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61996J0141

Sentenza della Corte del 17 settembre 1997. - Finanzamt Osnabrück-Land contro Bernhard Langhorst. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania. - Imposta sul valore aggiunto - Interpretazione degli artt. 21, punto 1, lett. c), e 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva 77/388/CEE - Documento che può essere considerato equivalente ad una fattura - Nota di credito emessa dall'acquirente e non contestata dal venditore per quanto riguarda l'importo dell'imposta ivi indicato. - Causa C-141/96.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-05073


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto - Deduzione dell'imposta pagata a monte - Obblighi del soggetto passivo - Detenzione di una fattura - Fattura - Nozione - Nota di credito emessa dal destinatario dei beni o dei servizi - Inclusione - Presupposti - Contestazione da parte del soggetto passivo dell'importo indicato - Assenza - Ininfluenza

[Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 21, punto 1, lett. c), e 22, n. 3, lett.c)]

Massima


L'articolo 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, autorizza gli Stati membri a considerare come «documento equivalente ad una fattura» una nota di credito emessa dal destinatario dei beni o dei servizi, qualora contenga le indicazioni che la detta direttiva prescrive per le fatture, sia emessa con l'accordo del soggetto passivo che fornisce i beni o presta i servizi e quest'ultimo possa contestare l'importo dell'imposta sul valore aggiunto ivi indicato. In tali condizioni, in effetti, il soggetto passivo, che dispone di un potere di controllo siffatto, può essere considerato come l'autore della nota di credito, anche se questa è redatta dal destinatario dei beni o dei servizi.

Peraltro, il soggetto passivo che non ha contestato l'indicazione contenuta in una siffatta nota di un importo di imposta sul valore aggiunto superiore a quello dovuto in base alle operazioni imponibili può essere considerato il soggetto che ha indicato tale importo ed è quindi debitore dell'importo indicato ai sensi dell'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva. Una diversa interpretazione avrebbe l'effetto di facilitare eventuali frodi o collusioni in contrasto con il buon funzionamento del sistema comune dell'IVA e con l'obiettivo da esso perseguito di garantire la riscossione dell'IVA e il suo controllo da parte dell'amministrazione tributaria.

Parti


Nel procedimento C-141/96,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dal Bundesfinanzhof, nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Finanzamt Osnabrück-Land

e

Bernhard Langhorst,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 21, punto 1, lett. c), e 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida (relatore), J.L. Murray e L. Sevón, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: P. Léger

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per il governo tedesco, dal signor E. Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente;

- per il governo del Regno Unito, dalle signore S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, e S. Lee, barrister;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor J. Sack, consigliere giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del governo tedesco, rappresentato dal signor E. Röder, del governo ellenico, rappresentato dal signor V. Kontolaimos, sostituto avvocato dello Stato, e dalla signora Rokofyllou, consigliere particolare del viceministro degli Affari esteri, in qualità di agenti, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla signora S. Ridley e dal signor S. Richards, barrister, e della Commissione, rappresentata dal signor J. Sack, all'udienza del 15 aprile 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 maggio 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 14 marzo 1996, pervenuta in cancelleria il 29 aprile successivo, il Bundesfinanzhof ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 21, punto 1, lett. c), e 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia sorta tra il Finanzamt Osnabrück-Land (in prosieguo: il «Finanzamt») e il signor Langhorst, in ordine al punto se quest'ultimo sia debitore dell'importo dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») indicato in una nota di credito emessa da un cliente e da lui non contestato, pur essendo tale importo superiore a quello dovuto in base alle operazioni imponibili.

La sesta direttiva

3 L'art. 21, punto 1, lett. a) e c), della sesta direttiva così dispone:

«L'imposta sul valore aggiunto è dovuta:

1. in regime interno:

a) dai soggetti passivi che eseguono un'operazione imponibile diversa da quelle previste dall'articolo 9, paragrafo 2, lettera e), eseguite da un soggetto passivo residente all'estero. (...)

(...)

c) da chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci».

4 L'art. 22, n. 3, della sesta direttiva è così formulato:

«3. a) Ogni soggetto passivo deve emettere una fattura o un documento equivalente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che effettua per un altro soggetto passivo, e conservare copia di tutti i documenti emessi.

Parimenti, ogni soggetto passivo deve rilasciare una fattura per gli acconti che gli sono corrisposti da un altro soggetto passivo prima che sia stata effettuata la cessione di beni o ultimata la prestazione di servizi.

b) La fattura deve indicare distintamente il prezzo al netto dell'imposta corrispondente per ogni aliquota diversa, nonché, se del caso, l'esenzione.

c) Gli Stati membri stabiliscono i criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura».

La legge tedesca

5 L'art. 14, n. 1, dell'Umsatzsteuergesetz 26 novembre 1979, come modificato con legge 18 agosto 1980 (legge tedesca relativa all'imposta sul giro d'affari; in prosieguo: l'«UStG»), recita:

«1) Un imprenditore che effettui forniture di beni o altre prestazioni imponibili ai sensi dell'art. 1, n. 1, punto 1, qualora effettui operazioni a favore di un altro imprenditore per l'impresa di quest'ultimo, ha il diritto e l'obbligo di emettere, su domanda di questo, fatture recanti separata indicazione dell'importo dell'imposta. Tali fatture devono contenere le seguenti indicazioni:

1. nome e indirizzo dell'imprenditore prestatore di servizi,

2. nome e indirizzo del destinatario della prestazione,

3. quantità e designazione commerciale usuale dei beni oggetto della fornitura, o natura e portata della diversa prestazione,

4. data della fornitura o della diversa prestazione,

5. compenso dovuto come corrispettivo della fornitura o della diversa prestazione (art. 10),

6. importo dell'imposta dovuta su tale compenso (punto 5).

(...)».

6 L'art. 14, n. 2, dell'UStG, dispone inoltre:

«Qualora l'imprenditore abbia indicato distintamente, in una fattura relativa ad una fornitura o a un'altra prestazione, un importo IVA superiore a quello di cui è debitore ai sensi della presente legge, è ugualmente tenuto a pagare l'importo eccedente. Se egli rettifica l'importo dell'imposta nei confronti del destinatario della prestazione, si applica l'art. 17, n. 1».

7 Ai sensi dell'art. 14, n. 5, della medesima legge,

«una nota di credito fa parimenti le veci di una fattura qualora un imprenditore se ne serva per il pagamento di una fornitura o di altra prestazione imponibile effettuata a suo vantaggio. Si ha una nota di credito allorché ricorrono le seguenti condizioni:

1. l'imprenditore che ha effettuato la prestazione (destinatario della nota di credito) deve essere autorizzato, ai sensi del precedente n. 1, a indicare in modo distinto l'importo dell'imposta in una fattura,

2. l'autore della nota di credito e il suo destinatario debbono essere d'accordo sul fatto che la fornitura o la prestazione venga pagata a mezzo nota di credito,

3. la nota di credito deve contenere le indicazioni previste nel precedente n. 1, seconda frase,

4. la nota di credito deve essere indirizzata all'imprenditore che ha effettuato la prestazione.

La prima e la seconda frase di cui sopra si applicano anche nell'ipotesi in cui la nota di credito sia emessa da un imprenditore a titolo di pagamento completo o parziale di una fornitura o di altra prestazione imponibile ma non ancora eseguita. La nota di credito cessa di essere equivalente ad una fattura se il destinatario contesta l'indicazione dell'imposta ivi riportata».

I fatti oggetto della controversia nella causa a qua

8 Il signor Langhorst, agricoltore, presentava dichiarazione del giro d'affari realizzato nel 1985, anno controverso nel presente procedimento, dopo aver optato, conformemente all'art. 24, n. 4, dell'UStG, per una tassazione in base all'aliquota del 7% in luogo di quella del 13% prevista dall'art. 24, n. 1, prima frase, della medesima legge.

9 Ignorando tale circostanza, alcuni commercianti di bestiame, ai quali il signor Langhorst aveva fornito suini da ingrasso, trasmettevano al medesimo note di credito nelle quali veniva indicata distintamente un'aliquota IVA del 13%. In un primo momento, il signor Langhorst non contestava l'importo dell'IVA indicato nelle dette note.

10 Successivamente il signor Langhorst adiva il Finanzgericht della Bassa Sassonia, il quale, il 10 ottobre 1989, emetteva una decisione con cui si riduceva l'importo dell'IVA. Con atto introduttivo del 27 gennaio 1992, integrato il 26 marzo successivo, il Finanzamt proponeva dinanzi al Bundesfinanzhof ricorso per cassazione («Revision») avverso tale decisione.

11 Nella sua ordinanza di rinvio, il Bundesfinanzhof osserva che la riduzione dell'IVA è stata calcolata correttamente dal Finanzgericht della Bassa Sassonia, ma che il ricorso del Finanzamt potrebbe nondimeno essere accolto qualora, in forza dell'art. 14, n. 2, prima frase, dell'UStG, il signor Langhorst dovesse pagare l'importo totale dell'IVA indicato distintamente nelle note di credito, ivi compresi gli importi eccedenti, non giustificati da operazioni imponibili.

12 Il Bundesfinanzhof sottolinea tuttavia come la formulazione dell'art. 14, n. 2, dell'UStG indichi espressamente quale unico debitore dell'imposta più elevata il fornitore che ha indicato distintamente nella fattura l'importo superiore dell'IVA. Orbene, nella presente causa non è il fornitore, il signor Langhorst, che ha emesso il documento da cui risulta un importo superiore dell'IVA, ma sono i clienti, ossia i commercianti di bestiame. Il Bundesfinanzhof aggiunge che, qualora ai sensi dell'art. 14, n. 5, dell'UStG la nota di credito emessa dai commercianti di bestiame fosse equivalente a una fattura, consentendo loro così di detrarre un importo IVA in realtà non giustificato, si potrebbe ritenere che il signor Langhorst sia debitore di tale importo IVA, non avendolo contestato.

13 Il Bundesfinanzhof si chiede tuttavia se siffatta interpretazione dell'art. 14, n. 2, dell'UStG sia conforme alle disposizioni di diritto comunitario e, in particolare, all'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva, che dispone che l'IVA è dovuta da chiunque la indichi in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci, come pure all'art. 22, n. 3, lett. c), della detta direttiva, la quale conferisce agli Stati membri il potere di stabilire i criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura, senza tuttavia parificare espressamente le note di credito emesse dai clienti a fatture emesse dal soggetto passivo dell'imposta. Il Bundesfinanzhof ha quindi disposto la sospensione del procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, alla luce dell'art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, sia possibile considerare una nota di credito ai sensi dell'art. 14, n. 5, dell'Umsatzsteuergesetz (legge relativa all'imposta sul giro d'affari) del 1980 come una fattura o un documento che ne fa le veci [ai sensi dell'art. 21, punto 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE].

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se l'art. 21, punto 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE permetta di considerare colui che accetta una nota di credito in cui figuri indicato un ammontare di imposta più elevato di quello dovuto in base alle sue operazioni imponibili, senza contestare l'importo dell'imposta risultante nella nota di credito, alla stregua di una persona che indica l'imposta sul valore aggiunto in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci e quindi debitore di tale imposta.

3) Se il destinatario di una nota di credito, ricorrendo le circostanze di cui alla questione sub 2), possa invocare l'art. 21, punto 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE, quando venga preteso nei suoi confronti il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto indicata nella nota di credito, per l'ammontare della differenza tra l'imposta indicata e quella dovuta in base alle operazioni imponibili».

14 Nell'ordinanza di rinvio viene precisato che la terza questione si pone solo nell'ipotesi in cui alla seconda questione venga data soluzione negativa.

Sulla prima questione

15 Con la prima questione il giudice nazionale vuole in sostanza sapere se l'art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva autorizzi gli Stati membri a considerare come «documento equivalente a una fattura» una nota di credito emessa dal destinatario dei beni o dei servizi.

16 Si deve innanzi tutto ricordare che l'art. 22, n. 3, della sesta direttiva precisa, alla lett. a), che una fattura o un documento equivalente devono essere emessi da ogni soggetto passivo per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi da esso effettuate per un altro soggetto passivo e, alla lett. b), che tale fattura, o il documento equivalente, deve «indicare distintamente il prezzo al netto dell'imposta corrispondente per ogni aliquota diversa nonché, se del caso, l'esenzione».

17 Dopo aver stabilito quindi le prescrizioni minime in ordine alle indicazioni che debbono obbligatoriamente figurare nella fattura o nel documento equivalente, l'art. 22, n. 3, lett. c), rimette agli Stati membri la facoltà di fissare i criteri in base ai quali un documento siffatto può essere considerato equivalente alla fattura. Tale facoltà deve tuttavia essere esercitata conformemente a uno degli scopi perseguiti della sesta direttiva, che è quello di garantire la riscossione dell'IVA ed il suo controllo da parte dell'amministrazione tributaria (v., in tal senso, sentenze 14 luglio 1988, cause riunite 123/87 e 330/87, Jeunehomme e altri, Racc. pag. 4517, punti 16 e 17, e 5 dicembre 1996, causa C-85/95, Reisdorf, Racc. pag. I-6257, punto 24).

18 Ciò premesso, si deve esaminare se una nota di credito che, come nella fattispecie oggetto della causa a qua, contenga le indicazioni obbligatorie prescritte dall'art. 22, n. 3, lett. b), della direttiva, possa considerarsi equivalente a una fattura pur quando essa sia emessa dal destinatario dei beni o dei servizi, fermo restando che, secondo la norma nazionale considerata, l'autore della nota di credito e il suo destinatario debbono aver concordato che la fornitura o la prestazione sia pagata con nota di credito, che quest'ultima deve essere stata indirizzata all'imprenditore che ha effettuato la prestazione e che la nota di credito cessa di essere equivalente alla fattura se il destinatario contesta l'indicazione dell'imposta ivi figurante.

19 Si deve rilevare, a questo proposito, che l'art. 22, n. 3, lett. a), della sesta direttiva si riferisce alla situazione normale, cioè all'emissione, da parte del soggetto passivo che fornisce i beni o presta i servizi, di una fattura o di un documento ad essa equivalente.

20 Tuttavia, come ha sottolineato l'avvocato generale ai paragrafi 29 e seguenti delle sue conclusioni, poiché lo scopo di tale disposizione è quello di assicurare l'esatta riscossione della tassa e di evitare frodi, nulla osta a che il documento considerato sia rilasciato dal destinatario dei beni o dei servizi, sempreché in esso figurino le menzioni prescritte per la fattura e il soggetto passivo che fornisce i beni o presta i servizi sia stato posto in grado, se del caso, di domandare la rettifica di quanto in esso contenuto.

21 Invero, in siffatta ipotesi, dal momento che è investito di un siffatto potere di controllo, il soggetto passivo può essere considerato come l'autore del documento, alla redazione del quale egli avrebbe in qualche modo delegato il suo cliente. La nota di credito soddisfa quindi la funzione di documento comprovante i diritti e gli obblighi del soggetto passivo in materia di IVA, essendo in esso contenute le medesime informazioni della fattura ordinaria ed essendo il soggetto passivo libero di approvarne il contenuto.

22 Come hanno giustamente osservato i governi tedesco e del Regno Unito, si deve rilevare che una nota di credito emessa dal destinatario dei beni o dei servizi costituisce, in numerosi casi, il mezzo migliore per rendere conto delle forniture o delle prestazioni effettuate, in quanto soltanto il destinatario dei beni o dei servizi è in grado di constatarne la conformità alle clausole contrattuali.

23 Ciò posto, dal fatto che l'art. 22, n. 3, lett. a), della sesta direttiva si limiti a prevedere l'emissione di una fattura o di un documento equivalente da parte del soggetto passivo fornitore dei beni o prestatore dei servizi non può inferirsi l'impossibilità per gli Stati membri di considerare un documento come equivalente alle fatture, per il solo motivo che è stato emesso dal destinatario dei beni o dei servizi.

24 La prima questione va pertanto risolta nel senso che l'art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva autorizza gli Stati membri a considerare come «documento equivalente ad una fattura» una nota di credito emessa dal destinatario dei beni o dei servizi, qualora contenga le indicazioni che la detta direttiva prescrive per le fatture, sia emessa con l'accordo del soggetto passivo fornitore dei beni o prestatore dei servizi e quest'ultimo possa contestare l'importo dell'IVA ivi indicato.

Sulla seconda questione

25 Con la seconda questione il giudice a quo intende accertare se il soggetto passivo che non ha contestato l'indicazione, figurante in una nota di credito facente le veci di una fattura, di un importo IVA superiore a quello dovuto in base alle operazioni imponibili, possa essere considerato la persona che ha indicato tale importo e, quindi, se sia debitore dell'importo indicato, ai sensi dell'art. 21, punto 1, lett. c), della direttiva.

26 Si deve ricordare a questo proposito che l'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva dispone che l'imposta sul valore aggiunto è dovuta in regime interno «da chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci».

27 Dal momento che, come nella fattispecie oggetto della causa a qua, una nota di credito fa le veci di una fattura, il soggetto passivo deve considerarsi la persona che ha effettivamente indicato l'IVA in tale nota di credito, ai sensi dell'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva, e che, pertanto, è debitore dell'importo indicato.

28 Invero, se si dovesse decidere altrimenti, parte dell'IVA indicata nel documento facente le veci di fattura non dovrebbe essere pagata dal soggetto passivo, pur se, come sottolineato nell'ordinanza di rinvio, tale IVA avrebbe potuto essere detratta per intero dal destinatario dei beni o dei servizi, con la conseguenza che ciò faciliterebbe eventuali frodi o collusioni in contrasto con il buon funzionamento del sistema comune di IVA istituito dalla sesta direttiva e con l'obiettivo da esso perseguito di garantire la riscossione dell'IVA e il suo controllo da parte dell'amministrazione tributaria.

29 La seconda questione va pertanto risolta nel senso che il soggetto passivo che non ha contestato l'indicazione contenuta in una nota di credito facente le veci di fattura di un importo IVA superiore a quello che è dovuto in base alle operazioni imponibili può essere considerato il soggetto che ha indicato tale importo e che è quindi debitore dell'importo indicato ai sensi dell'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva.

Sulla terza questione

30 Tenuto conto della soluzione data alla seconda questione, non è necessario risolvere la terza.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

31 Le spese sostenute dal governi tedesco, ellenico e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesfinanzhof con ordinanza 14 marzo 1996, dichiara:

1) L'art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che esso autorizza gli Stati membri a considerare come «documento equivalente ad una fattura» una nota di credito emessa dal destinatario dei beni o dei servizi, qualora contenga le indicazioni che la detta direttiva prescrive per le fatture, sia emessa con l'accordo del soggetto passivo che fornisce i beni o presta i servizi e quest'ultimo possa contestare l'importo dell'imposta sul valore aggiunto ivi indicato.

2) Il soggetto passivo che non ha contestato l'indicazione contenuta in una nota di credito facente le veci di fattura di un importo di imposta sul valore aggiunto superiore a quello che è dovuto in base alle operazioni imponibili può essere considerato il soggetto che ha indicato tale importo e che è quindi debitore dell'importo indicato ai sensi dell'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva 77/338.