C-60/90 - Polysar Investments Netherlands / Inspecteur der Invoerrechten en Accijnzen

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EUR-Lex - 61990C0060 - IT

61990C0060

Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 24 aprile 1991. - POLYSAR INVESTMENTS NETHERLANDS BV CONTRO INSPECTEUR DER INVOERRECHTEN EN ACCIJNZEN. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: GERECHTSHOF ARNHEM - PAESI BASSI. - INTERPRETAZIONE DEGLI ARTT. 4 E 13 B, LETT. D), N. 5, DELLA SESTA DIRETTIVA - SOGGETTO PASSIVO - ATTIVITA DI UNA SOCIETA HOLDING. - CAUSA C-60/90.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-03111
edizione speciale svedese pagina I-00227
edizione speciale finlandese pagina I-00239


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. La società di diritto olandese Polysar Investments Netherlands BV (in prosieguo: la "Polysar") fa parte del gruppo Polysar, di dimensioni mondiali. Come risulta dall' ordinanza di rinvio, la Polysar non esercita nessuna "attività commerciale" ed opera esclusivamente come holding. Le sue partecipazioni sono suddivise in un gran numero di società straniere, che svolgono la loro attività nel settore della produzione e della vendita di gomme sintetiche e di prodotti analoghi. La Polysar è una società controllata al 100% dalla Polysar Holdings Ltd, che è una holding con sede in Canada, a sua volta controllata al 100% dalla Polysar Ltd, anch' essa avente sede in Canada. Una parte delle azioni di quest' ultima società è quotata alla borsa canadese e una parte è posseduta da alcune banche e dalla "Canada Development Corporation".

Non è inverosimile che la creazione della società Polysar nei Paesi Bassi si spieghi in forza di quel che si usa definire l' "esenzione per la partecipazione". Nei Paesi Bassi gli utili derivanti da partecipazioni all' estero non sono presi in considerazione nel calcolo dell' imposta sulle società qualora essi siano già tassati all' estero. Nel presente procedimento, tuttavia, si tratta del regime vigente per le società in materia di imposta sulla cifra d' affari. Al riguardo sorge una duplice questione: innanzitutto, quella se una holding, che non svolge attività diverse da quelle collegate alla detenzione di azioni in società controllate, possa essere considerata "soggetto passivo" ai sensi della sesta direttiva (1); in secondo luogo, supponendo che una società del genere possa essere effettivamente considerata soggetto passivo, occorre chiedersi se le attività che essa esercita debbano essere ritenute servizi esenti dall' imposta sulla cifra d' affari e se la società, in forza di tali attività, possa avvalersi del diritto di detrarre l' imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l' "IVA"), da essa versata.

2. Gli antefatti della presente controversia possono riassumersi nel seguente modo. Per una serie di servizi (segnatamente, perizie contabili) la Polysar versava dell' IVA per un determinato importo, di cui essa chiedeva e otteneva il rimborso per gli esercizi fiscali 1981-1985, incluso quest' ultimo. L' ispettorato delle imposte le inviava tuttavia un avviso di accertamento rettificativo in merito all' imposta sulla cifra d' affari; la questione della legittimità di questo avviso ha dato luogo alla presente controversia.

3. Il giudice a quo ha posto le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) a) Se una holding, che non svolga attività diverse da quelle collegate alla detenzione di azioni in società controllate, debba essere considerata soggetto passivo ai sensi degli artt. 4 e 17 della sesta direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari.

b) Qualora la suddetta questione debba essere risolta negativamente, se comunque sussista obbligo di imposta quando la holding costituisce un elemento in un gruppo di dimensioni mondiali e fa parte integrante di detto gruppo che, per lo più, appare all' esterno con un solo nome, vale a dire col nome del gruppo stesso.

2) a) Qualora una holding debba essere considerata soggetto passivo, se le operazioni da essa svolte in quanto tale siano operazioni ai sensi dell' art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della suddetta direttiva, cosicché le stesse devono essere ritenute servizi esenti dall' imposta sulla cifra d' affari e la relativa imposta sulla cifra d' affari addebitata da terzi non dev' essere considerata per la detrazione.

b) Qualora la questione di cui al punto 2), lett. a), sia risolta affermativamente, se debba essere diversa la soluzione quando il gruppo, cui appartiene la holding, svolge in quanto tale, secondo criteri CEE, esclusivamente prestazioni imponibili ai sensi della suddetta sesta direttiva".

Nozione di "soggetto passivo"

4. Per risolvere la questione 1), lett. a), partirò dallo scopo e dalle caratteristiche del regime comune dell' IVA. Lo scopo del regime istituito dalla sesta direttiva è già stato precisato più volte dalla Corte: si tratta di assicurare che tutte le attività economiche siano trattate in modo perfettamente neutrale sul piano fiscale, grazie alla riscossione di un' imposta sui consumi, rigorosamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi. Questa imposta è esigibile solo previa detrazione dell' ammontare dell' IVA che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo dei beni e dei servizi; solo i soggetti passivi hanno il diritto di operare questa detrazione in modo tale che, in ultima analisi, il carico fiscale ricade sul consumatore finale (2).

L' art. 4 della sesta direttiva, che stabilisce chi deve essere considerato "soggetto passivo", è del seguente tenore:

"1) Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2) Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un' operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(...)".

In conformità allo scopo perseguito dalla sesta direttiva, che mira a garantire una migliore neutralità fiscale grazie ad una definizione ampia della nozione di "soggetto passivo" (3), la giurisprudenza della Corte ha più volte sottolineato che l' art. 4 della direttiva conferisce all' IVA una sfera d' applicazione molto vasta che si estende a tutte le fasi della produzione, della distribuzione e della prestazione dei servizi (4).

5. La Polysar sostiene che, in base alla lettera dell' art. 4 della sesta direttiva e in considerazione dell' interpretazione estensiva che la Corte ha dato della nozione di soggetto passivo, non può sussistere dubbio alcuno sulla sua qualità di soggetto passivo, e ciò in quanto essa esercita autonomamente delle attività e gestisce un' impresa (vale a dire, le sue partecipazioni in società controllate) per ricavarne introiti (vale a dire, dividendi) aventi un certo carattere di stabilità.

L' asserzione della Polysar si basa sulla tesi secondo cui il mero fatto di investire del denaro costituirebbe già un' "attività economica", deduzione che, secondo me, non può essere ricavata dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalle sentenze Rompelman (5) e Van Tiem (6). In queste due cause non si trattava solo di un investimento, vale a dire dell' acquisto di un bene (cioè l' acquisizione di un diritto di credito relativo al trasferimento futuro del diritto di proprietà sulla porzione di un immobile ancora da costruire, da un lato, e l' acquisto di un terreno edificabile, dall' altro), poiché il bene così acquistato era stato successivamente messo a disposizione di un terzo, dietro compenso (cioè mediante la locazione di un appartamento, da un lato, e la concessione di un diritto di superficie sul terreno edificabile, dall' altro). La mera acquisizione di una partecipazione in una società non comporta una simile messa a disposizione. I dividendi che eventualmente saranno versati successivamente all' azionista non devono essere considerati, secondo me, "introiti aventi un certo carattere di stabilità" ottenuti mediante "sfruttamento" di un bene; essi sono soltanto i frutti di un bene che spetteranno eventualmente al proprietario e che discendono dal semplice possesso del bene. Qualunque altra soluzione permetterebbe di considerare soggetto passivo un azionista o un obbligazionista qualsiasi.

Ciò vale solo se una società compie con le sue azioni delle operazioni che vanno oltre le attività di un semplice investitore nell' ambito di una gestione normale del suo patrimonio: per esempio, quando una società acquista e vende regolarmente azioni per ricavare degli utili da tali negozi. In tal caso i ripetuti negozi di compravendita possono essere considerati attività economiche. La situazione è tuttavia differente per una holding quale la Polysar, che è un "elemento" in un gruppo di società e che ha acquistato le quote delle sue società controllate allo scopo di conservarle.

6. Occorre ancora risolvere la questione se l' obbligo d' imposta possa esser dedotto dalle altre attività di una holding. Il giudice a quo osserva che la Polysar esercita solo le attività connesse al possesso di azioni in società controllate. Mi sembra che attività del genere, che si compiono al fine di esercitare i diritti connessi all' azionariato, non sono "attività economiche" ai sensi della direttiva. Così, ad esempio, rientrano nell' esercizio di questi diritti la partecipazione all' assemblea generale degli azionisti della società controllata, il voto in seno a tale assemblea e la possibilità di influenzare la condotta della società mediante l' uso di questo diritto di voto, così come, eventualmente, la partecipazione alla nomina degli amministratori o dei commissari e/o alla decisione riguardante la ripartizione degli utili della società controllata. I diritti dell' azionista comportano, infine, la riscossione del dividendo eventualmente distribuito dalla società controllata o l' esercizio dei diritti di prelazione o d' opzione connessi alle azioni.

Oltre alle attività prima esaminate che una holding esercita in quanto azionista di altre società, esistono anche attività che essa stessa esercita tramite i propri organi, esattamente come qualunque altra società. Neanche queste attività, in quanto esercitate all' interno della società (nei suoi rapporti con i propri azionisti e i propri organi sociali), possono essere considerate "attività economiche" ai sensi della sesta direttiva. Posso ricordare, in particolare, l' amministrazione della holding, l' impostazione del suo bilancio annuale, l' organizzazione della sua assemblea generale, la decisione riguardante la destinazione degli utili della holding e la distribuzione (così come l' eventuale pagamento) del dividendo.

Gli atti che la holding o le persone che agiscono in suo nome compiono in qualità di amministratori o di commissari di una società controllata non costituiscono nemmeno, secondo me, attività economiche realizzate in modo indipendente, ai sensi dell' art. 4, n. 1, della direttiva. Infatti, un amministratore, o un commissario, non agisce in nome proprio, ma vincola esclusivamente la società (controllata) della quale egli è organo; in altri termini, quando agisce nell' ambito dei suoi compiti statutari, egli non opera "in modo indipendente". A tal proposito, la sua attività va piuttosto equiparata a quella di un lavoratore dipendente per cui l' art. 4, n. 4, della sesta direttiva stabilisce espressamente che non opera "in modo indipendente".

7. Occorre pertanto risolvere la questione 1), lett. a), nel senso che una società holding che esercita solo attività connesse al possesso di azioni in società controllate e all' esercizio dei relativi diritti, o che non esorbitano dall' ambito societario interno (della holding o della società controllata), non svolge "attività economiche" ai sensi dell' art. 4, n. 1, della sesta direttiva e, di conseguenza, non può essere considerata soggetto passivo ai sensi della sesta direttiva.

8. Con la questione 1), lett. b), il giudice a quo chiede se occorra dare una soluzione diversa alla prima questione qualora la holding costituisca un elemento in un gruppo di dimensioni mondiali e faccia parte integrante di questo gruppo che, per lo più, appare all' esterno con un solo nome, vale a dire col nome del gruppo stesso.

Tale questione sembra essere suggerita dalla lettera dell' art. 4, n. 4, secondo comma, della sesta direttiva, il cui testo è il seguente:

"Con riserva della consultazione di cui all' articolo 29, ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all' interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi" (7).

9. Questa norma consente di considerare come unico soggetto passivo per l' applicazione del regime comune dell' IVA due o più enti strettamente vincolati tra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi, per quanto essi siano giuridicamente indipendenti e potrebbero pertanto essere considerati soggetti passivi ciascuno per proprio conto. La questione che si pone è quindi se tale facoltà permetta a uno Stato membro di considerare unico soggetto passivo due enti strettamente vincolati reciprocamente, qualora si accerti che uno dei due non esercita "attività economiche" ai sensi dell' art. 4 della direttiva. Secondo me, occorre risolvere negativamente tale questione. Condivido infatti il punto di vista della Commissione secondo il quale per accertare se ci sia o meno obbligo d' imposta occorre esaminare le attività di ciascun ente separatamente, e non le attività del gruppo nel suo insieme. L' art. 4, n. 4, secondo comma, della sesta direttiva non fa eccezione a tale principio: si tratta di un criterio di semplificazione che permette a un' amministrazione tributaria di trattare come un unico ente, per l' applicazione dell' IVA, due o più enti giuridicamente autonomi che esercitano attività economiche per proprio conto, ma che sono strettamente vincolati fra loro da rapporti finanziari, economici od organizzativi. Siffatto trattamento congiunto ha per conseguenza che i negozi tra i due enti non comportano il prelievo e la fatturazione dell' imposta sulla cifra d' affari.

Mi pare invece che questa norma non abbia come scopo quello di modificare i presupposti dell' obbligo d' imposta enunciati dall' art. 4, n. 1, della sesta direttiva. Peraltro, persino se fosse stato davvero questo lo scopo del suddetto art. 4, n. 4, secondo comma, tale norma produce effetti solo nei confronti delle persone con sede "all' interno del paese", vale a dire (come emerge, segnatamente, dall' art. 3, n. 1, e dall' art. 7 della direttiva) delle persone tutte stabilite in un unico e medesimo Stato membro (8).

Diritto a detrazione

10. Qualora si ammetta (come ho fatto in precedenza) che una società quale la Polysar non debba essere considerata soggetto passivo, la seconda questione diviene del tutto priva di oggetto, poiché solo i soggetti passivi hanno diritto alla detrazione. Ritengo tuttavia utile esaminare la seconda questione. Il sistema introdotto dalla sesta direttiva implica infatti che una società quale la Polysar possa acquisire la qualità di soggetto passivo in modo molto semplice, cioè esercitando un certo numero di attività da considerare attività economiche ai sensi dell' art. 4 della direttiva. Per esempio, la Polysar potrebbe acquisire la qualità di soggetto passivo fornendo ad altre società del gruppo una serie di servizi di contabilità o di consulenza (che, come ho indicato precedentemente, al punto 6, esulano dal normale esercizio di un compito statutario attribuitole, per ipotesi, in una società controllata), oppure concedendo prestiti ad altre società del gruppo.

11. Con la questione 2), lett. a), il giudice a quo intende far stabilire se le attività che una holding esercita "in quanto tale" (e quindi escluse altre attività per cui, nel paragrafo precedente, ho ipoteticamente ritenuto che siano realmente esercitate dalla Polysar e tali da conferirle la qualità di soggetto passivo) possano essere considerate attività esenti ai sensi dell' art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della sesta direttiva.

Per ben comprendere tale questione è necessario richiamarsi alla struttura della sesta direttiva per quanto riguarda il diritto a detrazione. Il principio generale che disciplina tale diritto è contenuto nell' art. 17, n. 2, della direttiva ed è enunciato come segue: il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l' IVA da lui versata per la fornitura di beni e di servizi se e in quanto tali beni e servizi siano utilizzati in funzione di operazioni imponibili. Ciò significa che le operazioni effettuate a titolo gratuito non fanno nascere un diritto a detrazione, dato che, ai sensi dell' art. 2 della sesta direttiva, l' IVA è riscossa solo sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso (9). Lo stesso principio si applica per le operazioni (in linea di principio imponibili) che sono esenti dall' IVA in forza della direttiva.

Orbene, non mi sembra che una holding quale la Polysar svolga "in quanto tale" attività che possano essere ritenute attività imponibili, ai sensi dell' art. 2 della sesta direttiva (esaminerò più avanti, al punto 13, la questione se tali attività debbano essere ritenute esenti, qualora esse comunque costituiscano, quod non, operazioni assoggettabili ad imposta). Come ho precedentemente esposto, credo infatti che le attività che una holding esercita in quanto azionista o amministratrice di una o più delle società da essa controllate o che fanno parte del funzionamento interno della holding, segnatamente nell' ambito dei suoi rapporti col suo o i suoi azionisti, non debbano in nessun caso essere considerate "attività economiche" ai sensi dell' art. 4 della direttiva. Orbene, operazioni del genere non possono neanche essere considerate operazioni ricomprese nella sfera di applicazione della normativa sull' IVA, e pertanto di regola imponibili, vale a dire non possono essere ritenute cessioni di beni e prestazioni di servizi, ai sensi dell' art. 2, n. 1, della sesta direttiva.

12. Dagli elementi che precedono risulta che una holding quale la Polysar non acquisisce, per le attività che essa esercita in quanto tale, alcun diritto a detrazione in base alla norma generale di cui all' art. 17, n. 2, della direttiva, poiché essa non effettua operazioni imponibili.

L' art. 17, n. 3, lett. c), contiene tuttavia un' eccezione a questa norma generale sulla non detraibilità. Tale norma conferisce, nondimeno, eccezionalmente ai soggetti passivi (e quindi per ipotesi - vedi il precedente punto 10 - anche a una holding quale la Polysar) il diritto di detrarre l' IVA per varie operazioni (in linea di principio imponibili, ma) esenti, purché il cliente risieda fuori della Comunità. Nel novero di queste ultime figurano segnatamente le operazioni di cui all' art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della sesta direttiva, che sono quelle sulle quali verte la questione 2), lett. a), del giudice a quo.

Anche per quanto riguarda tale specifico diritto a detrazione, ritengo che la Polysar non possa avvalersi di questo diritto per le operazioni che essa effettua in quanto tale, vale a dire in qualità di società holding, e ciò per le stesse ragioni. Infatti, tali attività non sono attività economiche ai sensi dell' art. 4, n. 1, della sesta direttiva e pertanto non sono nemmeno operazioni imponibili in linea di principio (e, di conseguenza, non sono neanche operazioni che possano beneficiare dell' esenzione).

13. Qualora la Corte ritenga nondimeno che le attività che una holding come la Polysar esercita in quanto tale debbano essere considerate operazioni imponibili in linea di principio, debbo ancora esaminare se tali attività possano rientrare nell' ambito di applicazione dell' art. 13, parte B, lett. d), punto 5 ((o, più in generale, della lett. d) )), citata nella questione 2), lett. a), ed esaminare successivamente se operazioni di tal tipo possano in tal caso eventualmente far nascere uno specifico diritto alla detrazione, ai sensi dell' art. 17, n. 3, lett. c)

Non penso che, persino in una siffatta ipotesi, l' art. 13, parte B, lett. d), possa applicarsi alle attività di una società quale la Polysar. In particolare, mi sembra che l' esenzione di cui all' art. 13, parte B, lett. d), punto 3, a vantaggio delle "operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti (...)", non riguardi le operazioni di pagamento che si svolgono all' interno di una società (come il pagamento di un dividendo da parte di una holding al suo o ai suoi azionisti). Lo stesso vale anche per l' esenzione di cui all' art. 13, parte B, lett. d), punto 5, a vantaggio delle "operazioni (...) relative ad azioni", che non mi sembra riguardino l' esercizio da parte dell' azionista dei diritti connessi alle sue azioni (10). Quest' ultima attività non può d' altronde neanche esser ritenuta ricompresa nell' espressione "custodia e (...) gestione" ((attività che è esclusa dell' esenzione di cui all' art. 13, parte B, lett. d), punto 5, e che costituisce pertanto un' operazione imponibile)): mi sembra che tale espressione riguardi la custodia e la gestione delle azioni di un terzo (11).

Per di più, ammesso anche che le suddette attività costituiscano realmente operazioni imponibili che godono dell' esenzione di cui all' art. 13, parte B, lett. d), non penso che esse possano far nascere uno specifico diritto alla detrazione a norma del suddetto art. 17, n. 3, lett. c). Tale specifico diritto a detrazione è riconosciuto solo allorché i beni e servizi per i quali l' IVA è stata versata "sono utilizzati", ai sensi dell' art. 17, n. 3, prima frase, per le necessità delle attività che godono dell' esenzione. Orbene, data l' eccezionalità dello specifico diritto a detrazione istituito dall' art. 17, n. 3, lett. c), mi sembra che questa condizione debba essere interpretata nel senso che il diritto a detrazione può essere riconosciuto solo se e in quanto i beni e i servizi vengano utilizzati direttamente per le necessità di una delle operazioni di cui all' art. 13, parte B, lett. d). Qualunque diversa interpretazione comporterebbe complessi problemi di imputazione e un evidente pericolo di utilizzazione abusiva.

14. Quanto alla questione 2), lett. b), posso limitarmi ad una breve osservazione. La soluzione di tale quesito risulta dalla posizione che ho esposto in merito alla questione 1), lett. b). L' art. 4, n. 4, secondo comma, della sesta direttiva concede agli Stati membri la facoltà, in taluni casi, di considerare come unico soggetto passivo due o più enti giuridicamente indipendenti, che svolgono attività economiche per conto proprio. Tuttavia, questa facoltà non ha l' effetto di ampliare, in un modo o nell' altro, le norme sulla detrazione generali o particolari, da me prima esaminate.

Conclusione

15. In considerazione delle precedenti osservazioni, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nel modo seguente:

"Questione 1), lett. a)

Una società holding che esercita solo attività connesse al possesso di azioni in società controllate e all' esercizio dei relativi diritti, oppure che non esorbitano dall' ambito interno della società, non può essere considerata soggetto passivo ai sensi della sesta direttiva.

Questione 2), lett. a)

Qualora una società holding debba nondimeno essere considerata soggetto passivo a causa di attività diverse da quelle considerate nella soluzione della precedente questione 1), lett. a), tali attività di cui alla soluzione della questione 1), lett. a), non costituiscono tuttavia operazioni assoggettate ad imposta ai sensi dell' art. 17, n. 2, della sesta direttiva e non possono fruire delle esenzioni di cui all' art. 13, parte B. Da siffatta attività non nasce quindi nemmeno un diritto a detrazione particolare in forza dell' art. 17, n. 3, della sesta direttiva.

Questioni 1), lett. b), e 2), lett. b)

Per risolvere le questioni 1), lett. b), e 2), lett. b), non occorre prendere in considerazione il fatto che la società holding costituisca un elemento in un gruppo di dimensioni mondiali e faccia parte integrante di detto gruppo che, per lo più, appare all' esterno con un solo nome, vale a dire col nome del gruppo stesso, e comprende talune società devono essere ritenute soggetti passivi che effettuano operazioni imponibili".

(*) Lingua originale: l' olandese.

(1) Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 145, pag. 1).

(2) V., ad esempio, sentenza 14 febbraio 1985, Rompelman, punti 16-19 della motivazione (causa 268/83, Racc. pag. 655).

(3) V., ad esempio, il quinto 'considerando' del preambolo della sesta direttiva.

(4) V., da ultimo, sentenza 4 dicembre 1990, Van Tiem (causa C-186/89, Racc. pag. I-4363), sentenza nella quale si fa riferimento alle sentenze 26 marzo 1987, Commissione / Regno dei Paesi Bassi, punto 7 della motivazione (causa 235/85, Racc. pag. 1485), e 15 giugno 1989, Stichting Uitvoering Financiële Acties, punto 10 della motivazione (causa 348/87, Racc. pag. 1737).

(5) Già citata alla nota 2.

(6) Già citata alla nota 4.

(7) La "consultazione di cui all' art. 29" è quella del comitato consultivo dell' imposta sul valore aggiunto. Come emerge dalle osservazioni del governo olandese e della Commissione, tale consultazione si è svolta certamente nel caso dei Paesi Bassi.

(8) Dall' esposizione degli antefatti contenuta nell' ordinanza di rinvio risulta che, oltre alla società Polysar, il gruppo Polysar dispone nei Paesi Bassi di altre due società controllate. Qualora la Corte ritenga che una società quale la Polysar eserciti effettivamente "in modo indipendente (...) delle attività economiche" ai sensi dell' art. 4 della sesta direttiva, sarà compito delle competenti autorità nazionali accertare se la Polysar sia "strettamente vincolata (...) da rapporti finanziari, economici ed organizzativi" a tali società, in modo da costituire insieme ad esse un' unica entità fiscale.

(9) V. del pari, a questo proposito, sentenza 1º aprile 1982, pronunciata quand' era ancora vigente la seconda direttiva, Hong Kong Trade (causa 89/81, Racc. pag. 1277), nella quale, dal fatto che una persona effettua servizi esclusivamente a titolo gratuito (non acquisendo pertanto nessun diritto a detrazione), si è dedotto che tale persona non è soggetto passivo.

(10) Le versioni inglese e italiana della direttiva sono orientate nello stesso senso e riguardano rispettivamente le "transactions (...) in shares" e le "operazioni (...) relative ad azioni".

(11) V. in tal senso anche Wachweger, D., e altri: "Die 6. EG-Richtlinie zur Harmonisierung der Umsatzsteuer, 3. Teil: Artikel 13 bis 16", Umsatzsteuer-Rundschau 1977, n. 8, pag. 141 e seguenti, pagg. 146 e 147.