C-291/92 - Finanzamt Uelzen / Armbrecht

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EUR-Lex - 61992C0291 - IT

61992C0291

Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 15 settembre 1993. - FINANZAMT UELZEN CONTRO DIETER ARMBRECHT. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: BUNDESFINANZHOF - GERMANIA. - IVA - OPERAZIONI IMPONIBILI. - CAUSA C-291/92.

raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-02775


Conclusioni dell avvocato generale


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1 Un soggetto passivo, quando vende un albergo che è stato usato sia per fini professionali che per fini privati e, in tale occasione, rinuncia all'esenzione dall'imposta di cui altrimenti la vendita beneficerebbe, in forza dell'art. 13 B, lett. g), della sesta direttiva IVA (1), deve versare l'imposta sulla parte della somma corrispondente alle parti dell'albergo usate per fini privati? E' questa, in sostanza, la questione che ha indotto il Bundesfinanzhof a deferire alla Corte tre questioni riguardanti l'interpretazione della sesta direttiva.

2 Dopo un'udienza tenutasi il 17 giugno 1993 dinanzi alla Seconda Sezione, l'avvocato generale Van Gerven ha presentato le sue conclusioni il 15 settembre 1993. Con ordinanza 13 dicembre 1994 la Corte ha riaperto la fase orale del procedimento e il 14 marzo 1995 si è svolta una nuova udienza dinanzi al plenum della Corte.

I fatti e le questioni

3 La causa solleva questioni abbastanza complesse. I fatti essenziali sono però semplici. Il signor Armbrecht, albergatore, era proprietario di un immobile comprendente un albergo, un ristorante e parti usate come alloggio privato. Nel 1981 egli ha accettato di vendere l'immobile al prezzo di 1 150 000 DM «più l'IVA al 13%». Egli sostiene che il riferimento all'IVA nel rogito notarile doveva applicarsi esclusivamente alle parti dell'immobile usate per fini professionali, e che egli non ha né fatturato né ricevuto IVA per le parti usate come alloggio privato. Nella sua dichiarazione IVA per il 1981 ha trattato come imponibile la vendita delle parti adibite ad uso professionale, ma ha dichiarato non imponibile la somma di 157 705 DM per l'alloggio privato. A seguito di un'ispezione il Finanzamt ha sostenuto che il signor Armbrecht avrebbe dovuto versare anche l'imposta sulla vendita dell'alloggio. Il signor Armbrecht ha fruttuosamente proposto ricorso dinanzi al Finanzgericht, il quale ha ritenuto che, diversamente dalla situazione disciplinata dal diritto civile tedesco, vi fossero, ai fini della normativa sull'IVA, due beni separati quando un immobile è usato in parte per scopi professionali e in parte come alloggio. Il signor Armbrecht, poiché non aveva fatturato all'acquirente l'IVA sulla vendita dell'alloggio privato, non era debitore dell'IVA gravante su tale vendita. Il Bundesfinanzhof, dinanzi al quale la causa è attualmente pendente, chiede alla Corte di pronunciarsi sulle seguenti questioni:

«1) Se nel caso della vendita di un bene immobile la parte di quest'ultimo adibita ad attività d'impresa costituisca oggetto di una cessione autonoma ai sensi dell'art. 5, n. 1, della sesta direttiva (77/388/CEE).

2) Se un immobile, porzioni separate del quale vengono destinate in parte a finalità private ed in parte a fini aziendali, debba considerarsi, a norma dell'art. 17, n. 2, della sesta direttiva, integralmente utilizzato per le operazioni imponibili dell'impresa, o sia anche possibile che soltanto la parte adibita ad attività d'impresa venga considerata destinata alla predetta attività.

3) Se la rettifica della detrazione dell'imposta precedentemente assolta di cui all'art. 20, n. 2, della sesta direttiva (77/388/CEE) possa essere limitata alla parte di un bene immobile adibita ad attività d'impresa».

4 La questione fondamentale che è alla base delle questioni sollevate consiste nella questione se un soggetto passivo possa decidere di escludere dai beni della sua impresa ai fini della sesta direttiva le parti di un immobile usate come alloggio privato, nonostante il fatto che l'immobile costituisca un bene unico secondo le norme di diritto nazionale sul diritto di proprietà. Nelle conclusioni che ha presentato il 15 settembre 1993, l'avvocato generale Van Gerven ha concluso nel senso che un soggetto passivo aveva diritto di farlo. Condivido tale punto di vista, anche se per motivi diversi.

La normativa comunitaria

5 Prima di passare all'esame delle singole questioni, è forse utile presentare le disposizioni della sesta direttiva particolarmente rilevanti per la causa in esame.

6 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, sono soggette all'imposta:

«le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

7 L'art. 5, n. 1, dispone:

«Si considera "cessione di un bene" il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

8 Gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, lett. a), stabiliscono le disposizioni che riguardano l'uso privato di beni o di servizi da parte di un soggetto passivo. L'art. 5, n. 6, dispone:

«E' assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all'uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto. Tuttavia, i prelievi eseguiti ad uso dell'impresa per effettuare regali di scarso valore e campioni non sono considerati come cessioni a titolo oneroso».

L'art. 6, n. 2, lett. a), equipara a prestazioni di servizi:

«l'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto».

9 L'art. 13 B stabilisce varie esenzioni per operazioni aventi ad oggetto beni immobili. Con riserva di alcune eccezioni che non rilevano nella specie, l'art. 13 B, lett. b), esonera:

«l'affitto e la locazione di beni immobili (...)».

In forza dell'art. 13 B, lett. g) e h), sono esenti dall'imposta:

«g) le cessioni di fabbricati o di una frazione di fabbricato e del suolo ad essi attiguo, diversi da quelli di cui all'art. 4, paragrafo 3, lett. a);

h) le cessioni di fondi non edificati diverse dalle cessioni dei terreni edificabili di cui all'art. 4, paragrafo 3, lett. b)».

10 Nei punti a) e b) dell'art. 4, n. 3, cui dette disposizioni rinviano, le cessioni escluse dall'esenzione sono definite come segue:

«a) la cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo attiguo; gli Stati membri possono determinare le modalità di applicazione di questo criterio alla trasformazione di edifici nonché il concetto di suolo attiguo.

Gli Stati membri possono applicare criteri diversi dalla prima occupazione, quali ad esempio il criterio del periodo che intercorre fra la data di completamento dell'edificio e la data di prima consegna, oppure del periodo che intercorre fra la data di prima occupazione e la data della successiva consegna, purché tali periodi non superino cinque e due anni rispettivamente.

Si considera fabbricato qualsiasi costruzione incorporata al suolo;

b) la cessione di un terreno edificabile.

Si considerano terreni edificabili i terreni, attrezzati o no, definiti tali dagli Stati membri».

11 L'art. 13 C aggiunge per le esenzioni sopra descritte la seguente importante riserva:

«Gli Stati membri possono accordare ai loro soggetti passivi il diritto di optare per l'imposizione nel caso di:

a) affitto e locazione di beni immobili;

b) operazioni di cui al punto B, lett. (...) g) e h).

Gli Stati membri possono restringere la portata del diritto di opzione e ne stabiliscono le modalità di esercizio».

12 L'art. 17, n. 2, dispone:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:

a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;».

13 Nell'art. 20, nn. 2 e 3, figurano norme relative alla rettifica delle detrazioni per i beni d'investimento quando la misura in cui tali beni sono usati ai fini di operazioni imponibili varia nel tempo:

«2. Per quanto riguarda i beni d'investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l'anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell'imposta che grava sui beni in questione. Essa è eseguita secondo le variazioni del diritto a deduzione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all'anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

In deroga al comma precedente, gli Stati membri possono basare la rettifica su un periodo di cinque anni interi a decorrere dalla prima utilizzazione dei beni.

Per quanto riguarda i beni d'investimento immobili, il periodo da assumere come base per il calcolo della rettifica può essere portato fino a dieci anni.

3. In caso di cessione durante il periodo di rettifica, il bene d'investimento è considerato come se fosse sempre stato adibito ad un'attività economica del soggetto passivo fino alla scadenza del periodo di rettifica. Si presume che tale attività economica sia interamente soggetta all'imposta quando la cessione del bene di cui trattasi è soggetta all'imposta; si presume che essa sia interamente esente qualora la cessione sia esente. La rettifica è effettuata una tantum per tutto il restante periodo di rettifica».

La prima questione

14 La questione sollevata dal Bundesfinanzhof si pone nell'ambito dell'art. 5, n. 1, della direttiva. Con essa si chiede se la parte di un immobile usata ai fini di un'impresa costituisca un bene indipendente ai fini di detta disposizione. A questo proposito, il governo tedesco ha particolarmente sottolineato il fatto che l'albergo del signor Armbrecht costituiva un bene unico secondo il diritto civile tedesco ed era iscritto nel registro fondiario come fondo unico. La discussione si è in gran parte concentrata su tale questione. Tuttavia, mi sembra che questa discussione non riguardi la questione fondamentale.

15 Penso che difficilmente si possa dubitare del fatto che l'art. 5, n. 1, si riferisce al diritto nazionale per determinare la portata dei diritti di proprietà trasferiti e che nella specie il signor Armbrecht aveva trasferito il potere di disporre di tutto l'albergo ai sensi di tale disposizione. Ciò vale nonostante le sentenze della Corte cui si è fatto riferimento nel presente procedimento. E' vero che nella sentenza De Jong (2) la Corte ha affermato che, quando un imprenditore edile acquista un terreno a titolo privato e vi costruisce successivamente un'abitazione per il suo uso privato, l'imposta per l'uso privato si applica unicamente al valore dell'edificio, e non a quello del terreno; il terreno non ha mai fatto parte dei beni dell'impresa dell'imprenditore e non può quindi essere stato prelevato per bisogni privati ai fini dell'art. 5, n. 6. Tuttavia, si trattava in tal caso di una causa molto particolare. Si deve ricordare che il potere degli Stati membri di trattare come cessione di beni (invece che come prestazione di servizi) l'effettuazione da parte di un imprenditore di lavori immobiliari su un terreno di cui non è proprietario discende da una specifica disposizione contenuta nell'art. 5, n. 5, lett. b). Tuttavia, tale disposizione non autorizza gli Stati membri a trattare un imprenditore che costruisce un alloggio sul terreno del suo cliente come un operatore che effettua una cessione di beni che comprende non solo l'alloggio ma anche il terreno. E' evidente ch'egli non può essere trattato come un operatore che cede al suo cliente un terreno di cui quest'ultimo è già proprietario. Anche per questo motivo il signor De Jong non poteva essere trattato come qualcuno che cedeva a lui stesso un terreno di cui era già in possesso come privato. Il fatto che sia stato necessario inserire una disposizione specifica nell'art. 5 fa pensare, se se ne deve dedurre qualcosa, che il principio generale è quello secondo cui un edificio è trasferito unitamente al terreno sul quale si trova, in quanto bene unico ai fini dell'art. 5, n. 1.

16 A mio avviso, non è neanche utile riferirsi alla sentenza Shipping and Forwarding Enterprise Safe (3). In questa sentenza la Corte ha affermato che la nozione di «cessione di un bene» non si riferiva al trasferimento di proprietà secondo le modalità contemplate dal diritto nazionale applicabile, ma includeva qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale ad opera di una parte che autorizzi l'altra parte a disporne di fatto come se essa ne fosse il proprietario; di conseguenza, vi può essere una cessione di un bene anche in assenza di trasferimento del titolo giuridico. Tuttavia, tale pronuncia non fa venir meno la necessità di riferirsi al diritto nazionale per stabilire, ai fini dell'art. 5, n. 1, la portata dei diritti che sono stati trasferiti, come dimostra il fatto che la Corte ha lasciato al giudice nazionale il compito di stabilire se avesse avuto luogo un trasferimento del diritto di disporre del bene.

17 Infine, non è neanche rilevante il fatto che secondo il diritto civile tedesco la proprietà parziale di beni immobili possa essere possibile in alcuni casi, poiché nessuna questione di tale tipo si pone nella fattispecie.

18 Tuttavia, non si è ancora giunti alla fine dell'esame della questione. L'art. 5, n. 1, della direttiva, dev'essere interpretato in combinato disposto con l'art. 2, n. 1, in base al quale sono soggette all'imposta le cessioni di beni e le prestazioni di servizi soltanto quando sono effettuate «da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». A mio avviso, l'effettiva questione nella causa di cui ci occupiamo è quella di stabilire se un operatore commerciale il quale vende le parti di un immobile occupate a titolo privato agisca interamente come soggetto passivo o in parte come privato. In altri termini, è necessario considerare se i diritti di proprietà, come definiti dal diritto nazionale, siano in parte detenuti a titolo privato dal soggetto passivo. Poiché non si possono dedurre molti elementi dal testo dello stesso art. 2, n. 1, è necessario risolvere tale questione facendo riferimento agli obiettivi e al sistema della direttiva.

19 Prima di passare a tale questione, devo considerare un argomento sollevato all'udienza dal governo tedesco. Questo governo sostiene che, poiché l'art. 13 C consente agli Stati membri di restringere la portata del diritto di opzione per l'imposizione e di determinare le modalità del suo esercizio, il legislatore tedesco è autorizzato a imporre ad un soggetto passivo l'opzione per l'imposizione intera del bene immobile. Di conseguenza, la prima questione del giudice nazionale non sorge.

20 Tuttavia, siffatto punto di vista è incompatibile con la struttura fondamentale della sesta direttiva. Come ho già osservato, l'art. 2, n. 1, definisce il campo d'applicazione dell'imposta. Esso fa sì che siano soggette all'imposta le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. L'art. 13 prevede varie esenzioni dall'imposta per alcune cessioni di beni e prestazioni di servizi. Queste cessioni e prestazioni non comportano imposizione, ma rientrano comunque nel campo d'applicazione dell'imposta ai sensi dell'art. 2, n. 1. Esse devono essere distinte dalle cessioni e prestazioni che non rientrano nella sfera d'applicazione dell'imposta in forza dell'art. 2, n. 1, come le vendite effettuate da privati.

21 La tesi del governo tedesco ignora tale struttura fondamentale. L'art. 13 C consente agli Stati membri di restringere la portata del diritto di opzione per l'imposizione. L'esercizio di tale diritto di opzione trasforma una cessione o prestazione esente in una cessione o prestazione imponibile e conferisce al soggetto passivo il diritto alla detrazione. Tuttavia, esso non può trasformare una cessione o prestazione che non rientra nel campo d'applicazione dell'imposta in una cessione o prestazione imponibile. In altri termini, l'opzione per l'imposizione può aver luogo solo nell'ambito definito dall'art. 2, n. 1. Di conseguenza, il giudice nazionale ha giustamente ritenuto che la prima questione che si poneva nella causa di cui ci occupiamo fosse quella di stabilire se la vendita della parte dell'albergo occupata a fini privati rientrasse nella sfera d'applicazione dell'imposta. Detta vendita, se non rientra in tale campo d'applicazione, non può esservi introdotta per effetto dell'esercizio dell'opzione per l'imposizione. Inoltre, come spiegherò in seguito, il problema che si pone nella causa in esame riflette un problema più generale relativo alle norme tedesche sull'uso privato.

22 Questa è la quarta causa deferita dai tribunali tedeschi nella quale la Corte ha avuto occasione di esaminare le disposizioni della direttiva sull'uso privato (4). Da dette cause risulta chiaramente che il principio che è alla base delle norme tedesche di recepimento è quello secondo cui per garantire la neutralità fiscale fra i soggetti passivi e i privati occorre che il soggetto passivo che utilizza beni o servizi per fini privati sia posto, ai fini dell'IVA, nella stessa situazione di uno dei suoi clienti. Di conseguenza, le norme tedesche impongono al soggetto passivo di destinare all'impresa beni acquistati in parte per l'impresa e in parte per i suoi bisogni privati. Si considera che il soggetto passivo ha diritto di detrarre tutta l'imposta sui beni ai sensi dell'art. 17, n. 2, della direttiva, ma deve successivamente versare, in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), un'imposta annuale per il suo uso privato di detti beni, imposta calcolata in base al deprezzamento dei beni. Il soggetto passivo, se vende il bene in seguito, deve fatturare l'IVA su tutto il prezzo di vendita in forza dell'art. 2, n. 1.

23 La logica delle disposizioni tedesche richiede che il soggetto passivo sia tenuto a pagare un'imposta per l'uso privato anche se egli non può detrarre l'IVA sull'acquisto dei beni, ad esempio perché essi erano stati acquistati da un privato (v. la sentenza Kuehne, di cui si tratterà al paragrafo 29). Richiede anche ch'egli sia tenuto a pagare un'imposta per l'uso privato di servizi connessi all'uso di beni anche se non vi era stata IVA detraibile sui servizi in quanto questi erano esenti o non imponibili (v. la sentenza Mohsche, di cui si tratterà al paragrafo 30). In entrambi i casi un cliente dell'impresa del soggetto passivo sosterrebbe tutta l'imposta gravante sui beni e servizi, anche qualora il soggetto passivo non potesse detrarre l'IVA su di essi.

24 Dalle spiegazioni fornite all'udienza dal Finanzamt risulta che l'applicazione ai beni immobili delle norme tedesche, benché più complessa, si basa sugli stessi principi. Si può osservare che in forza della sesta direttiva l'affitto e la locazione di beni immobili e la cessione di tali beni (esclusi i terreni edificabili e gli edifici nuovi) sono in via di principio esenti [v. art. 13 B, lett. b), g) e h)]. Tuttavia, l'art. 13 C consente agli Stati membri di accordare ai soggetti passivi il diritto di opzione per l'imposizione di dette operazioni, fatte salve le restrizioni che essi possono imporre. Le norme tedesche limitano il diritto di opzione ai casi in cui il cliente usa il bene ai fini della sua impresa. Tale restrizione è logica poiché l'opzione mira a consentire il funzionamento normale dell'imposta nelle operazioni tra soggetti passivi.

25 Secondo la logica delle disposizioni tedesche l'uso privato di un bene immobile è equiparato ad una locazione di abitazione esente da parte dell'impresa. In altri termini, si ritiene che l'uso privato costituisca una prestazione effettuata dal soggetto passivo in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), ma è esente in base all'art. 13 B, lett. b). Ciò comporta che, contrariamente alla situazione relativa ad altri beni, un soggetto passivo non può detrarre, all'atto dell'acquisto di un bene immobile, l'IVA relativa alla parte del bene usata per fini privati, poiché essa può essere riferita ad una prestazione esente. Tuttavia, egli non è neanche tenuto a pagare un'imposta per uso privato in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a).

26 Va rilevato un ulteriore aspetto della normativa tedesca di attuazione. Per i beni diversi dai beni immobili le variazioni annuali del grado di uso privato si riflettono sulla misura dell'imposta per l'uso privato. Per i beni immobili ciò non è possibile perché non vi è imposta annuale. Tuttavia, una rettifica viene effettuata in base alle norme nazionali che attuano l'art. 20, n. 2, della direttiva, che riguarda la rettifica delle detrazioni operate per i beni d'investimento. In base a dette norme le variazioni delle parti dell'uso soggetto ad imposta e, rispettivamente, dell'uso privato esente da imposta avvenute nel corso di un periodo di dieci anni dall'acquisto del bene si riflettono su una rettifica della detrazione iniziale basata sulle parti applicabili nell'anno d'acquisto. Così, ad esempio, supponiamo che un soggetto passivo acquisti un immobile che egli usa durante il primo anno per l'80% per attività destinate all'impresa soggette ad imposta e per il 20% per uso privato. Se durante il secondo anno il suo uso privato diminuisce al 10%, egli avrà diritto per questo anno ad una detrazione supplementare di un decimo (20% meno 10%) dell'imposta. Se il soggetto passivo vende il bene ad un soggetto passivo durante il periodo di rettifica di dieci anni e opta per l'imposizione del bene si ritiene che egli lo usi per fini imponibili per il resto del periodo di dieci anni e riceve un rimborso parziale. Tuttavia, dopo il periodo di rettifica di dieci anni non vi è più una nuova rettifica. Di conseguenza, un soggetto passivo, se opta per l'imposizione della vendita di un bene dopo il periodo di dieci anni, deve fatturare l'imposta sull'intero prezzo della vendita, nonostante il fatto che abbia definitivamente sostenuto l'imposta sulla parte del bene usata per fini privati. Così, in realtà, le norme tedesche deprezzano linearmente il bene durante dieci anni.

27 Il governo francese condivide la tesi del governo tedesco secondo la quale un bene immobile che costituisca oggetto di un uso misto dev'essere considerato in via di principio un bene d'impresa unico. La risposta ai quesiti scritti della Corte rende noto che le norme francesi, anche se funzionano un po' diversamente, si basano su principi analoghi a quelli tedeschi. Il problema è di minore portata in quanto, diversamente dalle norme tedesche, le norme francesi non prevedono un'opzione per l'imposizione sulla vendita di edifici già usati. Tuttavia, un edificio usato è automaticamente soggetto all'IVA se è venduto per la prima volta entro un periodo di cinque anni dal suo completamento. Come nel caso delle norme tedesche, la vendita imponibile dà diritto ad una detrazione supplementare per quanto riguarda le parti usate per fini privati.

28 La risposta del governo portoghese ai quesiti della Corte rende noto che nel diritto portoghese un'opzione per l'imposizione dev'essere esercitata per tutto il bene immobile. Infine, il Regno Unito osserva che in base al suo diritto interno un soggetto passivo può esercitare l'opzione per l'imposizione solo per le parti di un immobile adibite alla sua azienda. La vendita delle parti occupate a titolo privato viene trattata come una cessione esente.

La giurisprudenza pertinente

29 Nelle sue precedenti pronunce la Corte ha approvato le norme tedesche solo con alcune riserve. Nella causa Kuehne essa ha deciso che l'uso privato di un'autovettura acquistata d'occasione da un privato senza detrazione dell'IVA non comportava un'imposizione ai sensi dell'art. 6, n. 2, lett. a). La Corte ha stabilito che tale disposizione era:

«intesa ad evitare la non tassazione di un bene aziendale usato a fini privati e richiede di conseguenza la tassazione dell'uso privato di detto bene solo se quest'ultimo ha consentito la deduzione dell'imposta cui è stato assoggettato il suo acquisto».

30 Analogamente, nella causa Mohsche la Corte ha considerato che i termini «uso di un bene» di cui all'art. 6, n. 2, lett. a), non riguardavano le prestazioni accessorie relative a detto uso. Tale pronuncia ha avuto l'effetto di escludere dalla base dell'imposta sull'uso privato il valore dei servizi accessori per i quali l'IVA non era stata detratta.

31 Così, in dette sentenze la Corte, benché non mettesse in discussione il sistema di base adottato dalle norme tedesche per l'imposizione sull'uso privato, ha respinto l'idea implicita a detto sistema secondo cui il soggetto passivo dev'essere equiparato ad uno dei suoi clienti. E' sufficiente che egli sia soggetto all'onere fiscale cui sarebbe stato soggetto se lui stesso avesse acquistato, a titolo privato, i beni o i servizi di cui trattasi. Di conseguenza, è evidente che la nozione di neutralità fiscale che è alla base delle norme tedesche sull'uso privato, compresa l'occupazione di beni immobili a titolo privato, è diversa dall'interpretazione della Corte delle pertinenti disposizioni della direttiva. E' qui che si trova il nocciolo della questione nella causa in esame.

32 Di particolare rilevanza per il presente caso è una terza causa deferita dai giudici tedeschi, vale a dire la causa Lennartz (5). Si chiedeva alla Corte di esaminare la legittimità di una norma che negava ai soggetti passivi il diritto di detrarre l'IVA sull'acquisto di beni d'investimento usati tanto a fini professionali quanto a fini privati, a meno che l'uso professionale costituisse una determinata parte minima. Per pronunciarsi su tale questione la Corte doveva esaminare anzitutto il regime della sesta direttiva per quanto riguarda l'uso privato di beni d'investimento. Al punto 26 della sentenza la Corte ha affermato quanto segue:

«Per risolvere la questione sollevata dal giudice nazionale, si deve sottolineare, anzitutto, che, secondo l'art. 6 della sesta direttiva, l'impiego di un bene assegnato all'impresa per le esigenze private del soggetto passivo o per finalità estranee all'impresa, se questo bene ha fatto nascere il diritto a deduzione integrale o parziale dell'IVA, è assimilato ad una prestazione di servizi fornita a titolo oneroso. Dal combinato disposto dell'art. 6, n. 2, lett. a), e dell'art. 11, punto A, n. 1, lett. c), emerge che un soggetto passivo, quando acquista un bene che adibisce parzialmente ad uso privato, è considerato fornire una prestazione di servizi a titolo oneroso, tassata in base all'entità delle spese sostenute per prestare il servizio. Di conseguenza, un privato che usa un bene in parte per lo svolgimento di operazioni professionali soggette ad imposta e in parte per scopi privati e che, al momento dell'acquisto del bene, ha ricuperato in tutto o in parte l'IVA versata a monte, è considerato usare il bene interamente per le esigenze delle sue operazioni soggette ad imposta ai sensi dell'art. 17, n. 2. Pertanto, detto privato ha, in linea di massima, diritto a dedurre totalmente ed immediatamente l'imposta dovuta a monte sull'acquisto del bene».

33 Il principio secondo il quale beni d'investimento usati tanto per fini professionali quanto per scopi privati devono essere trattati come beni d'impresa per i quali l'IVA è in via di principio integralmente detraibile era conforme ai punti di vista espressi dai governi francese e tedesco nelle loro osservazioni in detta causa. Tuttavia, poiché la Francia e la Germania ritenevano entrambe che era inadeguato conferire ai soggetti passivi il diritto ad una detrazione integrale in caso di uso professionale molto limitato, entrambi questi Stati membri avevano adottato norme che negavano la detrazione in tali casi. Diversamente dalla Francia, la Germania non aveva tuttavia chiesto al Consiglio di autorizzare la sua norma in forza dell'art. 27 della sesta direttiva. La Corte ha affermato che in mancanza di siffatta autorizzazione la norma non poteva essere invocata contro soggetti passivi.

34 A prima vista, può sembrare strano che un'autovettura usata in parte per fini privati possa essere trattata come interamente destinata all'impresa. Tuttavia, in taluni casi tale soluzione può favorire la neutralità dell'imposta consentendo di tener conto in modo adeguato di modifiche della misura di uso privato dell'autovettura apportate da un soggetto passivo durante il periodo in cui essa è economicamente utile o di modifiche di detta misura avvenute tra un venditore soggetto passivo e un acquirente soggetto passivo. Ciò può essere illustrato con un semplice esempio.

35 Un avvocato che lavora a Monaco di Baviera acquista una nuova autovettura, che durante il primo anno egli usa per il 30% per fini professionali. Durante il secondo anno egli ha un nuovo importante cliente ad Amburgo e si reca regolarmente in autovettura presso l'ufficio di detto cliente. Di conseguenza, il suo uso professionale durante il secondo anno raggiunge l'80%. Durante il terzo anno alcuni problemi del suo nuovo cliente sono stati risolti e l'uso professionale si riduce al 50%. Alla fine di questo anno egli vende l'autovettura ad un altro soggetto passivo, il cui uso professionale durante il primo anno è del 25%.

36 Secondo l'interpretazione della Corte nella sentenza Lennartz l'avvocato sarebbe autorizzato a destinare l'autovettura interamente alla sua impresa e a detrarre tutta l'IVA sul suo acquisto, poiché si riterrebbe che egli la usi interamente ai fini delle sue operazioni soggette ad imposta. Dal primo al terzo anno egli sarebbe soggetto all'imposta per l'uso privato in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), che varierebbe in funzione dell'entità dell'uso privato durante l'anno di cui trattasi. L'imposta si baserebbe sul costo per l'impresa della messa a disposizione dell'autovettura, il che includerebbe un importo per il deprezzamento del costo del capitale della stessa. All'atto della vendita dell'autovettura alla fine del terzo anno egli sarebbe debitore dell'imposta gravante sul prezzo di vendita dell'autoveicolo d'occasione. Il procedimento ricomincerebbe quindi nuovamente con l'acquirente, il quale sarebbe autorizzato a detrarre l'imposta fatturata dal venditore, ma sarebbe debitore di un'imposta per l'uso privato.

37 Il trattamento di cui sopra è conforme ai principi fondamentali dell'imposta nella misura in cui un soggetto passivo sostiene l'onere dell'IVA solo per il suo consumo privato di beni e di servizi, e non per le sue attività professionali soggette ad imposta. Di conseguenza, sebbene nelle sentenze Kuehne e Mohsche avesse considerato incompatibili con la direttiva alcuni aspetti delle norme tedesche, la Corte ha accettato nella sentenza Lennartz il meccanismo fondamentale per la presa in considerazione dell'uso privato sostenuto dai governi francese e tedesco.

La portata della sentenza Lennartz

38 Il signor Armbrecht e la Commissione cercano di distinguere la causa Lennartz dalla presente causa sostenendo che, diversamente da un bene immobile, un'autovettura non può essere utilmente divisa in due parti separate, tesi condivisa dall'avvocato generale Van Gerven. Non ritengo tale distinzione necessaria o adeguata. In primo luogo, nella sentenza Lennartz la Corte doveva pronunciarsi sulla questione se un soggetto passivo avesse il diritto di detrarre l'imposta sull'acquisto dell'autovettura. La causa era sorta proprio perché il signor Lennartz non era stato autorizzato a trattare la sua autovettura come un bene d'impresa a causa del requisito di un uso minimo prescritto in Germania, mentre intendeva farlo. La presente causa solleva la questione inversa, vale a dire la questione se un soggetto imponibile possa essere tenuto da uno Stato membro a destinare alla sua impresa le parti di un immobile occupate privatamente.

39 In secondo luogo, è difficile comprendere la rilevanza di una distinzione basata sul fatto che, diversamente da un bene immobile, un'autovettura non può essere divisa geograficamente, o sull'idea - un po' discutibile - secondo cui essa non può essere usata contemporaneamente per fini professionali e per scopi privati. Si consente ad un soggetto passivo di detrarre integralmente l'imposta sull'acquisto di beni e di essere tassato per il suo uso privato mediante un'imposta periodica per il motivo di consentire la presa in considerazione di variazioni riguardanti le proporzioni dell'uso professionale e dell'uso privato, motivo che può applicarsi anche ad un bene immobile.

40 Infine, come spiegherò in seguito, una ripartizione geografica fissa di un immobile in una parte occupata a titolo professionale e in una parte occupata a titolo privato è incompatibile con il sistema della direttiva e può portare ad una doppia imposizione.

41 Vi è tuttavia un'importante differenza fra i beni in questione nella causa Lennartz e quelli nella presente causa la quale rileva per la soluzione della causa di cui ci occupiamo. La causa Lennartz riguardava beni che, in genere, si deprezzano durante un periodo di utilizzazione economica la cui durata può essere calcolata con ragionevole precisione. Il fatto che questo sistema funzioni meno bene quando il bene non si deprezza o quando il suo valore aumenta può essere illustrato adattando leggermente l'esempio di cui sopra.

42 Un avvocato che lavora a Monaco di Baviera acquista una nuova autovettura sportiva di produzione limitata al prezzo di 100 000 DM più IVA. Egli usa il veicolo per fini professionali nella misura del 50%. Dopo cinque anni la vende ad un prezzo più elevato, vale a dire a 150 000 DM più IVA, ad un altro soggetto passivo, il cui uso professionale ammonta al 50%.

43 Conformemente al sistema adottato nella sentenza Lennartz l'avvocato introduce l'autovettura fra i suoi beni aziendali, detrae l'imposta pagata sull'acquisto ed è tassato per il suo uso privato durante i suoi cinque anni di proprietà mediante una tassa annuale. Egli vende poi l'autovettura e fattura all'acquirente l'IVA su tutto il prezzo di vendita. Si osserverà anzitutto che l'avvocato paga due volte l'imposta per la parte dell'elemento privato: una volta mediante tasse annuali per l'uso privato e nuovamente - poiché l'autovettura non perde valore - al momento della rivendita del veicolo. In secondo luogo, l'imposta per l'uso privato cui l'acquirente è soggetto si basa sul suo prezzo d'acquisto di 150 000 DM, mentre, se egli avesse acquistato l'autovettura da un privato, il suo onere (indiretto) dell'IVA sarebbe stato limitato all'IVA pagata dal venditore sul prezzo d'acquisto iniziale di 100 000 DM.

44 Un risultato del genere è incompatibile col principio che è alla base delle sentenze della Corte nelle cause Kuehne e Mohsche, secondo il quale un soggetto passivo dev'essere posto nella situazione in cui si sarebbe trovato se i beni o i servizi di cui trattasi fossero rimasti nell'ambito privato.

45 I difetti del sistema quando lo si applica a beni che non si deprezzano in modo prevedibile sono accentuati dalle norme tedesche sull'uso privato dei beni immobili. Come ho già osservato, trattando l'occupazione a titolo privato di un bene immobile come una prestazione esente e applicando le norme relative alla rettifica delle detrazioni di cui all'art. 20, n. 2, della sesta direttiva, la normativa tedesca deprezza in realtà un bene immobile in dieci anni. La normativa tedesca ha così l'effetto di tassare integralmente la vendita del bene ogni volta che questo è venduto dopo dieci anni di proprietà, senza alcun rimborso dell'imposta sostenuta dal venditore sulle parti occupate a titolo privato. Inoltre, l'onere fiscale per l'uso privato sostenuto dall'acquirente si basa sul prezzo di vendita fatturato dall'ultimo venditore, invece che sul prezzo d'acquisto del venditore iniziale.

46 E' pertanto evidente che, a meno che un soggetto passivo acquisti un bene immobile con durata di utilizzazione economica insolitamente breve, sosterrà direttamente, o farà sostenere al suo acquirente, un'imposizione maggiore di quella che avrebbe sostenuto se avesse occupato locali di abitazione separati la cui vendita non fosse soggetta ad imposta.

47 Questo risultato è naturalmente conforme alla logica delle disposizioni tedesche, che equiparano un soggetto passivo che occupa un immobile a titolo privato appartenente all'impresa ad un locatario in base ad un contratto di locazione esente. Tuttavia, come ho già rilevato, la normativa tedesca si basa su un'interpretazione della nozione di neutralità fiscale in contrasto con la giurisprudenza della Corte.

La soluzione della causa in esame

48 E' pertanto necessario cercare una soluzione che sia compatibile con l'obiettivo della neutralità fiscale come interpretato dalla Corte. E' evidente che in alcuni casi il sistema Lennartz può consentire di prendere in considerazione in modo più preciso l'uso privato. Tuttavia, esso non consente ciò in tutti i casi, in particolare nel modo con cui esso è applicato ai beni immobili dalle norme tedesche.

49 Di conseguenza, condivido il punto di vista dell'avvocato generale Van Gerven, secondo il quale un soggetto passivo dev'essere in grado di scegliere se inserire o meno nella sua impresa la parte di un bene usata a titolo privato. Se decide d'inserire completamente il bene nell'impresa, egli dev'essere tassato per il suo uso privato in forza del disposto di cui all'art. 6, n. 2, lett. a). Il vantaggio per il soggetto passivo della scelta di questo metodo è che esso terrà conto delle eventuali riduzioni della parte di uso privato durante gli anni successivi. Se, per contro, il soggetto passivo decide di mantenere al di fuori dell'impresa una parte del bene, egli sostiene definitivamente l'imposta sulla parte privata come determinata durante l'anno d'acquisto. Si può tuttavia osservare che se, durante un anno successivo, la parte di uso privato supera quella dell'anno d'acquisto, si riterrà che egli effettui durante detto anno una prestazione in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), in relazione all'uso supplementare, nella misura in cui egli usa per fini privati beni facenti parte dell'impresa. Questa opzione può essere preferita da un soggetto passivo che ritenga poco probabile che il suo grado di utilizzazione privata del bene vari significativamente e che preferisca la semplicità amministrativa, o che acquisti un bene che non si deprezza durante il periodo di utilizzazione economica la cui durata può essere calcolata con precisione. Si può rilevare che il fatto di fornire una scelta al soggetto passivo non comporterà evasione fiscale. Al contrario, ciò consente di prendere in considerazione l'uso privato conformemente al principio secondo cui l'onere fiscale dev'essere quanto più simile possibile a quello che sarebbe stato sostenuto se i beni fossero rimasti nella sfera privata del soggetto passivo.

50 Come ho già osservato (al paragrafo 39), non ritengo necessario o adeguato distinguere fra i beni immobili e altre categorie di beni, o fra diversi beni a seconda se essi si prestino ad una ripartizione geografica tra uso professionale e uso privato. I beni immobili non costituiscono l'unica categoria di beni cui mal si adatta il sistema Lennartz. Inoltre, non vedo per quale motivo un soggetto passivo non debba essere in grado di applicare ad una categoria qualsiasi di beni il semplice sistema consistente nell'escluderli in parte dall'impresa; spetta a lui soppesare i vantaggi e gli svantaggi, tenendo conto della natura del bene e dell'uso previsto. Una ripartizione fra la parte privata e la parte professionale può essere facilmente effettuata in base alle parti di uso professionale e di uso privato durante l'anno d'acquisto. Inoltre, la destinazione all'uso privato in base ad una ripartizione geografica fissa del bene può portare a una doppia imposizione. Supponiamo, ad esempio, che un albergatore abbia acquistato un albergo comprendente un edificio principale ed uno secondario. Inizialmente l'albergatore occupa a titolo privato tre stanze nell'edificio principale. Successivamente, vengono apportate modifiche all'edificio principale e per un anno egli trasferisce il suo alloggio privato nell'edificio secondario. Egli torna poi in un'altra parte dell'edificio principale dopo l'ultimazione di dette modifiche. Nell'ambito di una ripartizione geografica le tre stanze occupate inizialmente rientrerebbero definitivamente nell'uso privato, e per il nuovo alloggio sarebbero stabilite tasse supplementari per l'uso privato (o, secondo il sistema tedesco, rettifiche di detrazioni). In altri termini, egli avrebbe sostenuto definitivamente l'imposta per stanze da lui non più occupate. E' evidente pertanto che solo una ripartizione basata sulla percentuale dell'uso privato può portare ad un risultato ragionevole. Una siffatta ripartizione potrebbe essere applicata anche ad altre categorie di beni, quali gli autoveicoli o i calcolatori elettronici, poiché essa è basata sull'uso al quale il bene è destinato.

51 Concludo pertanto che la prima questione dev'essere risolta come segue: un soggetto passivo il quale, all'atto dell'acquisto di un bene, decida di escluderne una parte dalla sua impresa, non agisce come soggetto passivo ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva quando vende la parte privata.

La seconda e la terza questione

52 Le soluzioni della seconda e della terza questione dipendono dalla soluzione della prima questione. Con la seconda questione si chiede se un bene immobile oggetto di uso misto debba essere considerato nel senso che esso viene usato interamente ai fini di operazioni dell'impresa ai sensi dell'art. 17, n. 2, della direttiva. La soluzione di questa questione dipende dal se il soggetto passivo scelga di mantenere parte del bene al di fuori dell'impresa. Se lo fa, le parti occupate a titolo privato non appartengono mai ai beni dell'impresa, con la conseguenza che egli non può essere considerato come un operatore che usa beni dell'impresa per fini privati ai sensi dell'art. 6, n. 2, lett. a). Non si ritiene pertanto che egli effettui una prestazione di servizi ai fini di detta disposizione per le parti occupate a titolo privato. Tali parti non sono pertanto usate per effettuare prestazioni professionali imponibili. Esse non rientrano nel campo d'applicazione del sistema IVA e non devono essere considerate.

53 Considerazioni analoghe si applicano alla terza questione. Le norme sulla rettifica delle detrazioni di cui all'art. 20, n. 2, mirano a consentire la rettifica della detrazione iniziale per tener conto delle variazioni del grado di uso imponibile dei beni d'investimento. Il soggetto passivo, se sceglie di mantenere al di fuori del sistema IVA le parti di un bene immobile occupate a titolo privato, sostiene definitivamente l'imposta su dette parti. Queste non possono costituire oggetto di una rettifica in forza dell'art. 20, n. 2. In tal caso l'art. 20, n. 2, si applica unicamente alla parte del bene assegnata all'impresa.

Conclusione

54 Di conseguenza, ritengo che le questioni sollevate debbano essere risolte come segue:

«1) Un soggetto passivo, quando vende un bene e, all'atto dell'acquisto di quest'ultimo, decide di escluderne una parte dalla sua impresa, non agisce come soggetto passivo ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva IVA (77/388/CEE) quanto alla vendita della parte privata.

2) In tali circostanze solo la parte del bene destinata all'impresa viene usata ai fini di operazioni dell'impresa ai sensi dell'art. 17, n. 2, della direttiva.

3) In tali circostanze qualsiasi rettifica della detrazione dell'imposta a monte in forza dell'art. 20, n. 2, della direttiva è limitata alla parte del bene assegnata all'impresa».

1 La presente causa riguarda una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof tedesco, relativa all'interpretazione degli artt. 5, n. 1, 17, n. 2, e 20, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (6) (in prosieguo: la «direttiva»). Le questioni pregiudiziali sono state sollevate nell'ambito di una lite fra il Finanzamt Uelzen (in prosieguo: il «Finanzamt») e il signor Dieter Armbrecht.

Antefatti

2 In qualità di albergatore il signor Armbrecht era proprietario di un immobile comprendente una pensione familiare, un ristorante ed un appartamento ad uso privato. Nel 1981 vendeva quest'immobile per 1 150 000 DM. In forza della «Umsatzsteuergesetz» (legge tedesca relativa all'imposta sulla cifra d'affari) del 1980 (in prosieguo: la «UStG del 1980»), siffatta vendita è esente in linea di principio dall'imposta sulla cifra d'affari (7). Tuttavia se la vendita è un'operazione che «è effettuata per conto di un altro imprenditore» l'imprenditore può considerarla operazione soggetta a detta imposta (8). In base a quest'ultima disposizione il signor Armbrecht optava volontariamente per la tassazione della compravendita del suo immobile.

Tuttavia, nella dichiarazione relativa all'imposta sulla cifra d'affari per l'anno 1981 il signor Armbrecht considerava soggetta all'imposta sulla cifra d'affari soltanto la vendita della parte del suo immobile ad uso professionale. Per contro, considerava esente dall'imposta sulla cifra d'affari il prezzo di 157 705 DM riguardante l'appartamento ad uso privato. Del resto egli sostiene che ha fatturato all'acquirente del suo immobile soltanto l'imposta sulla cifra d'affari concernente la parte ad uso professionale dell'immobile, e non quella attinente alla parte ad uso privato (9).

3 A seguito di un'ispezione il Finanzamt respingeva detta classificazione e assoggettava all'imposta sulla cifra d'affari anche la vendita riguardante l'abitazione privata. Esso sosteneva, più in particolare, che è materialmente impossibile dividere l'immobile del signor Armbrecht in una parte ad uso professionale e in una ad uso privato. Infatti, alcune parti dell'immobile avrebbero contemporaneamente natura professionale e natura privata (10). Il terreno e l'edificio, poiché costituiscono insieme un unico bene ai sensi del diritto civile tedesco (11), costituiscono necessariamente un insieme anche ai sensi del diritto tributario (12).

Avverso il provvedimento del Finanzamt il signor Armbrecht proponeva ricorso presso il Finanzgericht, che aderiva alla sua tesi. Il Finanzgericht riteneva che un immobile che è destinato in parte ad uso professionale e in parte ad uso abitativo costituisse, ai fini del diritto tributario - e in deroga al diritto privato - due beni economici distinti. Il signor Armbrecht non aveva fatturato l'imposta sulla cifra d'affari all'acquirente per l'appartamento privato, e non avrebbe quindi neanche lui dovuto versare detta imposta.

4 Contro la pronuncia del Finanzgericht il Finanzamt proponeva ricorso in cassazione (Revision) presso il Bundesfinanzhof. Questo ricorso ha portato a tre questioni pregiudiziali, le quali tutte e tre riguardano in sostanza se, in forza della direttiva - e quindi anche in base alla legge tedesca di attuazione della stessa direttiva -, uno status tributario distinto possa essere conferito alla parte ad uso privato di un immobile come quello del signor Armbrecht. Data la loro natura tecnica, situerò brevemente ciascuna delle questioni, il cui testo è riprodotto per esteso nella relazione d'udienza, nell'ambito del diritto comunitario e del diritto tedesco in materia d'imposta sulla cifra d'affari.

La prima questione pregiudiziale

5 A norma dell'art. 2, n. 1, della direttiva, recepito in diritto tedesco dall'art. 1, n. 1, sub 1), della Ustg del 1980, sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:

«le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

A norma dell'art. 5, n. 1, della direttiva, recepito dall'art. 3, n. 1, della UStG del 1980, è considerata «cessione di un bene»:

«il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

Il Bundesfinanzhof chiede quindi se «in occasione della compravendita di un immobile, la parte usata ai fini di un'impresa costituisca un bene indipendente, che costituisce oggetto di una cessione ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva», oppure se - così io intendo la questione - soltanto la vendita dell'insieme costituito dalla parte ad uso privato e dalla parte ad uso professionale possa essere considerata cessione ai sensi dell'art. 5, n. 1. Nel primo caso, la parte ad uso privato dell'immobile non è soggetta all'imposta sulla cifra d'affari, in quanto e nella misura in cui (v., in prosieguo, il n. 13) il venditore non agisce in quanto soggetto passivo ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva.

6 Secondo me, è infondato l'argomento del Finanzamt e del governo tedesco, secondo il quale un immobile come quello del signor Armbrecht costituisce un unico bene per il diritto privato tedesco e per questo motivo deve essere considerato unitariamente anche ai fini del diritto tributario (13). Indipendentemente dal se sia opportuno che il diritto tributario e il diritto privato devono essere interpretati per analogia, l'interpretazione del diritto comunitario - vale a dire la direttiva, attuata mediante la Umsatzsteuergesetz tedesca - non può essere subordinata all'interpretazione del diritto interno di un solo Stato membro.

La Corte ha infatti sempre affermato in passato che dev'essere attribuito un significato comunitario alle nozioni utilizzate dalle direttive IVA, a meno che le stesse direttive attribuiscano agli Stati membri il compito di determinare il contenuto di una nozione (14). Per quanto attiene, più in particolare, alla definizione della nozione «cessione», di cui all'art. 5, n. 1, della direttiva, secondo la Corte le definizioni di diritto interno degli Stati membri devono cedere il passo dinanzi ad un approccio coerente del diritto comunitario:

«Questa concezione è conforme alla finalità della direttiva, che mira, fra l'altro, a basare il sistema comune dell'IVA su una definizione uniforme delle operazioni imponibili. Orbene, tale finalità potrebbe essere compromessa qualora la constatazione di una cessione di beni (...) fosse soggetta alla realizzazione di condizioni che variano da uno Stato membro all'altro, come avviene per quelle relative al trasferimento di proprietà in diritto civile» (15).

7 Del resto, va osservato, se necessario, che non è affatto certo che il diritto civile tedesco impedisca una divisione di un bene immobile in entità economiche indipendenti. Infatti, nelle sue osservazioni presentate alla Corte la Commissione rileva che il codice civile tedesco («buergerliches Gesetzbuch», in prosieguo: il «BGB») conosce il possesso parziale («Teilbesitz») di un bene (16) e che la legge tedesca relativa alla proprietà di appartamenti (la «Wohnungseigentumsgesetz» o WEG) prevede alcune forme di proprietà parziale, giuridica o economica (17). Inoltre, sempre secondo la Commissione, l'art. 93 del BGB dispone, unicamente per le «parti costitutive essenziali» di un bene - vale a dire le parti «che non possono essere separate le une dalle altre senza che una o l'altra sia distrutta o modificata quanto alla sua natura» - che esse non possono costituire oggetto di diritti speciali. Orbene, difficilmente si può ammettere (del resto, nessuna delle parti lo sostiene) che le parti ad uso professionale e le parti ad uso privato di un unico immobile in quanto tali sono parti costitutive essenziali di detto immobile ai sensi della precitata disposizione.

Infine, è emerso all'udienza che la legge tedesca relativa alla tassazione sui beni immobili ad uso professionale prevede, anch'essa, la divisione - obbligatoria - in varie entità di un immobile destinato a diversi usi. Ci si può chiedere se un frazionamento simile non sia quindi possibile anche per l'imposta sulla cifra d'affari.

8 Come ho già osservato, ritengo quindi che il diritto civile tedesco non sia determinante per l'interpretazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva, come è stato recepito con l'art. 3, n. 1, della UStG del 1980. Al contrario, il modo in cui questi articoli devono essere interpretati dev'essere dedotto dalla sentenza della Corte 6 maggio 1992, pronunciata nella causa de Jong (18).

Questa sentenza, pronunciata poco tempo dopo la decisione 28 aprile 1992 del Bundesfinanzhof di rinviare alla Corte le questioni pregiudiziali nella presente fattispecie, riguarda l'art. 5, n. 6, della direttiva. Questo articolo equipara ad una cessione a titolo oneroso, ed imponibile,

«il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all'uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto» (...).

9 L'imprenditore de Jong aveva acquistato un terreno, sul quale si trovava un edificio, per suo uso privato e, quindi, con esenzione dall'imposta sulla cifra d'affari. In seguito rivendeva metà del terreno senza fatturare l'imposta sulla cifra d'affari. Demoliva poi l'edificio e costruiva, nell'ambito della sua impresa, due case ad uso abitazione, una per conto del predetto acquirente, che aveva acquistato la metà del terreno, e l'altra per lui stesso. Egli utilizzava quindi quest'ultima casa soltanto per il suo uso privato. Nella sua dichiarazione riguardante l'imposta sulla cifra d'affari considerava imponibili i beni e i servizi che aveva prelevato dalla sua impresa per la costruzione della sua casa privata, a norma del precitato art. 5, n. 6. Per contro, riteneva che il terreno fosse esente dall'imposta, in quanto aveva sempre fatto parte del suo patrimonio privato.

Orbene, il fisco olandese decideva che anche il terreno, sul quale era stata costruita la casa ad uso abitazione, doveva essere considerato soggetto ad imposta, in quanto

«la costruzione di una casa di abitazione su un terreno messo a disposizione dell'impresa a tal fine aveva dato origine, ai fini dell'IVA, ad un nuovo bene immobile, costituito dall'edificio e dall'annesso terreno» (punto 13).

La Corte respingeva questa tesi e affermava espressamente:

«indipendentemente dal se il terreno e l'edificio debbano essere considerati indissociabili ai sensi della legislazione nazionale, (...) occorre distinguere, ai fini dell'applicazione dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva IVA, tra l'assoggettamento ad imposta di un terreno che un soggetto passivo detiene a titolo privato e l'assoggettamento ad imposta di un edificio che lo stesso soggetto passivo ha costruito su tale terreno nell'ambito della propria attività imprenditoriale» (punto 19).

10 La questione pregiudiziale, che la Corte ha risolto nella causa de Jong, non è fondamentalmente diversa dalla questione in esame. In entrambi i casi si trattava in sostanza di stabilire se l'art. 5 della direttiva prescriva che possono comportare soltanto un'unica operazione imponibile due elementi di un unico complesso immobiliare (rispettivamente, un terreno e un edificio, o la parte ad uso professionale e la parte ad uso privato di un edificio), che possono essere distinti fra loro dal punto di vista economico, ma che, a quanto pare, sono indissolubilmente collegati fra loro o devono essere considerati un insieme ai fini del diritto interno di uno Stato membro.

Orbene, dalla sentenza de Jong risulta chiaramente che un terreno edificabile, che è e resta proprietà privata di un soggetto passivo, è soggetto, per quanto riguarda l'imposta sulla cifra d'affari, ad un regime diverso da quello di un edificio che il soggetto passivo ha costruito su detto terreno per le necessità della sua impresa e che quindi fa parte del suo patrimonio aziendale. Il fatto che un edificio costruito per le necessità di un'impresa secondo il diritto nazionale da applicare costituisca un tutt'uno col terreno sul quale l'edificio stesso è costruito e che è posseduto a titolo privato non produce - diversamente da quanto il governo olandese (ma non il governo tedesco (19)) aveva sostenuto nella causa de Jong (20) - l'effetto che, ai fini dell'applicazione della direttiva, il terreno e l'edificio acquistano lo status di un bene unico, facente parte del patrimonio aziendale del soggetto passivo.

11 Anche la presente causa riguarda due parti di un unico insieme immobiliare, nella specie la parte ad uso professionale e la parte ad uso privato di un edificio, la quale era già destinata ad uso privato prima del trasferimento e, a quanto pare, è stata anch'essa trasferita in quanto tale dal soggetto passivo. Proprio come nella causa de Jong, si deve ammettere che ai fini dell'applicazione della direttiva le due parti possono costituire separatamente l'oggetto di un trasferimento. Ne consegue, in particolare, che la parte ad uso professionale dell'immobile può costituire in quanto tale oggetto di una cessione ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva. Ciò non è contraddetto dall'argomento del Finanzamt, secondo il quale il fatto che l'immobile contenga varie parti destinate ad un uso misto, privato e professionale, rende impossibile la divisione del bene in una parte ad uso professionale e in una parte ad uso privato (v., sopra, il n. 3). Infatti, resta sempre possibile determinare sotto forma di percentuale in quale misura le parti comuni siano destinate ad uso professionale o a un uso privato. Del resto, il fisco tedesco (competente in materia d'imposta sulla cifra d'affari) sembra essere molto abituato a questo tipo di calcoli (21).

12 Peraltro, la tesi che ho sopra formulato e che è dedotta dalla sentenza de Jong mi sembra essere quella più conforme all'art. 5, n. 1, della direttiva. Secondo questo articolo (v., sopra, il n. 5), si deve considerare «cessione di un bene» «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». Da questa definizione deduco che ad essere decisiva è la funzione economica che il cedente, in quanto titolare del diritto di disposizione, ha attribuito al bene o a alcune parti di esso. Orbene, è pacifico che il signor