C-120/88 - Commissione / Italia

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EUR-Lex - 61988C0120 - IT

61988C0120

CONCLUSIONI RIUNITE DELL'AVVOCATO GENERALE DARMON DEL 6 NOVEMBRE 1990. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ITALIANA. - CAUSA C-120/88. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REGNO DI SPAGNA. - CAUSA C-119/89. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ELLENICA. - CAUSA C-159/89.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-00621


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. I presenti ricorsi per inadempimento proposti contro il Regno di Spagna, la Repubblica ellenica e la Repubblica italiana mirano a che dichiariate che tali Stati membri hanno violato gli obblighi loro imposti dall' art. 95 del Trattato non adottando i provvedimenti necessari per riconoscere alle persone non assoggettate all' imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l' "IVA"), che importano beni che sono già stati sottoposti all' IVA in altri Stati membri, il diritto di detrarre la quota residua dell' IVA versata nello Stato membro esportatore, in quanto detta imposta sia ancora inglobata nel valore delle merci al momento dell' esportazione.

2. Prima di esaminare se gli Stati interessati siano effettivamente venuti meno ai loro obblighi, devo soffermarmi sull' argomentazione del Regno di Spagna, il quale invita espressamente la vostra Corte a modificare la sua giurisprudenza (1) in materia e, in particolare, la soluzione della vostra sentenza Schul I.

3. Non riprenderò qui l' esposizione dettagliata della difficoltà che avete allora risolto. Mi limiterò a ricordare che, secondo quanto avete dichiarato, nell' imporre l' IVA all' importazione di un bene da parte di un singolo che non fruisce di un diritto a sgravio nello Stato esportatore si deve prendere in considerazione la quota dell' IVA residua ancora compresa nel valore del bene al momento dell' importazione, dato che analoghe consegne, effettuate all' interno del territorio nazionale, non sono soggette all' IVA. Ricordo ancora come voi abbiate precisato che l' art. 2 della sesta direttiva (2), che prevede il principio dell' assoggettamento delle importazioni all' IVA, non è incompatibile con l' art. 95 a patto di ricevere l' interpretazione da voi enucleata quanto alla necessità di detrarre la quota residua dell' IVA.

4. Secondo il Regno di Spagna, questa giurisprudenza aveva un carattere eccezionale e provvisorio e le prospettive di soppressione delle frontiere fiscali dovrebbero indurvi ad attenuare, se non proprio a rivedere questa soluzione carica di gravi inconvenienti pratici, la quale in special modo favorirebbe gli Stati esportatori, che fruiscono dell' IVA inizialmente riscossa, a detrimento degli Stati importatori, le cui entrate si trovano ingiustamente sminuite. Siffatto sistema non sarebbe quindi assolutamente soddisfacente, mentre altre soluzioni, prospettate dalla Commissione, nelle sue proposte di direttiva o nel libro bianco, o dal Consiglio, ma non ancora adottate da quest' ultimo, consentirebbero invece di risolvere convenientemente la difficoltà che consiste nell' evitare le doppie imposizioni pur organizzando in modo corretto la ripartizione del ricavato dell' IVA tra Stati membri. Ciò vale, infatti, per i meccanismi che prevedono o un totale sgravio fiscale all' importazione e una tassazione all' importazione, o un' unica riscossione dell' IVA (nello Stato d' esportazione o di consumo) con successive compensazioni tra Stati membri. Per contro, il sistema prospettato dalla Commissione penalizzerebbe gravemente gli Stati della Comunità il cui livello di vita è più basso giacché il flusso delle importazioni di beni usati vi è più intenso.

5. Non contesterò l' interesse degli argomenti che il Regno di Spagna vi sottopone, ma mi sembra che la Corte non sia la sede adeguata per discuterne. Nel presente caso, si tratta più di argomenti di natura politica che illustrano la necessità di un' armonizzazione fiscale in tale settore che di argomenti giuridici capaci di indurvi a rimettere in discussione la vostra precedente giurisprudenza.

6. Questa ha, d' altra parte, controbattuto in anticipo il nucleo delle obiezioni che vi sono oggi sottoposte. Così, nella sentenza Schul I, mentre taluni Stati membri sostenevano che

" l' instaurazione di un regime che garantisca la piena neutralità dei tributi interni nei confronti degli scambi intracomunitari può realizzarsi solo applicando rigidamente il principio dell' imposizione fiscale nello Stato membro destinatario, il che presuppone lo sgravio integrale di tutti i prodotti all' esportazione (...). Orbene, l' adozione di tale soluzione, che comporta una scelta politica, spetterebbe agli organi politici della Comunità" (3),

avete chiaramente affermato che

" benché l' introduzione di un regime di piena neutralità concorrenziale implicante lo sgravio integrale all' esportazione spetti effettivamente al legislatore comunitario, l' art. 95 del Trattato osta, finché un siffatto regime non venga istituito, all' applicazione, da parte dello Stato membro importatore, del proprio regime IVA ai prodotti importati in modo contrario ai principi dettati da tale norma" (4).

7. In altri termini, la mancanza di armonizzazione dell' IVA in tale settore non può essere utilmente invocata per sottrarsi al diritto che i singoli ricavano dall' art. 95 del Trattato. Questa considerazione è d' altronde sufficiente per disattendere in primo luogo le argomentazioni della Grecia e dell' Italia che si richiamano all' esistenza di una proposta di direttiva, in secondo luogo le considerazioni di equità tra Stati membri invocate dalla Spagna per invitarvi a non confermare tale e quale il principio di detraibilità dell' IVA residua. Infatti, eventuali inconvenienti di bilancio che gli Stati membri potrebbero occasionalmente subire non possono incidere in alcun modo sul rispetto da parte di questi del divieto assoluto e incondizionato di tassare i prodotti importati più pesantemente dei prodotti nazionali.

8. Mi limiterò infine a richiamare molto brevemente l' argomento del Regno di Spagna secondo cui la Commissione si astiene dal prendere in considerazione altre imposte indirette che gravano sui beni, provocando quindi distorsioni di concorrenza a detrimento degli Stati membri che non le hanno istituite. Questi ultimi potrebbero allora essere indotti ad adottare siffatte imposte, e la prospettiva di soppressione delle frontiere fiscali si allontanerebbe. Mi sembra che la Commissione molto bene risponda a questo argomento, precisando che la situazione descritta dallo Stato convenuto non può in alcun caso giustificare l' infrazione all' art. 95 che risulti da un regime di imposte discriminatorie. E altrettanto convincenti ci sembrano le sue osservazioni in subordine secondo le quali gli Stati membri fruiscono, nello stato attuale del diritto comunitario, della facoltà di istituire sistemi di tassazione specifici diversi dall' IVA, purché siffatte imposte osservino i requisiti di cui all' art. 95 non esercitando alcuna discriminazione nei confronti dei prodotti importati. Infine, è necessario osservare che la soppressione degli ostacoli che risultino dalle disparità tra regimi fiscali anche non discriminatori rientra nell' art. 99, ma è estranea all' art. 95, che mira ad eliminare direttamente e immediatamente le disposizioni fiscali discriminatorie e protezionistiche.

9. Quindi, posso solo invitarvi a respingere la tesi del governo spagnolo riaffermando la soluzione enunciata nella vostra sentenza Schul I, secondo la quale gli Stati membri devono garantire, ai fini della tassazione IVA, che venga detratta la quota residua di detta imposta ancora incorporata nel valore del bene importato.

10. Esaminerò ora in qual misura gli Stati membri convenuti siano venuti meno agli obblighi derivanti dall' art. 95 così interpretato.

11. Indubbiamente, gli Stati membri devono fare in modo che i singoli fruiscano della detrazione dell' IVA residua incorporata nel valore del prodotto. In altri termini, la mancata applicazione dell' art. 95, come interpretato dalla vostra giurisprudenza, costituisce certamente un inadempimento. Cionondimeno, la Commissione non contempla nel suo ricorso la disapplicazione concreta di tale norma - che non è d' altra parte realmente contestata né dalla Spagna, né dalla Grecia, né, com' è chiaramente risultato in udienza, dall' Italia - ma la mancanza di provvedimenti che garantiscano nel diritto nazionale l' osservanza dell' art. 95.

12. Osservo anzitutto che se le norme direttamente applicabili del Trattato non implicano l' adozione di "norme nazionali d' attuazione" (5) e se non vi è dubbio che i singoli possono far valere in giustizia l' art. 95, si tratta qui solo d' una "garanzia minima" che non è di per sé sufficiente ad assicurare la piena e completa applicazione del Trattato (6).

13. D' altra parte, secondo una giurisprudenza costante della Corte (7),

" i principi della certezza del diritto e della tutela dei privati esigono che, nelle materie disciplinate dal diritto comunitario, la normativa degli Stati membri abbia una formulazione non equivoca, sì da consentire agli interessati di conoscere i propri diritti ed obblighi in modo chiaro e preciso, ed ai giudici di garantirne l' osservanza" (8).

14. Applicando tali principi al caso di specie, constato che la mancanza negli ordinamenti giuridici interni di norme ad hoc destinate a garantire la detraibilità della quota residua dell' IVA all' atto dell' importazione è per lo meno incompatibile con i requisiti di chiarezza, di precisione e di inequivocabilità che avete formulati. In effetti, la mancata adozione di provvedimenti generali che abbiano costituito oggetto d' una sufficiente pubblicità comporta due conseguenze. In primo luogo, non si può non essere d' accordo con la Commissione quando prevede che, in mancanza di istruzioni da parte delle loro gerarchie, gli uffici dell' amministrazione nazionale non metteranno in atto i principi di detrazione dell' IVA residua. In secondo luogo, i singoli si troveranno in una situazione in cui il solo testo accessibile sarà la norma nazionale che prevede la tassazione all' importazione, disposizione muta sulla detrazione dell' IVA residua, mentre è proprio questa possibilità che garantisce la conformità del diritto nazionale al diritto comunitario. In un contesto del genere, ricompare una totale incertezza sulla questione se i singoli possano richiamarsi al diritto comunitario. E va rilevato, in proposito, come la Corte abbia già respinto l' argomento che si richiamava ad un' accresciuta conoscenza del diritto comunitario da parte dei singoli per giustificare norme nazionali in contrasto con disposizioni del Trattato direttamente efficaci (9).

15. Un' ultima osservazione: la Commissione, che aveva inizialmente censurato la mancanza di disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, dice di accontentarsi d' ora in poi d' istruzioni amministrative dotate di un' adeguata pubblicità. Questa posizione è conciliabile con gli insegnamenti della vostra giurisprudenza secondo cui una norma di legge nazionale contraria al diritto comunitario non può essere eliminata mediante istruzioni amministrative, ma soltanto mediante testi vincolanti della sua stessa natura? Qualora voi riteneste necessario ribadire nel caso di specie tale principio, non respingereste cionondimeno il ricorso. Infatti, voi constatereste allora l' inadempimento nei limiti del ricorso proposto dalla Commissione dichiarando che gli Stati membri non hanno comunque adottato i provvedimenti necessari.

16. E' cionondimeno consentito domandarsi se il caso di specie non presenti differenze rispetto a quello in cui la legge nazionale è in contrasto col diritto comunitario. Infatti, le leggi nazionali che prevedono l' imposizione dell' IVA all' importazione non sono in contrasto col diritto comunitario; esse sono conformi a questo a patto di ricevere l' interpretazione richiesta dall' art. 95. Non si tratta quindi di eliminare una violazione ma di precisare, in talune situazioni, in qual modo debba essere calcolata l' IVA all' importazione. Orbene, non sembra che si possa equiparare la necessità, seppure imperativa, di determinare le modalità dell' interpretazione di un testo a quella di eliminarlo qualora sia in contrasto col diritto comunitario. In altri termini, la natura dei provvedimenti richiesti per garantire l' osservanza della corretta applicazione del diritto comunitario può variare tenendo conto della distinzione tra, da una parte, le situazioni in cui esiste una violazione stricto sensu di questo per effetto di una disposizione legislativa e, dall' altra, le situazioni in cui la sola mancanza d' interpretazione conforme al Trattato della norma costituisce l' infrazione.

17. Nel caso di specie, propendo a ritenere che un' istruzione amministrativa, opportunamente pubblicizzata per informarne i singoli, possa precisamente costituire un mezzo adeguato per garantire l' interpretazione richiesta dal diritto comunitario. Siffatta soluzione è tanto più da prendere in considerazione se si tiene presente che la circolare costituisce il mezzo normale d' interpretazione dei testi legislativi da parte dell' amministrazione, mezzo il cui ruolo è de facto particolarmente importante in materia fiscale.

18. Quindi, vi invito ad accogliere il ricorso della Commissione contro il Regno di Spagna, la Repubblica ellenica e la Repubblica italiana ed a condannare tali Stati alle spese.

(*) Lingua originale: il francese.

(1) Sentenza 5 maggio 1982, Schul I (causa 15/81, Racc. pag. 1409);

sentenza 21 maggio 1985, Schul II (causa 47/84, Racc. pag. 1491);

sentenza 23 gennaio 1986, Bergeres-Becque (causa 39/85, Racc. pag. 259);

sentenza 25 febbraio 1988, Drexl (causa 299/86, Racc. pag. 1213).

(2) Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia d' armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari (Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1).

(3) Causa 15/81, già menzionata, punto 37 della motivazione.

(4) Causa 15/81, già citata, punto 38 della motivazione; il corsivo è mio.

(5) Sentenza 15 ottobre 1986, Commissione / Italia, punto 11 della motivazione (causa 168/85, Racc. pag. 2945).

(6) Sentenza 15 ottobre 1986 (causa 168/85, già citata) e sentenza 20 marzo 1986, Commissione / Paesi Bassi (causa 72/85, Racc. pag. 1219).

(7) Sentenza 21 giugno 1988, Commissione / Italia, (causa 257/86, Racc. pag. 3249); v. pure sentenza 30 gennaio 1985, Commissione / Danimarca (causa 143/83, Racc. pag. 427).

(8) Causa 257/86, già menzionata, punto 12 della motivazione.

(9) V. sentenza 15 ottobre 1986, causa 168/85, già menzionata.