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61997J0085

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 19 novembre 1998. - Société financière d'investissements SPRL (SFI) contro Stato belga. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de première instance de Liège - Belgio. - IVA - Termine di prescrizione - Dies a quo - Modalità di calcolo. - Causa C-85/97.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-07447


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposta sulla cifra di affari - Sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto - Recupero dell'imposta - Termine di prescrizione - Modalità procedurali nazionali - Requisiti di applicazione

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 4 e 10)

2 Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposta sulla cifra di affari - Sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto - Detrazione dell'imposta versata a monte - Applicazione ai benefici in natura concessi da un'impresa ai propri dipendenti a prescindere dallo Stato in cui sia stabilito il prestatore di lavoro

(Direttive del Consiglio 67/227/CEE e 77/388/CEE)

Massima


1 Gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, non ostano ad una prassi nazionale consistente, per operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto poste in essere da una società prima dell'attribuzione di una partita IVA nei suoi confronti, nel fissare il dies a quo del termine di prescrizione relativo al recupero di tale imposta al ventesimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale è avvenuta l'attribuzione della detta partita.

Atteso che nei detti articoli non viene stabilito il dies a quo del termine di prescrizione relativo al recupero dell'imposta sul valore aggiunto e che nessun'altra disposizione della sesta direttiva disciplina tale materia, gli Stati membri sono autorizzati ad applicare le proprie norme procedurali, sempreché queste non risultino meno favorevoli rispetto a quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna né congegnate in modo tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

2 Il principio della deduzione dall'imposta sul valore aggiunto, di cui i soggetti passivi sono debitori, dell'imposta alla quale le merci siano già state assoggettate a monte ha portata generale. Pertanto, né la prima direttiva 67/227 né la sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari, operano alcuna distinzione a seconda che una prestazione di servizi venga effettuata da un prestatore stabilito sul territorio nazionale o da un prestatore stabilito in un altro Stato membro.

Conseguentemente, la prima e la sesta direttiva ostano a che l'imposta sul valore aggiunto relativa ad un vantaggio concesso ad un lavoratore dal datore di lavoro sotto forma di messa a disposizione di un autoveicolo ad uso privato sia calcolata includendo nella base imponibile l'imposta sul valore aggiunto pagata dal datore di lavoro in un altro Stato membro sul noleggio di tale autoveicolo mentre, se l'autoveicolo fosse stato noleggiato nello Stato membro interessato, la base imponibile non avrebbe compreso l'imposta sul valore aggiunto pagata.

Parti


Nel procedimento C-85/97,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, dal Tribunal de première instance di Liegi (Belgio) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Société financière d'investissements SPRL (SFI)

e

Stato belga,

domanda vertente sull'interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), nonché dell'art. 95 del Trattato CE,

LA CORTE

(Quarta Sezione),

composta dai signori J.L. Murray (relatore), facente funzione di presidente della Quarta Sezione, H. Ragnemalm e K.M. Ioannou, giudici,

avvocato generale: J. Mischo

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Société financière d'investissements SPRL (SFI), dagli avv.ti Jean-Pierre Bours e Xavier Thiebaut, del foro di Liegi;

- per il governo belga, dal signor Jan Devadder, consigliere generale presso il ministero degli Affari esteri, del Commercio con l'estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente, assistito dall'avv. Bernard van de Walle de Ghelcke, del foro di Bruxelles;

- per il governo tedesco, dal signor Ernst Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente;

- per il governo del Regno Unito, dal signor John E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Hélène Michard e dal signor Enrico Traversa, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Société financière d'investissements SPRL (SFI), con l'avv. Xavier Thiebaut, del governo belga, rappresentato dagli avv.ti Bernard van de Walle de Ghelcke e Guido de Wit, del foro di Bruxelles, e della Commissione, rappresentata dalla signora Hélène Michard, all'udienza del 30 aprile 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 19 maggio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 24 febbraio 1997, pervenuta in cancelleria il 27 febbraio seguente, il Tribunal de première instance di Liegi ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nonché dell'art. 95 del Trattato CE.

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Société financière d'investissements SPRL (in prosieguo: la «SFI») e lo Stato belga in ordine alla determinazione del dies a quo del termine di prescrizione in materia di recupero dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») relativa alla messa a disposizione, a beneficio di uno dei dipendenti della detta società, di un autoveicolo noleggiato a Lussemburgo nonché in ordine al calcolo della base imponibile dell'imposta medesima.

La normativa belga

Per quanto attiene al dies a quo del termine di prescrizione relativo al recupero dell'IVA

3 L'art. 17, n. 1, del codice dell'IVA (in prosieguo: il «codice IVA») dispone:

«Per le cessioni di beni, il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta è dovuta al momento della consegna del bene.

Tuttavia, quando il prezzo sia, in tutto o in parte, fatturato o incassato in precedenza, l'imposta è dovuta, a seconda dei casi, al momento dell'emissione della fattura ovvero al momento dell'incasso, sulla base dell'importo fatturato o incassato.

Inoltre, l'imposta è dovuta nel momento contrattualmente fissato per il pagamento, totale o parziale, del prezzo fino a concorrenza dell'importo dovuto, qualora tale momento sia precedente a quelli previsti dai due commi precedenti».

4 L'art. 81 del codice IVA prevede che:

«L'azione di recupero dell'imposta, degli interessi e delle sanzioni fiscali si prescrive in cinque anni a decorrere dal giorno in cui essa è sorta».

5 L'art. 16, primo e secondo comma, del regio decreto 23 luglio 1969, n. 1, relativo alle misure dirette a garantire il pagamento dell'IVA (Moniteur belge, 1969, pag. 7380), recita:

«Il soggetto passivo è tenuto a presentare all'ufficio di controllo dell'imposta sul valore aggiunto competente nei suoi confronti, entro il ventesimo giorno di ciascun mese, la dichiarazione prevista dall'articolo 50, n. 1, punto 3_, del codice.

Il soggetto passivo la cui cifra d'affari annua, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, non ecceda l'importo di venti milioni di franchi presenta solo una dichiarazione trimestrale entro il ventesimo giorno del mese successivo a ciascun trimestre civile. Esso può essere tuttavia autorizzato, alle condizioni fissate dal ministro delle Finanze o da un suo delegato, alla presentazione di una dichiarazione entro il ventesimo giorno di ciascun mese.

(...)».

Per quanto attiene al calcolo dell'IVA

6 L'art. 32 del codice IVA dispone:

«In caso di permuta e, più in generale, quando il corrispettivo sia dato da una prestazione non consistente unicamente in una somma di denaro, tale prestazione è computata, ai fini del calcolo dell'imposta, al suo valore normale.

Il valore normale è costituito dal prezzo realizzabile all'interno del paese per ognuna delle prestazioni, al momento in cui l'imposta è dovuta, in condizioni di piena concorrenza tra un fornitore e un acquirente indipendenti, operanti nella stessa fase del processo di commercializzazione».

7 Ai sensi dell'art. 28, punto 6_, del codice IVA:

«La base imponibile non comprende:

(...)

6_ l'imposta sul valore aggiunto in quanto tale».

La normativa comunitaria

8 Ai sensi dell'art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301; in prosieguo: la «prima direttiva»),

«il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell'applicare ai beni ed ai servizi un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione.

A ciascuna transazione, l'imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

(...)».

9 L'art. 4 della sesta direttiva, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte il 1_ gennaio 1993, definiva il soggetto passivo nei termini seguenti:

«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(...)».

10 A termini dell'art. 10 della sesta direttiva, intitolato «Fatto generatore ed esigibilità dell'imposta»,

«1. Si considera

a) fatto generatore dell'imposta il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l'esigibilità dell'imposta;

b) esigibilità dell'imposta il diritto che l'Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell'imposta, anche se il pagamento può essere differito.

2. Il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta diventa esigibile all'atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. Le cessioni di beni diverse da quelle di cui all'articolo 5, paragrafo 4, lettera b), e le prestazioni di servizi che comportano successivi versamenti di acconti o pagamenti, si considerano effettuate all'atto della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali acconti o pagamenti.

(...)».

11 L'art. 22 della sesta direttiva, intitolato «Obblighi nel regime interno», recita:

«1. Ogni soggetto passivo deve dichiarare l'inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo.

(...)

4. Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione entro un termine che dovrà essere stabilito dagli Stati membri. Tale termine non dovrà superare di due mesi la scadenza di ogni periodo fiscale. Il periodo fiscale può essere fissato dagli Stati membri in un mese, due mesi, ovvero un trimestre. Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire periodi diversi, non comunque superiori ad un anno.

Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l'importo dell'imposta esigibile e quello delle deduzioni da operarsi, compreso - eventualmente e qualora risulti necessario per fissare la base imponibile - l'importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonché l'importo globale delle operazioni esenti».

La causa principale

12 La SFI veniva costituita con atto notarile del 21 ottobre 1981 con la denominazione «SPRL Constructions et investissements». In pari data le veniva attribuita una partita IVA per l'attività «operazioni immobiliari». Non essendo stata effettuata alcuna operazione imponibile, tale partita veniva cancellata il 1_ gennaio 1982.

13 A seguito del cambiamento della sua denominazione in «Société financière d'investissements» e dell'ampliamento del proprio oggetto sociale avvenuti l'8 settembre 1988, la SFI presentava, il 26 aprile 1989, una domanda diretta alla riattribuzione di una partita IVA.

14 Mentre il procedimento di riattribuzione di una partita IVA era sempre in corso, la SFI presentava, il 16 maggio 1989, una dichiarazione IVA relativa all'esercizio 1_ gennaio 1988 - 31 dicembre 1988. Il 1_ giugno 1989 alla società veniva riattribuita una partita IVA.

15 A seguito di una verifica effettuata il 2 febbraio 1993 e relativa al periodo compreso tra il 1_ gennaio 1988 ed il 31 dicembre 1991, l'amministrazione finanziaria accertava una serie di irregolarità comportanti l'obbligo per la SFI di rimborsare, a titolo di IVA, la somma di 4 062 889 BFR in capitale e redigeva un accertamento di rettifica.

16 Il 12 gennaio 1994 il ricevitore del primo ufficio di riscossione IVA di Liegi emetteva un'ingiunzione di pagamento per la detta somma, oltre a interessi di mora in ragione dello 0,8% mensile a decorrere dal 1_ gennaio 1992 e oltre a una sanzione pecuniaria di 609 000 BFR, ingiunzione che veniva resa esecutiva il 21 gennaio e notificata il 26 gennaio seguente.

17 Il 14 marzo 1994 lo Stato belga faceva notificare alla SFI un precetto di pagamento per gli importi di 3 864 231 BFR a titolo di IVA, di 203 000 BFR a titolo di sanzioni pecuniarie e di 309 120 BFR a titolo di interessi legali liquidati al 20 marzo 1994.

18 Avverso l'ingiunzione del 12 gennaio 1994 la SFI proponeva opposizione, il 1_ aprile 1994, dinanzi al Tribunal de première instance di Liegi.

19 Nell'ambito di tale ricorso, la SFI sostiene che la tesi dell'amministrazione belga, secondo cui il dies a quo del termine di prescrizione dovrebbe essere fissato alla data in cui la società era tenuta, in considerazione dell'attribuzione di una partita IVA nei suoi confronti, avvenuta il 1_ giugno 1989, a presentare la prima dichiarazione, vale a dire il 20 luglio 1989, sarebbe incompatibile con gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva. A suo parere, l'azione di recupero dell'IVA relativa al periodo antecedente al 31 dicembre 1988 era prescritta. Il dies a quo del termine di prescrizione sarebbe infatti la data di esigibilità che, ai sensi dell'art. 17 del codice IVA, corrisponde alla data del fatto generatore dell'imposta, rappresentata dalle consegne dei beni o dalle prestazioni di servizi soggette all'IVA.

20 La controversia tra la SFI e lo Stato belga verte anche sulle modalità di calcolo del vantaggio in natura costituito dalla messa a disposizione a beneficio di un impiegato della società, per i suoi spostamenti privati, di un veicolo noleggiato dalla SFI presso una società stabilita in Lussemburgo. La SFI contesta infatti all'amministrazione finanziaria belga il fatto di avere incluso nella base di calcolo di tale vantaggio l'IVA da essa versata in Lussemburgo mentre, ove il veicolo fosse stato noleggiato in Belgio, la base imponibile non avrebbe compreso l'IVA. Secondo la SFI, il metodo di calcolo applicato dall'amministrazione belga è non solo contrario all'art. 95 del Trattato, ma anche al principio di neutralità fiscale sancito dalla sesta direttiva.

21 Ritenendo che la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente dipendesse dall'interpretazione della sesta direttiva nonché dell'art. 95 del Trattato, il Tribunal de première instance di Liegi ha deciso di sospendere il giudizio e di sollevare le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la posizione sostenuta dall'amministrazione dell'IVA, consistente nel far decorrere il termine di prescrizione relativo al recupero dell'imposta dal 20 del mese successivo al trimestre nel corso del quale è avvenuta l'attribuzione della partita IVA, per atti assoggettati ad IVA e compiuti prima di tale attribuzione, sia compatibile con gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva IVA.

2) Se un sistema con il quale l'IVA relativa ad un vantaggio in natura concesso ad un dipendente di una società è calcolata come "compresa" quando dal datore di lavoro viene pagata l'IVA belga e "non compresa" quando viene pagata l'IVA di un altro Stato membro sia o meno incompatibile con l'art. 95 del Trattato di Roma e col principio di "neutralità fiscale" sancito dalla sesta direttiva IVA».

Sulla prima questione

22 Con la prima questione, il giudice a quo chiede sostanzialmente se gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva ostino ad una prassi nazionale consistente, per atti soggetti all'IVA posti in essere da una società prima dell'attribuzione di una partita IVA nei suoi confronti, nel far decorrere il termine di prescrizione relativo al recupero di tale imposta dal ventesimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale è avvenuta l'attribuzione della partita IVA.

23 Si deve rilevare anzitutto che l'art. 4 della sesta direttiva definisce la nozione di soggetto passivo. Quanto all'art. 10, esso riguarda, come indica il titolo sotto il quale figura, la questione del fatto generatore nonché quella della «esigibilità dell'imposta». Tale norma consente di determinare la data in cui sorge il debito fiscale.

24 Quanto all'art. 22, il n. 4 disciplina la presentazione delle dichiarazioni da parte dei soggetti passivi - in particolare, la loro periodicità ed il loro contenuto - ed il successivo n. 5 stabilisce che l'importo dell'imposta deve essere versato dal soggetto passivo al momento della presentazione della dichiarazione, a meno che non sia stata prevista un'altra scadenza ovvero la riscossione di acconti.

25 Si deve quindi necessariamente constatare che nessuna di tali disposizioni stabilisce il dies a quo del termine di prescrizione relativo al recupero dell'IVA. Peraltro, dall'esame della sesta direttiva non emerge alcun'altra disposizione riguardante tale questione.

26 Ora, risulta da una giurisprudenza costante che, in mancanza di disciplina comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetto diretto, purché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né congegnate in modo tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (v., in particolare, sentenza 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc. pag. I-4599, punto 12).

27 Nella fattispecie, è pacifico che queste due condizioni ricorrano.

28 La SFI asserisce tuttavia che la prassi dell'amministrazione belga violerebbe il principio di uguaglianza atteso che un soggetto passivo può esercitare il proprio diritto a una deduzione dell'IVA solamente entro un termine di cinque anni a decorrere dalla data in cui tale diritto è sorto, vale a dire a decorrere dalla data in cui l'imposta è dovuta, mentre il termine di prescrizione di cinque anni inizia a decorrere per l'amministrazione finanziaria alla data in cui la dichiarazione, in linea di principio, dev'essere effettuata.

29 Si deve anzitutto ricordare al riguardo che, quando una normativa nazionale rientra nella sfera di applicazione del diritto comunitario, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari alla valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di detta normativa con i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto (sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. pag. I-2925, punto 42).

30 Si deve poi rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio generale dell'uguaglianza costituisce uno dei principi fondamentali del diritto comunitario e che, in applicazione di esso, situazioni analoghe non possono venir regolate in modo diverso, salvo che una differenziazione non sia obiettivamente giustificata (sentenza 12 marzo 1987, causa 215/85, Balm, Racc. pag. 1279, punto 23).

31 Nel caso di specie, è innegabile che la materia dell'IVA rientri nella sfera di applicazione del diritto comunitario. La circostanza che, in mancanza di una disciplina comunitaria, gli Stati siano autorizzati ad applicare le proprie disposizioni procedurali nulla toglie a tale constatazione.

32 Tuttavia, la situazione dell'amministrazione dell'IVA non può essere paragonata a quella di un soggetto passivo. L'amministrazione giunge infatti a conoscenza dei dati necessari per fissare l'importo dell'imposta esigibile e quello delle deduzioni da operare solo e non prima della data di presentazione della dichiarazione di cui all'art. 22, n. 4, della sesta direttiva, il che corrisponde, nel caso di specie, al ventesimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale è avvenuta l'attribuzione della partita IVA. In caso di inesattezza nella dichiarazione o quando questa risulti incompleta, è solamente a decorrere da tale momento che l'amministrazione può procedere al recupero dell'imposta non assolta.

33 Pertanto, il fatto che il termine di prescrizione di cinque anni inizi a decorrere nei confronti dell'amministrazione finanziaria dalla data in cui, in linea di principio, la dichiarazione deve essere presentata, mentre il singolo può esercitare il proprio diritto a una deduzione solamente entro un termine di cinque anni a decorrere dalla data in cui tale diritto è sorto, non è tale da ledere il principio di uguaglianza.

34 La SFI sostiene peraltro che la posizione dell'amministrazione belga sarebbe fonte di incertezza del diritto.

35 Tale argomento non può essere accolto. Come giustamente rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 16 delle sue conclusioni, la normativa nazionale controversa, assumendo come punto di partenza dei rapporti tra l'amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo la data in cui l'amministrazione ha preso atto della dichiarazione di inizio di attività prevista dall'art. 22, n. 1, della sesta direttiva, tiene conto delle esigenze di certezza del diritto in quanto, una volta attribuitagli la partita IVA, il soggetto passivo non può più avere dubbi quanto al termine di cui dispone per assolvere i propri obblighi periodici né, conseguentemente, quanto al termine di prescrizione di cui può beneficiare.

36 Dalle considerazioni che precedono risulta che gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva non ostano ad una prassi nazionale consistente, per operazioni soggette all'IVA poste in essere da una società prima dell'attribuzione di una partita IVA nei suoi confronti, nel fissare il dies a quo del termine di prescrizione relativo al recupero di tale imposta al ventesimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sia avvenuta l'attribuzione della detta partita.

Sulla seconda questione

37 Con la seconda questione, il giudice a quo chiede sostanzialmente se l'art. 95 del Trattato e la sesta direttiva ostino a che l'IVA relativa ad un vantaggio concesso ad un lavoratore dal datore di lavoro di questi sotto forma di messa a disposizione di un autoveicolo ad uso privato sia calcolata includendo nella base imponibile l'IVA pagata dal datore di lavoro in un altro Stato membro sul noleggio dell'autoveicolo medesimo, mentre, se il veicolo fosse stato noleggiato nello Stato interessato, la base imponibile non avrebbe compreso l'IVA versata.

38 Per risolvere tale questione è sufficiente ricordare che il sistema comune dell'IVA, istituito dalla prima direttiva sulla base degli artt. 99 e 100 del Trattato CEE, consiste, a norma dell'art. 2, primo comma, di tale direttiva, nell'applicare ai beni ed ai servizi, fino allo stadio del commercio al dettaglio compreso, un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione. Tuttavia, come precisato nel secondo comma della stessa disposizione, a ciascuna transazione l'IVA è esigibile solo previa deduzione dell'ammontare dell'IVA che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. Il sistema delle deduzioni è congegnato dall'art. 17, n. 2, della sesta direttiva, in maniera tale che solo i soggetti passivi sono autorizzati a dedurre dall'IVA di cui sono debitori l'imposta alla quale le merci siano già state assoggettate a monte (sentenza 5 maggio 1982, causa 15/81, Schul, Racc. pag. 1409, punto 10).

39 Si deve rilevare che il principio di deduzione testè esposto ha portata generale. Pertanto, né la prima direttiva né la sesta direttiva operano alcuna distinzione a seconda che una prestazione di servizi venga effettuata da un prestatore stabilito sul territorio nazionale o da un prestatore stabilito in un altro Stato membro.

40 Alla luce delle considerazioni che precedono, non è necessario che la Corte si pronunci sulla questione nella parte in cui essa riguarda l'art. 95 del Trattato.

41 La seconda questione deve essere quindi risolta nel senso che la prima e la sesta direttiva ostano a che l'IVA relativa ad un vantaggio concesso ad un lavoratore dal datore di lavoro di questi sotto forma di messa a disposizione di un autoveicolo ad uso privato sia calcolata includendo nella base imponibile l'IVA pagata dal datore di lavoro in un altro Stato membro sul noleggio di tale autoveicolo mentre, se l'autoveicolo fosse stato noleggiato nello Stato membro interessato, la base imponibile non avrebbe compreso l'IVA pagata.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

42 Le spese sostenute dai governi belga, tedesco e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quarta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal de première instance di Liegi con sentenza 24 febbraio 1997, dichiara:

1) Gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non ostano ad una prassi nazionale consistente, per operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto poste in essere da una società prima dell'attribuzione di una partita IVA nei suoi confronti, nel fissare il dies a quo del termine di prescrizione relativo al recupero di tale imposta al ventesimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale è avvenuta l'attribuzione della detta partita.

2) La prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari, e la sesta direttiva 77/388/CEE, ostano a che l'imposta sul valore aggiunto relativa ad un vantaggio concesso ad un lavoratore dal datore di lavoro di questi sotto forma di messa a disposizione di un autoveicolo ad uso privato sia calcolata includendo nella base imponibile l'imposta sul valore aggiunto pagata dal datore di lavoro in un altro Stato membro sul noleggio di tale autoveicolo mentre, se l'autoveicolo fosse stato noleggiato nello Stato membro interessato, la base imponibile non avrebbe compreso l'imposta sul valore aggiunto pagata.