C-230/87 - Naturally Yours Cosmetics Ltd / Commissioners of Customs and Excise

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EUR-Lex - 61987C0230 - IT

61987C0230

Conclusioni dell'avvocato generale Vilaça del 14 luglio 1988. - NATURALLY YOURS COSMETICS LTD. CONTRO COMMISSIONERS OF CUSTOMS AND EXCISE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE, PROPOSTA DAL VALUE ADDED TAX TRIBUNAL DI LONDRA. - SISTEMA COMUNE D'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO - BASE IMPONIBILE - FORNITURE DI BENI E DI SERVIZI. - CAUSA 230/87.

raccolta della giurisprudenza 1988 pagina 06365


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1 . La questione pregiudiziale sottopostaci dal "London Value Added Tax Tribunal" e, ancor di più, il lungo e dettagliato testo dell' ordinanza di rinvio sono sintomatici delle difficoltà suscitate dall' applicazione dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva sull' IVA ( 1 ) nel contesto degli antefatti che costituiscono oggetto del procedimento principale .

2 . La società "Naturally Yours Cosmetics Ltd" ( in prosieguo : "NYC ") vende all' ingrosso cosmetici a delle dettaglianti denominate "consulenti di bellezza", che si avvalgono di conoscenti (" hostess ") per organizzare riunioni private durante le quali i prodotti della NYC sono offerti in vendita alle signore ivi presenti .

3 . Le consulenti di bellezza - che, a quanto pare, esercitano la loro attività autonomamente - acquistano i prodotti dalla società fornitrice ad un prezzo determinato e li vendono ai clienti al prezzo al minuto consigliato; la differenza fra questi due prezzi costituisce il profitto loro spettante .

4 . Esse rientrano quindi nella categoria dei "soggetti passivi", ai sensi dell' art . 4, n . 1, della sesta direttiva; tuttavia sono esenti dal versamento dell' IVA, ai termini dell' art . 24 della stessa direttiva, poiché la loro cifra d' affari è inferiore al limite minimo stabilito dalla legge britannica .

5 . In ogni riunione la consulente di bellezza offre un vasetto di crema di bellezza alla hostess come ricompensa per l' organizzazione della riunione . La consulente di bellezza acquista il vasetto dalla NYC pagando 1,5 UKL, invece del normale prezzo all' ingrosso di 10,14 UKL .

6 . Tuttavia i "Commissioners of Customs and Excise" liquidavano l' IVA relativa al 1984 in base a quest' ultimo importo, richiamandosi all' art . 10, n . 3, del "Value Added Tax Act del 1983", a tenore del quale, "se la cessione è priva di corrispettivo o ha un corrispettivo non pecuniario o non completamente tale, il suo valore è considerato pari al valore normale di mercato ".

7 . Considerando questa disposizione contrastante con l' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva, di cui invoca l' efficacia diretta, la NYC impugnava questa liquidazione dinanzi al London Value Added Tax Tribunal, sostenendo che l' imposta andava calcolata soltanto sul prezzo di 1,50 UKL pagato dalle consulenti di bellezza per il vasetto di crema da regalare .

8 . Per dirimere la lite il giudice nazionale ha ritenuto necessario chiedere alla Corte quale sia la base imponibile da prendere in considerazione in un caso del genere .

9 . In sostanza si tratta di stabilire quale sia, ai sensi dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva, il "corrispettivo" ricevuto in cambio del vasetto di crema fornito dall' impresa alle consulenti di bellezza . Si tratta soltanto del prezzo effettivamente pagato da queste ultime o vi è qualche cosa in più? E in caso affermativo, in cosa consiste questo "qualche cosa in più"?

10 . Il problema si pone poiché la nozione "corrispettivo" di cui all' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), non è definita con precisione ed è quindi difficile applicarla ad una situazione come quella che costituisce oggetto della questione pregiudiziale .

11 . L' art . 8, lett . a ), della seconda direttiva sull' IVA ( 2 ) fa riferimento alla nozione equivalente di "controvalore", sulla quale la Corte si è già pronunziata con la sentenza 5 febbraio 1981 ( 3 ).

12 . Poiché in una sentenza successiva ( 4 ) la Corte ha precisato che, data la "finalità legislativa comune" delle due direttive, occorre tener conto, nell' interpretazione della sesta direttiva, della giurisprudenza relativa alla seconda direttiva, si devono tener presente, per chiarire la nozione "corrispettivo", i principi già definiti nella suddetta sentenza 5 febbraio 1981 .

13 . Da questa sentenza ( punti da 8 a 14 della motivazione ) si possono ricavare i seguenti elementi d' interpretazione :

a ) la nozione da interpretare (" controvalore" o "corrispettivo ") fa parte di una disposizione di diritto comunitario che non rinvia al diritto degli Stati membri per la determinazione del proprio significato e della propria portata; ne consegue che l' interpretazione di detta nozione non può essere lasciata alla discrezionalità di ciascuno Stato membro;

b ) come precisato dalla seconda direttiva nel punto 13 dell' allegato A ( parte integrante della seconda direttiva, a norma dell' art . 20 di questa ), si deve intendere per "controvalore" ( e, quindi, anche per "corrispettivo ") "tutto ciò che è ricevuto quale corrispettivo della cessione del bene o della prestazione di servizi, comprese le spese accessorie ( imballaggio, trasporto, assicurazione, ecc .), vale a dire non solo l' importo delle somme riscosse, ma anche, ad esempio, il valore dei beni ricevuti in cambio (...)" ( il corsivo è mio );

c ) come emerge dal combinato disposto dell' art . 8, lett . a ), e dell' art . 2, lett . a ), della seconda direttiva ( corrispondenti rispettivamente agli artt . 11, lett . A, n . 1, sub a ), e 2, n . 1, della sesta direttiva ), in via di principio sono imponibili soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso;

d ) perché possano considerarsi sussistenti i presupposti di cui sopra, è necessario che vi sia un nesso diretto sinallagmatico fra il bene ceduto ( o il servizio reso ) e il corrispettivo ricevuto;

e ) dall' uso dei termini "a titolo oneroso" e "ciò che è ricevuto quale corrispettivo", nonché dal disposto dell' art . 9 della seconda direttiva ( art . 12, n . 3, della sesta direttiva ), relativo all' aliquota normale dell' imposta, si desume che il controvalore ( o il corrispettivo ) della cessione di un bene ( o della prestazione di un servizio ) deve poter essere espresso in denaro; risulta inoltre che questo corrispettivo è un "valore soggettivo", giacché l' imponibile è il corrispettivo realmente ricevuto e non un valore stimato secondo criteri obiettivi .

14 . Come applicare questi principi nel caso presente?

15 . Cominciamo col contenuto del corrispettivo .

16 . Dall' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), emerge con molta chiarezza che il corrispettivo non è limitato al versamento di denaro, ma è formato "da tutto ciò che ( 5 ) costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni" ( cessione di beni o prestazione di servizi ) da parte dell' acquirente, del destinatario o di un terzo . Non specificando il contenuto di quest' espressione, la direttiva ha naturalmente voluto attribuire la massima ampiezza possibile . Ciò corrisponde, del resto, agli scopi del sistema dell' IVA : un sistema generale di imposizione sul consumo, neutro rispetto alla struttura delle operazioni e che quindi assicura la copertura più completa possibile delle operazioni in tutte le fasi della produzione e della distribuzione ( vedasi il quinto punto del preambolo della Prima direttiva ( 6 )).

17 . Tutte le operazioni ( cessioni di beni e prestazioni di servizi, nonché importazioni di beni ) effettuate a titolo oneroso rientrano pertanto nella sfera d' applicazione dell' imposta ( art . 2 della sesta direttiva ).

18 . L' intento del legislatore di colpire ( peraltro uniformemente nell' intera Comunità ) la totalità della base imponibile si manifesta anche nella definizione stessa delle operazioni imponibili ( artt . 5 e 6 ), che comprende varie operazioni equiparate a cessioni di beni o a prestazioni di servizi a titolo oneroso .

19 . Se si dovesse escludere dal corrispettivo una forma di pagamento - come, ad esempio, i servizi resi in cambio del bene fornito - si darebbe adito all' evasione fiscale, il che impedirebbe di raggiungere gli obiettivi della sesta direttiva e sottrarrebbe all' imposta una parte della base imponibile, provocando eventualmente distorsioni nel trattamento fiscale di situazioni che dal punto di vista economico o commerciale sono sostanzialmente identiche .

20 . Le prestazioni di servizi non sono pertanto, a priori, escluse dalla nozione di corrispettivo, perché altrimenti non sarebbe difficile sottrarsi all' applicazione del tributo .

21 . E' vero che, il punto 13 dell' allegato A della seconda direttiva, nel chiarire la nozione di "controvalore", si riferisce esclusivamente al "valore dei beni ricevuti in cambio" e non anche al valore dei servizi prestati .

22 . Si tratta, tuttavia, di un' indicazione fatta a titolo esemplificativo, che non deve - per questo - essere interpretata in modo restrittivo o letterale .

23 . Il riferimento ai beni è senza dubbio dovuto al fatto che si tratta del caso più frequente; ma si può ammettere che il fatto che il legislatore non abbia menzionato i servizi mostra forse le difficoltà pratiche sollevate dalla presa in considerazione di questi ultimi in taluni casi ( 7 ).

24 . Aggiungo inoltre che la base imponibile dev' essere determinata con riferimento non a tutti i vantaggi che il fornitore può trarre dall' operazione, ma soltanto a quelli che ottiene in compenso della sua prestazione, il che toglie ogni pertinenza all' esempio, citato dalla NYC, della vendita a basso prezzo dei prodotti di una fabbrica allo scopo di smaltire "scorte" già vecchie .

25 . Occorre tuttavia - seconda condizione - che fra il servizio prestato e il bene fornito vi sia un nesso diretto che consenta di considerare il primo corrispettivo del secondo .

26 . Tutto dipende dal contratto stipulato .

27 . Nel caso presente la situazione, secondo gli atti del fascicolo - e in particolare secondo l' ordinanza del giudice di rinvio - sembra essere la seguente .

28 . Il vasetto di crema rigeneratrice è ceduto alla consulente di bellezza al prezzo di 1,5 UKL contro l' impegno di quest' ultima di consegnarlo ad una hostess come ricompensa per l' organizzazione di una riunione destinata a promuovere la vendita dei prodotti della NYC .

29 . Il vasetto non può essere usato per altri scopi; segnatamente non può essere venduto al pubblico ad un prezzo superiore a quello al quale è stato ceduto alla consulente .

30 . Questo prezzo può essere considerato come una parte soltanto del pagamento del vasetto; l' impresa fornisce alla consulente il vasetto ad un prezzo così basso poiché, in compenso, riceve da quest' ultima il servizio consistente nel reperire una hostess e nel promuovere l' organizzazione della riunione .

31 . Si può obiettare che il compito di reperire una hostess per organizzare la riunione costituisce non un servizio reso alla NYC, ma piuttosto un lavoro svolto dalla consulente nel proprio interesse . Infatti, se la riunione privata non ha luogo, la consulente di bellezza - che ha pagato i prodotti al grossista - non riuscirà a venderli o quanto meno li venderà più tardi, mentre per la NYC, che è già stata pagata, dovrebbe essere indifferente che la dettagliante recuperi o no le somme pagate .

32 . Non è così .

33 . La NYC ha interesse a che la riunione si svolga poiché, siccome si tratta - a quanto sembra - del suo unico sistema di vendita, lo smercio regolare dei suoi prodotti dipende dalla moltiplicazione delle riunioni private e quindi dall' intervento delle consulenti nell' organizzazione delle riunioni .

34 . E' per questo motivo - e senza dubbio solo per questo - che la NYC accetta di vendere ad un prezzo così basso il vasetto di crema da offrire in dono . Se si trattasse soltanto dell' interesse della consulente di bellezza, sarebbe logico che il grossista esigesse il prezzo normale del prodotto e che la consulente si accollasse il costo integrale del dono ( eventualmente con uno sconto ) che dovrebbe recuperare grazie al profitto ottenuto dalle vendite effettuate ad un prezzo al minuto superiore al prezzo all' ingrosso .

35 . Come emerge dal fascicolo, se la consulente di bellezza non presta al grossista il servizio convenuto - vale a dire, se non reperisce la padrona di casa che le organizzi la riunione - il vasetto di crema dovrà essere restituito o pagato al prezzo normale di vendita all' ingrosso, il che costituisce prova sufficiente della fondatezza della tesi secondo la quale il corrispettivo non è costituito soltanto dalla somma di 1,5 UKL .

36 . La ricorrente nella causa principale ( NYC ), per confutare la tesi suddetta, si è avvalsa dell' esempio della vendita di una merce ad un prezzo assai inferiore al prezzo corrente ( eventualmente un prezzo simbolico ), contro l' impegno dell' acquirente di acquistare successivamente quantitativi maggiori di detta merce . Secondo la NYC, tale impegno costituisce - come nel caso di specie - un semplice elemento dell' accordo globale stipulato fra le due parti, elemento che, nonostante il valore che può certamente rivestire per il cedente, non dev' essere incluso nel corrispettivo per determinare la base imponibile dell' IVA . All' udienza il rappresentante del governo portoghese ha citato lo stesso esempio e ha rilevato che esso non si può paragonare alla situazione di cui trattasi nella presente causa, poiché non vi è alcun rapporto diretto fra la riduzione del prezzo e la promessa di acquistare successivamente ulteriori quantitativi al prezzo corrente .

37 . Ritengo che non si possa ricavare alcun argomento decisivo da questo esempio .

38 . Infatti, delle due cose l' una : o le situazioni di cui trattasi sono, come ha sostenuto il governo portoghese, del tutto distinte perché nell' esempio fatto dalla NYC ricorrono operazioni imponibili effettuate in condizioni diverse e che si svolgono nel tempo senza che vi sia un nesso sufficiente fra loro; o, invece, vi sono elementi oggettivi che consentono di considerarle identiche e che portano in definitiva allo stesso risultato . A quest' ultimo proposito, si potrebbe pensare, ad esempio, all' ipotesi in cui le parti abbiano convenuto che l' acquirente, se non rispetta l' impegno di acquistare successivamente ulteriori quantitativi di merce, deve rimborsare al fornitore la differenza fra il prezzo normale e il prezzo ridotto . Sarebbe quindi possibile constatare un legame diretto fra la riduzione del prezzo e l' impegno assunto, con la possibilità di una precisa valutazione "soggettiva" del servizio promesso e non reso in compenso del bene fornito . Anche in tale ipotesi, però, si dovrebbe dimostrare che, tenuto conto dell' entità della riduzione, non si tratta di una semplice diminuzione di prezzo o di uno sconto, in via di principio non incluso nella base imponibile (( art . 11, lett . A, n . 3, sub b ) )), della sesta direttiva ) e successivamente modificato o annullato .

39 . Nel caso oggetto del presente procedimento l' esistenza di un nesso specifico fra la cessione del vasetto di crema alla consulente di bellezza ( ad un prezzo inferiore a quello normale ) e l' impegno di quest' ultima di provvedere all' organizzazione di una riunione privata consente inoltre di distinguere questa situazione da quella consistente nel cedere uno o più vasetti di crema al detto prezzo contro l' impegno, senza altre precisazioni, di organizzare, in generale, riunioni per vendere i prodotti della ricorrente . Infatti, in quest' ultimo caso sarebbe certamente più difficile parlare di un corrispettivo specifico per la cessione del prodotto ad un prezzo inferiore a quello corrente .

40 . In entrambi i casi, la parte del costo dei vasetti di crema che non è stata pagata in denaro dalla dettagliante sarà di regola contabilizzata dall' impresa nelle spese generali di funzionamento e, a seconda dei casi, detratta dai profitti o inclusa nel calcolo del prezzo delle merci da essa vendute normalmente . Si tratta pertanto di semplici prassi contabili collegate alle scelte finanziarie o di tesoreria dell' impresa e che non modificano affatto la natura delle operazioni considerate, quali che siano i corrispettivi che queste ultime comportano .

41 . Le considerazioni che precedono suggeriscono ulteriormente ( considerato anche il valore elevato della riduzione rispetto al prezzo di vendita all' ingrosso : 86% circa ) di non applicare, puramente e semplicemente, il sistema degli sconti e delle diminuzioni di prezzo di cui all' art . 11, lett . A, n . 3, sub b ), della sesta direttiva . A tali nozioni è infatti estraneo il nesso di reciprocità che è presente nel caso sub judice .

42 . Per quanto riguarda il servizio prestato dalla hostess col mettere a disposizione la sua casa e col collaborare all' organizzazione della riunione, esso è estraneo alla sfera dei rapporti fra la consulente di bellezza e il grossista NYC e non dev' essere quindi preso in considerazione per la determinazione del corrispettivo delle vendite della NYC alla consulente . I rapporti fra la consulente e la hostess si situano di conseguenza in un' altra fase del processo di distribuzione dei prodotti .

43 . In questa fase, e qualora le consulenti fossero soggette all' imposta, la stessa offerta gratuita del vasetto di crema alla padrona di casa sarebbe soggetta in via di principio all' imposizione, indipendentemente dalla sua presa in considerazione come corrispettivo del servizio reso dalla hostess . Come il rappresentante del governo portoghese ha ricordato all' udienza, l' art . 5, n . 6, della sesta direttive considera la disposizione di beni dell' impresa a titolo gratuito come una cessione effettuata a titolo oneroso, e in tal caso la base è determinata ai sensi dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub b ).

44 . Così non sarebbe se si potesse considerare la cessione un "regalo di scarso valore" o un "campione", esclusi dall' art . 5, n . 6, dall' equiparazione alle cessioni a titolo oneroso . Dato il costo del prodotto di cui trattasi sembra tuttavia quanto meno dubbio che si possa applicare tale regime nella presente causa .

45 . Il prezzo di costo ai fini della determinazione della base imponibile, ai sensi dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub b ), è in realtà di 10,14 UKL, vale a dire è il prezzo normale di vendita all' ingrosso del prodotto che costituisce la base imponibile dell' imposta nella fase precedente del circuito distributivo .

46 . Ciò in definitiva consente di affermare che la hostess riceve, per l' organizzazione della riunione, un dono che vale 10,14 UKL ( o 12,95 UKL, prezzo di vendita al minuto dello stesso prodotto ) e non soltanto 1,5 UKL, come sarebbe logico pensare se si considerasse questa somma come l' unico corrispettivo ricevuto dalla NYC, soggetto in quanto tale ad imposizione .

47 . Perché il servizio prestato sia considerato parte del corrispettivo del bene fornito e sia quindi incluso nella base imponibile dell' IVA, occorre inoltre - terza condizione - che esso possa essere oggetto di una valutazione e possa essere espresso in denaro . Come la Corte ha chiarito, questo "controvalore" dev' essere un "valore soggettivo" e non un valore stimato secondo criteri obiettivi .

48 . Non posso escludere a priori che siano soddisfatte queste condizioni nel caso di specie .

49 . Le parti contraenti ( la NYC e le consulenti di bellezza ) hanno ridotto il prezzo di vendita all' ingrosso del bene ( il vasetto destinato ad essere offerto in dono ) ceduto in cambio della prestazione di un servizio consistente nell' organizzare una riunione privata .

50 . Il fatto che la riduzione di prezzo si applichi soltanto in caso di effettivo svolgimento della riunione, con consegna del vasetto alla hostess, dimostra che le parti hanno attribuito, soggettivamente, al servizio prestato un valore corrispondente a detta riduzione di prezzo . Poiché la parte del prezzo del bene che non è stata versata all' inizio dev' essere pagata se la riunione non si effettua, posso concludere che questa parte del prezzo è pagata con una prestazione di servizio o, in mancanza di questa, con una determinata somma di denaro .

51 . E' pertanto legittimo, a mio avviso, applicare l' imposta a questo valore, in quanto anch' esso fa parte della controprestazione in un contratto bilaterale in forza del quale uno dei contraenti cede un bene e l' altro paga questo bene in parte in denaro e in parte con un servizio che s' impegna a prestare .

52 . Nell' ipotesi di un' operazione di scambio il valore di ciascuna prestazione vale in definitiva come corrispettivo ( o controvalore ) dell' altra prestazione .

53 . Il problema è reso più oscuro dal fatto che la legge britannica fa riferimento al valore normale di mercato (" open market value ") del bene ceduto o del servizio reso come base imponibile .

54 . Nel caso di specie, l' applicazione di questa nozione è equivoca .

55 . Occorre infatti determinare il valore effettivamente attribuito dalle parti al corrispettivo per applicare su di esso l' imposta .

56 . E' certo che la determinazione di questo valore implica, nelle circostanze della fattispecie, un riferimento al prezzo di vendita all' ingrosso praticato di regola per questo tipo di beni quando sono ceduti per la vendita al pubblico .

57 . Tuttavia, considerato il modo in cui i "Commissioners" hanno applicato la norma britannica, non trattasi esattamente dell' uso, per valutare il corrispettivo, di una vera e propria nozione di "valore normale di mercato", come concetto fittizio e astratto dai termini dell' operazione effettuata e dal nesso sinallagmatico stabilito fra le due parti contraenti .

58 . Infatti, nella presente controversia, vi è fra le prestazioni reciproche un rapporto tale che è possibile conoscere il valore che i contraenti hanno attribuito al servizio che costituisce una parte del corrispettivo . Questo valore è determinato indirettamente con riferimento al prezzo normale di vendita all' ingrosso del prodotto; tuttavia, ancora una volta, non si tratta di un valore astratto, ma di un prezzo concreto praticato fra gli stessi contraenti nelle operazioni "normali", prezzo che del resto varrà per il bene di cui trattasi in caso di mancata prestazione del servizio .

59 . In ogni caso, non vorrei che in base a ciò si concludesse - come vorrebbe la ricorrente NYC e anche la Commissione, come emerge dalle sue osservazioni scritte - per l' impossibilità assoluta di avvalersi della nozione di valore normale o di valore normale di mercato per valutare il corrispettivo, nell' ambito dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva .

60 . Infatti, in talune circostanze, il ricorso a questa nozione è l' unico modo per determinare effettivamente il valore del corrispettivo e per tassarlo, in modo da evitare distorsioni o evasioni fiscali che si verificherebbero inevitabilmente se si dovesse trascurare la parte del corrispettivo che non consiste nel pagamento di una determinata somma di denaro .

61 . Come ho rilevato all' udienza, non si può riservare un trattamento fiscale diverso a due contratti di vendita di una determinata merce nell' ambito dei quali il pagamento avviene in parte in denaro e in parte in beni o in servizi per il semplice fatto che, in uno di questi contratti, le parti hanno fissato il valore del bene ceduto e del servizio prestato in cambio, mentre nell' altro hanno omesso di farlo . Solo il ricorso al valore normale o al valore normale di mercato consentirà in tal caso di evitare la distorsione che risulterebbe dal riservare un trattamento diverso ad operazioni aventi un contenuto economico del tutto identico .

62 . Questa conclusione non può essere inficiata dal fatto che l' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva - a differenza di quanto avviene nei casi particolari contemplati dalla lett . d ) della stessa disposizione o dall' art . 11, lett . B, n . 1, sub b ) ( importazioni ) - non contempli in generale il ricorso alla nozione "valore normale ".

63 . Né può inficiarla il fatto che il riferimento a questa nozione sia stato soppresso nella versione finale della direttiva, mentre figurava nel progetto iniziale ( 8 ). Se questa soppressione ha un senso ( e lo ha certamente ), esso consiste - per quanto qui rileva - nel fatto che si è voluto sostituire - per questo tipo di operazioni - come base imponibile il riferimento al valore normale dell' operazione di cui trattasi ( inteso come valore normale del bene o del servizio fornito ) col riferimento al corrispettivo, di cui si deve determinare il valore in un modo che la direttiva non ha chiarito .

64 . Infatti, stabilendo che, nel caso generale delle forniture di beni e delle prestazioni di servizi, la base imponibile è costituita "da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore", il legislatore ha lasciato in sospeso le modalità con cui si deve determinare o valutare il corrispettivo quando questo non consiste in una somma di denaro ( 9 ).

65 . Tali "modalità" devono essere quelle più dirette, che provocano minori distorsioni e che meglio rispettano il sistema generale della sesta direttiva, conformemente all' interpretazione della Corte ( in particolare nella citata sentenza 5 febbraio 1981 ).

66 . In taluni casi il ricorso alla nozione di valore normale è, come ho già detto, l' unico modo per valutare il corrispettivo e per evitare le distorsioni e i vantaggi fiscali ingiustificati che risulterebbero dalla sua mancata presa in considerazione .

67 . La Commissione sembra averlo ammeso nelle osservazioni che ha presentato nella causa 154/80 ( 10 ), e l' avvocato della NYC e il rappresentante della Commissione l' hanno riconosciuto all' udienza della presente causa .

68 . Tuttavia, come ho osservato nelle mie conclusioni per la causa Direct Cosmetics ( 11 ), il valore normale va preso in considerazione soltanto in mancanza di un prezzo pagato dall' acquirente e quando sia impossibile ( o, quanto meno, eccessivamente difficile ) attribuire, in altro modo, alla controprestazione il suo valore effettivo nell' operazione o, quanto meno, il suo valore reale di mercato . Su questo punto devo dire che l' espressione figurante nella legge britannica e nella versione inglese della sesta direttiva - "open market value", che si può far corrispondere a "valore normale di mercato" - mi pare più felice dell' espressione "valore normale", usata nelle versioni nelle lingue neolatine della direttiva . Soltanto in mancanza di un mercato sarà necessario ricorrere ad un valore non reale o ad un valore meramente presunto .

69 . In ogni caso, in quanto imposta sul consumo, l' IVA deve colpire il più esattamente possibile la spesa effettiva del consumatore; pertanto, la sostituzione dei valori reali con valori normali dovrà ammettersi ( al di fuori dei casi in cui è espressamente contemplata ) soltanto in mancanza di un altro sistema che costituisca un criterio migliore di quello che la Corte ha chiamato "valore soggettivo" del corrispettivo .

70 . E' quanto la Corte ha confermato nella recente sentenza 12 luglio 1988, nella suddetta causa Direct Cosmetics, affermando ( nel punto 53 della motivazione ) che "il valore normale ai sensi del regime di deroga considerato va inteso come il valore più vicino possibile al valore commerciale nella fase della vendita al minuto, cioè al prezzo effettivamente pagato dal consumatore finale ".

71 . Le circostanze del presente caso rendono possibile l' applicazione di tale criterio poiché consentono di attribuire con esattezza ( anche se indirettamente ), nei rapporti fra le parti, un valore al servizio prestato come corrispettivo del bene fornito, senza nemmeno richiedere il ricorso alla nozione di valore normale o a quella di valore normale di mercato, contrariamente a quanto potrebbero suggerire i termini della disposizione nazionale ( e, in particolare, quelli della traduzione corrente che se ne potrebbe fare nelle varie lingue neolatine ), in base alla quale è stato adottato il provvedimento dei Commissioners .

72 . Poiché non si tratta nella fattispecie di giudicare la compatibilità di questa norma col diritto comunitario, non ha alcun senso esprimere giudizi di carattere generale sui termini in cui essa è redatta . Pertanto nella soluzione che suggerirò più avanti mi limiterò ad indicare quelli che mi sembrano essere i principi d' interpretazione dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva, che consentono di risolvere la lite sub specie .

73 . Aggiungerò soltanto che il valore del servizio incluso nel corrispettivo non dev' essere determinato con riferimento alla sua produttività, ma con riferimento al valore soggettivo dello stesso nei rapporti fra le parti; esso è quindi indipendente dal maggiore o minore successo delle riunioni private, vale a dire dall' entità del profitto ottenuto . Del pari, il progetto di un architetto o il parere di un professore universitario hanno un prezzo, indipendentemente dal se il progetto dell' architetto sarà scelto nell' ambito di una gara d' appalto, o indipendentemente dal se il privato che ha consultato il professore vincerà la causa .

74 . Conformemente a quanto precede, vi suggerisco di dichiarare che, in un caso come quello sottopostovi dal "London Value Added Tax Tribunal", - in cui un fornitore ( grossista ) cede taluni beni ( incentivo ) ad un terzo ( dettagliante ) a un prezzo notevolmente inferiore a quello al quale cede gli stessi beni al dettagliante per la vendita al pubblico, contro l' impegno del dettagliante stesso di usare l' incentivo per ricompensare un' altra persona dell' organizzazione di una riunione durante la quale tutti i prodotti del grossista sono offerti in vendita al pubblico, restando inteso che in mancanza di tale riunione l' incentivo dev' essere restituito al fornitore o dev' essere pagato al suo prezzo di vendita all' ingrosso - la base imponibile è costituita, ai termini dell' art . 11, lett . A, n . 1, sub a ), della sesta direttiva, dalla somma del prezzo pagato al grossista e del valore della prestazione di servizio fornita dal dettagliante, consistente nell' indurre un' altra persona a organizzare la riunione; il valore di questo servizio può essere considerato pari alla differenza fra il prezzo pagato di regola dal dettagliante per la rivendita al pubblico e il prezzo che questi ha effettivamente pagato per detto incentivo .

(*) Traduzione dal portoghese .

( 1 ) Sesta direttiva 77/388 del Consiglio del 17 maggio 1977, in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ( sistema comune d' imposta sul valore aggiunto : base imponibile uniforme ), GU L 145 del 13 . 6 . 1977, pag . 1 .

( 2 ) Seconda direttiva del Consiglio dell' 11 aprile 1967, in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ( struttura e modalità d' applicazione del sistema comune d' imposta sul valore aggiunto, GU 71 del 14 . 4 . 1967, pag . 1303 .

( 3 ) Sentenza 5 febbraio 1981, causa 154/80, Staatssecretaris van Financiën / Cooeperative Aardappelenbewaarplaats, Racc . 1981, pag . 445 e seguenti .

( 4 ) Sentenza 8 marzo 1986, causa 102/86, Apple and Pear Development Council, Racc . 1988, pag 1464, punto 10 della motivazione .

( 5 ) Il corsivo è mio .

( 6 ) Prima direttiva del Consiglio dell' 11 aprile 1967, in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari, GU 71 del 14 . 4 . 1967, pag . 1301 .

( 7 ) E' interessante rilevare che la stessa Commissione, nel documento COM(74 ) 795 def . del 26 luglio 1974, "Modifiche alla proposta della sesta direttiva del Consiglio (...)", citato dal governo portoghese, menziona espressamente, come facente parte del "corrispettivo" e da includere quindi nella base imponibile, il valore dei servizi forniti o da fornire, oltre ai beni ricevuti in cambio .

( 8 ) Vedasi la proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ( sistema comune d' imposta sul valore aggiunto : base imponibile uniforme ) presentata dalla Commissione al Consiglio il 29 giugno 1973, GU C 80 del 5 . 10 . 1973, pag . 1; verbale della seduta del Parlamento europeo del 14 marzo 1974, GU C 40 dell' 8 . 4 . 1974, pag . 34 e seguenti .

( 9 ) Questa conclusione dev' essere raffrontata a quella cui la Corte è giunta nella sentenza 1° febbraio 1977, causa 51/76, Nederlandse Ondernemingen / Inspecteur der Invoerrechten en Accijnzen , Racc . 1977, pag . 113, in particolare, pagg . 125 e 126, punti da 14 a 18 della motivazione, per quanto attiene alla corretta interpretazione dell' espressione "beni di investimento", di cui all' art . 17, 1° comma, terzo trattino, della seconda direttiva . In detta sentenza la Corte ha considerato che, poiché la direttiva non contiene tutte le indicazioni per definire in maniera uniforme e precisa le condizioni che devono essere soddisfatte ( per quanto riguarda la durata di uso ed il valore, nonché le norme da applicare in materia d' ammortamento ) perché un bene possa essere definito bene d' investimento, gli Stati membri godono di un certo margine di discrezionalità relativamente a tali condizioni .

( 10 ) Racc . 1981, pagg . 449 e 450 .

( 11 ) Conclusioni nelle cause riunite 138 e 139/86, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs, presentate all' udienza del 27 gennaio 1988 .