C-252/86 - Bergandi / Directeur général des impôts

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EUR-Lex - 61986C0252 - IT

61986C0252

Conclusioni dell'avvocato generale Mancini del 15 dicembre 1987. - GABRIEL BERGANDI CONTRO DIRECTEUR GENERAL DES IMPOTS. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE, PROPOSTA DAL TRIBUNAL DE GRANDE INSTANCE DI COUTANCES. - IVA - APPARECCHI AUTOMATICI DA TRATTENIMENTO. - CAUSA 252/86.

raccolta della giurisprudenza 1988 pagina 01343


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

signori Giudici,

1 . Nel quadro di una controversia in tema di qualificabilità di un tributo relativo alla gestione degli apparecchi automatici da trattenimento come imposta sulla cifra d' affari, il tribunal de grande instance di Coutances vi chiede di interpretare l' articolo 33 sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n . 77/388, che armonizza le legislazioni relative alle imposte sulla cifra d' affari - sistema comune di imposta sul valore aggiunto : base imponibile uniforme ( GU L 145, pag . 1 ), e due articoli ( 95 e 30 ) del trattato CEE .

E' utile segnalare che davanti ai giudici francesi pendono innumerevoli cause ( c' è chi dice alcune centinaia ) aventi il medesimo oggetto . Almeno tre tribunal de grande instance - Argentan, Verdun, Nîmes - vi hanno posto quesiti analoghi o addirittura identici a quelli su cui dovete oggi pronunciarvi; di due - Tarbes, Foix -, consta che vi abbiano interrogato, sebbene i loro quesiti non siano ancora giunti in cancelleria; di sedici - Avranches, Rennes, Thionville, Poitiers, Quimper, Laval, Metz, Agen, Bernay, Clermont-Ferrand, Charleville-Mézières, Toulouse, Limoges, Saint-Malo, Vesoul, Chartres -, sappiamo che hanno sospeso i rispettivi procedimenti fino alla vostra pronuncia in questa causa .

Cinque giudici, invece, hanno già risolto il problema, ma di essi solo uno - il tribunal de grande instance di Cusset, 21 maggio 1987 - nel senso di qualificare il nostro tributo come imposta sulla cifra d' affari . Gli altri tribunal de grande instance si sono pronunciati in senso contrario, se pure in base a motivazioni disparate, precisamente : quello di Montbéliard, 23 luglio 1986, perché un' imposta designata come tributo indiretto dal Code Général des Impôts ( in seguito : "CGI ") non costituirebbe un' imposta sulla cifra d' affari; quello di Sens, 3 luglio 1986, perché le norme di una direttiva non sarebbero invocabili dai privati a sostegno di un ricorso in materia fiscale ( è la nota posizione del Conseil d' État, 1° luglio 1985, n . 51811, RJF, 10/85, pag . 1286 ); quello di Auch, 26 novembre 1986, perché definire l' imposta sulla cifra d' affari sarebbe un problema di diritto non comunitario, ma interno; quello di Nevers, 27 novembre 1986, perché l' onere de quo è annuale, mentre il ricorrente aveva chiesto uno sgravio di sei mesi .

In Francia, dunque, la questione sottopostavi è altamente problematica e grande è l' attesa della sentenza con cui la risolverete .

2 . In data 2 luglio 1985 il Centre des impôts di Saint-Lô inviò al signor Gabriel Bergandi, commerciante e gestore di apparecchi automatici da trattenimento, un avviso di accertamento per l' importo di 111 OOO FF, a titolo d' imposta annuale sui detti apparecchi . Osservando che questi ultimi erano stati assoggettati all' IVA dal 1° luglio 1985, il Bergandi chiese uno sgravio per la parte dell' imposta corrispondente al secondo semestre dello stesso anno; e, quando il suo reclamo fu respinto ( 31 dicembre 1985 ), citò il direttore dei servizi fiscali del dipartimento della Manica davanti al tribunal de grande instance di Coutances che è competente in tema di controversie relative alle imposte qualificate come tributi indiretti e tasse equiparate . In questa sede egli chiese che l' amministrazione fiscale fosse obbligata a concedergli uno sgravio di 38 000 FF, per capitale e penalità e condannata a rimborsargli le somme già corrisposte; a tal fine dedusse che l' assoggettamento degli apparecchi da giuoco all' imposta di Stato per il periodo 1° luglio-31 dicembre 1985 è incompatibile con l' articolo 33 della sesta direttiva e con gli articoli 95 e 30 del trattato .

Con sentenza 18 settembre 1986, e in applicazione dell' articolo 177, il giudice adito sospese il procedimento e vi pose i seguenti quesiti pregiudiziali :

"1 ) Se l' articolo 33 della direttiva n . 77/388/CEE vada interpretato nel senso che vieta di assoggettare ad imposte sulla cifra d' affari le cessioni di beni o le prestazioni di servizi, una volta che su tali operazioni sia stata istituita l' IVA .

2 ) Se la nozione d' imposta sulla cifra d' affari, o avente il carattere di imposta sulla cifra d' affari, di cui al citato articolo 33 vada interpretata nel senso che si applica ai tributi gravanti su proventi di gestione, a prescindere dal fatto che l' imponibile sia definito in funzione del provento reale o, quando quest' ultimo non è accertabile con esattezza, in modo indicativo .

3 ) Più specificamente, se la medesima nozione d' imposta sulla cifra d' affari comprenda un onere fiscale forfettario e annuale che, colpisca ogni macchina automatica installata in un luogo pubblico e atta a procurare uno spettacolo, un ascolto, un giuoco o un passatempo, sia posto in essere allo scopo di sostituire un' imposta sulla cifra d' affari gravante sul gestore dell' apparecchio, sia graduato approssimativamente, per tener conto della redditività di ogni tipo di apparecchio, e, indirettamente, per aver riguardo al provento ottenuto dal gestore .

4 ) In caso di risposta affermativa al primo e al terzo quesito : se il divieto di cumulare l' IVA e altre imposte relative alla cifra d' affari sullo stesso provento o sulla stessa cifra d' affari implichi che - ove l' onere si applichi per la prima volta solo all' inizio del secondo semestre di un anno e le imposte sulla cifra d' affari a cui esso deve aggiungersi debbano essere pagate in una sola volta all' inizio dell' anno civile ( salva concessione di una proroga di pagamento ) - l' istituzione dell' IVA porta a rimborsare o a non esigere metà delle somme dovute in ragione dei tributi aventi natura d' imposta sulla cifra d' affari per l' anno durante il quale l' IVA ha avuto la prima applicazione .

5 ) Se l' articolo 95 del trattato CEE vada interpretato nel senso che vieta di assoggettare i proventi di gestione ad un' imposta con aliquota tre volte più elevata su prodotti di origine prevalentemente straniera o su prodotti simili di fabbricazione prevalentemente nazionale . Se tale discriminazione debba considerarsi aggravata quando gli stessi proventi costituiscono oggetto di un' imposizione a titolo di IVA e di un' imposizione indiretta a titolo di altra imposta .

6 ) Se l' articolo 30 del trattato CEE vada interpretato nel senso che ne costituisce violazione il fatto di assoggettare, in base alla normativa comunitaria, i proventi di gestione di taluni prodotti all' IVA senza abolire le imposte vigenti in precedenza e basate su proventi della gestione degli stessi prodotti; ciò quando taluni dei prodotti gestiti non siano più fabbricati nel territorio dello Stato membro che impone tali tributi e, in ogni caso, quando il cumulo di questi ultimi possa importare la riduzione dei detti prodotti provenienti dal resto della Comunità . "

3 . Al tempo dei fatti di causa gli apparecchi automatici da trattenimento erano assoggettati all' imposta sugli spettacoli, all' IVA e alla cosidetta "imposta di Stato ". La prima non c' interessa in questa sede . La seconda, vigente dal 1° luglio 1985, ha la sua fonte nell' articolo 16 della legge finanziaria per il 1984, n . 84-1208 ( JORF 1984, pag . 4060 ). Tale disposto abrogò l' articolo 261-E-3 CGI che esonerava dall' IVA il ricavato dell' esercizio di tutti gli apparecchi automatici soggetti all' imposta sugli spettacoli; e a favorirne l' emanazione fu il ricorso ex articolo 169 del trattato che - ritenendo il detto esonero incompatibile con l' articolo 13, punto B, lettera f della sesta direttiva - la Commissione aveva promosso il 23 dicembre 1983 contro la Repubblica francese ( la causa, che porta il numero 287/83, fu infatti cancellata dal ruolo con ordinanza 16 gennaio 1985, non pubblicata ).

Infine, l' imposta di stato . Essa venne istituita dall' articolo 33 della legge finanziaria per il 1982, n . 81-116O ( JORF 1981, pag . 3539 ) sul presupposto che gli apparecchi da giuoco "ne supportent actuellement aucun impôt sur le chiffre d' affaires" ( JORF Débats, Assemblée Nationale, 1981, pag . 3056 ). Secondo il progetto governativo, il tributo avrebbe dovuto essere annuale, fisso e pari a 1 500 FF per apparecchio; ma un emendamento approvato nella seduta del 27 novembre 1981 lo modulò in funzione dei diversi tipi di apparecchi . Al ministro per il Bilancio, Laurent Fabius, il sistema così posto in essere parve soddisfacente . Esso distingueva infatti "entre les appareils qui ont une très faible rentabilité, et pour lesquels le taux de prélèvement sera bas, les appareils intermédiaires qui seront soumis à un double taux, un taux moyen pour les communes urbaines et un taux assez faible pour les appareils mis en service depuis plus de trois ans qu' on trouve souvent dans les petits cafés des communes rurales, (...) et, enfin, les appareils qualifiés de jackpot, concernant les jeux d' argent et de hasard dont la taxation (...) peut être supérieure ". In altri termini - concluse il ministro - l' emendamento teneva conto des "exigences des finances publiques, du rendement des appareils et de la distinction entre les communes rurales et urbaines par le biais de l' ancienneté des appareils" ( JORF Débats, Sénat, 1981, pag . 3253 ).

In concreto, l' articolo 33, disciplinò, la materia introducendo nel CGI gli articoli 564 septies e octies . Il primo dispone che l' imposta de qua si applica agli apparecchi automatici da trattenimento atti a procurare uno spettacolo, un ascolto, un giuoco o un passatempo e installati nei locali pubblici . Il tributo è annuale e ha un importo diverso a seconda del tipo di apparecchio . Più precisamente : pagano 5OO FF :

a ) gli apparecchi relativi a giuochi di abilità i cui dispositivi automatici, consistenti in distributori di palline e registratori di punti, sono puramente meccanici ( si tratta dei cosiddetti "calcio-balilla ");

b ) quelli costituiti unicamente da veicoli in scala ridotta o figure riproducenti animali su cui prendono posto i bambini;

c ) gli elettrogrammofoni a gettone o moneta (" juke boxe ");

sono assoggettati a un tributo di 5 OOO FF gli apparecchi che si basano sull' alea, anche quando la vincita dipenda dall' abilità del giocatore, e che distribuiscono gettoni da gioco o possono dare luogo a partite gratuite multiple (" slot machines", "pin ball", "roll-a-top", "astoria", "rotamint", ecc .). La fabbricazione, la detenzione, l' installazione e la gestione di tali apparecchi sono state peraltro vietate dalla legge 12 luglio 1983, n . 83-628 ( JORF 1983, pag . 2154 );

per tutti gli altri apparecchi ( così i video-giochi, i vari tipi di biliardi, i bowlings in formato ridotto ecc .) l' imposta è di 1.5OO FF e scende a 1.000 FF se essi furono posti in esercizio più di tre anni prima . E' inoltre previsto che gli apparecchi il cui "inizio di attività" ha luogo durante il secondo semestre dell' anno siano tassati per una somma pari alla metà dell' importo .

Ai sensi dell' articolo 564 octies l' imposta è dovuta dal soggetto che ha in gestione l' apparecchio nel momento della dichiarazione annuale relativa al suo inizio di attività . Il pagamento dev' essere eseguito entro sei mesi dalla dichiarazione o al più tardi il 31 dicembre dell' anno a cui quest' ultima si riferisce ( vedasi anche l' istruzione 24 febbraio 1982, BODGI 2 I-2-82 .) L' imposta è riscossa secondo le regole, in base alle condizioni, con le garanzie e con le sanzioni previste per i contributi indiretti .

Segnalo infine che, successivamente ai fatti di causa, gli articoli 564 septies ed octies furono abrogati dall' articolo 35 I della legge finanziaria per il 1987, n . 86-1317 ( JORF 1986, pag . 15820 ). Nella relazione allegata al progetto governativo si legge che l' imposta de qua era stata istituita "dans l' attente de l' application de la taxe sur la valeur ajoutée" e che, essendo quest' ultima entrata in vigore, "il convient de revenir au droit commun en supprimant la taxe d' État ".

4 . Prendiamo, anzitutto, in esame i quesiti che si riferiscono all' interpretazione dell' articolo 33 sesta direttiva . Il testo della norma è noto : "Fatte salve - esso recita - le altre disposizioni comunitarie, ( quelle ) della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giuochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d' affari ". Ora, tra i soggetti intervenuti nel nostro procedimento, la Commissione delle Comunità europee e il governo di Parigi e quello di Bonn si sono schierati per la tesi che considera la percezione del tributo controverso compatibile col disposto citato . Dico subito che quest' opinione - tra l' altro sostenuta a nome dell' esecutivo da Lord Cockfield nella risposta che dette all' interrogazione scritta n . 2054/84 dell' on . Vernier ( GU 1986, C 277, pag . 1 ) - non mi convince . Trovo invece persuasivi gli argomenti che Bergandi ha addotto a sostegno della veduta opposta .

Ma procediamo con ordine, rivolgendo la nostra attenzione alla natura del detto tributo . A tale riguardo è opportuno rilevare che, salvo il governo tedesco, gli intervenienti hanno richiamato la sentenza 27 novembre 1985 ( causa 295/84, SA Rousseau Wilmot / Caisse de compensation de l' organisation autonome nationale de l' industrie et du commerce, in seguito "Organic", Racc . pag . 3759 ) e, in particolare, il suo punto 16 . L' articolo 33 della sesta direttiva - afferma quest' ultimo - "si propone d' impedire che il funzionamento del sistema comune dell' IVA sia leso da provvedimenti fiscali di uno Stato membro che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in modo analogo a quello che caratterizza l' IVA ". La norma non vieta quindi agli Stati membri di conservare o di porre in essere oneri "che non ( possiedano ) natura fiscale, ma siano istituiti specificamente per alimentare fondi previdenziali, (...) ( abbiano un ) fatto generatore (...) costituito dall' attività delle imprese e siano commisurati al fatturato annuo complessivo, senza incidere direttamente sul prezzo dei beni e dei servizi ".

Secondo la Commissione e il governo francese, questo passo contiene i criteri che permettono di individuare in un tributo i connotati dell' imposta sulla cifra d' affari . In primo luogo, è necessario analizzare l' incidenza sul prezzo finale dell' onere, il cui fatto generatore consista nella cessione di un bene o nella prestazione di un servizio; tale ripercussione dev' essere diretta anche se non è indispensabile che a subirne formalmente le conseguenze siano, come nel caso dell' IVA, l' acquirente o il committente . In secondo luogo, occorre che la cifra d' affari, ottenuta dall' impiego del bene o dalla prestazione del servizio, sia soggetta a un' imposta in modo reale o forfettario . Ai detti criteri la Commissione ne aggiunge un terzo : deve cioè aversi un rapporto tra l' assoggettamento di un bene o di un servizio all' imposta e la loro circolazione intracomunitaria .

La Repubblica federale, invece, fa leva sull' articolo 33 della direttiva e ritiene inutile ogni tentativo di definire in modo "esauriente" il tributo che ha il carattere di imposta sulla cifra d' affari perché, rispetto a questa, esso può apparire diverso a causa del nome, ma non è certo diverso sul piano dell' oggetto o della natura . Invero, le imposte sulla cifra d' affari e l' IVA comunitaria sono qualificate dal fatto di rapportarsi a tutte le possibili categorie di prodotti e per ciò stesso di essere imposte generali di consumo . Il riferimento che un tributo faccia alla cifra d' affari non è peraltro sufficiente ad attribuirgli il carattere della relativa imposta . Quest' ultima riguarda sia le importazioni di prodotti, sia le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo; al contrario, avendo spesso i lineamenti del provento di attività, il corrispettivo ricevuto dal cedente o dal prestatore non costituisce il suo oggetto, ma solo la sua base imponibile .

La Commissione osserva ancora che, ai fini della qualificazione di un tributo, lo scopo da esso perseguito è del tutto ininfluente; e alla medesima stregua il governo tedesco rileva che l' intento del legislatore di istituire un tributo sostitutivo dell' imposta sulla cifra d' affari non rileva ai sensi dell' articolo 33, essendo necessario che di tale imposta presenti le caratteristiche obiettive . Da tale necessità - conclude la Commissione - deriva che, nel caso dell' onere su cui vi interroga il tribunal de grande instance di Coutances, il fatto generatore non è costituito dalla cessione di un bene o dalla prestazione di un servizio, ma è, al contrario, strettamente correlato alla base imponibile . Quell' onere, infatti, grava sull' uso di un apparecchio e non è diverso a seconda del luogo in cui la macchina è installata; a parte ciò, non potendo venir dedotto come l' IVA comunitaria ex articolo 17 sesta direttiva, non ha la natura dell' imposta sulla cifra d' affari .

Dal canto suo, il governo di Parigi rileva che l' imposta de qua è indipendente dal prezzo di acquisto degli apparecchi; inoltre, essa non si propone di operare alcun prelievo sul fatturato, ma, come dimostra la sua esigibilità al momento della dichiarazione annuale dell' apparecchio, riguarda piuttosto l' installazione di quest' ultimo . L' annualità della imposta, poi, esclude in radice che l' amministrazione proceda a sgravi semestrali . La Francia aggiunge che l' impossibilità di configurare il nostro tributo a stregua di imposta sulla cifra d' affari è evidente, se solo si consideri che Bergandi ha adito la magistratura ordinaria; com' è noto, infatti, quest' ultima è competente unicamente in materia di contributi indiretti .

A giudizio del governo tedesco, infine, lo stesso tributo non è assimilabile a un' imposta sulla cifra d' affari perché non soddisfa la condizione della generalità .

5 . Personalmente, e in contrasto con quanto afferma la Repubblica federale, io credo che la risposta ai quesiti rivoltivi dal tribunal de grande instance di Coutances dipenda dalla definizione di imposta avente il carattere di "imposta sulla cifra d' affari ai sensi dell' articolo 33 sesta direttiva ". Del resto, lo stesso governo di Bonn, che pure ritiene superfluo ogni sforzo inteso a tal fine, non riesce a identificare il tributo in esame se non con riferimento all' IVA comunitaria .

Osservo, anzitutto, che la nozione di tributo avente il carattere d' imposta sulla cifra d' affari ha natura comunitaria . In questo senso depongono inequivocabilmente la lettera dell' articolo 33 e le finalità del sistema a cui esso appartiene . Come ha precisato il legislatore, infatti, al divieto di cumulo sfugge "qualsiasi imposta, diritto e tassa" che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d' affari; dove è ovvio che la stessa pluralità dei termini impiegati - appunto "imposta", "diritto" e "tassa" - vieta di far dipendere la qualificazione del concetto da denominazioni o da criteri nazionali . Il motivo di ciò è chiaro e sta, come dicevo, negli obiettivi del sistema : l' IVA è un' imposta le cui caratteristiche sono state armonizzate a livello comunitario e una percentuale del suo gettito concorre al finanziamento della Comunità .

Ma questo non è tutto . Se non si accogliesse una definizione comunitaria della nostra imposta, gli Stati membri potrebbero eludere il divieto di cumulo sancito dall' articolo 33 ricorrendo a criteri e nozioni peculiari del loro sistema fiscale o denominando un tributo in un modo piuttosto che in un altro ( ad esempio, astenendosi dall' usare la formula "imposta sulla cifra d' affari "). D' altronde, che così stiano le cose, lascia intendere anche la vostra giurisprudenza . Nella sentenza 8 luglio 1986 ( causa 73/85, Hans-Dieter e Ute Kerrutt / Finanzamt di Moenchengladbach-Mitte, Racc . pag . 2219 ), avete infatti ritenuto che un' imposta sui trasferimenti e sui negozi come il "Grunderwerbsteuer" tedesco non è colpita dal suddetto divieto; e con ciò - mi sembra - avete implicitamente riconosciuto l' esistenza di un concetto comunitario di tributo avente il carattere di imposta sulla cifra d' affari .

La conclusione così raggiunta fa giustizia degli argomenti che negano tale carattere all' onere in esame invocando la sua qualificazione nazionale a stregua di "contributo indiretto" o la competenza di cui a suo riguardo è investita la magistratura ordinaria ( mentre è noto che le controversie in tema di imposte sulla cifra d' affari vanno sottoposte al giudice amministrativo ). Su quest' ultimo punto, del resto, Bergandi ci ha detto in udienza di aver solo seguìto le indicazioni fornitegli dall' amministrazione finanziaria francese . In calce al provvedimento con cui il direttore dei servizi fiscali del dipartimento della Manica respinse il suo reclamo, si precisava infatti che "si vous souhaitez contester ce rejet, vous pouvez dans les deux mois assigner le directeur des services fiscaux devant le tribunal de grande instance de Coutances ".

6 . Sono anch' io persuaso che la base su cui erigere il concetto di tributo avente il carattere di imposta sulla cifra d' affari è la pronuncia Organic, nonostante riguardi un onere che, a differenza del nostro, non aveva natura fiscale . Come rileva Bergandi, nel punto 16 di quella decisione la Corte enunciò due criteri utili a definire tale concetto, ma non lo precisò in termini generali ed astratti . Essa mise anzitutto l' accento sul "sistema comune dell' IVA" individuando nell' articolo 33 la volontà di impedire che esso sia pregiudicato da misure fiscali nazionali; chiarì poi che, per essere capaci di tanto, le dette misure non devono né gravare sulla circolazione dei beni e dei servizi né colpire i negozi commerciali "in modo analogo" a quello che caratterizza l' IVA .

Un primo rilievo : l' uso dell' espressione "modo analogo" - mi sembra - implica che tra i connotati del tributo avente il carattere d' imposta sulla cifra d' affari e quelli dell' IVA una completa coincidenza non è necessaria . Analogia, infatti, non significa identità . Nello stesso ordine di idee, il richiamo da voi fatto "al sistema comune dell' IVA" non suppone unicamente la definizione che dell' IVA dà l' articolo 2, prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni nazionali relative alle imposte sulla cifra d' affari ( GU 1967, pag . 1301 ). Escludo dunque che i tratti di un' imposta sulla cifra d' affari si individuino solo nei tributi generali sul consumo deducibili ed "esattamente proporzionali al prezzo dei beni e dei servizi ". I termini da voi impiegati alludono piuttosto al sistema nel suo complesso che, se non interamente uniforme, è almeno "comune" ( vedansi le conclusioni dell' avvocato generale Rozès in causa 15/81, Schul / Ispettore dei tributi d' importazione e delle accise, Racc . 1982, pag . 1437, 1441 ). Ora, dalla disciplina che la sesta direttiva dètta in tema di IVA è possibile desumere con sicurezza quali caratteristiche debba avere un' imposta sulla cifra d' affari, specie per quanto riguarda il fatto generatore del tributo, le modalità di valutazione dell' imposta e la sua ripercussione sul consumatore .

Esaminiamo, in primo luogo, il fatto generatore . Come si ricorderà, la Commissione e il governo di Parigi hanno affermato che tra esso e la base imponibile sussiste una stretta relazione, dal momento che la nostra imposta è dovuta per la messa in esercizio degli apparecchi ed è indipendente dal relativo fatturato . Quanto a me, rileverò che :

a ) la sesta direttiva mostra di voler distinguere fra i due fenomeni per il fatto stesso di occuparsene in due diverse disposizioni ( articoli 10 e 11 );

b ) l' articolo 10 ammette la possibilità di deroghe, pur affermando che l' imposta diventa esigibile nel momento in cui si effettuano la cessione del bene o la prestazione del servizio;

c ) al paragrafo 3, il medesimo disposto stabilisce che, in caso d' importazione, il fatto generatore ha luogo "all' atto dell' introduzione del bene all' interno del paese ".

Dunque, rispetto all' IVA - che pure è per eccellenza un' imposta sulla cifra d' affari - un rapporto diretto e individuale tra fatto generatore e base imponibile non sembra identificabile .

Né si può dire, come invece ritiene il governo tedesco, che la sesta direttiva impone all' IVA il carattere della generalità . Certo, la generalità è un connotato peculiare che distingue questa imposta dalle altre forme di imposizione indiretta ( vedasi le mie conclusioni nella causa Organic, già citata, n . 4 ). Ma peculiare non significa esclusivo; tanto è vero che per effetto delle opzioni e degli esoneri previsti dalla medesima fonte il tributo non colpisce tutte le operazioni economiche .

Veniamo all' argomento, sviluppato con particolare energia dal governo di Parigi, secondo cui l' onere controverso non è proporzionale al fatturato e per ciò stesso non mira a colpire con un prelievo di tipo reale o forfettario la cifra d' affari procurata dagli apparecchi . La tesi contiene un elemento di verità . L' IVA, infatti, si calcola di regola sulla base della cifra d' affari dichiarata e delle diverse cessioni di beni o prestazioni di servizio realizzate in reciproca indipendenza . Ma è anche vero che questo principio soffre di importanti eccezioni; è il caso, ad esempio, del regime di tipo forfettario con possibilità di franchigia e senza deduzione che è previsto per le piccole imprese, i produttori agricoli e le agenzie di viaggi ( articoli 24-26 sesta direttiva ). Ne viene che, se la base imponibile non prende in considerazione la totalità della cifra d' affari dichiarata, l' imposta, benché sia stabilita in maniera forfettaria, resta ad valorem .

A un risultato ancora più netto si perviene esaminando la ripercussione dell' imposta . Nella pronuncia Organic - ricordo - la Corte rilevò che il tributo ha carattere di imposta sulla cifra d' affari solo se i negozi commerciali ne sono colpiti in modo analogo a quello dell' IVA . Ora, come riconosce la stessa Commissione, i modi in cui l' IVA viene trasferita sul consumatore finale del bene o sul fruitore del servizio sono notevolmente diversi . La traslazione è talvolta diretta ( così, se l' importo dell' onere è al di fuori del prezzo del bene o del servizio ), talaltra indiretta ( è l' ipotesi inversa dell' imposta che si trova all' interno del prezzo ) e almeno in un caso ( quello del regime forfettario ) del tutto inesistente . Com' è ovvio, gli stessi princìpi valgono per i tributi aventi il carattere di imposta sulla cifra d' affari .

Infine, due parole sul criterio - fatto valere dalla sola Commissione - che esige l' esistenza di un rapporto tra l' assoggettamento all' imposta di un bene o di un servizio e la loro circolazione intracomunitaria . Come osserva Bergandi, esso fa leva su un' interpretazione dell' articolo 33 a cui stregua tale norma proibisce il cumulo solo in quanto il tributo incida sugli scambi tra Stati membri e non anche se i suoi effetti si producono all' interno di un singolo paese . Ma questa lettura è indebitamente riduttiva; non v' è chi non veda, infatti, il suo contrasto con un sistema com' è quello dell' IVA, che esige l' eguaglianza delle condizioni di concorrenza "tanto sul piano nazionale quanto sul piano comunitario" ( 3° considerando della prima direttiva ).

7 . Dopo aver così individuato i tratti peculiari dell' imposta avente il carattere d' imposta sulla cifra d' affari, si tratta ora di stabilire se essi sono riscontrabili nel tributo controverso .

Dall' esame della relativa disciplina ( supra, n . 3 ) emerge che : a ) il tributo è pagato dal gerente e non dal detentore dell' apparecchio; non si tratta dunque di un' imposta sulla proprietà o sul possesso com' è, la tassa di circolazione degli autoveicoli; b ) l' importo relativo varia a seconda del tipo di apparecchio, tiene conto del suo periodo di impiego e prende in considerazione la sua obsolescenza . Gli apparecchi destinati allo svago dei bambini risultano infatti meno colpiti di quelli che servono da passatempo per gli adulti; inoltre, un abbattimento pari alla metà del tributo è previsto per gli apparecchi il cui inizio di attività abbia avuto luogo nel corso del secondo semestre dell' anno e, rispetto agli apparecchi in esercizio da più di tre anni, l' imposta è ridotta di un terzo . Come ha riconosciuto la stessa Commissione, siamo insomma dinanzi alla tassazione di un' attività in funzione della sua redditività o del suo fatturato . Quest' ultimo - lo prova la modulazione del tributo - è calcolato su base forfettaria e pertanto approssimativa, ma, come abbiamo appena visto, è anche fondato su elementi apparenti, concreti e poco variabili . Non vi son dubbi, infine, che gli esercenti trasferiscono il tributo sul prezzo e, di qui, sul fruitore del servizio .

A quale risultato conduca tale analisi mi sembra evidente : il nostro tributo - che grava sui proventi di gestione comunque sia definito l' imponibile ( e cioè in funzione del fatturato reale o, se esso non sia accertabile con esattezza, in modo forfettario ) - ha il carattere d' imposta sulla cifra d' affari e non è dunque cumulabile con l' IVA . Questa conclusione, del resto, è corroborata dai lavori preparatori della legge finanziaria per il 1982 . Essi chiariscono infatti che il legislatore fu mosso da un duplice intento : da un lato, supplire alle difficoltà di applicazione dell' IVA in un settore nel quale la Commissione premeva per l' abrogazione dell' esonero generale di cui all' articolo 261-E CGI; dall' altro, assoggettare il fatturato degli apparecchi ad un tributo il cui importo riflettesse la loro redditività presunta .

Rispetto al primo scopo, oltre al citato intervento del ministro Fabius ( supra, n . 3 ), possono ricordarsi le osservazioni di Christian Pierret, relatore generale alla Commissione finanze dell' Assemblea nazionale, secondo cui le "contrôle de la recette est très difficile et je ne m' étendrai pas sur les pratiques abusives auxquelles la perception de cette recette sous forme de pièces de monnaie donne parfois lieu . L' assujettissement à la TVA serait donc impossible dans la mesure ou la recette déclarée ne correspondrait pas forcément à la réalité . Le gouvernement ne pouvait donc s' orienter que vers une taxe forfaitaire" ( JORF, Débats, Assemblée nationale, 4 . 11 . 1981, pag . 3058 ). Il secondo obiettivo è messo in evidenza dall' intervento del deputato Charles Josselin . Egli si felicitò per la "modulation de la taxe par type d' appareils, car on tient compte ainsi des revenus plus ou moins importants qu' ils procurent" e apprezzò "que l' on ait pris en considération l' âge des appareils et que l' on ait retenu le principe de son paiement semestriel (...) car cela permettra d' éviter que les appareils qui fonctionnent seulement une partie de l' année - je pense notamment à la période estivale - soient frappés d' une taxe annuelle" ( JORF Débats, Assemblée nationale, 17 dicembre 1981, pag . 5063, vedansi anche l' intervento del senatore Francis Palmero, JORF Débats, Sénat, 27 novembre 1981, pag . 3252 ).

8 . Ho già detto che dalla qualificazione di un' imposta come tributo avente il carattere di imposta sulla cifra d' affari discende, conformemente all' articolo 33 della sesta direttiva, il divieto di cumulo con l' IVA, cioè con un' onere anch' esso gravante sul fatturato che deriva dall' uso dell' apparecchio . Sul punto il governo di Parigi ha sostenuto che il divieto non dovrebbe comunque operare quando l' imposta è annuale e la legge non consente di concedere sgravi per i periodi inferiori all' anno in cui l' IVA ha avuto la sua prima applicazione .

Questa tesi, che fu accolta dalla citata sentenza del tribunal de grande instance di Nevers, è priva di fondamento . L' articolo 33 soddisfa infatti le condizioni che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, consentono di riconoscere efficacia diretta ai disposti di una direttiva . Ne viene che, dal momento in cui uno Stato membro assoggetta all' IVA un' attività già colpita da un tributo simile al nostro, il divieto di cumulo è opponibile alla percezione di quest' ultimo e obbliga l' amministrazione finanziaria a rimborsare o a non esigere le somme relative alla parte dell' anno durante il quale l' IVA è stata applicata per la prima volta .

9 . La soluzione che vi ho proposto rende inutili i quesiti relativi alla compatibilità del tributo controverso con gli articoli 95 e 30 del trattato CEE; essa mi esime pertanto dall' esporre e dal prendere in esame gli argomenti che sono stati sviluppati a questo riguardo . Per completezza mi limiterò ad osservare :

a ) quanto all' articolo 95, che l' imposta non colpisce una merce, ma la redditività del servizio prestato e che, non essendo stata provata l' inesistenza di una produzione nazionale di apparecchi automatici, è impossibile individuare intenti discriminatori nei confronti degli apparecchi fabbricati in altri Stati membri;

b ) quanto all' articolo 30, che, secondo la vostra giurisprudenza, gli ostacoli di natura fiscale alle importazioni non sono contemplati da tale disposto e comunque non consentono di applicarlo in combinazione con l' articolo 95 ( sentenze 22 marzo 1977, causa 84/76, Iannelli e Volpi SpA / Ditta Paolo Meroni, Racc . 1977, pag . 557 e del 7 maggio 1985, causa 18/84, Commissione / Repubblica francese, Racc . 1985, pag . 1339 ).

10 . Per tutti i rilievi fin qui svolti vi suggerisco di rispondere come segue ai quesiti che vi ha sottoposto il tribunal de grande instance di Coutances con sentenza 18 dicembre 1986 nella causa tra il signor Gabriel Bergandi e il direttore dei servizi fiscali del dipartimento della Manica :

"Il concetto di tributo avente il carattere di imposta sulla cifra d' affari, di cui all' articolo 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n . 77/388/CEE, va interpretato nel senso che comprende un' imposta stabilita annualmente, pagata dall' esercente di un apparecchio automatico da trattenimento e regolata in base a criteri tali da tener conto, anche se in modo forfettario, della redditività presunta dell' apparecchio .

L' articolo 33 della sesta direttiva vieta di assoggettare le cessioni di beni o le prestazioni di servizi ad imposte, diritti e tasse aventi il carattere d' imposta sulla cifra d' affari a partire dal momento in cui l' IVA si applica per la prima volta, quali che siano le modalità previste per il pagamento dei tributi ."