C-207/87 - Weissgerber / Finanzamt Neustadt/Weinstraße

Printed via the EU tax law app / web

EUR-Lex - 61987C0207 - IT

61987C0207

Conclusioni dell'avvocato generale Lenz del 14 giugno 1988. - GERD WEISSGERBER CONTRO FINANZAMT NEUSTADT / WEINSTRASSE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE, PROPOSTA DAL FINANZGERICHT RHEINLAND-PFALZ. - EFFICACIA DELLE DIRETTIVE - ESENZIONE DALL'IVA - TRASLAZIONE A VALLE. - CAUSA 207/87.

raccolta della giurisprudenza 1988 pagina 04433


Conclusioni dell avvocato generale


++++

Signor Presidente,

Signori Giudici,

A - Gli antefatti

1 . La causa odierna verte ancora una volta sull' interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all' imposta sulla cifra d' affari ( sistema comune d' imposta sul valore aggiunto : base imponibile uniforme ) ( 1 ), normativa sulla quale vi siete già ripetutamente pronunciati .

2 . Questa direttiva stabilisce all' art . 13, parte B, lett . d ), n . 1 - disposizione che c' interessa oggi - che gli Stati membri "esonerano dall' imposta" la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi . A norma dell' art . 1 gli Stati membri devono fare in modo che le necessarie norme d' attuazione entrino in vigore entro il 1° gennaio 1978 . Tramite la nona direttiva del Consiglio 26 giugno 1978 ( 2 ) questa scadenza però è stata prorogata, fra l' altro per la RF di Germania, al 1° gennaio 1979 .

3 . In realtà - come è noto già dal precedente contenzioso - la Repubblica federale di Germania s' è conformata alla direttiva solo tramite la legge 26 novembre 1979 con effetto dal 1° gennaio 1980, cosicché solo da questo momento i mediatori di crediti hanno potuto fruire dell' esenzione dall' imposta ( esenzione che non era prevista dalla legge relativa all' imposta sulla cifra d' affari nella versione del 16 novembre 1973 ).

4 . Nella sentenza 19 gennaio 1982 in causa 8/81 ( 3 ) è invece stato dichiarato, su domanda pregiudiziale del Finanzgericht di Muenster, che un mediatore di crediti poteva invocare dal 1° gennaio 1979 l' art . 13, parte B, lett . d ), n . 1 della sesta direttiva, qualora non si fosse rivalso dell' imposta sul destinatario della sua prestazione . Su domanda del Finanzgericht di Amburgo ciò è stato ancora ribadito nella sentenza 10 giugno 1982 in causa 255/81 ( 4 ).

5 . Con riferimento al fatto che la già citata nona direttiva non aveva effetto retroattivo, nella sentenza 22 febbraio 1984 in causa 70/83 ( 5 ) è stato inoltre precisato che un mediatore di crediti - finché la sesta direttiva non era stata posta in atto - poteva invocare l' art . 13, parte B, lett . d ), n . 1, della direttiva 77/388 per gli affari conclusi tra il 1° gennaio e il 30 giugno 1978, qualora non si fosse rivalso dell' imposta sul destinatario dei suoi servizi .

6 . L' attore nella causa principale si occupa tra l' altro anche di mediazione di crediti e riscuote per questo, dalle banche alle quali egli procura clienti, commissioni che gli sono accreditate senza separata menzione dell' imposta sulla cifra d' affari . Le commissioni maturate negli anni 1978 e 1979 sono state incluse, conformemente alle dichiarazioni fiscali dell' attore del giugno e del dicembre 1980, nella cifra d' affari assoggettata ad imposta .

7 . Venuto a conoscenza della menzionata giurisprudenza, l' attore sollecitava una corrispondente modifica del suo accertamento tributario .

8 . Respinta la sua richiesta di modifica presentata nell' aprile 1982 si è giunti ad un primo procedimento contenzioso per quel che riguardava l' accertamento relativo all' anno fiscale 1979, poi composto in quanto un provvedimento di modifica adottato dall' amministrazione fiscale l' 11 luglio 1983 ha escluso dalla base imponibile il giro d' affari dell' attore relativo alla mediazione di crediti .

9 . Un secondo procedimento contenzioso è sorto però dopo un nuovo controllo della situazione volto ad accertare se vi fosse stata rivalsa occulta per l' imposta sulla cifra d' affari nei confronti dei destinatari delle prestazioni . All' esito positivo del controllo ha fatto seguito nell' aprile 1985 una modifica del provvedimento fiscale , con la conseguenza di assoggettare nuovamente ad imposta le commissioni riscosse per la mediazione di crediti .

10 . Per quel che riguarda l' accertamento tributario relativo all' anno 1978 vi è stato poi un ulteriore contenzioso giudiziario dopo che la domanda presentata nel dicembre 1984 dall' attore per ottenerne una modifica era stata respinta nel marzo 1985 .

11 . Fino ad oggi l' attore non ha versato alcuna imposta sul valore aggiunto per le operazioni litigiose . Nei procedimenti contenziosi, che sono stati riuniti per essere trattati in comune, l' attore ha ribadito il suo punto di vista secondo il quale avrebbe dovuto essere esentato dall' imposta in virtù della giurisprudenza già ricordata dalla vostra Corte, e a questo proposito ha anche contestato, pur sostenendo che solo una ripercussione palese dell' imposta è rilevante, che nel suo caso vi sia stata una rivalsa occulta sul destinatario della prestazione .

12 . In un primo momento, l' amministrazione fiscale convenuta ha ritenuto anzitutto che il ricorrente non potesse chiedere l' esenzione fiscale per gli anni 1978 e 1979 in quanto il diritto fiscale tedesco allora vigente in materia di imposta sulla cifra d' affari non conteneva alcuna norma che permettesse un' esenzione; essa ha quindi sostenuto, conformandosi alla giurisprudenza del Bundesfinanzhof ( 6 ), che le norme in materia di esenzione della sesta direttiva sull' IVA non dovevano essere osservate prima della loro recezione nel diritto nazionale . Inoltre l' amministrazione fiscale si richiama pure ad una circolare del ministro federale delle finanze in data 27 giugno 1983, relativa ai problemi sui quali vertono le cause principali, in base alla quale vi è rivalsa ai sensi della giurisprudenza di questa Corte anche nell' ipotesi di rivalsa occulta; quindi, per dimostrare che vi è stata omissione di questa rivalsa, si deve provare che le imprese che esercitavano la mediazione di crediti già nel 1978, nel 1979 hanno ridotto proporzionalmente le commissione ricevute ( in presenza delle stesse commissioni nel 1979 come nel 1978 si deve quindi presumere la rivalsa poiché nella seconda metà del 1978 l' imposta sulla cifra d' affari per la mediazione di crediti era comunque dovuta e veniva perciò trasferita a valle ).

13 . Di fronte a questa controversia, il giudice adito ha ritenuto di trovarsi di fronte a problemi di diritto comunitario, in primo luogo per quel che riguarda il problema dell' invocabilità diretta della direttiva e, in secondo luogo, per quanto riguarda la questione se anche una rivalsa occulta possa essere rilevante ai sensi della nostra giurisprudenza e quando una simile rivalsa si debba presumere . Di conseguenza, con ordinanza 15 giugno 1987 ha sospeso la causa dinanzi ad esso pendente per sottoporre alla Corte, a norma dell' art . 177 del trattato CEE, le seguenti questioni :

"1 . Se un mediatore di crediti possa far valere, per le operazioni effettuate fra il 1° gennaio 1978 e il 30 giugno 1978, nonché per le operazioni effettuate nel 1979, la disposizione relativa all' esenzione dall' imposta sulla cifra d' affari per le operazioni di negoziazione di crediti di cui all' art . 13, parte B, lett . d ), n . 1, della sesta direttiva 77/388/CEE, concernente l' imposta sulla cifra d' affari, in caso di mancata attuazione di tale direttiva, qualora non si sia rivalso di detta imposta sul destinatario della sua prestazione .

2 . In caso di soluzione affermativa della prima questione : se faccia venir meno l' esenzione unicamente la rivalsa manifesta dell' imposta sulla cifra d' affari nei confronti del destinatario della prestazione oppure anche una rivalsa occulta .

3 . Nel caso in cui anche una rivalsa occulta dell' imposta sulla cifra d' affari faccia venir meno l' esenzione : se una rivalsa occulta dell' imposta sulla cifra d' affari sussista già quando il mediatore di crediti, pattuendo la commissione sulla mediazione, abbia calcolato di dover pagare l' imposta, traendola da tale commissione ".

B - Esame del problema

Letti gli atti processuali e ascoltati i dibattiti all' udienza, mi sono formato il seguente convincimento .

1 . Sulla prima questione

14 . La prima questione è sorta, come abbiamo già visto, in quanto l' amministrazione fiscale si è appellata alla giurisprudenza del Bundesfinanzhof, che non ha accettato l' interpretazione della sesta direttiva IVA data dalla nostra Corte . Secondo questa giurisprudenza era impossibile invocare la norma relativa all' esenzione di cui all' art . 13 prima della trasposizione della direttiva nell' ordinamento interno . Tenuto conto di ciò il Finanzgericht ha ritenuto insoluta la questione indicata col n . 1 .

15 . Nelle osservazioni presentate con riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale l' amministrazione fiscale ha però dichiarato a questa Corte che non si rifà più al punto di vista del Bundesfinanzhof . Questo atteggiamento è stato chiaramente determinato dal fatto che la Corte costituzionale tedesca, con pronuncie dell' aprile e del novembre 1987 ( 7 ), ha annullato le citate sentenze del Bundesfinanzhof .

16 . Per questo motivo - e poiché non sono emersi nel frattempo nuovi aspetti che possano indurre ad un giudizio diverso - si può ora semplicemente rinviare alla già ricordata giurisprudenza della Corte in materia di direttiva IVA . Senza necessità di ulteriori spiegazioni si può quindi dichiarare, quanto alla prima questione posta dal Finanzgericht della Renania-Palatinato, che un mediatore di crediti, per l' attività professionale svolta tra il 1° gennaio 1978 e il 30 giugno 1978 nonché per l' attività del 1979, può richiamarsi, in caso di mancata attuazione della sesta direttiva IVA, all' art . 13, part . B, lett . d ), n . 1, di tale direttiva che esenta dall' imposta il giro d' affari derivante dalla mediazione di crediti, allorché non si è rivalso dell' IVA sul destinatario della prestazione .

2 . Sulla seconda questione

17 . Con questa questione si chiede di interpretare la frase contenuta nelle sentenze già citate ( 8 ) "si fosse astenuto dal trasferire tale imposta a valle"; e - più esattamente - di precisare se si debba tener conto solo di una rivalsa palese oppure anche di una occulta .

18 . Come ci è stato dichiarato, la giurisprudenza dei tribunali fiscali tedeschi si rifiuta in parte di tenere conto anche di una rivalsa occulta e ciò in quanto si è ritenuto praticamente impossibile seguire le raccomandazioni formulate in questo senso dal Ministero federale delle finanze ( 9 ). Secondo la già citata circolare del ministro delle finanze del 27 giugno 1983 ( i cui principi, in base ad una decisione delle supreme autorità fiscali federali e dei Laender dell' aprile 1984, devono valere anche per il primo semestre del 1978 ) una rivalsa occulta va senz' altro presa in considerazione . Essa va presunta se non viene dimostrato che le imprese che nel 1978 hanno effettuato mediazioni di crediti assoggettate ad imposta, nel 1979 hanno subito una riduzione delle commissioni proporzionalmente alla quota fiscale del 1978, oppure se - per quel che riguarda il 1978, nel quale era possibile un' esenzione fiscale solo nel primo semestre - non è stato dimostrato che nel primo semestre 1978 erano maturate commissioni inferiori a quelle del secondo semestre .

19 . a ) Per quel che riguarda questo punto posso premettere che a nulla giova un richiamo alla sentenza in causa 15/81 ( 10 ), alla quale si fa riferimento nella circolare del Ministero delle finanze e nelle osservazioni dell' amministrazione fiscale .

20 . Come è noto, si trattava del problema se al momento di importare una merce, il cui venditore nel paese d' esportazione non è soggetto ad imposta, debba essere riscosso l' intero importo dell' IVA previsto nel paese di importazione oppure se dall' art . 95 del trattato CEE ( che vieta di gravare le merci importate di imposte superiori a quelle gravanti sui prodotti nazionali ) si debba desumere che occorre prendere in considerazione l' IVA pagata all' estero e non rimborsabile . Se si vuol dire qui che le merci importate potrebbero ancora essere gravate da una parte dell' IVA versata nel paese d' esportazione e che perciò sarebbe opportuno detrarre dall' IVA applicabile al momento dell' importazione l' IVA residua già pagata nel paese d' esportazione ( ancora inclusa nel valore delle merci al momento della loro importazione ) ( 11 ), se ne può certo desumere che ai fini dell' art . 95 appare rilevante anche una ripercussione occulta dell' IVA ( purché il venditore delle merci non sia assoggettato ad IVA ). Ma questa conclusione non risulta affatto determinante per il diverso problema della ripercussione dell' IVA nell' ambito di un contratto di prestazione di servizi effettuata da chi - a suo proprio avviso - è soggetto d' imposta, e della rilevanza che essa deve assumere allorché si invoca la mancata tempestiva recezione della norma di esenzione di cui alla sesta direttiva IVA .

21 . b ) Se ci si limita a basarsi sul dispositivo delle sentenze già ricordate che contengono la frase "si fosse astenuto dal trasferire l' imposta a valle", si potrebbe presumere che la Corte abbia considerato in questo caso il principio dell' indebito arricchimento come parte integrante del diritto comunitario . Se ne è parlato anche in altre sentenze, nelle quali si doveva risolvere il problema del rimborso di tributi nazionali riscossi in violazione del diritto comunitario, tenuto conto dell' elaborazione di determinati diritti degli Stati membri, che in questo caso hanno - come si sa - una funzione importante .

22 . La sentenza pronunciata nella causa 68/79 ( 12 ) si occupa dell' ordinamento danese, in base al quale questi rimborsi si effettuano nell' ambito della normativa sull' arricchimento indebito e in virtù del quale si tiene conto del fatto che i tributi siano incorporati nel prezzo della merce e si possa operare la rivalsa nei confronti delle fasi commerciali successive . Nella sentenza si dichiara che la tutela dei diritti garantiti dall' ordinamento comunitario non esige che si conceda la restituzione di tasse indebitamente percepite a condizioni tali da causare un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto . Nulla impedisce quindi, dal punto di vista del diritto comunitario, che i giudici nazionali tengano conto, conformemente al loro diritto interno, della possibilità che tasse indebitamente percepite siano state incorporate nei prezzi dell' impresa assoggettata alla tassa e trasferite sugli acquirenti ( 13 ).

23 . Un' affermazione analoga è stata anche fatta nella sentenza 199/82 ( 14 ). In questo caso si trattava dell' ordinamento italiano che nega esso pure il rimborso di tributi riscossi senza alcun fondamento giuridico, qualora detto rimborso si risolva in un arricchimento indebito degli aventi diritto . Al n . 13 della motivazione è stato qui del pari sottolineato che, per quanto riguarda il diritto comunitario, nulla impedisce ai giudici nazionali di tener conto, a norma del loro diritto nazionale, del fatto che i tributi indebitamente riscossi abbiano potuto essere incorporati nel prezzo delle merci e riversati in tal modo sugli acquirenti; non si possono pertanto ritenere contrarie al diritto comunitario, nel loro principio ispiratore, disposizioni legislative nazionali che escludono il rimborso di tributi riscossi in contrasto col diritto comunitario, qualora sia appurato che la persona tenuta al pagamento del tributo lo ha di fatto riversato su altri soggetti .

24 . Uno studio della motivazione delle sentenze ricordate all' inizio di queste conclusioni ( in particolare della sentenza in causa 8/81 ) dimostra tuttavia chiaramente che la riserva che dobbiamo interpretare ora non deve intendersi nel senso di quanto è stato affermato nelle sentenze in causa 68/79 e in causa 199/82; essa non significa affatto in realtà che si generalizzi un istituto giuridico noto in taluni ordinamenti e che lo si trasponga nel diritto fiscale ( cosicché risulta anche superfluo esaminare eventuali dubbi su un tal modo di procedere ). La riserva di cui sopra è scaturita piuttosto da considerazioni puramente fiscali, fondate sul sistema della direttiva IVA, per l' appunto come reazione a dubbi espressi a suo tempo dall' amministrazione fiscale convenuta e dal Governo federale quanto alla possibilità di avvalersi della norma di esenzione di cui all' art . 13 della direttiva IVA .

25 . Ricorderete che, allorché abbiamo discusso il problema se i singoli possano trarre dalla direttiva di cui ci occupiamo diritti soggettivi, è stato obiettato che ciò non è possibile ( in quanto, per l' appunto, le direttive non possono direttamente far sorgere obblighi nei confronti dei singoli ) nel caso in cui la sfera giuridica di terzi venga pregiudicata; tale pregiudizio però sussisterebbe, qualora venisse invocata a posteriori l' esenzione, nei confronti del destinatario della prestazione del mediatore di crediti, poiché ciò comporterebbe conseguenze per le sue detrazioni fiscali . A mio avviso, questo punto è esaminato al n . 44 della sentenza ove si dichiara che i beneficiari dell' esenzione, in quanto la pretendono, rinunciano necessariamente al diritto di far valere la detrazione delle imposte versate a monte e che non sono in grado, dopo aver beneficiato dell' esenzione, di trasferire a valle oneri di sorta, di guisa che i diritti dei terzi non possono, in via di principio, essere lesi . A questo punto summenzionato si riferisce anche il n . 46 della sentenza nel quale si dichiara che la tesi dell' amministrazione - secondo cui il fatto che taluni soggetti d' imposta richiedano a posteriori un' esenzione in virtù della direttiva può condurre ad una situazione di incertezza del diritto - risulta infondata nel caso di un contribuente che abbia chiesto il beneficio dell' esenzione al momento di presentare la propria dichiarazione fiscale e si sia astenuto, di conseguenza, dal fatturare l' imposta ai destinatari delle proprie prestazioni, cosicché i diritti di terzi non vengono lesi .

26 . Da ciò si deduce che - in materia di ripercussione dell' imposta - ci si è riferiti anzitutto alla rivalsa palese, poiché il defalco da parte del destinatario della prestazione è possibile solo se l' imposta è specificamente indicata nella fattura ( e di ciò si parla espressamente al n . 46 ). Che la riserva non si possa intendere in altri modi è anche l' idea della Commissione che si è richiamata in proposito alle esigenze di chiarezza e alla necessità di attenersi scrupolosamente al sistema della direttiva, particolarmente alle disposizioni dell' art . 22 ( nel quale si dichiara che la fattura deve indicare separatamente il prezzo netto di imposta e l' ammontare dell' onere fiscale corrispondente alle rispettive aliquote d' imposta ).

27 . Si potrebbe essere tentati di procedere ancora di un passo e in base a considerazioni sempre di diritto fiscale ( che però sono assenti da detta sentenza ) giungere ad una nozione di rivalsa che comprenda anche la cosiddetta rivalsa occulta . Queste considerazioni si individuano facilmente e si possono desumere con una certa precisione anche dalla decisione con la quale l' ufficio finanziario convenuto si è pronunciato sul reclamo ( inclusa tra gli atti prodotti in giudizio ).

28 . Punto di partenza determinante per queste considerazioni è il principio che un diritto può solo esser invocato allorché lo scopo che con esso si persegue può effettivamente esser raggiunto, e che quindi l' esercizio del diritto è condizionato da questo presupposto . Inoltre si deve partire dalla premessa che la finalità dell' esenzione fiscale sancita dall' art . 13 della direttiva IVA non è per l' appunto uno sgravio dei soggetti d' imposta, bensì uno sgravio a favore del consumatore finale che normalmente è il soggetto su cui viene a gravare l' onere dell' IVA . Questa finalità non può in effetti più essere raggiunta se si richiede l' esenzione fiscale a posteriori, quando l' importo dell' imposta ( che si presume esigibile al momento della presentazione della dichiarazione fiscale ) nel frattempo è già stato ripercosso sul destinatario della prestazione e questi a sua volta l' ha già scaricato sulla sua clientela creditizia e non vi è praticamente alcuna possibilità di operare una retrocessione . Vista sotto questa luce però, e partendo dalla constatazione che una rivalsa normalmente non si pratica apertamente nei confronti del consumatore finale, come pure dei destinatari della prestazione di servizio, i quali, come le banche, non possono usufruire di alcuna detrazione d' imposta, si potrebbe senz' altro ammettere che anche le rivalse occulte dovrebbero logicamente essere prese in considerazione, allorché si tratta di interpretare correttamente la riserva espressa nella giurisprudenza, proprio perché solo così si può garantire che non si invochi la norma di esenzione fiscale della direttiva nei casi in cui il vero obiettivo dell' esenzione non può più essere perseguito .

29 . Resta però da chiedersi se questa interpretazione corrisponda alle intenzioni del legislatore comunitario espresse nelle direttive . L' inclusione nella direttiva dell' esenzione fiscale di cui trattasi è stata giustificata col fatto che al fine di praticare una riscossione uniforme delle risorse proprie in tutti gli Stati membri è necessario redigere un elenco comune delle esenzioni fiscali ( 15 ). La norma stessa che sancisce l' esenzione recita :

"Capo X

Esenzioni

Art . 13

Esenzioni all' interno del paese

A . (...).

B . Altre esenzioni ".

Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sotto elencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso :

"a ) (...).

d ) le operazioni seguenti :

1 . la concessione e la negoziazione di crediti (...)".

30 . Mi pare che da questa norma emerga la volontà del legislatore di esentare la mediazione di crediti dall' imposta sulla cifra d' affari e ritengo che il miglior modo di realizzare tale volontà sia il non assoggettare ad imposta le relative operazioni . Per quanto ciò possa sembrare evidente, mi sia permesso di ricordarlo nella presente controversia nella quale si cerca per l' appunto di evitare questo risultato . Se quindi, il linea di massima, il risultato dell' applicazione della direttiva può essere solo l' esenzione fiscale, una deroga deve essere giustificata o dalla legge o da altri principi generali del diritto .

31 . Come giustificazione si possono citare le condizioni poste nell' art . 13 della direttiva IVA sotto la parte B . Il primo scopo di queste "condizioni" è "la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate" ( 16 ). Questo scopo viene di certo perseguito nel modo migliore tramite l' esenzione delle operazioni con "rivalse occulte", poiché ogni altra disciplina implica complicazioni come appunto risulta da questa controversia .

32 . Le altre finalità menzionate delle condizioni, vale a dire la prevenzione delle frodi e delle evasioni fiscali ( 17 ), possono qui essere lasciate in disparte, poiché non trovano praticamente applicazione in casi come quello in esame .

33 . Potrebbe solo sorgere la questione se l' estensione dell' obbligo fiscale alle operazioni con rivalse occulte sia necessaria "per prevenire ogni possibile abuso ". In questo caso bisogna superare l' obiezione secondo cui la finalità dell' esenzione fiscale, vale a dire la diminuzione del costo dei crediti, non si può perseguire tramite la concessione di un' esenzione a posteriori . Esaminando questo punto è inevitabile ammettere che il verificarsi dell' effetto voluto nel momento desiderato ( 18 ) non è stato impedito dal soggetto d' imposta, bensì dallo Stato membro carente, con il suo ritardo nel dare attuazione alla direttiva .

34 . Sarebbe assurdo che uno Stato membro potesse applicare imposte a entrate non tassabili solo per il fatto che esso stesso ha impedito il verificarsi dell' effetto auspicato nel momento voluto e in questo modo ne è scaturito per il soggetto d' imposta un vantaggio originariamente non previsto . Allegando questo argomento si ammetterebbe che uno Stato membro possa trarre vantaggio dal proprio illecito vanificando gli effetti del diritto comunitario, in particolare l' esenzione dalle imposte del giro d' affari considerato . Ciò è intollerabile sotto il profilo comunitario .

35 . Questo risultato non è forse del tutto soddisfacente, poiché il mediatore di crediti ne trae un vantaggio, che in origine non era previsto, ma ciò mi pare ancora preferibile al fatto che uno Stato membro possa trarre vantaggio da un illecito che ha commesso .

36 . Giungo quindi alla conclusione che un mediatore di crediti può invocare la direttiva ogniqualvolta egli non si è espressamente rivalso dell' imposta sul destinatario della prestazione . La cosiddetta rivalsa occulta è perciò senza incidenza sul piano fiscale .

3 . Sulla terza questione

37 . Con la terza questione si chiede ancora di indicare se si può presumere una rivalsa occulta dell' IVA allorché il mediatore di crediti, nel concordare la commissione della propria attività ha calcolato di pagare con questo provento l' imposta sulla cifra d' affari . Essa si fonda quindi sulla presunzione che in base alla situazione giuridica esistente al momento della pattuizione delle commissioni ( in base alla quale l' imposta sull' entrata doveva essere corrisposta anche sulla mediazione di crediti ) ci si sia sempre stata in seguito rivalsa dell' imposta sulla cifra d' affari .

38 . Se si accoglie il modo di vedere testé espresso, diventa inutile risolvere tale questione, poiché nel caso di rivalsa occulta non si deve più applicare l' imposta per i periodi in esame, cosicché è irrilevante quanto si riproponesse il mediatore di crediti al momento della stipulazione delle sue commissioni .

39 . Se invece si accoglie il punto di vista da noi disatteso, secondo cui l' invocazione della direttiva non è possibile nell' ipotesi di rivalsa occulta, per risolvere la questione - tralasciando il tentativo di elaborare una vera e propria teoria della rivalsa - ci si può vantaggiosamente rifare alla giurisprudenza della Corte in materia di diritto nazionale in fatto di restituzione e sulla questione dell' esclusione della restituzione in caso di rivalsa di un tributo riscosso illecitamente .

40 . Il principio fondamentale che disciplina la materia va reperito nella considerazione, contenuta nella sentenza in causa 199/82 ( 19 ), che il giudice che deve pronunciarsi sulla restituzione rimane libero di valutare se per l' onere tributario vi sia stata rivalsa su terzi, il che significa che sotto questo profilo si devono vagliare tutte le circostanze della fattispecie ( nello stesso senso anche sentenza nelle cause riunite 331, 376 e 378/85 ( 20 )).

41 . Bisogna ancora ricordare che, già nella sentenza in causa 68/79, è stato sottolineato che non deve esser reso praticamente impossibile l' esercizio dei diritti attribuiti dall' ordinamento giuridico comunitario che i giudici nazionali devono tutelare . Di conseguenza - come è stato chiarito nelle sentenze pronunciate nelle cause 199/82, 331, 376, 378/85 e 104/86 ( 21 ), sul problema della rivalsa di tributi nazionali versati illecitamente - non sono consentite norme in materia di prova che rendono praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il rimborso di tributi riscossi in spregio del diritto comunitario .

42 . Nella giurisprudenza è inoltre stato sottolineato che non è lecito partire dalla presunzione della rivalsa di imposte indirette, trasferendo sul soggetto d' imposta l' onere di dimostrare che non ha praticato la rivalsa, e non è nemmeno accettabile una limitazione per quanto riguarda le forme di prova ( sentenze nelle cause riunite 331, 376, 378/85 e 104/86 ).

43 . Si può quindi concludere che la terza questione non può semplicemente essere risolta in senso affermativo, vale a dire che non è consentito partire dalla presunzione in essa espressa, proprio per il motivo che per la questione dell' effettiva rivalsa deve sussistere una reale possibilità, che può essere mutata a seconda dell' andamento della situazione economica successivamente alla stipulazione dell' accordo sulle commissioni . Si deve inoltre rilevare che la rigida disciplina contenuta nella circolare del Ministero federale delle finanze 27 giugno 1983 non pare accettabile ed infatti il Finanzamt convenuto, nelle sue osservazioni, ha espresso esso stesso il dubbio che, quando l' importo delle commissioni sia rimasto immutato, ciò potrebbe essere dovuto ad un aumento dei costi oppure all' intenzione di trarre maggiori utili .

44 . Nell' ambito della valutazione generale della situazione ha però certamente una notevole rilevanza il fatto che lo stesso attore nella causa principale, al momento della presentazione della sua dichiarazione fiscale, sia partito dal principio che il giro d' affari connesso alla mediazione dei crediti era soggetto ad imposta ( poiché in quel momento non esisteva ancora la giurisprudenza relativa alla possibilità di avvalersi della direttiva IVA in caso di carenza di trasposizione nel diritto nazionale ). Inoltre, dovrebbe avere un certo peso anche la constatazione che un soggetto d' imposta normalmente cerca di riversare sulla fase commerciale successiva l' IVA che è destinata a gravare sul consumatore finale .

45 . Penso che con ciò non ci sia più nulla da dire sul terzo punto della domanda pregiudiziale, quanto agli argomenti che si potevano esporre sotto il profilo del diritto comunitario .

C Conclusioni

In definitiva propongo quindi di risolvere come segue la questione posta dal Finanzgericht della Renania-Palatinato :

46 . Un mediatore di crediti può invocare, per le operazioni di mediazione di crediti svolte tra il 1° gennaio 1978 e il 30 giugno 1978, nonché nel 1979, l' esenzione dall' imposta sulla cifra d' affari, come previsto all' art . 13, parte B, lett . d ), n . 1, della sesta direttiva IVA 77/388/CEE, qualora detta direttiva non sia stata trasposta nell' ordinamento nazionale, allorché egli non si è rivalso espressamente dell' IVA nei confronti del destinatario della sua prestazione .

(*) Traduzione dal tedesco .

( 1 ) GU 1977, L 145, pagg . 1 e seguenti .

( 2 ) GU 1978, L 194, pag . 16 .

( 3 ) Sentenza 19 gennaio 1982 nella causa 8/81, Ursula Becker / Finanzamt Muenster-Innenstadt, Racc . 1982, pag . 53 .

( 4 ) Sentenza 10 giugno 1982 nella causa 255/81, R.A . Grendel GmbH / Finanzamt fuer Koerperschaften in Hamburg, Racc . 1982, pag . 2301 .

( 5 ) Sentenza 22 febbraio 1984 nella causa 70/83, Gerda Kloppenburg / Finanzamt Leer, Racc . 1984, pag . 1075 .

( 6 ) Cfr . sentenza 25 aprile 1985, V R 123/84, BFHE 143, 383, Betriebs-Berater 1985, pag . 1317 .

( 7 ) BVerfGE dell' 8 aprile 1987 ( 75/223 ), Europarecht 1987, pag . 333 BVerfGE del 4 novembre 1987 ( ErGRZ 88/120 ).

( 8 ) Vedasi nota 4 .

( 9 ) Vedasi, ad esempio, la sentenza del Finanzgericht di Muenster 31 agosto 1983, il cui estratto è incluso negli atti del giudice proponente .

( 10 ) Sentenza 5 maggio 1982 nella causa 15/81, Gaston Schul Douane Expediteur BV / Inspecteur der Invoerrechten en Accijnzen Roosendaal, Racc . 1982, pag . 1409 .

( 11 ) Vedasi nota 34 .

( 12 ) Sentenza 27 febbraio 1980 nella causa 68/79, Hans Just I/S / Ministero delle finanze danese, Racc . 1980, pag . 501 .

( 13 ) Vedasi nota 26 .

( 14 ) Sentenza 9 novembre 1983, causa 199/82, Amministrazione delle finanze dello Stato / San Giorgio SpA, Racc . 1983, pag . 3595 .

( 15 ) Undicesimo considerando, GU 1977, L 145, pag . 2 .

( 16 ) Vedasi sentenza Becker, Racc . 1982, pag . 73, n . 33 della motivazione .

( 17 ) Vedasi sentenza Becker, Racc . 1982, pag . 73, n . 34 della motivazione .

( 18 ) Vedasi sentenza Becker, già ricordata, pag . 76, n . 47 della motivazione . Questa causa verteva anche su un procedimento di inosservanza del trattato, che però è stato cancellato dai ruoli in quanto la norma era stata messa in atto ( causa 132/79 ).

( 19 ) Loc . cit . n . 14 .

( 20 ) Sentenza 25 febbraio 1988 nelle cause riunite 331, 376 e 378/85, Les fils de Jules Bianco, Racc . 1989, pag . 1099 .

( 21 ) Sentenza 24 marzo 1988 nella causa 104/86, Commissione / Repubblica italiana, Racc . 1988, pag . 0000 .