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Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 3 luglio 1997. - Goldsmiths (Jewellers) Ltd contro Commissioners of Customs & Excise. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Value Added Tax Tribunal, Manchester - Regno Unito. - IVA - Sesta direttiva - Facoltá di deroga prevista dall'art. 11, lett. c), n. 1 - Esclusione dei negozi di scambio dal rimborso in caso di mancato pagamento. - Causa C-330/95.
raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-03801
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposte sul valore aggiunto - Base imponibile - Riduzione in caso di mancato pagamento totale o parziale - Facoltà degli Stati membri di prevedere deroghe - Portata - Esclusione del rimborso dell'imposta, in caso di mancato pagamento, per operazioni contraddistinte dal pagamento di un corrispettivo in natura - Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 11, parte C, n. 1, secondo comma)
La deroga prevista dall'art. 11, parte C, n. 1, secondo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari, dev'essere interpretata nel senso che essa non autorizza uno Stato membro che emani disposizioni dirette a consentire il rimborso dell'IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo a escludere il rimborso stesso quando il corrispettivo non pagato sia in natura, laddove il rimborso è invece concesso quando il corrispettivo sia in denaro.
Da un lato, tali disposizioni, allorché modificano la base imponibile in misura eccedente quanto strettamente necessario ai fini della prevenzione dei rischi di frode fiscale, non possono essere giustificate dalla preoccupazione di evitare un tale rischio. Dall'altro, queste disposizioni hanno per effetto di discriminare le operazioni per le quali il corrispettivo sia in natura rispetto a quelle per le quali il corrispettivo sia in denaro, dissuadendo gli operatori economici dal concludere contratti di scambio, mentre la sesta direttiva riserva alle due fattispecie, identiche dal punto di vista economico e commerciale, un trattamento equivalente.
Nel procedimento C-330/95,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Value Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal Centre (Regno Unito), nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Goldsmiths (Jewellers) Ltd
e
Commissioners of Customs & Excise,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),
LA CORTE
(Sesta Sezione),
composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, C.N. Kakouris (relatore), P.J.G. Kapteyn, G. Hirsch e R. Schintgen, giudici,
avvocato generale: A. La Pergola
cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore
viste le osservazioni scritte presentate:
- per la Goldsmiths (Jewellers) Ltd, dal signor Dario Garcia, dello studio Tax partner of Ernst & Young, Chartered Accountants;
- per il governo del Regno Unito, dal signor Stephen Braviner, del Treasury Solicitor's Departement, in qualità di agente, assistito dall'avv. Eleanor Sharpston, barrister;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori Enrico Traversa e Peter Oliver, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della Goldsmiths (Jewellers) Ltd, rappresentata dal signor Dario Garcia, del governo del Regno Unito, rappresentato dal signor John E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dall'avv. Eleanor Sharpston, del governo tedesco, rappresentato dal signor Ernst Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente, e della Commissione all'udienza dell'8 gennaio 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 febbraio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 19 dicembre 1994, pervenuta alla Corte il 19 ottobre 1995, il Value Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal Centre, ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Goldsmiths (Jewellers) Ltd (in prosieguo: la «Goldsmiths») e i Commissioners of Customs & Excise (in prosieguo: i «Commissioners»), cui compete nel Regno Unito la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»), in merito al rimborso di somme versate dalla Goldsmiths a titolo di detta imposta.
3 Dal fascicolo risulta che la Goldsmiths, produttore e commerciante di gioielli, aveva concluso con la RRI Ltd (in prosieguo: la «RRI») - società la cui attività consisteva nello scambio di merci contro servizi da essa forniti - un accordo a termini del quale la Goldsmiths avrebbe dovuto fornire alla RRI gioielli a titolo di corrispettivo di servizi pubblicitari.
4 In esecuzione di tale accordo, il 23 ottobre 1991, la Goldsmiths cedeva alla RRI gioielli per una somma pari a 202 809,47 UKL, comprensiva dell'IVA, pari a 30 205,67 UKL. La detta società acquisiva in tal modo il diritto di beneficiare dei servizi pubblicitari che la RRI doveva fornirle, per un importo esattamente pari, comprensivo dell'IVA.
5 Il 28 febbraio 1992, la Goldsmiths inviava alla RRI una fattura ai fini dell'IVA recante indicazione dell'operazione compiuta; essa riportava inoltre la cessione nella propria dichiarazione IVA relativa al periodo intercorrente dal 1_ settembre al 30 novembre 1991 e versava al Fisco l'IVA corrispondente.
6 Successivamente, in esecuzione del detto accordo, la RRI forniva alla Goldsmiths servizi pubblicitari per un importo pari a 68 678,03 UKL, comprensivo di 9 335 UKL a titolo d'IVA.
7 Tuttavia, dopo aver ancora fornito ulteriori servizi pubblicitari, la RRI cadeva in stato d'insolvenza e veniva posta in liquidazione prima di aver potuto adempiere tutti gli obblighi risultanti dal contratto di scambio concluso con la Goldsmiths. Il valore dei servizi pubblicitari che non hanno potuto essere forniti alla Goldsmiths ammonta a 135 162,12 UKL comprensive di 20 130,53 UKL a titolo d'IVA.
8 La Goldsmiths, a fronte dell'evidenza che i servizi pubblicitari dovutile non sarebbero stati più prestati, procedeva alla rettifica della propria dichiarazione IVA per il periodo d'imposta sino al 28 febbraio 1993, riducendo l'importo netto dell'IVA esigibile in ragione di 20 130 UKL, vale a dire in ragione dell'importo dell'IVA corrispondente ai servizi pubblicitari non forniti dalla RRI.
9 Con provvedimento 1_ giugno 1993 i Commissioners contestavano tale rettifica ed emanavano nei confronti della Goldsmiths un avviso d'accertamento dell'IVA per l'importo di 20 130 UKL oltre agli interessi. Tale provvedimento si basava sull'art. 11 del Finance Act 1990, vigente all'epoca dei fatti del processo a quo, che subordinava il diritto al rimborso dell'IVA in caso di crediti irrecuperabili alla condizione, segnatamente, che il corrispettivo della cessione dei beni o servizi consistesse in denaro. Secondo i Commissioners, considerato che l'accordo concluso tra la Goldsmiths e la RRI non prevedeva un corrispettivo in denaro, il rimborso dell'IVA alla Goldsmiths doveva essere escluso.
10 Insistendo sulle proprie ragioni, la Goldsmiths impugnava quindi il provvedimento dei Commissioners dinanzi al Value Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal Centre, invocando l'art. 11, parte C, della sesta direttiva, il cui n. 1 così recita:
«In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare a questa norma».
11 A sostegno della domanda la Goldsmiths assumeva che l'art. 11 del Finance Act 1990, che costituiva attuazione della detta disposizione nel Regno Unito, non potesse limitare lo sgravio fiscale all'ipotesi in cui il corrispettivo non versato fosse in denaro, dovendo essere invece esteso anche all'ipotesi in cui il corrispettivo fosse pagato in natura. La Goldsmiths ne deduceva che l'art. 11 del Finance Act 1990 si ponesse in contrasto con l'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva. Essa aggiungeva che quest'ultima disposizione, benché conceda agli Stati membri la facoltà di escludere totalmente le rettifiche in caso di crediti irrecuperabili, non consentirebbe loro peraltro di operare un'esclusione parziale, vale a dire limitatamente a taluni tipi di operazioni, atteso che la facoltà di deroga consisterebbe in una facoltà del genere «tutto o niente».
12 I Commissioners affermavano invece, sostanzialmente, che la sesta direttiva sarebbe stata correttamente attuata da parte del Regno Unito, atteso che il potere di deroga di cui all'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva non sarebbe subordinato ad alcuna condizione. Il concetto di non applicazione non significherebbe che gli Stati membri sono obbligati ad attenersi all'alternativa del «tutto o niente», bensì che essi dispongono della facoltà di non dare applicazione alla regola nei termini in cui essa è stabilita. A parere dei Commissioners, tale impostazione sarebbe più conforme alla ratio della sesta direttiva.
13 A fronte di un dubbio interpretativo della sesta direttiva, il Value Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal Centre, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la deroga di cui all'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva (CE) del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la "sesta direttiva"), vada interpretata nel senso che consente ad uno Stato membro, all'atto di prevedere la restituzione dell'imposta in caso di crediti irrecuperabili, di escludere lo sgravio quando la controprestazione perduta non consista in una somma di denaro».
14 Ai fini della soluzione della questione, si deve ricordare che l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva prevede, ai fini dell'armonizzazione della base imponibile, che, all'interno del paese, tale base sia costituita per le forniture di beni da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo.
15 Tale disposizione costituisce l'espressione di un principio fondamentale della sesta direttiva, secondo cui la base imponibile è data dal corrispettivo realmente ricevuto (v. sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics, Racc. pag. 6365, punto 16) ed il cui corollario è che l'Amministrazione Finanziaria non può riscuotere a titolo dell'IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (v. sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs, Racc. pag. I-5339, punto 24).
16 Conformemente a tale principio, l'art. 11, parte C, n. 1, primo comma, della sesta direttiva stabilisce i casi in cui gli Stati membri sono tenuti a procedere alla debita riduzione della base imponibile, alle condizioni dagli stessi fissate. In tal modo, tale disposizione obbliga gli Stati membri a procedere alla riduzione della base imponibile e, quindi, dell'importo dell'IVA dovuta dal soggetto passivo ogniqualvolta, successivamente alla conclusione di un'operazione, il corrispettivo non venga totalmente o parzialmente percepito dal soggetto passivo.
17 Tuttavia, il secondo comma dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva consente agli Stati membri di derogare alla detta norma in caso di mancato pagamento, totale o parziale.
18 Tale facoltà di deroga, strettamente limitata a quest'ultima ipotesi, si fonda sull'assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio. Ne consegue che l'esercizio di tale facoltà di deroga dev'essere giustificato, affinché i provvedimenti adottati dagli Stati membri ai fini della sua attuazione non compromettano l'obiettivo dell'armonizzazione fiscale perseguito dalla sesta direttiva.
19 Per quanto attiene all'art. 11 del Finance Act 1990, il Regno Unito giustifica l'esclusione del rimborso dell'imposta sostenendo che, quando il corrispettivo non pagato non consista in denaro, i rischi di frode sarebbero maggiori.
20 Tale giustificazione non può trovare accoglimento per un duplice ordine di motivi.
21 In primo luogo, risulta dalla sentenza 10 aprile 1984, causa 324/82, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1861, punto 29), che i provvedimenti diretti alla prevenzioni di frodi o evasioni fiscali non possono derogare, in linea di principio, al rispetto della base imponibile dell'IVA di cui all'art. 11 della sesta direttiva se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo.
22 Orbene, una normativa come quella oggetto del processo a quo, escludendo, in modo generale e sistematico, dal rimborso dell'IVA tutte le operazioni il cui il corrispettivo non sia in denaro, senza alcuna distinzione, modifica, con riguardo a tale categoria di operazioni, la base imponibile in misura eccedente quanto strettamente necessario ai fini della prevenzione dei rischi di frode fiscale. Ciò è ancor più evidente in quanto, nella specie su cui verte il processo a quo, come riconosciuto dal governo del Regno Unito nelle proprie osservazioni scritte, non sussisteva alcun rischio di frode.
23 Si deve rilevare, in secondo luogo, che né l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), né l'art. 11, parte C, n. 1, distinguono tra corrispettivo in denaro e corrispettivo in natura. Infatti, come emerge dalla menzionata sentenza Naturally Yours Cosmetics, punto 16, ai fini dell'applicazione di tali disposizioni è sufficiente che il corrispettivo possa essere espresso in denaro (v. anche sentenza 2 giugno 1994, causa C-33/93, Empire Stores, Racc. pag. I-2329, punto 12). Atteso che le due fattispecie appaiono, dal punto di vista economico e commerciale, identiche, la sesta direttiva riserva alle due categorie di corrispettivi un trattamento equivalente.
24 Ne consegue che l'esclusione del rimborso dell'IVA nel caso di operazioni in cui il corrispettivo debba essere pagato in natura, quando il corrispettivo stesso non sia pagato totalmente o parzialmente, fa sì che tale categoria di operazioni venga discriminata rispetto alle operazioni il cui il corrispettivo sia in denaro.
25 Infatti, una distinzione come quella operata dalla normativa contestata dissuade gli operatori economici dal concludere contratti di scambio, senza che questi ultimi presentino, dal punto di vista economico e commerciale, alcuna differenza rispetto alle operazioni in cui il corrispettivo sia in denaro, e limita in tal modo la libertà degli operatori di scegliere il contratto che essi ritengano più idoneo per il raggiungimento dei propri interessi economici.
26 Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, la questione pregiudiziale va risolta dichiarando che la deroga di cui all'art. 11, parte C, n. 1, secondo comma, della sesta direttiva dev'essere interpretata nel senso che essa non autorizza uno Stato membro che emani disposizioni dirette a consentire il rimborso dell'IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo a escludere il rimborso stesso quando il corrispettivo non pagato sia in natura, laddove il rimborso è invece concesso quando il corrispettivo sia in denaro.
27 All'udienza il governo del Regno Unito ha chiesto alla Corte di limitare nel tempo gli effetti della sentenza nell'ipotesi in cui la Corte stessa interpretasse la deroga di cui trattasi nel senso che essa non autorizza uno Stato membro ad escludere il rimborso dell'IVA quando il corrispettivo non pagato sia in natura. Il detto governo ha sostanzialmente dedotto al riguardo che tale interpretazione solleverebbe problemi di rilevante gravità per il Regno Unito ed altri Stati membri che abbiano interpretato la deroga in buona fede.
28 Si deve rilevare al riguardo che il governo del Regno Unito non ha fornito alcun elemento concreto quanto ai rilevanti problemi che risulterebbero, a suo parere, dall'interpretazione data alla deroga di cui trattasi. Ne consegue che, nella specie, non sussiste alcun elemento che consenta di giustificare una deroga al principio secondo cui gli effetti di una sentenza interpretativa retroagiscono alla data dell'entrata in vigore della norma interpretata.
Sulle spese
29 Le spese sostenute dal governo tedesco e da quello del Regno Unito nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
(Sesta Sezione),
pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Value Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal Centre, con ordinanza 19 dicembre 1994, dichiara:
La deroga prevista dall'art. 11, parte C, n. 1, secondo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev'essere interpretata nel senso che essa non autorizza uno Stato membro che emani disposizioni dirette a consentire il rimborso dell'IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo a escludere il rimborso stesso quando il corrispettivo non pagato sia in natura, laddove il rimborso è invece concesso quando il corrispettivo sia in denaro.