondo me, il consumatore finale dev' essere definito come colui che acquista un bene o un servizio per uso personale, con esclusione di un' attività economica, criterio di cui l' art . 4 della direttiva si avvale per contraddistinguere il soggetto passivo . Soggetto passivo e consumatore finale si distinguono l' uno dall' altro per il fatto che il primo effettua operazioni a titolo oneroso e il secondo effettua acquisti per uso personale . Questa distinzione comporta conseguenze fiscali sostanziali : il soggetto passivo detrae in via di principio l' onere dell' IVA, mentre il consumatore finale sopporta detto onere "poiché non v' è alcun negozio ulteriore che implichi un prezzo" ( 18 ). Quest' ultima conseguenza non può essere trascurata quando si tratta dell' aliquota zero . In tal caso il consumatore finale coincide con colui che sopporterebbe, senza possibilità di detrazione, l' imposta ad aliquota positiva . Questa definizione non è basata su di un criterio restrittivo, ma mi sembra per contro corrispondere rigorosamente ad un' accezione fiscale, la sola conforme, nell' ambito delle disposizioni relative all' IVA, alle categorie riguardate da quest' imposta . Peraltro, come figura nell' art . 3 della proposta di sedicesima direttiva in materia di IVA ( 19 ):

"Ai fini dell' applicazione della presente direttiva, si considera :

a ) "consumatore finale ":

1 ) una persona che, per l' importazione di beni di cui all' art . 2, non è considerata soggetto passivo ai sensi dell' art . 4 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio;

2 ) un soggetto passivo che non ha avuto diritto a deduzione dell' imposta sul valore aggiunto all' atto dell' acquisto del bene ".

C - "A favore" del consumatore finale : la nozione di vantaggio

16 . Rimane da esaminare la nozione di vantaggio presupposta dall' art . 17 con la menzione delle esenzioni "a favore dei consumatori finali ". Nell' ambito dell' esenzione "normale" il vantaggio risulta dalla disapplicazione dell' IVA nella fase del commercio al minuto . In sostanza il vantaggio è rigorosamente identico nel sistema dell' aliquota zero : il consumatore non paga l' IVA . L' applicazione dell' aliquota zero in fasi commerciali precedenti non procura alcun ulteriore vantaggio fiscale al consumatore poiché su di lui, ad ogni modo, non grava l' IVA . Tuttavia, d' accordo con la Commissione, si può ammettere un' aliquota zero a monte qualora essa si applichi al prodotto stesso che sia destinato all' acquisto ad aliquota zero da parte del consumatore finale .

17 . Si potrebbe, spingendosi oltre, ammettere che, come sostiene il governo convenuto, sussista un vantaggio indiretto quando si applichi l' aliquota zero a fattori di produzione che concorrono a produrre beni, a loro volta soggetti ad un' aliquota zero? Sottolineo che dal punto di vista fiscale questo vantaggio non sussiste qualora l' aliquota zero sia concessa al consumatore finale . L' applicazione dell' aliquota zero anche a monte non incide infatti sull' onere fiscale del consumatore, in ogni caso beneficiario dell' aliquota zero . Non può esservi pertanto per il consumatore altro vantaggio che quello derivante dall' eventuale diminuzione del costo del prodotto, conseguente alla riduzione, in mancanza di aliquota positiva che colpisca i prodotti interessati, di oneri di tesoreria e di spese generali . Mi sembra tuttavia che questi effetti, evidenziati dall' analisi economica, debbano essere considerati con una certa prudenza, in quanto variano a seconda dei termini di detrazione stabiliti, delle dimensioni, della struttura dei produttori o degli intermediari, dei loro reciproci rapporti di credito, ecc . La complessità di tali effetti impone, a mio avviso, di adottare talune precauzioni a questo proposito nell' esame del vantaggio "a favore del consumatore finale" ai sensi dell' art . 17 . Tuttavia, poiché la stessa esistenza di una diminuzione dei prezzi di costo può procurare un vantaggio, anche se variabile, al consumatore finale, vi suggerisco di non escludere che, in via di principio, l' aliquota zero possa essere applicata ai soli fattori di produzione diretti ed esclusivi di un prodotto legittimamente soggetto all' aliquota zero .

18 . Precisate così le condizioni stabilite dalla disposizione in esame si deve ora accertare se i provvedimenti controversi siano ad esse conformi .

II - Esame dei casi di applicazione dell' aliquota zero controversi .

A - I fattori di produzione agricola

19 . Si tratta - lo ricordo - degli alimenti per animali di allevamento diversi dagli animali da compagnia, delle medicine somministrate per via orale agli stessi animali, della maggior parte dei concimi venduti in partite non inferiori ai 10 kg . e infine dei semi o di altri prodotti destinati alla semina per la produzione di alimenti .

20 . Le derrate alimentari fruiscono di un' aliquota zero senza che ciò sia contestato . La repubblica d' Irlanda sostiene che le famiglie rurali rappresentano praticamente un quarto dell' intera popolazione dello stato, e che i beni di cui trattasi, la cui consegna è soggetta all' aliquota zero, rientrano direttamente nella produzione di alimenti in parte consumati dagli stessi produttori . Ammetto che quest' uso, stimato nel 9% da parte della repubblica d' Irlanda, è tanto più verosimile in quanto le dimensioni delle aziende appaiono spesso ridotte . Mi sembra innegabile che un' imposizione positiva abbia, per questa parte del consumo finale, un sicuro effetto di aumento di costi . Il governo convenuto fa peraltro riferimento al rischio che i produttori aumentino i prezzi di vendita, in particolare per compensare le perdite di liquidità causate dall' attesa del versamento della compensazione forfettaria, in caso dell' IVA positiva sui prodotti di cui trattasi . Tale conseguenza non può essere esclusa in via di principio . E, trattandosi di fattori di produzione, a mio avviso diretti ed esclusivi, di derrate alimentari, vi suggerisco di riconoscere il vantaggio indiretto che l' aliquota zero può procurare al consumatore finale, tenuto conto della "sensibilità" dei prezzi alimentari al minuto . Vi suggerisco pertanto di non dichiarare l' inadempimento per questo motivo .

B - L' elettricità

21 . Trattasi in questa sede dell' applicazione dell' aliquota zero alle forniture di elettricità erogata a destinatari diversi dal consumatore finale .

22 . La repubblica d' Irlanda sostiene essenzialmente che la tassazione delle forniture destinate all' uso domestico, la quale costituirebbe il 41% del consumo d' elettricità in Irlanda, non si può separare da quella gravante sulle forniture destinate ad altro uso . L' uso domestico sarebbe di entità sufficientemente rilevante per consentire di assoggettare all' aliquota zero tutte le forniture di elettricità . Sempre secondo il governo convenuto, l' imposizione differenziata dello stesso prodotto è impossibile dal punto di vista fiscale e peraltro non vi è molta convenienza a tassare i consumatori registrati ai fini dell' IVA, sia l' elettricità assoggettata all' aliquota positiva o all' aliquota zero . Quest' ultimo rilievo si ricollega senza dubbio all' assunto della repubblica d' Irlanda secondo cui anche in caso d' applicazione di un' aliquota positiva alle forniture controverse, l' 80% del consumo di elettricità fruirebbe dell' aliquota zero o di uno sgravio fiscale .

23 . Questo argomento non è convincente . Il settore industriale e commerciale non può essere equiparato al consumatore finale . E' vero che su questi, a causa dell' aliquota zero applicabile all' energia fornita a scopi industriali, non graverà, se del caso, l' IVA relativa all' elettricità necessaria alla produzione di prodotti finiti soggetti all' aliquota ordinaria . Tuttavia, a parte il fatto che è difficilissimo individuare i motivi d' interesse sociale sui quali si basa l' aliquota zero di cui trattasi, rilevo che nel caso di specie il vantaggio risulta troppo indiretto e remoto . Peraltro, anche se si può ammettere, d' accordo con la Commissione, che l' aliquota zero sia lecita qualora favorisca soltanto marginalmente una categoria di beni o di utenti che in via di principio non ha diritto a questa agevolazione, ciò non può valere nel caso delle forniture d' elettricità destinate all' intero settore industriale di uno Stato membro . Peraltro, non risulta affatto impossibile distinguere le categorie di utenti di uno stesso prodotto ed assoggettarle, a seconda della loro natura, ad aliquote IVA diverse . Non mi sembra pertanto che nella fattispecie sussistano i presupposti per l' applicazione dell' art . 28, n . 2 . Tuttavia, dato che, in subordine, la repubblica d' Irlanda ha sostenuto in questo contesto che l' aliquota zero per tutte le forniture di elettricità può essere giustificata in forza dell' art . 27, si deve ora esaminare quest' articolo .

III - L' articolo 27 della sesta direttiva

24 . Si deve rilevare innanzitutto che l' art . 27, che figura nella direttiva sotto il titolo "misure di semplificazione", è una disposizione permanente che non sembra idonea a consentire un' esenzione . Infatti, innanzitutto negli artt . 13-16 figura un elenco comune e completo delle esenzioni permanenti e, inoltre, lo stesso art . 27 stabilisce espressamente nel n . 1, seconda frase, che le misure di semplificazione non possono "influire, se non in misura trascurabile, sull' importo dell' imposta da versare allo stadio del consumo finale" ( 20 ). Sebbene quest' ultima condizione non sembri essere stata stabilita per i provvedimenti destinati ad evitare le frodi, osservo che il governo irlandese ha anche sottolineato la natura semplificatrice dei provvedimenti censurati . Pertanto, non si può ammettere che una norma permanente che non può consentire esenzioni permanenti giustifichi in via di principio un' esenzione provvisoria . Non sembra quindi consentita l' applicazione dell' aliquota zero all' elettricità fornita all' industria, atta a sopprimere l' onere dell' IVA relativo a detta fornitura al momento dell' acquisto di prodotti finiti da parte del consumatore finale .

25 . Per di più, l' art . 28, che contempla le esenzioni provvisorie, ha anch' esso carattere tassativo . Pertanto, costituirebbe inosservanza di questo articolo lo stabilire un' esenzione provvisoria non contemplata avvalendosi abusivamente dell' art . 27 . Ritengo quindi che le forniture di elettricità al settore industriale non possano godere dell' aliquota zero in base all' art . 27 . Aggiungo, per il caso in cui riteniate che per quanto riguarda i fattori di produzione agricola non ricorrano i presupposti stabiliti dall' art . 28, n . 2, che dovreste escludere, tenuto conto della tassatività or ora rilevata di questa disposizione, che i relativi provvedimenti irlandesi siano giustificati in base all' art . 27, rilevando inoltre che l' aliquota zero affranca da qualsiasi tributo i prodotti consumati dagli stessi produttori .

26 . Concludo pertanto suggerendovi di dichiarare che, applicando l' aliquota zero alle forniture di elettricità ad utenti diversi dai consumatori finali, la repubblica d' Irlanda è venuta meno agli obblighi impostile dal trattato CEE e dall' art . 28, n . 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, e di respingere il ricorso per il resto . Per quest' ultimo motivo suggerisco che le spese siano compensate .

(*) Traduzione dal francese .

( 1 ) "Sistema comune di imposta sul valore aggiunto : base imponibile uniforme", GU L 145 del 13.6.1977, pag . 1 .

( 2 ) Il ricorso ha ad oggetto taluni fattori di produzione agricola ( alimenti destinati agli animali diversi da quelli domestici, taluni concimi venduti in partite non inferiori ai 10 kg, medicine somministrate per via orale ad animali diversi da quelli domestici, semi o altri prodotti destinati alla semina per la produzione di alimenti ) e, inoltre, le forniture di elettricità diverse da quelle destinate al consumatore finale .

( 3 ) Più volte modificato, da ultimo dal Finance Act del 1985 .

( 4 ) Direttiva 67/228/CEE "in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ": "Struttura e modalità d' applicazione del sistema comune d' imposta sul valore aggiunto" ( in prosieguo : "IVA "). GU 71 del 14.4.1967, pag . 1303 . In prosieguo : "seconda direttiva ".

( 5 ) Prima direttiva del Consiglio dell' 11 aprile 1967, 67/227/CEE, "in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari" ( GU 71 del 14.4.1967 ); seconda direttiva, di cui sopra .

( 6 ) Ottavo punto del preambolo della prima direttiva .

( 7 ) Art . 2, 1° comma, della prima direttiva .

( 8 ) La terza, la quarta e la quinta direttiva avevano ad oggetto soltanto la proroga della data di entrata in vigore del sistema comune dell' IVA .

( 9 ) Vedasi secondo punto del preambolo della sesta direttiva ( il corsivo è mio ).

( 10 ) Undicesimo punto del preambolo della sesta direttiva .

( 11 ) Diciannovesimo e ultimo punto del preambolo della sesta direttiva ( il corsivo è mio ).

( 12 ) Vedasi sopra, nota n . 2 .

( 13 ) GU C 250 del 18.9.1987, pag . 2 .

( 14 ) Sentenza 10 dicembre 1968, causa 7/68, Racc . 1968, pag . 562 .

( 15 ) Sentenza 22 maggio 1985, causa 13/83, Racc . 1985, pag . 1556 .

( 16 ) Conclusioni dell' avvocato generale Lenz del 7 febbraio 1985, Racc . pag . 1515 .

( 17 ) Regina / Henn e Derby, sentenza 14 dicembre 1979, pag . 3795 .

( 18 ) Staats Secretaris van Finanziën / Hong Kong Trade Development Council sentenza 1° aprile 1982, Racc . 1982, pag . 1277, punto 9 .

( 19 ) GU C 226 del 28.8.1984, pag . 2 .

( 20 ) Il corsivo è mio .