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61989J0159

SENTENZA DELLA CORTE DEL 26 FEBBRAIO 1991. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ELLENICA. - IVA - IMPORTAZIONE - NON SOGGETTI PASSIVI DI IMPOSTE - DETRAZIONE DELL'IMPORTO RESIDUO DELL'IVA PAGATA NELLO STATO MEMBRO DI ESPORTAZIONE. - CAUSA C-159/89.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-00691


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

Norme fiscali - Tributi interni - Discriminazione - Divieto - Riscossione dell' imposta sul valore aggiunto in occasione dell' importazione, da parte di una persona non soggetta all' imposta, di prodotti provenienti da un altro Stato membro - Obbligo degli Stati membri di adottare provvedimenti che consentano di tener conto dell' imposta residua incorporata nel valore del prodotto importato

(Trattato CEE, art. 95)

Massima


Viene meno agli obblighi incombentigli in forza dell' art. 95 del Trattato uno Stato membro che non adotti i provvedimenti necessari a permettere alle persone non soggette all' imposta sul valore aggiunto, che importino nel territorio nazionale beni già gravati da tale imposta in un altro Stato membro e che non abbiano potuto ottenerne il rimborso, di detrarre dall' imposta sul valore aggiunto dovuta all' importazione l' importo dell' imposta versata nello Stato membro di esportazione ancora inglobato nel valore dei beni al momento dell' importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non è soggetto passivo all' interno del territorio nazionale non sono considerate operazioni imponibili ai fini dell' imposta sul valore aggiunto.

La piena ed integrale applicazione del divieto di discriminazioni enunciato dall' art. 95 non viene infatti garantita dalla mera circostanza che, essendo direttamente efficace, la detta disposizione possa essere fatta valere dinanzi ai giudici nazionali, in quanto essa costituisce solo una garanzia minima, la cui esistenza lascia sussistere le difficoltà che ingenera, avuto riguardo alle esigenze di certezza del diritto, il mantenimento nella normativa nazionale di disposizioni che non prevedano la presa in considerazione di tale importo residuo dell' imposta.

Per contestare l' esistenza di tale inadempimento sono inopponibili le eccezioni attinenti alla natura dell' imposta sul valore aggiunto od alla ripartizione delle entrate fiscali fra gli Stati membri. Infatti, da un lato, la deduzione nello Stato membro di importazione dell' importo dell' IVA versata nello Stato membro di esportazione ancora incorporato nel valore dei beni al momento dell' importazione non pone affatto in discussione la natura di imposta sul consumo propria dell' imposta sul valore aggiunto, prescindendo una simile qualificazione dalla ripartizione degli oneri fiscali fra lo Stato membro di esportazione e quello di importazione. Dall' altro, benché spetti al legislatore comunitario l' attuazione di un regime dell' imposta sul valore aggiunto che comporti una perfetta neutralità sotto il profilo della concorrenza, lo sgravio integrale, nel paese di esportazione, delle importazioni di cui trattasi nonché un' equa ripartizione delle entrate fiscali fra gli Stati membri, l' art. 95 osta, finché un siffatto regime non venga istituito, all' applicazione, da parte di uno Stato membro, del proprio regime d' imposta sul valore aggiunto ai beni importati in violazione del principio di parità di trattamento fiscale.

Parti


Nella causa C-159/89,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. Dimitrios Gouloussis, consigliere giuridico, Maria Condou e Daniel Calleja, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il sig. Guido Berardis, membro del servizio giuridico della Commissione, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica ellenica, rappresentata dagli avv.ti Katerina Samoni, coadiutore giuridico di primo grado presso il servizio speciale per il contenzioso comunitario del ministero degli Affari esteri, e Panagiotis Mylonopoulos, coadiutore giuridico di secondo grado presso il medesimo servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata ellenica, 117, val Sainte-Croix,

convenuta,

sostenuta da

Regno di Spagna, rappresentato dai sigg. Javier Conde de Saro, direttore generale del coordinamento giuridico e istituzionale comunitario, e António Hierro Hernández-Mora, abogado del Estado, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata di Spagna, 4-6, boulevard Emmanuel Servais,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi incombentile in forza dell' art. 95 del Trattato CEE,

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, T.F. O' Higgins, J.C. Moitinho de Almeida, G.C. Rodríguez Iglesias e M. Díez de Velasco, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, R. Joliet, F.A. Schockweiler, F. Grévisse e M. Zuleeg, giudici,

avvocato generale: M. Darmon

cancelliere: sig.ra D. Louterman, amministratore principale

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali delle parti all' udienza del 18 settembre 1990,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale presentate all' udienza del 6 novembre 1990,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 3 maggio 1989, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell' art. 95 del Trattato, non avendo adottato i provvedimenti necessari a permettere ai non soggetti passivi dell' imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l' "IVA"), che importino nel territorio ellenico beni già gravati da tale imposta in un altro Stato membro e che non abbiano potuto ottenerne il rimborso, di detrarre dall' IVA dovuta all' importazione l' importo dell' IVA versata nello Stato membro di esportazione ancora inglobata nel valore del bene al momento dell' importazione.

2 La Commissione sostiene che la mancata adozione, da parte della Repubblica ellenica, di disposizioni che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, consentano tale detrazione ai non soggetti passivi ingenera una situazione di fatto ambigua, in contrasto col principio di certezza del diritto, e rende possibile una doppia imposizione incompatibile col principio di parità di trattamento fiscale sancito dal citato art. 95 e direttamente efficace, quale è stato interpretato dalla Corte, in quanto le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non sia soggetto passivo all' interno del territorio ellenico non sono considerate operazioni imponibili ai fini IVA. Né la diretta efficacia dell' art. 95 né l' esistenza di una proposta di sedicesima direttiva del Consiglio diretta a stabilire un regime comune applicabile a taluni beni gravati definitivamente dell' imposta sul valore aggiunto, importati da un consumatore finale di uno Stato membro e provenienti da un altro Stato membro (GU 1986, C 96, pag. 5), esimerebbero la Repubblica ellenica dall' obbligo di adeguare le proprie norme nazionali alle prescrizioni del Trattato.

3 Pur non opponendosi al principio della soppressione delle doppie imposizioni dei prodotti importati, la Repubblica ellenica obietta in sostanza che tale questione richiede una disciplina chiara e precisa nella forma di una direttiva comunitaria, unica soluzione che garantisca un' uniforme applicazione dei principi che disciplinano la materia.

4 Il Regno di Spagna, intervenuto a sostegno delle conclusioni della Repubblica ellenica, sostiene, a sua volta, che il diritto di detrazione dell' imposta nello Stato membro di importazione auspicato dalla Commissione è contrario alla natura di imposta sul consumo propria dell' IVA nonché ad una equilibrata ripartizione delle entrate fiscali fra lo Stato membro di esportazione e quello di importazione. Le merci andrebbero piuttosto detassate all' esportazione e tassate all' importazione sul loro valore al momento del passaggio di frontiera.

5 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della controversia, dello sfondo normativo nonché dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

6 E' opportuno preliminarmente ricordare che secondo una giurisprudenza costante l' art. 95 del Trattato enuncia un divieto di discriminazione sul piano fiscale dei prodotti importati che produce effetti diretti attribuendo ai singoli diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare (v., in particolare, sentenza 5 maggio 1982, Gaston Schul I, punto 46 della motivazione, causa 15/81, Racc. pag. 1409).

7 E' del pari giurisprudenza costante (v. sentenze 21 maggio 1985, Gaston Schul II, causa 47/84, Racc. pag. 1491, e 25 febbraio 1988, Drexl, causa 299/86, Racc. pag. 1213) che il citato art. 95 deve essere interpretato nel senso che l' IVA riscossa da uno Stato membro all' importazione, da un altro Stato membro, di un prodotto ceduto da chi non è soggetto passivo, qualora tale imposta non venga riscossa nel caso di cessione, da parte di un privato, di prodotti analoghi all' interno dello Stato membro importatore, va calcolata tenendo conto dell' importo dell' IVA versata nello Stato membro esportatore ed ancora incorporato nel valore del prodotto al momento della sua importazione, così che tale importo non faccia parte della base imponibile e venga inoltre dedotto dall' IVA dovuta all' importazione.

8 E' peraltro assodato che le norme nazionali di cui trattasi prevedono la riscossione dell' IVA all' importazione, da parte di chi non è soggetto passivo, di beni già gravati dall' IVA nello Stato membro di esportazione, senza permettere agli interessati di detrarre l' IVA residua dall' importo dell' IVA versata all' importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non è soggetto passivo all' interno del territorio ellenico non sono considerate operazioni imponibili ai fini IVA.

9 Simili norme sono incompatibili col principio di parità di trattamento fiscale dei prodotti importati, lasciando gli importatori non soggetti passivi, malgrado la diretta efficacia dell' art. 95, in uno stato d' incertezza circa il loro diritto di avvalersi di detto articolo e potendo indurre i dipendenti dell' amministrazione nazionale competenti alla riscossione dell' IVA a non applicare il principio secondo cui l' IVA residua va detratta.

10 Invero, la facoltà offerta agli importatori non soggetti passivi di far valere dinanzi ai giudici nazionali le disposizioni direttamente efficaci del citato art. 95 costituisce solo una garanzia minima che non è di per sé sufficiente ad assicurare la piena ed integrale applicazione del Trattato (v. sentenza 15 ottobre 1986, Commissione / Italia, punto 11 della motivazione, causa 168/85, Racc. pag. 2945).

11 Peraltro, i principi della certezza del diritto e della tutela dei privati esigono che, nelle materie disciplinate dal diritto comunitario, la normativa degli Stati membri abbia una formulazione non equivoca, sì da consentire agli interessati di conoscere i propri diritti ed obblighi in modo chiaro e preciso ed ai giudici di garantirne l' osservanza (v. sentenza 21 giugno 1988, Commissione / Italia, causa 257/86, Racc. pag. 3249).

12 Il mezzo della Repubblica ellenica, relativo all' attuale mancanza di un regime comune IVA applicabile alle controverse operazioni di importazione, come pure gli argomenti del Regno di Spagna circa la natura dell' IVA e la ripartizione delle entrate fiscali tra gli Stati membri devono essere respinti.

13 In primo luogo, la deduzione nello Stato membro di importazione dell' importo dell' IVA versata nello Stato membro di esportazione ancora incorporato nel valore dei beni al momento dell' importazione non pone affatto in discussione la natura di imposta sul consumo propria dell' IVA, prescindendo una simile qualificazione dalla ripartizione degli oneri fiscali tra lo Stato membro di esportazione e quello di importazione.

14 In secondo luogo, benché spetti al legislatore comunitario l' attuazione di un regime comune dell' IVA che comporti una perfetta neutralità sotto il profilo della concorrenza, lo sgravio integrale, nel paese di esportazione, delle importazioni di cui trattasi nonché un' equa ripartizione delle entrate fiscali fra gli Stati membri, il precitato art. 95 osta, finché un siffatto regime non venga istituito, all' applicazione, da parte di uno Stato membro, del proprio regime IVA ai beni importati in violazione del principio di parità di trattamento fiscale (v. sentenza Gaston Schul I, già citata).

15 La realizzazione dell' armonizzazione delle legislazioni fiscali prevista dall' art. 99 del Trattato non può infatti assurgere a presupposto per l' applicazione dell' art. 95, che impone agli Stati membri, con effetto immediato, l' obbligo di applicare in modo non discriminatorio la loro normativa fiscale ancor prima di qualsiasi armonizzazione (v. sentenza 27 febbraio 1980, Commissione / Danimarca, causa 171/78, Racc. pag. 447).

16 Ne consegue che gli argomenti della Repubblica ellenica e del Regno di Spagna non possono essere accolti.

17 Alla luce dei rilievi sopra svolti, si deve constatare che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell' art. 95 del Trattato CEE, non avendo adottato i provvedimenti necessari a permettere ai non soggetti passivi IVA, che importino nel territorio ellenico beni già gravati da tale imposta in un altro Stato membro e che non abbiano potuto ottenerne il rimborso, di detrarre dall' IVA dovuta all' importazione l' importo dell' IVA versata nello Stato membro di esportazione ancora inglobato nel valore dei beni al momento dell' importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non è soggetto passivo all' interno del territorio ellenico non sono considerate operazioni imponibili ai fini IVA.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

18 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La Repubblica ellenica ed il Regno di Spagna, intervenuto in suo sostegno, sono rimasti soccombenti e vanno quindi condannati alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) La Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell' art. 95 del Trattato CEE, non avendo adottato i provvedimenti necessari a permettere ai non soggetti passivi IVA, che importino nel territorio ellenico beni già gravati da tale imposta in un altro Stato membro e che non abbiano potuto ottenerne il rimborso, di detrarre dall' IVA dovuta all' importazione l' importo dell' IVA versata nello Stato membro di esportazione ancora inglobato nel valore dei beni al momento dell' importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non è soggetto passivo all' interno del territorio ellenico non sono considerate operazioni imponibili ai fini IVA.

2) La Repubblica ellenica ed il Regno di Spagna sono condannati alle spese.