SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
16 ottobre 2019 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167 e 168 – Diritto a detrazione dell’IVA – Diniego – Frode – Assunzione delle prove – Principio del rispetto dei diritti della difesa – Diritto al contraddittorio – Accesso al fascicolo – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Sindacato giurisdizionale effettivo – Principio della parità delle armi – Principio del contraddittorio – Normativa o prassi nazionale secondo la quale, nel verificare il diritto fatto valere da un soggetto passivo alla detrazione dell’IVA, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche da essa effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi in cui tale soggetto passivo non era parte»
Nella causa C-189/18,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria), con decisione del 14 febbraio 2018, pervenuta in cancelleria il 13 marzo 2018, nel procedimento
Glencore Agriculture Hungary Kft.
contro
Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da E. Regan, presidente di sezione, I. Jarukaitis (relatore) E. Juhász, M. Ilešič e C. Lycourgos, giudici,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: R. Şereş, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 marzo 2019,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Glencore Agriculture Hungary Kft., da Z. Várszegi, D. Kelemen e B. Balog, ügyvédek; |
– |
per il governo ungherese, da Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da L. Havas e J. Jokubauskaitė, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 giugno 2019,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), del principio del rispetto dei diritti della difesa e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Glencore Agriculture Hungary Kft. (in prosieguo: la «Glencore») e il Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (Direzione ricorsi dell’Amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) (in prosieguo: l’«amministrazione finanziaria») in merito a due decisioni con cui è stato disposto il pagamento di importi a titolo dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per gli esercizi 2010 e 2011. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 |
L’articolo 167 della direttiva IVA prevede: «Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile». |
4 |
L’articolo 168 di tale direttiva dispone quanto segue: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
(…)». |
Diritto ungherese
5 |
L’articolo 119, paragrafo 1, dell’általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge CXXVII del 2007 relativa all’imposta sul valore aggiunto) stabilisce quanto segue: «Salvo disposizioni contrarie, il diritto a detrazione sorge nel momento in cui si deve determinare l’imposta dovuta corrispondente all’imposta calcolata a monte (articolo 120)». |
6 |
Ai sensi dell’articolo 120 di tale legge: «Nella misura in cui il soggetto passivo – che agisce in quanto tale – utilizzi, o impieghi in altro modo, prodotti e servizi per eseguire cessioni di beni o prestazioni di servizi soggette ad imposta, avrà diritto a detrarre dall’imposta di cui è debitore:
(…)». |
7 |
L’articolo 1, paragrafo 3a, dell’adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge generale sui tributi n. XCII del 2003: in prosieguo: la «legge generale sui tributi») così recita: «Nell’ambito di un controllo delle parti di un rapporto giuridico (contratto, operazione) riguardante l’obbligazione tributaria, l’amministrazione finanziaria non può qualificare un medesimo rapporto giuridico oggetto del controllo, e che è già stato qualificato, in modo diverso per ciascun soggetto passivo, e applica d’ufficio le constatazioni effettuate presso una delle parti del predetto rapporto giuridico in caso di controllo presso tutte le altre parti del predetto rapporto». |
8 |
A norma dell’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della legge generale sui tributi, il soggetto passivo, come ogni persona tenuta al pagamento dell’imposta ai sensi dell’articolo 35, paragrafi 2 e 7, ha il diritto di controllare i documenti relativi all’imposizione. Può consultare, fare o richiedere copie di tutti i documenti necessari per l’esercizio dei suoi diritti e per l’adempimento dei suoi obblighi. Tuttavia, il soggetto passivo non può consultare, in particolare, parti di un documento che contengono informazioni relative ad un’altra persona e la cui divulgazione violerebbe una disposizione in materia di segreto fiscale. |
9 |
L’articolo 97, paragrafi 4 e 5, di tale legge così dispone: «4. Durante il controllo, l’amministrazione finanziaria ha l’obbligo di accertare e dimostrare i fatti, tranne nel caso in cui, in forza di una legge, l’onere della prova incomba sul contribuente. 5. Saranno ritenuti mezzi di prova e prove ammissibili, in particolare, (…) le constatazioni risultanti dai controlli connessi che sono stati disposti (…)». |
10 |
Ai sensi dell’articolo 100, paragrafo 4, del suddetto codice: «Se l’amministrazione finanziaria comprova le conclusioni di un’indagine mediante i risultati di un controllo connesso effettuato presso un altro soggetto passivo, o mediante dati e prove ottenuti in quella sede, il soggetto passivo riceve una comunicazione dettagliata relativa alla parte che lo riguarda del verbale e della decisione pertinenti, e dei dati e delle prove raccolte in occasione del controllo stesso». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
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La Glencore è una società avente sede in Ungheria, la cui principale attività consiste nel commercio all’ingrosso di cereali, semi oleaginosi e mangimi per animali, nonché di materie prime. |
12 |
A seguito di controlli relativi, da un lato, a tutte le imposte e alle sovvenzioni per gli esercizi 2010 e 2011, ad eccezione dell’IVA dei mesi di settembre e di ottobre 2011, e, dall’altro, all’IVA del mese di ottobre 2011, l’amministrazione finanziaria ha adottato due decisioni, la prima delle quali imponeva in particolare alla Glencore di versare la somma di 1951418000 fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 6000000) a titolo dell’IVA nonché una sanzione e interessi di mora, mentre la seconda le ingiungeva di pagare un supplemento d’IVA di importo pari a HUF 130171000 (circa EUR 400000). |
13 |
In tali decisioni, l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che la Glencore avesse illegittimamente detratto l’IVA in quanto sapeva o avrebbe dovuto sapere che le operazioni che essa ha effettuato con i suoi fornitori si iscrivevano in una frode relativa all’IVA. Essa si è basata su constatazioni effettuate presso tali fornitori considerando tale frode come un fatto accertato. |
14 |
Dopo il rigetto del suo ricorso amministrativo proposto avverso tali due decisioni, la Glencore ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi al Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria), giudice del rinvio. |
15 |
A sostegno di tale ricorso, la Glencore sostiene in particolare che l’amministrazione finanziaria ha violato il diritto a un processo equo garantito dall’articolo 47 della Carta nonché i requisiti che tale diritto implica e ha violato, in particolare, il principio della parità delle armi. Tale amministrazione ha inoltre, a suo avviso, violato il principio del rispetto dei diritti della difesa ad un duplice titolo. Da un lato, solamente detta amministrazione avrebbe avuto accesso all’intero fascicolo relativo ad un procedimento penale in cui erano implicati taluni fornitori, in cui la Glencore non era parte e nel quale essa non poteva quindi avvalersi di alcun diritto, ed elementi di prova sarebbero stati così raccolti e utilizzati contro di essa. D’altro lato, tale medesima amministrazione non avrebbe messo a sua disposizione né il fascicolo relativo ai controlli effettuati presso tali fornitori, in particolare i documenti sui quali si fondano le constatazioni da essa operate, né il suo verbale, né le decisioni amministrative da essa adottate, limitandosi a comunicargliene solo una parte, da essa selezionata secondo i propri criteri. |
16 |
L’amministrazione finanziaria sostiene che, sebbene la Glencore non possa disporre dei diritti connessi alla qualità di parte in un procedimento tributario riguardante un altro soggetto passivo, i diritti della difesa non sono stati violati per questo, poiché essa ha potuto esaminare, nell’ambito del procedimento che la riguarda, gli scritti e le dichiarazioni provenienti da procedimenti connessi e versati agli atti, e contestarne il valore probatorio esercitando il suo diritto di ricorso. |
17 |
Il giudice del rinvio rileva che il diritto alla detrazione dell’IVA costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA e che, in linea di principio, non si può negare qualora le condizioni sostanziali richieste siano soddisfatte. Orbene, la prassi dell’amministrazione finanziaria attuata nel procedimento principale, fondata in particolare su un’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi, secondo la quale tale amministrazione è vincolata alle constatazioni contenute nelle decisioni da essa adottate in esito a controlli effettuati presso i fornitori del soggetto passivo e aventi carattere definitivo, avrebbe portato a negare alla Glencore tale diritto a detrazione. |
18 |
Tale giudice osserva che l’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi ha lo scopo di garantire la certezza del diritto imponendo che si traggano da un’unica operazione le stesse conclusioni. Si pone tuttavia, a suo avviso, la questione se tale obiettivo giustifichi una prassi, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in base alla quale l’amministrazione fiscale si svincola dall’onere della prova gravante su di essa, prendendo in considerazione, d’ufficio, constatazioni effettuate nell’ambito di un procedimento anteriore, nel quale il soggetto passivo non aveva la qualità di parte né poteva quindi esercitare i diritti connessi a tale qualità e lo stesso ha preso conoscenza delle decisioni adottate al termine di tali procedure e divenute definitive solo nell’ambito dei controlli ai quali è stato assoggettato. |
19 |
Detto giudice aggiunge che la Glencore ha ricevuto soltanto una comunicazione parziale di tali decisioni e dei documenti sui quali sono fondate, dato che l’amministrazione finanziaria si è limitata ad indicare, nel suo verbale, ciascuna delle constatazioni contenute nelle suddette decisioni, senza produrre queste ultime né tantomeno i documenti su cui si fondano. |
20 |
Il giudice del rinvio si interroga sulla conformità di una siffatta prassi con il principio del rispetto dei diritti della difesa nonché con il diritto a un processo equo sancito dall’articolo 47 della Carta, tenuto conto dei limiti del controllo giurisdizionale che esso può operare, non essendo competente ad esaminare la legittimità delle decisioni adottate in esito a controlli che hanno riguardato altri soggetti passivi e, in particolare, a verificare se le prove sulle quali tali decisioni si fondano siano state legittimamente acquisite. Facendo riferimento alla sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), esso chiede se i requisiti di un processo equo richiedano che il giudice investito di un ricorso avverso la decisione dell’amministrazione finanziaria che procede alla rettifica fiscale sia legittimato a controllare che le prove provenienti da un procedimento amministrativo connesso siano state ottenute conformemente ai diritti garantiti dal diritto dell’Unione e che le constatazioni basate su queste ultime non violino tali diritti. |
21 |
In tali circostanze, il Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
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Dalla decisione di rinvio risulta che la Glencore, in seguito a controlli fiscali di cui i suoi fornitori e essa stessa sono stati oggetto, si è vista negare l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA e imporre di conseguenza le rettifiche IVA. In particolare, l’amministrazione finanziaria ha fondato tale rifiuto, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi, su constatazioni effettuate nell’ambito di procedimenti condotti contro tali fornitori e nei quali la Glencore non era quindi parte, che hanno dato luogo a decisioni divenute definitive, secondo le quali i suddetti fornitori avevano commesso una frode relativa all’IVA. |
23 |
Poiché la domanda di pronuncia pregiudiziale fa riferimento ad un procedimento penale, ad un procedimento amministrativo tributario anteriore e a decisioni amministrative di cui i fornitori della Glencore sono stati oggetto, la Corte, conformemente all’articolo 101 del suo regolamento di procedura, ha chiesto al giudice del rinvio di fornire chiarimenti sul procedimento o sui procedimenti penali di cui trattasi e di indicare se essi siano stati definiti con decisioni emanate da un giudice penale divenute definitive. In risposta a tale richiesta, il giudice del rinvio ha dichiarato di non disporre di informazioni circa la chiusura, con sentenza nel merito, dei procedimenti penali riguardanti i fornitori della Glencore e ha comunicato quattro decisioni amministrative tributarie definitive riguardanti alcuni di tali fornitori. |
24 |
In udienza è stato precisato dalla Glencore e dal governo ungherese che due procedimenti penali riguardanti la frode di cui trattasi erano ancora pendenti quando l’amministrazione fiscale ha consultato i documenti di tali procedimenti e ha adottato le due decisioni amministrative impugnate dalla Glencore nel procedimento principale. Pertanto, tali procedimenti non si erano ancora conclusi con una decisione resa nel merito da un giudice penale. Ne consegue che la presente causa non solleva questioni connesse con l’autorità di cosa giudicata. |
25 |
Alla luce di tali precisazioni, occorre considerare che, con le sue tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA, il principio del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa o a una prassi di uno Stato membro secondo la quale, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’IVA esercitato da un soggetto passivo, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi condotti nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sui quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’IVA commessa da tali fornitori. |
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Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, l’amministrazione finanziaria ritiene che il fatto di essere vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche contenute in tali decisioni che hanno acquisito carattere definitivo la esoneri dal fornire nuovamente le prove della frode nel procedimento a carico del soggetto passivo. In tale contesto, detto giudice si chiede in particolare se la direttiva IVA e il principio del rispetto dei diritti della difesa ostino ad una prassi dell’amministrazione finanziaria consistente, come nel procedimento principale, nel non dare a tale soggetto passivo accesso al fascicolo relativo a procedimenti connessi e, in particolare, all’insieme dei documenti su cui si fondano tali constatazioni, ai verbali redatti e alle decisioni adottate, e nel comunicargli indirettamente, in forma sintetica, solo una parte di tali elementi da essa selezionati secondo criteri che le sono propri e sui quali lo stesso non può esercitare alcun controllo. |
27 |
A tal riguardo, è stato precisato in udienza che, per dimostrare il coinvolgimento della Glencore in tale frode, l’amministrazione finanziaria si è basata su elementi di prova raccolti nell’ambito dei procedimenti penali pendenti, dei procedimenti amministrativi avviati nei confronti dei fornitori della Glencore e del procedimento amministrativo di cui quest’ultima è stata oggetto. |
28 |
Il giudice del rinvio, nell’esporre, peraltro, di non essere competente ad esaminare la legittimità delle decisioni anteriori pronunciate in esito a controlli di altri soggetti passivi e, in particolare, a verificare se le prove su cui si fondano tali decisioni siano state ottenute legittimamente, si interroga altresì, facendo riferimento alla sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), sulla questione se le condizioni di un processo equo richiedano che il giudice investito di un ricorso avverso la decisione dell’amministrazione finanziaria che procede ad una rettifica dell’IVA sia abilitato a verificare che le prove provenienti da un procedimento amministrativo connesso siano state ottenute conformemente ai diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione e che le constatazioni basate su queste ultime non violino tali diritti. |
29 |
Poiché, nelle sue osservazioni scritte e orali, il governo ungherese ha fornito un’interpretazione delle disposizioni nazionali e una spiegazione delle prassi dell’amministrazione finanziaria, riguardanti l’assunzione delle prove, la portata dell’accesso al fascicolo e la portata del controllo giurisdizionale, diverse da quelle esposte dal giudice del rinvio, occorre ricordare che non spetta alla Corte, nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE, verificare o rimettere in discussione l’esattezza dell’interpretazione del diritto nazionale effettuata dal giudice nazionale, dato che tale interpretazione rientra nella competenza esclusiva di quest’ultimo. Perciò la Corte, qualora sia adita in via pregiudiziale da un giudice nazionale, deve attenersi all’interpretazione del diritto nazionale che ad essa è stata esposta da detto giudice (sentenza del 6 ottobre 2015, Târşia, C-69/14, EU:C:2015:662, punto 13 e giurisprudenza ivi citata). |
30 |
Analogamente, non spetta alla Corte, bensì al giudice nazionale, accertare i fatti all’origine della causa e trarne le conseguenze ai fini della sua pronuncia. Infatti, incombe alla Corte prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra essa e i giudici nazionali, il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, quale definito dal giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2018, Scotch Whisky Association, C-44/17, EU:C:2018:415, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). |
31 |
Inoltre, non spetta alla Corte nemmeno pronunciarsi sulla conformità di norme nazionali con il diritto dell’Unione né interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali (sentenze del 1o marzo 2012, Ascafor e Asidac, C-484/10, EU:C:2012:113, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme, C-203/14, EU:C:2015:664, punto 43). La Corte è tuttavia competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi d’interpretazione attinenti al diritto dell’Unione che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la definizione della controversia della quale è investito (sentenze del 1o marzo 2012, Ascafor e Asidac, C-484/10, EU:C:2012:113, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, e del 26 luglio 2017, Europa Way e Persidera, C-560/15, EU:C:2017:593, punto 35). |
32 |
Alla luce di tali osservazioni preliminari, occorre esaminare in successione i requisiti derivanti dalla direttiva IVA, dal principio del rispetto dei diritti della difesa e dall’articolo 47 della Carta per quanto riguarda l’assunzione delle prove, la portata dell’accesso del soggetto passivo al fascicolo e la portata del controllo giurisdizionale in un procedimento quale quello principale. |
Sulla produzione delle prove sulla base della direttiva IVA e del principio del rispetto dei diritti della difesa
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Secondo costante giurisprudenza, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione. Come ripetutamente sottolineato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punti 25 e 26; del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C-101/16, EU:C:2017:775, punti 35 e 36, nonché del 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, EU:C:2018:204, punti 37 e 39). |
34 |
Ciò detto, la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA e la Corte ha più volte dichiarato che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punti da 35 a 37, nonché giurisprudenza citata, e del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 50). |
35 |
Tale situazione, così come ricorre nel caso di una frode commessa dal soggetto passivo stesso, ricorre altresì quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode relativa all’IVA. Il beneficio del diritto a detrazione può, pertanto, essere negato a un soggetto passivo qualora si dimostri, e solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto di tali beni e servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punti da 38 a 40, e del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punti 27 e 28). |
36 |
Poiché il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, spetta alle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in tale frode (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 29 e giurisprudenza ivi citata). |
37 |
Poiché il diritto dell’Unione non prevede norme relative alle modalità dell’assunzione delle prove in materia di frode relativa all’IVA, tali elementi oggettivi devono essere stabiliti dall’amministrazione finanziaria secondo le norme in materia di prova previste dal diritto nazionale. Tuttavia, tali norme non devono pregiudicare l’efficacia del diritto dell’Unione e devono rispettare i diritti garantiti da tale diritto, specialmente dalla Carta (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C-419/14, EU:C:2015:832, punti da 65 a 67). |
38 |
Pertanto, e a tali condizioni, la Corte, nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), ha dichiarato, al punto 68 di quest’ultima, che il diritto dell’Unione non osta a che l’amministrazione finanziaria possa, nell’ambito di un procedimento amministrativo, al fine di accertare la sussistenza di una pratica abusiva in materia di IVA, utilizzare prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo non ancora concluso riguardanti il soggetto passivo. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, una siffatta valutazione si applica anche all’utilizzo, al fine di accertare l’esistenza di una frode relativa all’IVA, di prove ottenute nell’ambito di procedimenti penali non conclusi non aventi ad oggetto il soggetto passivo o raccolte nel corso di procedimenti amministrativi connessi nei quali, come nel caso del procedimento principale, il soggetto passivo non era parte. |
39 |
Tra i diritti garantiti dal diritto dell’Unione vi è il rispetto dei diritti della difesa il quale, secondo una giurisprudenza consolidata, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto che gli arreca pregiudizio. In forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. Tale obbligo incombe sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano misure che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa dell’Unione applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé, C-349/07, EU:C:2008:746, punti da 36 a 38, e del 22 ottobre 2013, Sabou, C-276/12, EU:C:2013:678, punto 38). |
40 |
Detto principio generale si applica in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, nelle quali uno Stato membro, per conformarsi all’obbligo, derivante dall’applicazione del diritto dell’Unione, di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA dovuta sia interamente riscossa nel suo territorio e a lottare contro la frode sottopone un contribuente a una procedura di verifica fiscale (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punto 27). |
41 |
Costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa il diritto di essere ascoltati, il quale garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Secondo costante giurisprudenza della Corte, la regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a quest’ultima di correggere un errore o far valere elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro (sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega, C-166/13, EU:C:2014:2336, punti 46 e 47 e giurisprudenza ivi citata). |
42 |
Il diritto di essere ascoltati implica anche che l’amministrazione presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni così presentate dall’interessato esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando circostanziatamente la sua decisione, laddove l’obbligo di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto, al fine di consentire all’interessato di comprendere le ragioni del diniego opposto alla sua domanda, costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa (sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega, C-166/13, EU:C:2014:2336, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). |
43 |
Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il principio del rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). |
44 |
Inoltre, l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega, C-166/13, EU:C:2014:2336, punto 54 e giurisprudenza ivi citata). |
45 |
Occorre peraltro ricordare che la certezza del diritto è inclusa tra i principi generali riconosciuti nel diritto dell’Unione. Infatti, la Corte ha constatato, segnatamente, che il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di ricorso o in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce alla certezza del diritto e da ciò deriva che il diritto dell’Unione non esige che un organo amministrativo sia, in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo (v., in tal senso, sentenze del 13 gennaio 2004, Kühne & Heitz, C-453/00, EU:C:2004:17, punto 24; del 12 febbraio 2008, Kempter, C-2/06, EU:C:2008:78, punto 37, e del 4 ottobre 2012, Byankov, C-249/11, EU:C:2012:608, punto 76). |
46 |
Per quanto riguarda una prescrizione, come quella contenuta nell’articolo 1, paragrafo 3a, della legge generale sui tributi, in forza della quale, secondo il giudice del rinvio, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche che essa ha effettuato nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori del soggetto passivo, nei quali quest’ultimo non era quindi parte, risulta che essa è idonea, come ha fatto valere il governo ungherese e come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, a garantire la certezza del diritto e l’uguaglianza tra i contribuenti, in quanto obbliga tale amministrazione a dar prova di coerenza, attribuendo ai medesimi fatti qualificazioni giuridiche identiche. Il diritto dell’Unione non osta quindi, in linea di principio, all’applicazione di una tale prescrizione. |
47 |
Tuttavia, ciò non vale per il caso in cui, in forza di tale prescrizione e a causa del carattere definitivo delle decisioni adottate in esito a tali procedimenti amministrativi collegati, l’amministrazione finanziaria sia esentata dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, compresi quelli provenienti da detti procedimenti, in base ai quali essa intende prendere una decisione, e il soggetto passivo di cui trattasi sia così privato del diritto di rimettere in discussione utilmente, nel corso del procedimento di cui è parte, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche. |
48 |
Infatti, da un lato, una siffatta applicazione di detta regola, che si traduce nel conferire autorità a una decisione amministrativa definitiva, la quale constata l’esistenza di una frode, nei confronti di un soggetto passivo che non era parte nel procedimento che ha condotto a tale constatazione, è contraria all’obbligo gravante sull’amministrazione finanziaria, ricordato al punto 36 della presente sentenza, di dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una frode, dato che tale obbligo presuppone che tale amministrazione fornisca, nel procedimento in cui è parte il soggetto passivo, la prova dell’esistenza della frode alla quale gli viene addebitato di aver partecipato passivamente. |
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Dall’altro lato, nell’ambito di un procedimento di controllo fiscale, come quello oggetto del procedimento principale, il principio della certezza del diritto non può giustificare una siffatta restrizione dei diritti della difesa, il cui contenuto è richiamato ai punti 39 e 41 della presente sentenza, restrizione che costituisce, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa di tali diritti. Essa priva, infatti, il soggetto passivo al quale si intende negare l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA della possibilità di far conoscere utilmente ed efficacemente, nel corso del procedimento amministrativo e prima dell’adozione di una decisione sfavorevole ai suoi interessi, il suo punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondarsi. Essa altera la possibilità che l’autorità competente sia messa in grado di tener utilmente conto di tutti gli elementi pertinenti e che la persona interessata corregga, se del caso, un errore. Essa solleva, infine, l’amministrazione, dal suo dovere di prestare tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua decisione. |
50 |
Di conseguenza, se è pur vero che la direttiva IVA e il principio del rispetto dei diritti della difesa non ostano, in linea di principio, a una regola del genere, è a condizione che la sua applicazione non sollevi l’amministrazione finanziaria dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, compresi quelli provenienti dai procedimenti connessi avviati nei confronti dei suoi fornitori, in base ai quali essa intende prendere una decisione, e che tale soggetto passivo non sia così privato del diritto di rimettere in discussione utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, le constatazioni di fatto e le qualificazioni giuridiche effettuate da tale amministrazione nell’ambito di tali procedimenti collegati. |
Sulla portata dell’accesso del soggetto passivo al fascicolo alla luce del principio del rispetto dei diritti della difesa
51 |
La necessità, ricordata ai punti 39 e 41 della presente sentenza, di poter manifestare utilmente il proprio punto di vista sugli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione presuppone che il destinatario di quest’ultima sia messo in condizione di conoscere detti elementi (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punto 31). Il principio del rispetto dei diritti della difesa ha così come corollario il diritto di accesso al fascicolo (v., in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, EU:C:2004:6, punto 68). |
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Poiché il destinatario di una decisione che arreca pregiudizio deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata, al fine, in particolare, che l’autorità competente sia messa in grado di tenere utilmente conto di tutti gli elementi pertinenti e che, eventualmente, tale destinatario possa correggere un errore e far valere utilmente tali elementi relativi alla sua situazione personale, l’accesso al fascicolo deve essere autorizzato nel corso del procedimento amministrativo. Quindi, una violazione del diritto di accesso al fascicolo intervenuta durante il procedimento amministrativo non è sanata dal semplice fatto che l’accesso a quest’ultimo è stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un eventuale ricorso diretto all’annullamento della decisione contestata (v., per analogia, sentenze dell’8 luglio 1999, Hercules Chemicals/Commissione, C-51/92 P, EU:C:1999:357, punto 78; del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, EU:C:2002:582, punto 318, e del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, EU:C:2004:6, punto 104). |
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Ne consegue che, in un procedimento amministrativo tributario come quello di cui trattasi nel procedimento principale, il soggetto passivo deve poter accedere al complesso degli elementi del fascicolo sui quali l’amministrazione fiscale intende fondare la propria decisione. Pertanto, qualora l’amministrazione finanziaria intenda fondare la propria decisione su elementi di prova ottenuti, come nel caso di specie, nell’ambito di procedimenti penali e di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei suoi fornitori, detto soggetto passivo deve poter accedere a tali elementi. |
54 |
Inoltre, come ha rilevato l’avvocato generale nei paragrafi 59 e 60 delle sue conclusioni, si deve anche consentire al soggetto passivo di accedere ai documenti che non servono direttamente a fondare la decisione dell’amministrazione finanziaria, ma possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, in particolare agli elementi a discarico che tale amministrazione ha potuto raccogliere (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, UBS Europe e a., C-358/16, EU:C:2018:715, punto 66 e giurisprudenza ivi citata). |
55 |
Tuttavia, dal momento che, come è stato ricordato al punto 43 della presente sentenza, il principio del rispetto dei diritti della difesa non costituisce una prerogativa assoluta, ma può comportare restrizioni, occorre rilevare che, in un procedimento di controllo tributario, restrizioni del genere, sancite dalla normativa nazionale, possono in particolare essere intese a tutelare le esigenze di riservatezza o di segreto professionale (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punto 36), nonché, come ha fatto valere il governo ungherese, la vita privata di terzi, i dati personali che li riguardano o l’efficacia dell’azione repressiva, che possono essere pregiudicati dall’accesso a talune informazioni e a determinati documenti. |
56 |
Il principio del rispetto dei diritti della difesa, in un procedimento amministrativo come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non impone quindi all’amministrazione finanziaria un obbligo generale di fornire un accesso integrale al fascicolo di cui dispone, ma esige che il soggetto passivo abbia la possibilità di ricevere, a sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione da tale amministrazione ai fini dell’adozione della sua decisione, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione dell’accesso alle suddette informazioni e a detti documenti (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punti 32 e 39). In quest’ultimo caso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, spetta all’amministrazione finanziaria esaminare se sia possibile un accesso parziale. |
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Ne consegue che, qualora l’amministrazione finanziaria intenda fondare la propria decisione su elementi di prova ottenuti, come nel procedimento principale, nell’ambito di procedimenti penali e di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori del soggetto passivo, il principio del rispetto dei diritti della difesa esige che quest’ultimo, durante il procedimento di cui è oggetto, possa avere accesso a tutti questi elementi e a quelli che possano essere utili alla sua difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso. |
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Non soddisfa tale requisito una prassi dell’amministrazione finanziaria consistente nel non dare al soggetto passivo interessato alcun accesso a tali elementi e, in particolare, ai documenti su cui si fondano le constatazioni effettuate, ai verbali redatti e alle decisioni adottate in esito a procedimenti amministrativi collegati, e nel comunicargli indirettamente, sotto forma di sintesi, solo una parte di tali elementi da essa selezionati secondo criteri che le sono propri e sui quali egli non può esercitare alcun controllo. |
Sulla portata del controllo giurisdizionale alla luce dell’articolo 47 della Carta
59 |
Poiché il giudice del rinvio si chiede se i requisiti di un processo equo impongano che il giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso avverso una decisione dell’amministrazione finanziaria che procede ad un avviso di rettifica dell’IVA sia legittimato a verificare che le prove provenienti da un procedimento amministrativo connesso siano state ottenute conformemente ai diritti garantiti dal diritto dell’Unione e che le constatazioni fondate su queste ultime non violino tali diritti, occorre ricordare che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta sono destinati ad applicarsi in una situazione del genere, dato che una rettifica dell’IVA in seguito all’accertamento di una frode, come quella oggetto del procedimento principale, costituisce attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (v., in questo senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punti 19 e 27, e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C-419/14, EU:C:2015:832, punto 67). |
60 |
Ai sensi dell’articolo 47 della Carta, ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in detto articolo. Ogni persona ha diritto, in particolare, a che la sua causa sia esaminata equamente. |
61 |
Il principio della parità delle armi, che costituisce parte integrante del principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 47 della Carta, in quanto è un corollario, come, segnatamente, il principio del contraddittorio, della nozione stessa di processo equo, implica l’obbligo di offrire a ciascuna parte una possibilità ragionevole di esporre la propria posizione, comprese le proprie prove, in circostanze che non la pongano in una situazione di netto svantaggio rispetto all’avversario (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099, punto 49, e del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C-682/15, EU:C:2017:373, punto 96 e giurisprudenza ivi citata). |
62 |
Tale principio è inteso ad assicurare l’equilibrio tra le parti del processo, garantendo la parità dei loro diritti e obblighi per quanto concerne l’amministrazione delle prove e il contraddittorio dinanzi al giudice, nonché i loro diritti di ricorso (sentenza del 28 luglio 2016, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., C-543/14, EU:C:2016:605, punto 41). Perché siano soddisfatte le prescrizioni connesse al diritto a un processo equo, occorre che le parti possano discutere in contraddittorio tanto sugli elementi di fatto quanto sugli elementi di diritto decisivi per l’esito del procedimento (sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C-89/08 P, EU:C:2009:742, punto 56). |
63 |
Nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), alla quale fa riferimento il giudice del rinvio, la Corte, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, relativamente alle prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale non ancora concluso, all’insaputa del soggetto passivo, mediante intercettazioni di telecomunicazioni e sequestri di messaggi di posta elettronica idonei a costituire una violazione dell’articolo 7 della Carta, e del loro utilizzo nell’ambito di un procedimento amministrativo, ha rilevato, al punto 87 di tale sentenza, che l’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta esige che il giudice che ha effettuato il controllo di legittimità di una decisione che costituisce attuazione del diritto dell’Unione possa verificare se le prove sulle quali tale decisione si fonda non siano state ottenute e utilizzate in violazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione e, in special modo, dalla Carta. |
64 |
La Corte ha rilevato, al punto 88 di tale sentenza, che tale requisito è soddisfatto se il giudice investito di un ricorso avverso la decisione dell’amministrazione tributaria relativa a una rettifica dell’IVA è abilitato a controllare che dette prove, sulle quali si basa la decisione, siano state ottenute in detto procedimento penale conformemente ai diritti garantiti dal diritto dell’Unione o se può quantomeno sincerarsi, sulla base di un controllo già effettuato da un giudice penale nell’ambito di un procedimento in contraddittorio, che le prove di cui trattasi siano state ottenute conformemente a detto diritto. |
65 |
L’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta esige, allo stesso modo, che il giudice investito di un ricorso avverso una decisione dell’amministrazione finanziaria recante una rettifica dell’IVA sia abilitato a controllare che le prove assunte in un procedimento amministrativo connesso, del quale il soggetto passivo non era parte, e sulle quali si basa tale decisione, non siano state ottenute in violazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione e, in special modo, dalla Carta. Lo stesso dicasi quando, come nel procedimento principale, su tali prove sono state fondate talune decisioni amministrative adottate nei confronti di altri soggetti passivi e diventate definitive. |
66 |
A tal riguardo, occorre sottolineare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 74 delle sue conclusioni, le dichiarazioni e le constatazioni delle autorità amministrative non possono vincolare i giudici. |
67 |
Più in generale, tale giudice deve poter verificare, nell’ambito di un dibattito in contraddittorio, la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo delle prove assunte nel corso di procedimenti amministrativi connessi avviati contro altri soggetti passivi, nonché delle constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate in esito a tali procedimenti, che sono decisive per l’esito del ricorso. Infatti, la parità delle armi verrebbe meno e il principio del contraddittorio non sarebbe rispettato se l’amministrazione finanziaria, per il fatto di essere vincolata dalle decisioni adottate nei confronti di altri soggetti passivi e divenute definitive, non fosse tenuta a produrre tali prove dinanzi ad essa, se il soggetto passivo non potesse averne conoscenza, se le parti non potessero discutere in contraddittorio tanto su dette prove quanto su tali constatazioni e se detto giudice non potesse verificare tutti gli elementi di fatto e di diritto sui quali si fondano tali decisioni e che sono decisivi per la soluzione della controversia di cui è investito. |
68 |
Se detto giudice non è legittimato ad effettuare tale verifica e se, pertanto, il diritto a un ricorso giurisdizionale non è effettivo, le prove ottenute nell’ambito dei procedimenti amministrativi connessi e le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di altri soggetti passivi in esito a tali procedimenti non devono essere ammesse, e la decisione impugnata, che si basa su tali prove e su tali constatazioni, deve essere annullata se, per tale ragione, essa risulta priva di fondamento (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C-419/14, EU:C:2015:832, punto 89). |
69 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che la direttiva IVA, il principio del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa o a una prassi di uno Stato membro secondo la quale, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’IVA esercitato da un soggetto passivo, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’IVA commessa da tali fornitori, a condizione che, in primo luogo, essa non esoneri l’amministrazione finanziaria dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, ivi compresi quelli risultanti da tali procedimenti amministrativi connessi, sui quali essa intende fondare la propria decisione, e che tale soggetto passivo non sia in tal modo privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche, in secondo luogo, che detto soggetto passivo possa avere accesso durante tale procedimento a tutti gli elementi raccolti nel corso di detti procedimenti amministrativi connessi o di ogni altro procedimento sul quale l’amministrazione intende fondare la sua decisione o che possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso e, in terzo luogo, che il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui trattasi possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso. |
Sulle spese
70 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: |
La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, il principio del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa o a una prassi di uno Stato membro secondo la quale, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) esercitato da un soggetto passivo, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’IVA commessa da tali fornitori, a condizione che, in primo luogo, essa non esoneri l’amministrazione finanziaria dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, ivi compresi quelli risultanti da tali procedimenti amministrativi connessi, sui quali essa intende fondare la propria decisione, e che tale soggetto passivo non sia in tal modo privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche, in secondo luogo, che detto soggetto passivo possa avere accesso durante tale procedimento a tutti gli elementi raccolti nel corso di detti procedimenti amministrativi connessi o di ogni altro procedimento sul quale l’amministrazione intende fondare la sua decisione o che possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso e, in terzo luogo, che il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui trattasi possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.