C-231/87 - Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Fiorenzuola d'Arda e.a / Comune di Carpaneto Piacentino e a.

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EUR-Lex - 61987C0231 - IT

61987C0231

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 15 marzo 1989. - UFFICIO DISTRETTUALE DELLE IMPOSTE DIRETTE DI FIORENZUOLA D'ARDA CONTRO COMUNE DI CARPANETO PIACENTINO E COMUNE DI RIVERGARO ED ALTRI CONTRO UFFICIO PROVINCIALE IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO DI PIACENZA. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DI PIACENZA E COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI PIACENZA - ITALIA. - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO - NOZIONE DI SOGGETTO PASSIVO - ENTI PUBBLICI. - CAUSE RIUNITE 231/87 E 129/88.

raccolta della giurisprudenza 1989 pagina 03233
edizione speciale svedese pagina 00201
edizione speciale finlandese pagina 00215


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1 Le denunce presentate dal comune di Carpaneto in merito alla riscossione delle imposte dirette relative agli anni 1980, 1981, 1982 e 1983 nonché quelle, relative all' imposta sul valore aggiunto, presentate dal comune di Rivergaro per gli anni 1981, 1982, 1983 e 1985 sono state tutte oggetto di avvisi di rettifica da parte delle competenti autorità italiane perché tali denunce non tengono conto delle somme di denaro o dei canoni riscossi per l' espletamento di un certo numero di attività considerate come attività commerciali a norma dell' art . 4 del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n . 633 .

2 Le operazioni erano le seguenti : concessioni di aree, loculi e cappelle cimiteriali, concessione di diritti di superficie e cessione in proprietà di aree nell' ambito dell' edilizia residenziale agevolata, sdemanializzazione di un reliquato stradale e relativa cessione, proventi per la gestione dell' acquedotto, concessione in appalto della pesa pubblica, cessione del legno proveniente dalla potatura degli alberi e cessione di accessori per loculi cimiteriali .

3 Dinanzi ai giudici di rinvio, vale a dire la commissione tributaria di secondo grado di Piacenza nel procedimento 231/87 e la commissione tributaria di primo grado di Piacenza nel procedimento 129/88, i comuni interessati nonché 23 altri comuni intervenuti a sostegno delle conclusioni del comune di Rivergaro hanno sostenuto che, a norma dell' art . 4, n . 5, della sesta direttiva IVA del Consiglio ( 1 ), essi non sono "soggetti passivi" relativamente alle operazioni di cui trattasi ed erano pertanto legittimati a non applicarvi l' IVA .

4 L' art . 4, n . 5, della sesta direttiva è del seguente tenore :

"5 . Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni .

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza .

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell' allegato D quando esse non sono trascurabili .

Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli artt . 13 o 28 ".

5 La serie di questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte di giustizia dai giudici nazionali e riportate al capitolo III della relazione d' udienza verte esclusivamente sull' interpretazione di tale norma e non sulla sua concreta applicazione ai comuni ed alle attività di cui trattasi nelle cause in via principale . Le questioni riguardano sia il problema dell' "effetto diretto" dell' art . 4, n . 5 ( questione n . 1 nelle due cause ), problema cui è collegato quello dell' esatta portata dell' obbligo di attuazione nell' ordinamento nazionale di questa disposizione della direttiva ( questioni nn . 4 e 5 nella causa 231/87 e questione n . 2 nella causa 129/88 ), sia la nozione di attività od operazioni compiute "in quanto pubbliche autorità" che non danno luogo all' assoggettamento ad IVA ( questione n . 2 nella causa 231/87 ), ivi compresa la questione di quali attività od operazioni abbia ad oggetto il n . 2 della norma di cui trattasi ( questione n . 3 nella causa 231/87 ).

6 Prima di procedere all' esame delle questioni nell' ordine in cui sono state presentate, faccio ancora presente che l' osservazione preliminare del governo italiano, secondo cui nel procedimento 231/87 la controversia principale non riguarderebbe l' IVA ma le imposte sul reddito, per cui non sarebbe "necessaria" una pronuncia per consentire al giudice nazionale di "emanare la sua sentenza" ( cfr . il dettato dell' art . 177 del trattato ), non può accogliersi . Infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte, nel sistema dell' art . 177 del trattato spetta al giudice nazionale valutare rispetto ai fatti della causa la necessità di una decisione pregiudiziale per pronunziare la propria sentenza ( 2 ). Del resto, nell' ordinanza di rinvio il giudice nazionale ha espressamente rilevato che esiste tra la normativa italiana in materia di IVA e quella riguardante le imposte dirette "una connessione tale che ove una determinata attività non è rilevante per l' IVA, non può produrre redditi assoggettabili neanche ai fini dell' imposizione diretta, e viceversa" ( cfr . fine del capitolo I della relazione d' udienza ).

I - L' "effetto diretto" dell' art . 4, n . 5, della sesta direttiva

7 Mentre la prima questione nel procedimento 231/87 verte sulla questione del "se il principio di cui all' art . 4, n . 5, 1° comma, della sesta direttiva, che esclude dal novero delle attività soggette all' IVA quelle cosiddette 'istituzionali' , sia di applicazione immediata in difetto di una normativa nazionale specifica", la questione sollevata nel procedimento 129/88 riguarda l' art . 4, n . 5, nel suo complesso . Tale prospettiva mi sembra particolarmente appropriata nel caso di specie, tanto più che il "principio" enunciato al primo comma viene svolto e trattato nei dettagli nei commi seguenti .

8 Infatti, si deve constatare che il n . 5 dell' art . 4 è costruito, per così dire, per stadi differenti, articolandosi in eccezioni e controeccezioni . Inoltre, vi vengono utilizzate, ai commi 2 e 3, espressioni come, ad esempio, "distorsioni di concorrenza di una certa importanza" o "attività che non sono trascurabili", che consentono un certo margine di discrezionalità a chi è chiamato ad applicarle . Del resto, le questioni nn . 4 e 5 nel procedimento 231/87, e le questioni 2, lett . a ) e d ), nel procedimento 129/88 vertono proprio sul problema del se gli Stati membri debbano semplicemente inserire tali criteri nella loro normativa o se debbano invece precisare i limiti quantitativi che ne derivano .

9 Nella causa 8/81, Becker / Finanzamt Muenster-Innenstadt, la Corte era stata chiamata a pronunziarsi sull' efficacia diretta di una norma della sesta direttiva, vale a dire l' art . 13, parte B, lett . d ), n . 1 .

10 Nella sentenza 19 gennaio 1982 ( Racc . pag . 53 ) la Corte ha ricordato che

"in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere richiamate, in mancanza di provvedimenti d' attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero in quanto sono atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato" ( punto 25 della motivazione ).

11 Ciò vale non solo qualora le norme di una direttiva siano rimaste inattuate alla scadenza del termine fissato per l' attuazione, ma anche nel caso in cui uno Stato membro non abbia regolarmente dato attuazione alla direttiva ( 3 ).

12 Ora, la norma di cui al primo comma del n . 5, considerata in se stessa, è sufficientemente precisa : gli Stati membri non devono assoggettare ad IVA le attività od operazioni che gli enti di diritto pubblico svolgono "in quanto pubbliche autorità ".

13 Il fatto che il primo comma non precisi quali siano tali attività è irrilevante . Questa nozione fa parte di una norma di diritto comunitario la cui interpretazione non può essere lasciata alla discrezionalità degli Stati membri ( 4 ).

14 Ma il problema è quello di stabilire se, malgrado le eccezioni da cui è seguita, la norma valga incondizionatamente . La Commissione sottolinea che tali eccezioni vengono formulate in modo da conferire agli Stati membri un margine di discrezionalità circa l' importanza o meno delle distorsioni della concorrenza, nonché sul carattere più o meno trascurabile delle attività di cui all' allegato D . Con la Commissione, io ritengo che il suddetto margine di discrezionalità conferisca inevitabilmente agli Stati membri la facoltà di limitare o restringere l' ambito di applicazione delle eccezioni di cui al secondo e terzo comma nonché l' ambito di applicazione della norma generale di cui al comma primo di tale paragrafo .

15 Condivido però anche l' opinione espressa dalla Commissione, e fondata in particolare sulla sentenza Marshall ( 5 ), secondo cui la norma di cui al n . 1 è precisa e incondizionata in quanto una data attività non può in nessun caso essere oggetto di eccezioni ( criterio delle "eccezioni irrilevanti nel caso di specie", punto 54 della motivazione della sentenza ).

16 Ciò vale per un' attività la quale, rispettivamente,

- non può dar luogo in nessun caso a distorsioni di concorrenza poiché ricade, per espresso dettato della legge, nell' ambito di competenza esclusiva degli enti di diritto pubblico;

- non figura nell' elenco di attività di cui all' allegato D della direttiva .

17 In Italia, la concessione di aree e di loculi cimiteriali sembra riunire questi due requisiti . La gestione dell' acquedotto, invece, anche se è di competenza esclusiva degli enti di diritto pubblico, non risponde alla seconda condizione poiché è espressamente ricompresa nell' elenco di cui all' allegato D .

18 Come si vedrà in seguito, un' attività la quale sia lasciata all' esclusiva competenza degli enti di diritto pubblico deve essere considerata come un' attività da essi svolta "in quanto pubbliche autorità", a norma del primo comma del n . 5 dell' art . 4 .

19 Si può affermare, quindi, in ogni caso, che l' art . 4, n . 5, può essere invocato da un ente di diritto pubblico per sostenere che un' attività da esso svolta non può in nessun caso ricadere nell' ambito di applicazione delle eccezioni di cui ai commi 2 e 3 di tale numero, e non deve quindi essere considerata soggetta ad IVA come dispone il n . 1 .

20 Mi chiedo se a questo punto sia possibile fare un passo in avanti affermando, con la Commissione, che il beneficio della non imposizione può invocarsi del pari per un' attività per la quale "la concorrenza del settore privato è incontestabilmente insignificante ". Immaginiamo, per esempio, che in uno Stato membro la legge imponga ai comuni di organizzare il servizio dell' eliminazione dei rifiuti domestici, non impedendo però a privati di svolgerlo parallelamente . Occorre chiedersi se un comune possa invocare la non soggezione di tale attività ad IVA per il motivo che in tutto il paese è quanto mai esiguo il numero dei privati che esercitano tale attività, che nel suo territorio nessun privato ha organizzato un tale servizio, e che quindi la distorsione di concorrenza che potrebbe risultare dal non assoggettamento ad IVA di tale attività non avrebbe per questo fatto "una certa importanza", o sarebbe addirittura, sul piano locale, nulla .

21 A tale riguardo mi sembra innanzitutto che, senza trasgredire la direttiva, uno Stato membro possa disporre in linea di principio l' assoggettamento ad IVA di questa attività, pur concedendo all' amministrazione competente la facoltà di accordare deroghe, tenuto conto della situazione locale . Ma v' è da chiedersi quale sia la situazione qualora lo Stato membro non abbia contemplato la possibilità di deroghe alla norma generale .

22 Io ritengo che in un caso del genere un comune non possa invocare l' assenza di distorsioni di concorrenza a livello locale per chiedere al giudice di pronunciarsi nel senso dell' incompatibilità tra la norma interna e la direttiva e quindi di eliminare la prima . Lo Stato membro non può essere obbligato a predisporre deroghe alla sua normativa per tener conto di situazioni particolari a livello locale . Esso dispone, a tale riguardo, di un potere discrezionale .

23 Si profila allora la questione se un comune possa invocare la mancanza di distorsioni di concorrenza di una certa importanza sul piano nazionale . Anche su questo punto sono dell' avviso che lo Stato disponga di un potere discrezionale per decidere da quale momento una distorsione di concorrenza assuma tale carattere . Esso potrebbe ritenere che la distorsione sia sufficientemente rilevante in determinati luoghi per giustificare l' assoggettamento ad IVA della suddetta attività in tutto il paese .

24 Il criterio di una "distorsione di concorrenza di una certa importanza" non è dunque sufficientemente preciso per poter essere invocato da un ente di diritto pubblico nei riguardi di una norma di diritto nazionale .

25 Ci resta da esaminare se per una delle attività elencate all' allegato D della direttiva un ente di diritto pubblico possa sostenere davanti ad un giudice nazionale che tale attività è trascurabile, con la conseguenza del suo non assoggettamento .

26 Per tenere in considerazione tale criterio gli Stati membri hanno a disposizione diverse possibilità . Possono menzionarlo tale e quale nella loro normativa nazionale ed incaricare l' amministrazione competente di farne applicazione caso per caso . Possono anche indicare i tipi di attività di cui all' allegato D i quali, in modo globale e su scala nazionale, possono essere ritenuti di importanza trascurabile ( ad esempio le fiere locali ). Possono infine assoggettare ad IVA un tipo di attività pur prevedendo una soglia al di sotto della quale l' attività di cui trattasi non è assoggettata ( per esempio, cifra d' affari annua realizzata da un comune nella gestione di un acquedotto ). Il criterio del carattere trascurabile dell' attività potrà dunque, a seconda dei casi, condurre a situazioni diverse da comune a comune .

27 Occorre però accertare quale situazione si venga a creare se uno Stato membro ignora totalmente tale norma della direttiva, vale a dire qualora esso non menzioni le attività trascurabili nella sua normativa, non escluda dall' assoggettamento le attività elencate che considera trascurabili e infine non fissi una soglia minima per le attività di cui all' allegato D .

28 Ritengo che, in questo caso, lo Stato membro non abbia correttamente attuato la direttiva poiché essa incontestabilmente contempla il principio del non assoggettamento delle attività elencate all' allegato D che siano trascurabili . Certo, il Consiglio ha forse complicato le cose iscrivendo tale criterio nel n . 5, ma questo criterio non rappresenta una facoltà di cui gli Stati membri sono liberi di valersi o meno . Il terzo comma del n . 5 contempla chiaramente due condizioni cumulative : gli enti pubblici "sono considerati soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell' allegato D e quando esse non sono trascurabili ". La congiunzione "e" qui significa "purché ".

29 Il principio così sancito è chiaro e non soggetto ad alcuna condizione . Non ne risulta però cosa vada inteso per "trascurabile ". In ultima analisi, l' obbligo in tal modo imposto agli Stati membri non è sufficientemente precisato per poter essere invocato da enti di diritto pubblico dinanzi ai giudici nazionali, anche se lo Stato si è rivelato inadempiente ignorando totalmente tale punto dell' art . 4, n . 5 al momento dell' attuazione della direttiva nel suo diritto nazionale . Se ciò si è effettivamente verificato, spetta allora alla Commissione proporre, eventualmente, un ricorso per inadempimento contro lo Stato membro di cui trattasi .

30 Di conseguenza, propongo di risolvere nel modo seguente la prima questione sollevata nei due procedimenti :

"L' art . 4, n . 5, della direttiva 77/388 può essere fatto valere da un ente di diritto pubblico dinanzi al giudice nazionale per opporsi all' applicazione di una norma nazionale che lo assoggetti all' IVA per quanto riguarda un' attività la quale non sia elencata all' allegato D della direttiva suddetta e il cui svolgimento sia riservato esclusivamente agli enti di diritto pubblico ."

II - La nozione di attività od operazioni esercitate "in quanto pubbliche autorità"

31 Con la seconda questione sollevata nel procedimento 231/87 il giudice nazionale intende accertare se "con la locuzione 'attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità' , di cui all' art . 4, n . 5, primo comma ( della sesta direttiva ), il legislatore comunitario abbia inteso individuare quelle attività che la pubblica amministrazione esercita in modo diretto ed esclusivo, in virtù di poteri d' imperio, pur se derivati ."

32 Ritengo che si debba interpretare tale questione nel senso che il giudice nazionale vuole sapere se le attività che gli enti di diritto pubblico esercitano direttamente ed in via esclusiva in virtù dei loro poteri d' imperio costituiscono :

- attività svolte in quanto pubbliche autorità,

- attività che non possono in nessun caso dar luogo ad assoggettamento ad IVA .

33 Esaminerò successivamente quali sono i criteri che consentono di determinare ciò che bisogna intendere per "attività esercitate in quanto pubbliche autorità" ( sezione A ) e in quali casi un' attività del genere ricade necessariamente nell' ambito della norma di non assoggettamento all' IVA contenuta al comma primo del n . 5 dell' art . 4 ( sezione B ).

A - Le attività o le operazioni esercitate in quanto pubblica autorità

34 Nella sentenza 26 marzo 1987 pronunciata nella causa "notai e ufficiali giudiziari" ( 6 ), la Corte ha confermato, con riferimento alla sentenza 7 luglio 1985, Commissione / Repubblica federale di Germania ( 7 ), che

"gli enti di diritto pubblico non sono automaticamente esentati per tutte le attività che essi svolgono, ma solo per quelle che rientrano nella loro missione specifica di pubblica autorità" ( punto 21 della motivazione ).

35 Da questa constatazione della Corte emerge, in via subordinata, che il fatto che un' attività sia svolta direttamente dal comune stesso non consente, in sé e per sé, di giungere alla conclusione che rientri nella missione specifica di pubblica autorità del comune stesso . ( Tra le attività "esercitate direttamente" bisogna includere, a mio parere, anche quelle svolte attraverso imprese municipalizzate, per tutto il tempo in cui l' attività viene svolta in nome e per conto del comune ).

36 Rientrano invece incontestabilmente nella missione specifica di pubblica autorità del comune le attività svolte in virtù del "potere d' imperio ". Cosa bisogna intendere con questa definizione?

37 Con la Commissione, vorrei proporre di accogliere a tal proposito la definizione avanzata dall' avvocato generale Federico Mancini nelle sue conclusioni relative alla causa 307/84, Commissione / Repubblica francese, vale a dire che tale nozione concerne le attività le quali si traducono in "atti di volontà che s' impongono ai privati nel senso di pretenderne l' obbedienza o, se non obbediscono, di costringerli a conformarvisi" ( Racc . 1986, pagg . 1725, in particolare pag . 1732 ).

38 Il potere d' imperio trova la sua concreta estrinsecazione per mezzo di autorizzazioni, licenze, permessi, concessioni, iscrizioni in albi, rilascio di copie certificate conformi, sanzioni in caso di inosservanza di leggi o di regolamenti, ecc .

39 Se le "attività esercitate in virtù di poteri d' imperio" costituiscono quindi in ogni caso "attività esercitate in quanto pubbliche autorità" tale ultima nozione ricomprende peraltro anche altri tipi di attività . La nozione "attività od operazioni esercitate in quanto pubbliche autorità" e quella di "attività esercitate in virtù del potere d' imperio o di pubblici poteri" non hanno il medesimo significato .

40 Ciò risulta chiaramente dai lavori preparatori della sesta direttiva . Nel commento all' art . 4, fatto al momento della presentazione della proposta di sesta direttiva ( 8 ), la Commissione aveva affermato che

"i soggetti di diritto pubblico si devono considerare come soggetti passivi in quanto esercitano attività economiche non connesse di fatto alla nozione di pubblica autorità, cioè attività che potrebbero venir svolte da soggetti di diritto privato senza pregiudizio delle attribuzioni fondamentali e dei poteri degli Stati, delle province, dei comuni e degli altri enti di diritto pubblico in tema di amministrazione generale, di giustizia, di sicurezza o di difesa nazionale ".

41 Tuttavia, l' art . 4, n . 5, così come proposto dalla Commissione, era diverso da quello adottato . Il suo tenore infatti era il seguente :

"Gli Stati, le province, i comuni e gli enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità . Se però tali enti esercitano operazioni del tipo di cui al n . 1, si devono considerare soggetti passivi per dette operazioni (...)" ( 9 ).

42 Le "operazioni del tipo di cui al n . 1" erano "operazioni ricomprese in una tra le attività economiche di cui al n . 2" il quale a sua volta definiva le "attività economiche di cui al n . 1" negli stessi termini del n . 2 dell' attuale art . 4, vale a dire "tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi ". La proposta della Commissione distingueva così chiaramente le attività svolte in quanto pubbliche autorità e le attività economiche, dando alla prima nozione il senso di attività ricomprese nell' esercizio di un pubblico potere o di un potere d' imperio .

43 E' dunque giocoforza constatare che, adottando l' art . 4, n . 5, nella sua attuale forma, il Consiglio ha volutamente evitato tale netta distinzione e ha dato alla nozione di "attività od operazioni esercitate in quanto pubblica autorità" un significato più lato, inglobando attività diverse da quelle ricomprese nelle attribuzioni fondamentali del potere pubblico nei settori dell' amministrazione generale, della giustizia, della sicurezza o della difesa nazionale . Il Consiglio ha optato in tal modo per una soluzione di compromesso tra la proposta estrema della Commissione che era volta ad assoggettare all' IVA tutte le attività economiche degli enti di diritto pubblico e la seconda direttiva in materia di IVA ( 10 ), nell' ambito della quale gli Stati membri avevano la facoltà di non assoggettare ad IVA gli enti di diritto pubblico per tali medesime attività ( cfr . i due ultimi commi del punto 2 dell' allegato A della suddetta direttiva, allegato il quale, ai sensi dell' art . 20, ne faceva parte integrante ).

44 E' quindi chiaro che talune delle attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi ( cfr . i nn . 1 e 2 dell' art . 4 ), svolte dai comuni, vanno considerate come "attività esercitate in quanto pubbliche autorità ". Ma da quali elementi è possibile riconoscerle?

45 A tale riguardo sono stati proposti dalle diverse parti in causa ( il governo italiano, quello olandese e la Commissione ) diversi criteri .

46 Il comune di Rivergaro ha proposto quello dello scopo perseguito . Ma in udienza la Commissione ha giustamente rilevato che, nella precitata sentenza "notai ed ufficiali giudiziari", la Corte ha dichiarato che la nozione di attività economica ha un "carattere obiettivo, nel senso che l' attività viene considerata di per sé, indipendentemente dalle sue finalità o dai suoi risultati" ( punto 8 della motivazione ). Ciò deve valere del pari per un' attività economica svolta da un ente pubblico in quanto pubblica autorità . Praticamente ogni attività svolta da un comune persegue finalità di interesse generale, ivi compresa la fornitura di acqua o la messa in opera di una rete di trasporti . Il terzo comma del n . 5 e l' allegato D dispongono tuttavia che per l' espletamento di dette attività il comune vada assoggettato ad imposta . D' altra parte, tra le esenzioni di cui all' art . 13 figura un numero non trascurabile di attività che possono essere intraprese del pari da enti pubblici ( cfr . parte A, n . 1, lett . b ), g ) e h ) )) per una finalità d' interesse generale e onde soddisfare le necessità essenziali degli individui ( 11 ) o della collettività ( 12 ) (( lett . i ) )). L' art . 4, n . 5, ultimo comma, non fa che consentire agli Stati membri di considerarle come attività svolte da una pubblica autorità, senza loro imporlo .

47 E non sono nemmeno convinto che sia rilevante, nel caso di specie, il riferimento alla sentenza della Corte 8 marzo 1988, Apple and Pear Development Council, causa 102/86, Racc . 1988, pag . 1443, riferimento fatto dalla Commissione nelle osservazioni scritte presentate nella causa 129/88 a sostegno degli argomenti da essa proposti nell' ambito della causa 231/87 .

48 Nella causa Apple and Pear si verteva sull' interpretazione dell' art . 2 della sesta direttiva per poter determinare se l' esercizio da parte del Development Council di funzioni ad esso assegnate dalla legge e se il fatto di imporre ai suoi membri una tassa annuale obbligatoria per sopperire alle spese di amministrazione ed a quelle affrontate o da affrontare nell' esercizio delle sue funzioni costituissero "(...) prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso", vale a dire qualcuna delle operazioni soggette ad imposta ai sensi dell' articolo suddetto . Nelle presenti cause si tratta invece di interpretare l' art . 4, n . 5, onde accertare se un ente pubblico abbia o meno la qualità di soggetto passivo per determinate attività da esso svolte .

49 E' ben vero che nelle conclusioni del 28 ottobre 1987, nella causa Apple and Pear, l' avvocato generale Sir Gordon Slynn ha ritenuto che vi fosse un nesso tra le nozioni di operazione imponibile e di soggetto passivo, nel senso che "perché l' imposta sia dovuta, ci devono essere tanto un negozio tassabile quanto una persona tassabile" ( 13 ). Egli ha tuttavia precisato che esse sono "nozioni distinte" ( pag . 7 del testo dattiloscritto ) e, ancora, ha sottolineato il loro carattere autonomo constatando che se, come egli stesso ha proposto, le transazioni commerciali di cui trattasi non sono prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, "non c' è obbligo di pagare l' IVA, nemmeno se la persona coinvolta nell' attività è un soggetto tassabile" ( pag . 18 del testo dattiloscritto ).

50 D' altra parte, contrariamente a ciò che sembra pensare la Commissione, non credo che l' elemento dell' obbligatorietà, vale a dire del carattere non contrattuale ma legale delle imposte di cui trattasi, e neanche il fatto che il loro ammontare non riproduca il valore economico dei servizi forniti siano determinanti per la decisione della Corte . Infatti, emerge dalla seconda parte del punto 15 della motivazione della sentenza che non è per il fatto che il produttore individuale è obbligato a pagare l' imposta, ma per il fatto che deve pagarla "indipendentemente dalla circostanza che uno specifico servizio del Council gli attribuisca un vantaggio" che la Corte ha concluso nel senso dell' assenza di un nesso diretto tra il servizio reso ed il controvalore ottenuto . D' altra parte, secondo la giurisprudenza della Corte ( 14 ), giurisprudenza poi confermata in una sentenza del 23 novembre 1988 ( 15 ), "questo controvalore costituisce un valore soggettivo, poiché la base imponibile è costituita dalla contropartita realmente ottenuta e non da un valore calcolato secondo criteri oggettivi" ( punto 16 della motivazione ). Era dunque soprattutto in ragione dell' assenza di nesso necessario tra i benefici e il loro controvalore che, a causa dello squilibrio esistente tra l' entità dei due elementi, la Corte ha dichiarato che "dei contributi obbligatori come quelli imposti ai produttori non costituiscono un corrispettivo avente un nesso diretto con i vantaggi tratti dai singoli produttori dall' espletamento dei compiti del Council" ( punto 16 della motivazione della sentenza Apple and Pear ). Ciò mi sembra tanto più assodato in quanto il primo argomento sul quale la Corte si è fondata riguardava giustappunto il fatto che tali vantaggi vadano a beneficio del complesso del settore in causa e non necessariamente di ogni produttore individualmente considerato ( cfr . punto 14 della motivazione ).

51 Infine, la tesi della Commissione non mi pare del tutto priva di contraddizioni perché, pur volendo identificare un indizio del carattere di pubblica autorità di un' attività nel fatto che i canoni o le quote pagate non rappresentano il controvalore della prestazione resa "ma la quota-parte delle spese che riguardano la prestazione di servizi che il legislatore ha inteso mettere unilateralmente a carico del destinatario sulla base di considerazioni di natura fiscale, sociale o di altro tipo" ( pag . 29 della relazione d' udienza del testo dattiloscritto ), essa in udienza si è opposta - giustamente - al criterio con cui il comune di Rivergaro calcola il controvalore, secondo il quale è indice rivelatore di un' attività di pubblica autorità il fatto che un ente pubblico ne ottenga una contropartita "stabilita in modo autoritario, che si tratti di un prezzo imposto o politico, fissato non tenendo conto del valore di mercato del servizio reso, ma sulla base di criteri politici che non hanno un diretto rapporto col valore di tale servizio sul mercato" ( pag . 21 della relazione d' udienza del testo dattiloscritto ).

52 Aggiungo che, se si volesse adottare questo criterio, un comune non potrebbe mai essere assoggettato ad IVA per i servizi di trasporto, per le piscine, per i teatri e i musei che crea, poiché il prezzo richiesto all' utente è quasi sempre un "prezzo politico", vale a dire un prezzo che non corrisponde al prezzo di costo della prestazione fornita .

53 Per le ragioni appena indicate e per quelle menzionate circa l' analisi del criterio dello scopo perseguito ( 16 ), sono dunque del parere che non si debba vedere nelle modalità di fissazione ( unilaterale e autoritario ) o di calcolo del controvalore ricavato dall' organismo pubblico un criterio decisivo ai fini della definizione di attività esercitate "in quanto pubbliche autorità ".

54 E che dire del criterio dell' obbligatorietà dell' esercizio di attività da parte dell' ente di diritto pubblico, di cui parla la Commissione? Essa propone di considerare come attività svolte in quanto pubbliche autorità da un ente di diritto pubblico quelle "rientranti fra le attribuzioni assolutamente necessarie per conseguire il fine pubblico per il quale l' ente è stato costituito" (( cfr . punto 10, parte B, lett . a ), delle osservazioni scritte presentate nella causa 231/87, pag . 35 )) oppure quelle che "sono svolte in virtù di un obbligo inderogabile ad essi imposto dall' ordinamento dello Stato" ( soluzione proposta alla seconda questione nella causa 231/87 ).

55 Ritengo anch' io che le attività così definite o, per riprendere l' espressione utilizzata dal governo olandese, quelle che sono svolte in forza di un "mandato conferito dal legislatore" costituiscano in ogni caso attività svolte "in quanto pubbliche autorità" anche se non sono esclusivamente riservate ad enti di diritto pubblico .

56 Dal momento che il legislatore ritiene che una data attività sia così importante dal punto di vista del bene pubblico da dover essere in ogni caso garantita dai comuni o da altri enti di diritto pubblico, essa diventa necessariamente un' attività svolta dagli enti stessi in quanto pubbliche autorità .

57 Inoltre, la Commissione ha parlato di attività svolte per mezzo di atti o comportamenti unilaterali che sono espressione di prerogative che esorbitano dal diritto comune ( ad esempio, concessioni ). Qui io sono d' accordo con la Commissione che tali attività vengono svolte dagli enti di diritto pubblico "in quanto pubbliche autorità ".

58 Infine, occorre considerare che ogni attività - anche non obbligatoria o non svolta per mezzo di prerogative di diritto pubblico - il cui espletamento è riservato esclusivamente ai comuni o ad altri enti di diritto pubblico dalla Costituzione, dalla legge o da altre norme di rango equivalente deve considerarsi come svolta da essi "in quanto pubbliche autorità ". Possiamo veramente considerare che tali attività siano state riservate agli enti di diritto pubblico in ragione dei compiti specifici loro incombenti o in ragione delle garanzie particolari che essi offrono per quanto concerne la loro buona esecuzione .

59 Vi propongo così di accogliere quattro criteri alternativi per poter "riconoscere" il sussistere di un' attività del genere, vale a dire :

- l' esercizio di potere d' imperio;

- l' obbligatorietà dell' attività;

- l' uso di prerogative che esorbitano dal diritto comune;

- il carattere di monopolio legale dell' attività di cui trattasi .

60 Ciò che però le giurisdizioni nazionali vogliono sapere è se esistano anche criteri che consentono di determinare in modo sicuro che un' attività ricompresa in una delle categorie sopramenzionate non può dar luogo ad assoggettamento ad IVA .

B - Le attività svolte in quanto pubbliche autorità che non possono dare luogo, in alcun caso, ad assoggettamento ad IVA

61 Ricordiamo, innanzitutto, che l' art . 4, n . 5, della sesta direttiva fissa un principio generale ed un' eccezione .

62 Il principio generale è che per le attività o le operazioni svolte in quanto pubbliche autorità, gli enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi .

63 L' eccezione è che sono considerati tali nel caso in cui il loro non assoggettamento ad imposta possa provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza .

64 Spetta dunque agli Stati membri determinare quali sono le attività per le quali siano da temere distorsioni di concorrenza di una certa rilevanza qualora gli enti pubblici che le svolgono non siano, per tale fatto, assoggettati ad IVA . In linea di principio il problema può essere risolto solo tramite una valutazione di ognuna di dette attività compiuta dallo Stato membro . Tale valutazione può, del resto, apportare risultati differenti da Stato membro a Stato membro .

65 Sussiste tuttavia un' ipotesi nella quale non si può parlare in alcun modo di distorsione della concorrenza, vale a dire quando la Costituzione, la legge o una norma di rango equivalente riservino in via esclusiva l' esercizio dell' attività di cui trattasi ad enti di diritto pubblico .

66 Come abbiamo visto or ora, tali attività devono, in ogni caso, essere anche considerate come svolte dagli enti di diritto pubblico "in quanto pubbliche autorità ". Ne risulta così un criterio sicuro che consente di determinare le attività per le quali un ente di diritto pubblico non può mai essere assoggettato ad IVA . In Italia, le concessioni di aree e di loculi cimiteriali sembrano costituire a tale riguardo un esempio tipico .

67 Sussiste tuttavia anche un' eccezione al criterio di esclusività . L' allegato D alla sesta direttiva elenca infatti attività che devono, in ogni caso, essere assoggettate ad IVA ( salvo se siano trascurabili ). Ora, può darsi il caso che in uno Stato membro l' una o l' altra di tali attività siano riservate esclusivamente ai comuni . Sembra che in Italia ciò si verifichi per quanto riguarda la gestione di acquedotti . In un caso del genere il criterio di esclusività non è dunque determinante per accertare se vi possa essere o meno assoggettamento . Il terzo comma del n . 5 costituisce così una norma di carattere molto particolare la quale elenca i casi in cui l' esistenza di una distorsione di concorrenza è per così dire presunta, ma fa anche presenti i casi che danno luogo ad assoggettamento pur non incombendo il pericolo di alcuna distorsione di concorrenza . In effetti, è abbastanza chiaro che l' art . 4, n . 5, a causa degli emendamenti apportati nel corso delle trattative, ha perduto ogni rigorosa struttura logica . Ciò risulta anche dall' uso, nelle versioni linguistiche francese, greca, olandese e portoghese, di cui al terzo comma, della parola "notamment", il quale non ha senso in una frase che si riferisce ad attività che devono "en tout état de cause" ( in ogni caso ) essere assoggettate ad IVA . Dato che inoltre una parola che equivalga a "notamment" non figura nelle versioni tedesca, inglese, danese, spagnola e italiana, ritengo che non si debba dare a questo elemento eccessiva importanza .

68 Ci si potrebbe ancora chiedere se le attività svolte in virtù di poteri d' imperio non debbano - ipso facto - essere considerate non soggette ad imposta . Tale non mi sembra poter essere il caso anche se in realtà tali attività saranno soggette ad imposta solo molto raramente .

69 Innanzitutto, la maggior parte delle suddette attività non sono attività economiche e già solo per questo motivo non potrebbero dar luogo ad assoggettamento . Inoltre esse sono per lo più riservate in via esclusiva agli enti di diritto pubblico e in tal caso interviene il criterio sopramenzionato . Però, così come illustrato nella causa 235/85, detta dei "notai ed ufficiali giudiziari", non si può escludere che talune attività rientranti nell' esercizio di potestà pubbliche siano svolte parallelamente da privati e da enti di diritto pubblico . Potrebbe dunque diventare necessario rendere soggetti questi ultimi enti all' IVA per evitare una distorsione di concorrenza di una certa importanza . Il criterio dell' esercizio di poteri d' imperio o di pubblici poteri, in sé e per sé, non è quindi sufficiente .

70 Per quanto poi riguarda le attività obbligatorie, quelle cioè il cui espletamento è imposto dalla legge agli enti di diritto pubblico, non si può nemmeno concludere nel senso che debbano necessariamente essere escluse da assoggettamento ad IVA, poiché l' iniziativa privata potrebbe ben entrare in concorrenza con l' ente pubblico ( la legge potrebbe, per esempio, obbligare le province o altri enti a carattere regionale ad organizzare un servizio di collegamento marittimo tra il continente e le isole circostanti, senza impedire a privati di mettere in atto un analogo servizio in condizioni di concorrenza ).

71 La valutazione diventa più difficile per quanto riguarda le attività svolte per mezzo di atti o di comportamenti unilaterali che siano espressioni di prerogative che esorbitano dal diritto comune . I casi in cui la stessa attività può essere svolta da privati con strumenti di diritto privato sono probabilmente molto rari . Non mi sembra però possibile escludere a priori che casi del genere possano esistere e che ciò possa originare distorsioni di concorrenza .

72 Si deve quindi per forza di cose constatare che il solo criterio che consenta di affermare con certezza che un' attività svolta da un ente di diritto pubblico non può essere assoggettata ad IVA è il fatto che l' attività suddetta sia riservata in via esclusiva a detti enti . Se ho ben capito, la Commissione propone di far uso di tale criterio insieme ad altri due . Ora, se il criterio dell' esclusività viene ad applicarsi, criteri aggiuntivi non sono più necessari, poiché non potrebbe darsi il caso di distorsioni di concorrenza .

73 La stessa osservazione vale per quanto riguarda il tenore della seconda questione sollevata dal giudice nazionale di cui ora ci occupiamo . Essa fa riferimento ad attività che sono svolte da enti pubblici direttamente, in via esclusiva e in virtù dei loro poteri d' imperio .

74 Se con l' espressione "in modo esclusivo" il giudice ha voluto riferirsi ad attività riservate dalla legge ad enti di diritto pubblico ( esclusività "de jure" e non "de facto "), ebbene allora questa questione dev' essere certamente risolta in senso affermativo . Però mi sembra possibile offrire al giudice nazionale una soluzione di più ampio respiro, facendogli presente che è sufficiente che un' attività sia riservata in via esclusiva agli enti di diritto pubblico perché essa possa non dar luogo ad assoggettamento, anche se l' attività non è svolta in virtù di poteri d' imperio .

75 Come abbiamo visto sopra, occorre tuttavia omettere le attività elencate all' allegato D, le quali, a condizione di essere di non trascurabile entità, sono pur sempre assoggettate ad IVA, anche se una o l' altra di esse viene riservata in via esclusiva ad enti di diritto pubblico .

76 Di conseguenza, vi propongo di risolvere nel modo seguente la seconda questione sollevata nell' ambito del procedimento 231/87 :

"L' art . 4, n . 5, primo comma, va interpretato nel senso che gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non possono, in nessun caso, essere considerati come soggetti passivi per le attività od operazioni che compiono in via esclusiva, a meno che tali attività od operazioni siano quelle elencate all' allegato D della sesta direttiva ."

III - La terza questione sollevata nel procedimento 231/87

77 Tale questione è la seguente :

"accertato che le attività istituzionali sono esercitate in via esclusiva dall' ente pubblico, se la locuzione 'attività di questo genere' di cui all' art . 4, n . 5, secondo comma, si riferisca alle residue attività concernenti i servizi pubblici, disciplinate in Italia dal regio decreto 15 ottobre 1925, n . 2578 ".

78 Nell' ambito di un rinvio pregiudiziale la Corte non ha facoltà di esaminare una normativa nazionale sotto il profilo del diritto comunitario . E' invece possibile fornire ai giudici nazionali criteri che possano loro consentire di determinare in quali casi una determinata attività rientri nell' impero di una norma del diritto comunitario .

79 Ora, emerge dall' analisi compiuta a proposito della seconda questione che l' espressione "attività di questo genere", di cui al secondo comma, si riferisce ad attività od operazioni svolte dagli enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità, vale a dire implicanti l' esercizio di poteri d' imperio, oppure espletate in forza di un obbligo inderogabile dell' ordinamento dello Stato, oppure ancora svolte mediante atti o comportamenti unilaterali implicanti prerogative che esorbitano dal diritto comune, purché il compimento di tali attività non sia riservato in modo esclusivo ai suddetti enti . E' la soluzione che propongo di adottare per la questione di cui trattasi .

80 Va da sé, a mio parere, che il secondo comma del n . 5 dell' art . 4 riguarda unicamente attività od operazioni per le quali un ente pubblico ottiene un controvalore di qualsiasi natura, poiché solamente "le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all' interno del paese" ricadono nell' ambito di applicazione dell' IVA ( art . 2 della sesta direttiva ).

IV - Obblighi degli Stati membri circa il modo di attuazione della direttiva

81 Le questioni nn . 4 e 5, sollevate dalla commissione tributaria di secondo grado di Piacenza ( causa 231/87 ) e la seconda questione sollevata dalla commissione tributaria di primo grado di Piacenza ( causa 129/88 ) riguardano il modo in cui gli Stati membri dovevano dare attuazione nel diritto nazionale alle disposizioni contenute nell' art . 4, n . 5 . In sostanza, tutte le questioni suddette vertono sui quattro problemi seguenti :

82 a ) Se gli Stati membri siano tenuti a porre il principio generale di cui all' art . 4, n . 5, primo comma, precisando i criteri specifici che consentono di determinare le attività svolte dai comuni "in quanto pubbliche autorità ".

83 Ai sensi dell' art . 189, terzo comma, del trattato, gli Stati membri hanno l' obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare che il risultato voluto dalla direttiva venga raggiunto . Essi rimangono invece competenti in via esclusiva per quanto riguarda la forma ed i mezzi d' attuazione della direttiva .

84 Uno dei mezzi per raggiungere il risultato indicato all' art . 4, n . 5, della sesta direttiva in materia di IVA può consistere nell' introdurre semplicemente nella normativa nazionale il principio di cui al primo comma della norma suddetta . Lo Stato membro resta libero di aggiungervi criteri specifici che consentano di determinare non solo quali siano le attività svolte dagli enti di diritto pubblico "in quanto pubbliche autorità", ma soprattutto quali tra queste attività debbano dare luogo ad assoggettamento ad IVA .

85 Un metodo più semplice può allora consistere nell' emanare un elenco delle attività di cui trattasi . Questo può essere fatto unitamente all' adozione del principio generale di cui sopra o in via alternativa .

86 b ) Se gli Stati membri fossero tenuti a non considerare soggette ad imposta le attività pubbliche le quali, nonostante la qualifica di attività commerciali datane dalla normativa nazionale, hanno il carattere di attività di pubblico potere .

87 Già abbiamo rilevato che la nozione di "attività od operazioni esercitate in quanto pubbliche autorità" ha assunto nel testo adottato dal Consiglio una portata più ampia di quella che aveva nella proposta della Commissione e che tale nozione ricomprende attività svolte da enti pubblici in virtù dei loro poteri d' imperio ( jure imperii ) e attività che possono essere qualificate economiche, vale a dire quelle di produttore, commerciante o prestatore di servizi, secondo la definizione di cui al n . 2 dell' art . 4 .

88 Emerge dall' art . 4, n . 5, che gli Stati membri sono anche tenuti a non assoggettare ad IVA attività qualificate come commerciali dalla normativa nazionale qualora esse rispondano ai criteri illustrati in risposta alla seconda questione della causa 231/87 .

89 c ) Se gli Stati membri avessero l' obbligo di inserire nella loro normativa nazionale il criterio della "distorsione di concorrenza di una certa importanza" ( quarta questione nella causa 231/87 ) o fossero tenuti a non assoggettare ad imposta le attività svolte dagli enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità qualora esse non portino a distorsioni di concorrenza di una certa importanza, precisando anche i necessari limiti quantitativi (( questione 2, lett . c ), nella causa 129/88 )).

90 Così come rilevato più sopra, la norma di cui ci occupiamo sancisce un principio e contempla un' eccezione . Il principio impone agli Stati membri l' obbligo di adottare tutte le disposizioni più opportune per non assoggettare ad IVA le attività rientranti nella definizione di cui al primo comma del n . 5, a meno che tale non assoggettamento possa portare a distorsioni di concorrenza di una certa rilevanza .

91 Gli Stati membri sono evidentemente liberi di fare menzione di tale eccezione nella loro normativa nazionale, ma, in sé e per sé, un tale richiamo lascerebbe pur sempre troppa incertezza sia per l' amministrazione competente, sia per gli enti di diritto pubblico interessati .

92 D' altronde, non è concepibile che la semplice fissazione di un limite quantitativo, senza nessun' altra indicazione, possa eliminare le incertezze di cui sopra . La distorsione di concorrenza è infatti una nozione che non si presta in alcun modo ad essere stimata in cifre che possano valere per ogni tipo di attività economica che può essere svolta da enti di diritto pubblico . Non vedo come gli Stati membri potrebbero esimersi dal redigere sia un elenco positivo di attività non soggette ad IVA, sia un elenco negativo di attività soggette ( soluzione scelta dal Ministero delle finanze italiano ), oppure entrambi . L' elenco negativo è chiaramente quello che riguarda attività che possono dar luogo a notevoli distorsioni di concorrenza . Qualora poi dovesse risultare che una delle attività menzionate in tale elenco non dà luogo in ogni caso ad una distorsione ( pur costituendo un' attività svolta "in quanto pubblica autorità "), lo Stato membro avrebbe allora dato erronea esecuzione agli obblighi derivanti dalla direttiva .

93 d ) Se gli Stati membri debbano inserire nella loro normativa fiscale il criterio della "non trascurabilità" di talune attività ( quinta questione nella causa 231/87 ) o siano tenuti a fissare una soglia di non assoggettamento ad imposta per quanto riguarda le attività di cui all' allegato D (( questione 2, lett . d ) nella causa 129/88 )).

94 Come già rilevato sopra circa il problema dell' "effetto diretto", le attività di cui all' allegato D vanno assoggettate ad IVA solo in quanto non siano trascurabili . Per quanto riguarda l' attuazione di tale principio, gli Stati membri hanno a disposizione più possibilità . Una di queste consiste nella fissazione di una soglia di non assoggettamento .

95 Propongo quindi di sottoporre ai due giudici italiani le soluzioni addizionali di cui ai punti 4, 5 e 6 della conclusione generale .

Conclusione

Per tutti i motivi sopra esposti, propongo di risolvere nel modo seguente le questioni sollevate :

"1 ) L' art . 4, n . 5, della direttiva 77/388 può essere fatto valere da un ente di diritto pubblico dinanzi al giudice nazionale per opporsi all' applicazione di una norma nazionale che assoggetti ad IVA detto ente per quanto riguarda lo svolgimento di un' attività che non figura all' allegato D della direttiva e il cui espletamento sia riservato in via esclusiva agli enti di diritto pubblico .

2 ) L' art . 4, n . 5, primo comma, va interpretato nel senso che gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non possono in alcun caso essere considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che compiono in via esclusiva, a meno che tali attività od operazioni non siano elencate nell' allegato D della direttiva stessa .

3 ) L' espressione 'attività di questo genere' , di cui al secondo comma, fa riferimento ad attività od operazioni compiute dagli enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità, vale a dire implicanti uso di potere d' imperio, esercitate in forza di un obbligo inderogabile dell' ordinamento dello Stato o ancora svolte mediante atti o comportamenti unilaterali implicanti prerogative che esorbitano dal diritto comune, purché tali attività non siano riservate in modo esclusivo agli enti suddetti .

4 ) L' art . 4, n . 5, primo comma, va interpretato nel senso che obbliga gli Stati membri ad adottare le disposizioni da essi giudicate più appropriate onde non assoggettare ad IVA le attività od operazioni compiute dagli enti pubblici in quanto pubbliche autorità, purché non ricadano nell' ambito delle eccezioni di cui ai commi 2 e 3 .

5 ) L' art . 4, n . 5, secondo comma, della sesta direttiva IVA non implica per gli Stati membri l' obbligo di attuare alla lettera nel loro diritto nazionale il criterio relativo alle 'distorsioni di concorrenza di una certa importanza' . Essi sono invece tenuti a dare concreta applicazione a tale punto ed a procedere ad una concreta valutazione della situazione concorrenziale secondo le forme ed i mezzi ritenuti più opportuni assoggettando ad IVA le attività od operazioni compiute dagli enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità ogni volta che il non assoggettamento delle attività od operazioni suddette possa provocare distorsioni di concorrenza di una certa rilevanza .

6 ) L' art . 4, n . 5, terzo comma, non implica l' obbligo degli Stati membri di attuare alla lettera, nel loro diritto nazionale, il criterio relativo all' importanza 'trascurabile' delle attività elencate all' allegato D della direttiva; la norma sopramenzionata obbliga nondimeno gli Stati membri a non assoggettare all' IVA, nelle forme e nei mezzi da essi giudicati più opportuni, le attività svolte dagli enti di diritto pubblico, elencate all' allegato D, le quali siano trascurabili ."

(*) Lingua originale : il francese .

( 1 ) Sesta direttiva ( 77/388/CEE ) del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (( sistema comune di imposta sul valore aggiunto : base imponibile uniforme ( GU L 145 del 13.6.1977, pag . 1 )).

( 2 ) Cfr ., specialmente, sentenza 14 luglio 1988, causa 298/87, Smanor, Racc . 1988, pag . 4489, punto 9 della motivazione, e sentenza 29 settembre 1987, causa 126/86, Gimenez Zaera, Racc . 1987, pag . 3697, punto 7 della motivazione .

( 3 ) Cfr . in questo senso, oltre al punto 20 della motivazione della sentenza Becker, sentenza 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc . 1986, pag . 723, in particolare pag . 748, punto 46 della motivazione, e sentenza 24 giugno 1987, causa 384/85, Borrie Clarke, Racc . 1987, pag . 2865, punto 11 della motivazione .

( 4 ) Cfr ., come precedente, per quanto riguarda la nozione di "controvalore" utilizzata all' art . 8, lett . a ), della seconda direttiva, sentenza della Corte 5 febbraio 1981, causa 154/80, Staatssecretaris van Financiën / Cooperatieve Aardappelenbewaarplaats, Racc . 1981, pag . 445, punto 9 della motivazione . Vedasi inoltre, per quanto riguarda la nozione di "evasione fiscale" di cui all' art . 27, n . 1, della sesta direttiva, sentenza della Corte 12 luglio 1988, cause riunite 138 e 139/86, Direct Cosmetics Ltd e Laughtons Photographs Ltd / Commissioners of Customs and Excise, Racc . 1988, pag . 3937, punto 20 della motivazione .

( 5 ) Sentenza 26 febbraio 1986, causa 152/84, Racc . 1986, pag . 723, in particolare pag . 750 .

( 6 ) Causa 235/85, Commissione / Paesi Bassi, Racc . 1987, pag . 1471 .

( 7 ) Causa 107/84, Racc . 1985, pag . 2655 .

( 8 ) Bollettino delle Comunità europee, Supplemento 11/73, pag . 9 .

( 9 ) Bollettino delle Comunità europee, Supplemento 11/73, pag . 36 .

( 10 ) Seconda direttiva ( 67/228/CEE ) del Consiglio dell' 11 aprile 1967, materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari : struttura e modalità d' applicazione del sistema comune d' imposta sul valore aggiunto ( GU del 14.4.1967, pag . 1303 ).

( 11 ) Cfr ., in alto, pag . 22 della relazione d' udienza .

( 12 ) Cfr ., in alto, pag . 19 della relazione d' udienza .

( 13 ) Per le operazioni imponibili effettuate all' interno del paese ciò risulta chiaramente dal testo medesimo dell' art . 2 . Del resto, le importazioni di beni sono imponibili senza che necessariamente debbano essere compiute da un soggetto d' imposta a norma dell' art . 4 .

( 14 ) Cfr . sentenza 5 febbraio 1981, 154/80, Staatssecretaris van Financiën / Cooeperatieve Aardappelenbewaarplaats, Racc . 1981, pag . 445, punto 13 della motivazione .

( 15 ) Causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics Ltd / Commissioners of Customs and Excise, Racc . 1988, pag . 6365 .

( 16 ) Si deve altresì notare che l' art . 4, n . 1, riguarda le attività economiche "indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività" e che il n . 2 parla di "introiti", senza precisare che essi devono corrispondere al valore economico reale dell' operazione messa in atto .