C-131/91 - "K" Line Air Service Europe / Eulaerts e Stato belga

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EUR-Lex - 61991C0131 - IT

61991C0131

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 24 giugno 1992. - "K" LINE AIR SERVICE EUROPE BV CONTRO EULAERTS NV E STATO BELGA. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: RECHTBANK VAN EERSTE AANLEG BRUSSEL - BELGIO. - IVA - BASE IMPONIBILE MINIMA PER LE AUTOMOBILI DI SECONDA MANO. - CAUSA C-131/91.

raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-04513


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Con la presente questione pregiudiziale, il Rechtbank van eerste aanleg di Brussel vi invita a determinare il regime IVA applicabile ad un bene usato venduto da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo.

2. I fatti sono i seguenti. La società "K" Line Air Service Europe BV (in prosieguo: "K" Line), soggetto passivo di IVA vende un veicolo Mercedes 280 SE usato alla società Eulaerts (in prosieguo: "Eulaerts"), essa pure soggetto passivo. La "K" Line emette il 27 ottobre 1988 una fattura e calcola l' IVA (25%) e l' imposta sui beni di lusso (8%) assumendo come base imponibile il prezzo di vendita al netto di tasse dell' autoveicolo, cioè 260 000 BFR. La Eulaerts paga detta prima fattura. Il 21 febbraio 1989, a seguito di un controllo fiscale sulla "K" Line, questa emette una seconda fattura poiché il calcolo dell' IVA e dell' imposta sui beni di lusso ha come "base minima imponibile" la somma di 756 554 BFR. L' acquirente contesta questa nuova fattura. Presi contatti con l' amministrazione fiscale interessata, il venditore emette allora una terza fattura sulla base di una "base minima imponibile" ridotta a 536 250 BFR. L' acquirente rifiuta nuovamente di pagare il supplemento d' imposta, cioè 91 163 BFR.

3. La "K" Line, dopo aver pagato detta somma, ne chiede il rimborso. Cita a tal fine in giudizio, in via principale, il suo acquirente e, in subordine, lo Stato belga. Il Rechtbank van eerste aanlege di Bruxelles, adito per la controversia, vi sottopone una questione pregiudiziale vertente, in sostanza, sulla compatibilità di disposizioni nazionali relative alla fissazione della base imponibile dell' imposta sul valore aggiunto per le autovetture d' occasione, con gli artt. 11 e 27 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE (1) (in prosieguo: "la sesta direttiva"), da un lato, e con gli artt. 9, 10 e 11 del Trattato CEE, dall' altro.

4. Come giustamente rilevato dalla Commissione, non spetta alla Corte di giustizia pronunciarsi nel contesto di un procedimento pregiudiziale sulla compatibilità delle disposizioni di diritto nazionale con il diritto comunitario. Il suo ruolo è quello di fornire al giudice nazionale gli elementi interpretativi del diritto comunitario onde mettere in grado detto giudice di valutare egli stesso tale compatibilità.

5. A tal fine, e per fornire al giudice a quo una risposta utile, occorre estendere la questione a un esame della sfera d' applicazione dell' art. 32 della sesta direttiva che i riguarda i beni d' occasione.

I ° Gli artt. da 9 a 12 del Trattato CEE

6. Premesso quanto sopra, occorre già fin da ora sgombrare dal contesto della discussione il riferimento agli artt. 9-11 del Trattato CEE, precisando che verosimilmente il giudice a quo ha inteso riferirsi all' art. 12, il quale vieta l' istituzione di dazi doganali e di imposte di effetto equivalente. Infatti, la principale questione sollevata tende a consentire di determinare la compatibilità, con le disposizioni comunitarie in vigore, del regime dell' IVA belga applicabile alle autovetture d' occasione. Orbene, gli artt. 9-12 del Trattato contemplano i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente e presuppongono un elemento di estraneità, che nella specie appare inesistente, poiché la vendita ha avuto luogo in Belgio tra due società ivi aventi sede. In più, e soprattutto, l' IVA è stata sempre considerata dalla vostra giurisprudenza come facente parte di un regime generale di imposizione interna la cui compatibilità con il Trattato deve essere valutata con riferimento all' art. 95 del Trattato CEE e non agli artt. da 9 a 12(2) dello stesso Trattato. Voi avete infatti già deciso che:

" l' IVA riscossa da uno Stato membro per l' importazione di prodotti provenienti da un altro Stato membro fa parte del sistema comune dell' IVA la cui struttura e le cui modalità principali sono state stabilite da direttive di armonizzazione del Consiglio che hanno introdotto un sistema fiscale uniforme che colpisce sistematicamente secondo criteri obiettivi sia le operazioni effettuate all' interno degli Stati membri sia le operazione all' importazione. Tale tributo va quindi considerato parte integrante di un regime generale di tributi interni ai sensi dell' art. 95 del Trattato e la sua compatibilità col diritto comunitario deve essere valutata alla luce di tale norma e non alla luce degli art. 12 e seguenti del Trattato"(3)

II ° Sugli artt. 11, 27 e 32 della sesta direttiva

7. La compatibilità della normativa belga relativa all' imposta sul valore aggiunto dovrà essere pertanto valutata dal giudice a quo, il quale a questo proposito menziona il "regio decreto 20 luglio 1970, n. 17, nella versione emendata con regio decreto del 20 dicembre 1984, n. 17", con riferimento alle pertinenti disposizioni della sesta direttiva.

8. All' origine, il regio decreto 20 luglio 1970, n. 17 nel disciplinare il regime di imposizione delle autovetture nuove e d' occasione fissava come base minima imponibile il prezzo di catalogo per le autovetture nuove e una percentuale del prezzo di catalogo per le autovetture d' occasione.

9. A seguito della vostra giurisprudenza relativa alle autovetture nuove(4), il regno del Belgio assoggettava con decreto 20 maggio 1984, n. 17, ad una base minima imponibile fondata su una percentuale del prezzo di catalogo solo le autovetture d' occasione. Tuttavia, in occasione di detta modifica normativa, il numero e la percentuale delle aliquote venivano aumentate, passando da sette aliquote tra il 65% e il 10% a dieci aliquote tra l' 85% e il 10%.

10. La sesta direttiva si è prefisso l' obiettivo fondamentale di garantire l' effetto neutro dell' imposta sulla cifra d' affari, armonizzando, in particolare, la base imponibile.

11. La nozione di base imponibile mi interessa qui in primo luogo; essa, infatti, condiziona la discussione poiché tre basi imponibili successive hanno dato luogo, nella specie, alla determinazione di tre differenti importi d' imposta.

12. L' art. 11 della sesta direttiva dispone a questo proposito che:

"1. La base imponibile è costituita:

a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi (...) da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell' acquirente (...)"(5).

Questa base imponibile è di applicazione generale. Essa riguarda in primo luogo i beni nuovi. Infatti, per i beni d' occasione, l' art. 32 precisa:

"Su proposta della Commissione, il Consiglio adotterà all' unanimità entro il 31 dicembre 1977 un regime comunitario di imposizione applicabile nel settore dei beni d' occasione e degli oggetti d' arte, di antiquariato e da collezione.

Fino all' applicazione di questo regime comunitario, gli Stati membri che all' entrata in vigore della presente direttiva applicano un regime particolare nel settore di cui sopra, possono mantenere tale regime".

13. L' art. 27 prevede in particolare che:

"1. Il Consiglio, deliberando all' unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o a introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell' imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali.

(...)

5. Gli Stati membri che al 1 gennaio 1977 applicano misure particolari del tipo di quelle di cui al paragrafo 1 possono mantenerle, purché le notifichino alla Commissione anteriormente al 1 gennaio 1978 e purché tali misure siano conformi, se si tratta di misure destinate a semplificare la riscossione dell' imposta, al criterio definito al paragrafo 1".

14. Il dispositivo apprestato dalle pertinenti norme della sesta direttiva, contiene pertanto una regola ° quella di cui all' art. 11 ° e due deroghe, previste, rispettivamente, dagli artt. 27 e 32.

15. La logica di questo dispositivo implica di risolvere dapprima la questione se il bene considerato è un bene d' occasione o un bene nuovo. Nell' ipotesi in cui fosse accolta la qualifica di bene d' occasione, l' analisi potrebbe fermarsi a questo stadio. E nel caso inverso, se la qualifica di bene d' occasione si rivelasse impropria, occorrerà esaminare, qualora il bene rientri in linea di principio del regime generale previsto dall' art. 11, se possa configurarsi una deroga ai sensi dell' art. 27.

1) Sull' art. 32

16. L' essenza della discussione verte su questo articolo, del resto non contemplato dal giudice a quo. La discussione può implicare due aspetti. Il primo, il quale ipoteca tutto il dibattimento, è relativo alla nozione stessa di "bene d' occasione". Il secondo, che va preso in considerazione solo se il bene controverso deve essere considerato un bene d' occasione ai sensi del primo comma dell' art. 32, riguarda la portata della deroga contenuta nel secondo comma dello stesso articolo.

17. Sul primo punto, va ricordato che, nella proposta della sesta direttiva presentata dalla Commissione al Consiglio il 29 giugno 1973(6), l' art. 26 prevedeva un regime particolare per i beni d' occasione, chiaramente definiti come "i beni mobili usati e suscettibili di reimpiego tali e quali o previa riparazione (...)". Detto regime regolava essenzialmente il problema della vendita, da parte di una persona o di un soggetto passivo che non ha potuto fruire del diritto alla deduzione, di un bene di occasione ad un soggetto passivo che ha destinato detto bene alla rivendita. Era previsto che l' acquirente potesse dedurre l' imposta sul valore aggiunto calcolata sulla base dell' aliquota vigente al momento dell' acquisto. Tuttavia, nulla era previsto per la vendita di un bene d' occasione da parte di un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo.

18. La sesta direttiva adottata dal Consiglio il 17 maggio 1977 contiene un passo indietro rispetto alle iniziali proposte della Commissione. Infatti, il testo definitivo non regola la questione della tassazione applicabile ai beni d' occasione, i quali, del resto, non vengono più definiti. Esso rinvia ad una successiva decisione del Consiglio e, come ho notato, gli Stati membri possono continuare ad applicare un regime particolare, se ve ne è uno. Il Regno del Belgio versa inconfutabilmente in quest' ipotesi, poiché esso applicava il regio decreto 20 luglio 1970, modificato con regio decreto 20 dicembre 1984, che disciplina, in particolare, la tassazione dei beni d' occasione.

19. Tuttavia, la necessità di adottare una settima direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri sull' IVA applicabile agli oggetti d' arte, da collezione, di antiquariato e ai beni d' occasione è subito apparsa prioritaria agli occhi della Commissione (7). Questa ha presentato al Consiglio, l' 11 gennaio 1978(8) e l' 11 gennaio 1989(9) due proposte di direttive. La preoccupazione loro comune è l' eliminazione di doppie imposizioni. Il secondo considerando della prima proposta dichiara, infatti, che "in mancanza di disposizioni speciali, un bene proveniente dallo stadio finale del consumo e reinserito nel circuito economico, sarebbe nuovamente ed integralmente gravato dell' imposta sul valore aggiunto, senza che il soggetto passivo rivenditore possa operare una deduzione dell' imposta inclusa nel prezzo d' acquisto di detto bene"(10). La definizione di bene d' occasione fornita da tali proposte è, in sostanza, identica a quella figurante nel progetto della sesta direttiva e il caso contemplato in modo particolare resta esso pure quello del rivenditore soggetto passivo d' imposta, il quale acquista il bene da una persona che non sia soggetto passivo o da un soggetto passivo che non abbia potuto esercitare il suo diritto alla deduzione.

20. Tuttavia, la proposta 11 gennaio 1989 prevede di includere all' art. 32 un paragrafo 4, che dispone che: "Il regime particolare non si applica alle cessioni effettuate dal rivenditore, qualora questi abbia acquistato i beni da un soggetto passivo e ne abbia ricevuto fattura con imposta sul valore aggiunto in conformità all' art. 22, paragrafo 3". In quest' ipotesi, la quale corrisponde, sembra, al nostro caso di specie, la proposta ° non ancora integrata nel diritto positivo ° indica espressamente che il regime particolare applicabile ai beni d' occasione deve essere accantonato. Orbene, la questione sottopostavi è proprio di sapere se la vendita di un veicolo usato da parte di un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo rientri o no nelle previsioni dell' art. 32 della sesta direttiva.

21. Avete avuto la possibilità di conoscere a più riprese del contenzioso relativo ai beni d' occasione. A proposito dell' applicazione di un regime di IVA, voi avete avuto modo di pronunziarvi, in occasione di controversie che presentavano sovente, come caratteristica principale, l' importazione di un siffatto bene.

22. Così, nella vostra sentenza Schul(11) voi avete deciso:

"L' IVA riscossa da uno Stato membro all' importazione (...) di un prodotto ceduto da chi non è soggetto passivo (...) va calcolata tenendo conto dell' importo dell' IVA versato nello Stato membro esportatore ed ancora incorporata nel valore del prodotto al momento della sua importazione, così che tale importo non faccia parte della base imponibile e venga inoltre dedotta dall' IVA dovuta all' importazione".

La vostra preoccupazione principale era quella di vigilare sul rispetto dell' art. 95 del Trattato e di evitare una doppia imposizione del bene d' occasione importato.

23. Parimenti, nella causa Drexel(12) relativa all' importazione di una autovettura d' occasione in uno Stato membro che pratica una aliquota IVA diversa da quella dello Stato di esportazione, basandovi anche sull' art. 95 del Trattato CEE, avete ricordato:

"(...) nel caso d' importazione da parte di un privato di un bene da un altro Stato membro, che non ha dato luogo né a sgravio all' esportazione né a franchigia fiscale nello Stato membro d' importazione, l' IVA all' importazione dev' essere applicata tenendo conto della quota residua dell' IVA pagata nello Stato membro d' esportazione e ancora inglobata nel valore del bene al momento dell' importazione, in modo tale che l' importo di detta quota residua non faccia parte della base imponibile e sia dedotto dall' IVA dovuta all' importazione"(13).

24. Le due cause sopra menzionate, per quanto riguardino l' applicazione del regime dell' IVA a beni d' occasione sono differenti dalla situazione che ci interessa, nel senso che esse presuppongono un' importazione e concernono un consumatore finale, che non è soggetto passivo, il quale è stato già gravato dell' IVA, senza poterla dedurre. Tuttavia, esse consentono di desumere un primo elemento che può contribuire ad una definizione del bene d' occasione dal punto di vista fiscale. Il bene d' occasione è quello che, al contrario di un bene nuovo, contiene ancora in sé una quota residua di IVA.

25. C' è tuttavia una causa che, senza corrispondere esattamente alla presente fattispecie, vi si accosta molto. Si tratta della causa ORA Amsterdam Beheer(14). La questione pregiudiziale che vi era stata sottoposta dal Gerechtshof di Amsterdam verteva direttamente non già sull' art. 95 del Trattato, bensì sull' art. 32 della sesta direttiva.

Voi avete sottolineato il carattere incompleto dell' armonizzazione del regime comunitario dell' IVA e avete affermato che

"(...) come è evidenziato dal tenore dell' art. 32 della sesta direttiva, questo scopo non è ancora conseguito, e non si possono trovare nel sistema comune d' imposta sul valore aggiunto, quale attualmente vigente, gli elementi necessari per definire e stabilire le modalità di applicazione di un regime comune d' imposta che, nel settore del commercio dei beni d' occasione, consenta di evitare le doppie imposizioni"(15).

26. Il caso che vi era stato sottoposto riguardava una vendita effettuata da una persona non soggetto passivo ad un soggetto passivo. Si deve del resto notare che, in tutte le cause relative all' imposizione dei beni d' occasione, si è sovente trattato di beni che avevano in loro una quota residua di IVA. E' chiaro che il regime comunitario dell' IVA applicabile ai beni d' occasione è stato costruito quasi esclusivamente su questa relazione tra persona non soggetto passivo e soggetto passivo. Nella citata sentenza, voi affermate, infatti, che

"L' armonizzazione mira, in particolare, ad evitare le doppie imposizioni in quanto la detrazione, in ogni fase impositiva, dell' imposta che ha colpito un' operazione a monte è inerente al sistema IVA"(16).

27. Così come già sottolineato, voi non avete ancora avuto occasione di conoscere della cessione di un bene usato tra due soggetti passivi. Una volta stabilito il contesto generale della discussione e il modo con cui avete definito la sfera d' applicazione dell' art. 32 della sesta direttiva, si pone ora la questione di sapere se l' operazione controversa rientri nel contesto di questo articolo o in quello dell' art. 11 della sesta direttiva. In altre parole, un bene usato, ma libero da ogni tassa è, nei confronti della sesta direttiva, un bene d' occasione ai sensi dell' art. 32 ovvero un bene ordinario?

28. Nel vostro modo di concepire il commercio dei beni d' occasione, la vostra principale preoccupazione era di non falsare la concorrenza tra le vendite operate da professionisti soggetti passivi dell' IVA-rivenditori e quelle effettuate da privati. In questo contesto, nelle cause Commissione/Paesi Bassi(17) e Commissione/Irlanda(18), avete sottolineato:

"I beni d' occasione che vengono reimmessi nel circuito commerciale sono quindi colpiti ancora una volta dall' imposta, mentre i beni d' occasione che passano direttamente da un consumatore all' altro restano gravati unicamente dall' imposta riscossa in occasione della prima vendita ad un consumatore che non sia soggetto passivo. In particolare nel caso di aliquota elevata dell' IVA, tale differenza di trattamento ha l' effetto di falsare la concorrenza tra le vendite dirette da un consumatore all' altro e le operazioni effettuate seguendo il normale circuito commerciale; vengono così danneggiati i settori commerciali per i quali le operazioni relative ai beni d' occasione sono di grande importanza, come fra l' altro, il settore automobilistico"(19).

29. E' questa stessa preoccupazione quella che ha portato la Commissione, nella seconda proposta della settima direttiva, a proporre, per i beni d' occasione, il seguente metodo di calcolo:

"La base imponibile è costituita dalla differenza, per ciascuna cessione, tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto. Il prezzo di vendita è il prezzo praticato dal rivenditore soggetto passivo al netto dell' imposta sul valore aggiunto. Il prezzo d' acquisto è il prezzo pagato dal rivenditore soggetto passivo, al lordo dell' imposta"(20).

Così la base imponibile quale qui sopra definita consente di calcolare effettivamente il valore aggiunto in occasione dell' operazione.

30. Ma questo dispositivo di calcolo sarebbe, qualora in vigore, completamente inoperante nella fattispecie, poiché il veicolo è, al momento della consegna, libero da ogni imposta. Infatti, sarebbe impossibile calcolare la differenza tra un prezzo di vendita al netto di tasse di 260 000 BFR e un prezzo di acquisto che non potrebbe intendersi tasse comprese, dal momento che queste sono state detratte in precedenza.

31. Alla luce di queste constatazioni, non vi è dubbio che le preoccupazioni formulate sia dalla vostra Corte sia dalla Commissione tramite le sue proposte di direttiva in materia di base imponibile IVA per i beni d' occasione, sono lontane dal caso sottoposto dal giudice a quo e che si deve andare al di là delle risposte generali fornite dalla Commissione a questo riguardo(21).

32. Del resto, lo stato fisico del bene non deve condizionare il vostro ragionamento. Certamente, l' autoveicolo è usato. Tuttavia siete stati indotti ad interrogarvi a più riprese sulla nozione di bene nuovo e di bene "usato". Nella causa Schloh(22), l' avvocato generale Mancini sosteneva che "il concetto di 'nuovo' e di 'usato' non coincide con quello che ne danno i vocabolari". Parimenti, l' avvocato generale signora Rozès affermava nella menzionata causa 5 maggio 1982, Schul:

"La nozione stessa di bene d' occasione risulta complessa. In linea di massima, questo può definirsi come un bene in grado di essere riutilizzato in luogo di uno nuovo identico impiego eventualmente dopo essere stato riattato (...) Tutti i beni suddetti hanno la caratteristica che, una volta pervenuti al consumatore finale al termine del processo distributivo, possono, dopo essere stati usati per un certo periodo, essere reintrodotti nel ciclo commerciale o di utilizzazione. A qualsiasi categoria appartengano, essi possiedono inoltre le caratteristica di poter essere ceduti senza intervento di intermediari commerciali, a differenza dei beni allo stato nuovo"(23).

Questa definizione dà perfettamente l' idea della situazione fiscale del bene d' occasione pervenuto allo stadio del consumatore finale. Il concetto di consumo è senza dubbio più pertinente ai fini della definizione del bene d' occasione di quello della natura usata del bene, dal momento che l' IVA è un' imposta che deve infine gravare, dopo un ciclo di imposte e di deduzioni, su un bene qualora questo raggiunga la fase del consumo finale, cioè quella del non assoggettamento(24). E' a giusto titolo che il rappresentante della Commissione, nelle sue osservazioni orali fa presente che ai sensi dell' art. 32 il bene d' occasione è un prodotto per il quale la catena dell' IVA ° venditore e acquirente ° è stata interrotta dall' intervento di un consumatore finale.

33. Di conseguenza, e tenuto conto delle osservazioni che precedono, un ragionamento fondato sia sulla coerenza interna del sistema dell' IVA che sugli obiettivi che la Corte e la Commissione attribuiscono al regime dell' IVA applicabile ai beni d' occasione, cioè quello di evitare una doppia tassazione e di consentire una libera concorrenza delle vendite effettuate tra due persone non soggetti passivi con quelle che si svolgono nell' ambito del circuito commerciale tradizionale, mi induce a fare la seguente considerazione.

34. Quando si è in presenza della cessione di un bene effettuata a titolo oneroso all' interno del paese da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo e sia l' uno che l' altro agiscono in quanto tali(25) ° cioè svolgendo in modo indipendente e abituale attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi(26) ° si è senz' altro nella sfera d' applicazione del regime generale della sesta direttiva; la base imponibile applicabile è pertanto quella dell' art. 11 A di detta direttiva. La natura fisica di usato del bene costituisce una nozione di fatto che non osta all' applicazione del regime fiscale ivi definito.

35. Inoltre, l' esame dell' economia del sistema di detrazione, "pietra angolare del sistema comune" (27), quale previsto nella sesta direttiva(28), induce a pensare che le proposte della settima direttiva sono state formulate con l' unico scopo di ricreare fittiziamente un diritto alla detrazione per il commercio dell' usato che, basandosi sull' acquisto di beni appartenenti a persone non soggetti passivi, non avrebbe mai potuto dar luogo a detrazione IVA. L' obiettivo perseguito è, infatti, quello di incorporare il commercio relativo ai beni d' occasione nel circuito abituale dell' IVA(29).

36. Sul secondo punto, evocato all' inizio di questa riflessione e relativo all' art. 32, n. 2, sarebbe stato necessario, nel caso in cui il bene oggetto della controversia fosse stato qualificato come bene d' occasione, domandarsi se la modifica apportata il 20 dicembre 1984 al regio decreto 20 luglio 1970, n. 17, dovesse considerarsi come una semplice modifica tecnica senza incidenza sulla facoltà di mantenere il regime anteriore o se la moltiplicazione e il rialzo delle aliquote dovessero essere interpretate come costitutive di un nuovo regime, successivo all' entrata in vigore della sesta direttiva.

37. Tuttavia, poiché la cessione di un bene usato da parte di un soggetto passivo ad un altro non rientra, a mio avviso, nella sfera d' applicazione dell' art. 32, non occorre affrontare questo argomento.

38. Resta ancora da esaminare se una siffatta operazione possa rientrare nell' ambito della deroga all' art. 11 prevista dall' art. 27.

2) Sull' art.27 della sesta direttiva

39. Per quanto riguarda l' art. 27, la Commissione considera che il Regno del Belgio non possa avvalersene. Deduce a questo riguardo la vostra sentenza del 10 aprile 1984(30).

40. La Commissione, voi ve ne ricordate, aveva intentato nei confronti del Regno del Belgio, sulla base dell' art. 169 del Trattato CEE un' azione intesa a far constatare che il regime particolare riguardante la base imponibile IVA sulle autovetture nuove e sulle vetture dette di "direzione", quale stabilito in particolare con regio decreto 20 luglio 1970, n. 17, violava l' art. 11 della sesta direttiva.

41. Dopo aver rilevato che "fra le parti è pacifico che la normativa belga si discosta da detta disposizione"(31) voi avete affrontato la questione se detta normativa potesse "derogare all' art. 11 (...) in quanto misura particolare di deroga ai sensi dei nn. 1 e 5 dell' art. 27"(32). E avete ritenuto che

"tuttavia, la normativa belga, la quale si basa per tutte le autovetture nuove sul prezzo di listino notificato alle autorità belghe, modifica la base imponibile in modo così assoluto e generale che non si può ammettere che essa si limiti alle deroghe necessarie per evitare il rischio di evasione o di frode fiscale. E, in particolare, non è provato che sia necessario, per raggiungere lo scopo perseguito, determinare la base imponibile in funzione del prezzo di listino belga ovvero escludere in modo così generale la possibilità di tener conto di qualsiasi forma di ribasso o di sconto(33).

Di conseguenza, i provvedimenti controversi sono sproporzionati allo scopo perseguito, in quanto derogano globalmente e sistematicamente a quanto stabilito dall' art. 11, per quanto riguarda la vendita e l' importazione di tutte le vetture nuove, sia quelle appena uscite dalla fabbrica, sia quelle già usate per un periodo inferiore a sei mesi (34)",

per concludere che si doveva, pertanto,

"dichiarare che, mantenendo in vigore, nel settore delle autovetture nuove, sia vendute nel paese, sia importate, il prezzo di listino come base imponibile minima dell' IVA, a titolo di misura particolare di deroga all' art. 11 della sesta direttiva, senza che ricorressero i presupposti di cui all' art. 27, n. 5, della stessa direttiva, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CEE (35)".

42. Al pari della Eulaerts, mi pare che l' interpretazione dell' art. 27, così formulata nel contesto per il quale siete stati aditi, limitato alle autovetture nuove(36), vale a maggior ragione per le autovetture d' occasione. Il valore intrinseco di queste ultime varierà, infatti, non solo in conseguenza di sconti o di storni, ma altresì, e senza dubbio ancor di più, in ragione della loro usura (chilometri percorsi, qualità o difetti di manutenzione, ecc.).

43. Pertanto, l' art. 27 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che, in linea generale, la deroga che esso autorizza non può essere utilmente invocata a sostegno della compatibilità con il diritto comunitario di una normativa nazionale le cui disposizioni siano sproporzionate, con riferimento alla ratio legis di detta deroga, cioè "di semplificare la riscossione dell' imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali", fermo restando che "le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell' imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull' importo dell' imposta da versare allo stadio del consumo finale"(37).

3) Sull' art. 11 della sesta direttiva

44. Ne consegue che l' art. 11 della sesta direttiva dev' essere interpretato nel senso che esso disciplina la cessione di un bene, sia esso pure usato, da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo.

45. In definitiva, concludo suggerendovi di decidere:

"1) L' imposta sul valore aggiunto deve essere considerata come parte integrante di un regime generale d' imposizione interno ai sensi dell' art. 95 del Trattato CEE. Ne consegue che la compatibilità con il diritto comunitario di una normativa nazionale in materia deve essere valutata con riferimento a detto articolo e non agli artt. 9 e seguenti dello stesso Trattato.

2) L' art. 32 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° sistema comune d' imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ° dev' essere interpretato nel senso che esso non si applica alle cessioni di un bene, anche usato, da parte di un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo.

3) L' art. 27 di detta stessa direttiva dev' essere interpretato nel senso che la deroga ivi contenuta non può far ritenere compatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale le cui disposizioni siano sproporzionate rispetto alla ratio legis di detta deroga.

4) L' art. 11 della sesta direttiva osta ad una normativa che, applichi in merito alla cessione tra soggetti passivi di un' autovettura d' occasione, un' aliquota IVA calcolata su una base imponibile forfettaria che ha a fondamento una percentuale del prezzo di catalogo".

(*) Lingua originale: il francese.

(1) - Direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari ° Sistema comune d' imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

(2) - Ad esempio, v. sentenza 5 maggio 1982, causa 15/81, Schul, Racc. pag. 1409, punto 21 della motivazione.

(3) - Sentenza 3 ottobre 1985, causa 249/84, Profant, Racc. pag. 3237, punto 15 della motivazione.

(4) - Sentenza 10 aprile 1984, causa 324/84, Commissione/Belgio, Racc. pag. 1861.

(5) - Il corsivo è mio.

(6) - GU C 80, pag. 1.

(7) - Primo rapporto della Commissione al Consiglio sul funzionamento del sistema comune dell' IVA ((COM(83) 426 finale, pagg. 68-70).

(8) - GU C 26, pag. 2.

(9) - GU C 76, pag. 10.

(10) - GU C 26, pag.2.

(11) - Sentenza 21 maggio 1985 (causa 47/84, Racc. pag. 1491).

(12) - Sentenza 25 febbraio 1988 (causa 299/86, Racc. pag. 1213).

(13) - Punto 13 della motivazione.

(14) - Sentenza 5 dicembre 1989 (causa C-165/88, Racc. pag. 4081).

(15) - Punto 23 della motivazione.

(16) - Punto 22 della motivazione.

(17) - Sentenza 10 luglio 1985 (causa 16/84, Racc. pag. 2355).

(18) - Sentenza 10 luglio 1985 (causa 17/84, Racc. pag. 2375).

(19) - Rispettivamente punti 18 e 14 della motivazione.

(20) - Art. 32, lettera B, n. 1, primo comma.

(21) - Interrogazione scritta n. 2096/84 (GU 1985, C 193, pag. 19), vedasi altresì l' interrogazione scritta n. 489/88 (GU 1989, C 63, pag. 18).

(22) - Sentenza 12 giugno 1986 (causa 50/85, Racc. pag. 1855).

(23) - Causa 15/81, Racc. pagg. 1409, 1442-1443.

(24) - Claeys Boùùaert Ignace: Les notions de base de la TVA dans quelques arrêts récents de la Cour de justice européenne (Le nozioni di base dell' IVA in alcune recenti sentenze della Corte di giustizia), Journal de droit fiscal, 1989, pag. 275.

(25) - Art. 2 della sesta direttiva.

(26) - Art. 4 della sesta direttiva.

(27) - Conclusioni dell' avvocato generale signora Rozès nella causa Schul I, già citata.

(28) - Art.17 e seguenti della sesta direttiva.

(29) - V. Berlin, Dominique: Harmonisation des fiscalités , Jurisclasseur Europe, fascicolo 1630, pag. 20.

(30) - Commissione/Belgio, già citata, nota 4.

(31) - Ibidem, punto 19.

(32) - Ibidem, punto 20.

(33) - Ibidem, punto 31.

(34) - Ibidem, punto 32.

(35) - Ibidem, punto 34.

(36) - E agli autoveicoli di direzione .

(37) - Il corsivo è mio.