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61997J0311

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 29 aprile 1999. - Royal Bank of Scotland plc contro Elliniko Dimosio (Stato ellenico). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Dioikhtiko Protodikeio Peiraios - Grecia. - Libertà di stabilimento - Normativa fiscale - Imposte sugli utili delle società. - Causa C-311/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-02651


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Normativa fiscale - Imposta sugli utili delle società - Società che opera nel territorio nazionale senza avervi sede - Imposta superiore a quella applicabile alle società residenti - Inammissibilità

(Trattato CE, artt. 52 e 58)

Massima


Gli artt. 52 e 58 del Trattato debbono essere interpretati nel senso che si oppongono ad una normativa di uno Stato membro la quale, per le società che hanno sede in un altro Stato membro ed operano nel primo Stato membro tramite un centro di attività stabile ivi situato, escluda la possibilità di beneficiare di un'aliquota d'imposta sugli utili più bassa, possibilità che è riconosciuta solo alle società che hanno sede nel primo Stato membro, allorché non esiste alcuna disparità di situazione oggettiva tra queste due categorie di società tale da giustificare una simile disparità di trattamento.

Parti


Nel procedimento C-311/97,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Dioikitiko Protodikeio del Pireo (Grecia) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Royal Bank of Scotland plc,

e

Elliniko Dimosio (Stato ellenico),

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 7 del Trattato CEE (divenuto l'art. 6 del Trattato CE) e 52 del Trattato CE,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori P. Jann, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward, L. Sevón e M. Wathelet (relatore), giudici,

avvocato generale: S. Alber

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Royal Bank of Scotland plc, dall'avv. K. Papakostopoulos del foro di Atene;

- per il governo ellenico, dal signor V. Kyriazopoulos, procuratore presso l'Avvocatura dello Stato, e dalla signora G. Alexaki, avvocato presso il servizio speciale del contenzioso comunitario del ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti;

- per il governo francese, dalla signora K. Rispal-Bellanger, vicedirettore del servizio «Diritto economico internazionale e Diritto comunitario» presso la direzione «Affari giuridici» del ministero degli Affari esteri, e dal signor G. Mignot, segretario agli affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalle signore M. Condou-Durande e H. Michard, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Royal Bank of Scotland plc, del governo ellenico e della Commissione all'udienza dell'8 ottobre 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 19 novembre 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 30 giugno 1997, pervenuta alla Corte l'8 aprile successivo, il Dioikitiko Protodikeio del Pireo ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale sull'interpretazione degli artt. 7 del Trattato CEE (divenuto l'art. 6 del Trattato CE) e 52 del Trattato CE.

2 Detta questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia fra la Royal Bank of Scotland plc (in prosieguo: la «Royal Bank of Scotland») e la DOY (autorità che gestisce le imposte dirette delle società per azioni) riguardo all'aliquota dell'imposta applicabile agli utili percepiti in Grecia, a titolo dell'esercizio 1994/1995, dalla succursale di detta banca, aliquota che è superiore a quella prevista per le banche che hanno sede in Grecia.

3 La Royal Bank of Scotland ha sede nel Regno Unito ed opera in Grecia tramite una succursale con sede al Pireo.

4 Il 14 febbraio 1996 la Royal Bank of Scotland presentava alla DOY del Pireo la propria dichiarazione relativa all'imposta sul reddito per l'esercizio finanziario 1994/1995. Essa dichiarava che, per il periodo compreso tra il 1_ ottobre 1994 e il 30 settembre 1995, gli utili imponibili a titolo delle attività della sua succursale ammontavano a DR 1 031 256 016 e che, applicando l'aliquota d'imposta del 40% prevista dall'art. 109, n. 1, lett. a), della legge del 16 settembre 1994, n. 2238 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, n. 151, A; in prosieguo: la «legge n. 2238/1994»), l'imposta su detti utili ammontava a DR 412 502 406.

5 La Royal Bank of Scotland inseriva nella sua dichiarazione d'imposta una riserva secondo cui gli utili della sua succursale avrebbero dovuto essere tassati ai sensi dell'art. 109, n. 1, lett. b), della legge n. 2238/1994, ossia in base all'aliquota del 35% applicata alle banche elleniche.

6 In detta riserva la Royal Bank of Scotland, considerando che l'applicazione dell'aliquota del 40% la sottoponeva ad una tassazione più pesante di quella cui sono soggette le banche elleniche, invocava innanzi tutto l'art. XVI della convenzione tra la Repubblica ellenica e il Regno Unito volta ad evitare la doppia imposizione e a prevenire l'evasione fiscale in materia di imposte sul reddito, stipulata il 25 giugno 1953 e ratificata in Grecia con decreto legge n. 2732/1953 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica n. 329, del 12 novembre 1953, A), a norma del quale «1. [i] cittadini di uno degli Stati contraenti non sono soggetti, sul territorio dell'altro Stato contraente, ad alcuna imposizione fiscale né ad alcun obbligo ad essa relativo che siano diversi, maggiori o più onerosi dell'imposizione fiscale e dei relativi obblighi cui sono, o possono essere assoggettati, i cittadini dell'altro Stato contraente». Essa invocava altresì l'art. 52, primo comma, del Trattato, sostenendo di essere vittima di un trattamento fiscale discriminatorio.

7 Con lettera n. 3814 del 19 febbraio 1996 il direttore della DOY del Pireo respingeva la riserva affermando che la Royal Bank of Scotland era soggetta, per quel che riguardava le imposte sul reddito, all'art. 109, n. 1, lett. a), della legge n. 2238/1994, il quale prevede un'aliquota d'imposta del 40% per le società e gli enti stranieri che svolgono attività a scopo di lucro in Grecia.

8 La Royal Bank of Scotland ha presentato un ricorso di annullamento contro la decisione di rigetto della riserva, sollecitando inoltre il rimborso di una somma pari a DR 51 562 800, che essa sostiene di aver versato illegittimamente, oltre agli interessi legali.

9 L'imposta sul reddito delle persone fisiche e giuridiche è disciplinata in Grecia dalla legge n. 2238/1994, che costituisce il codice dell'imposizione fiscale sui redditi (in prosieguo: il «codice»).

10 Per quanto riguarda le persone giuridiche, emerge dall'art. 98 del codice che l'imposta è applicata sul reddito netto complessivo, proveniente da qualsiasi fonte, percepito da qualunque persona giuridica considerata dall'art. 101 del codice stesso. Tra queste persone giuridiche figurano le società per azioni nazionali [art. 101, n. 1, lett. a), del codice] e «le imprese straniere costituite in qualsiasi forma sociale, nonché gli enti stranieri di qualunque genere che si prefiggano di conseguire utili economici» [art. 101, n. 1, lett. d)].

11 L'art. 99, n. 1, del codice stabilisce che è soggetto all'imposta sul reddito delle persone giuridiche:

«a) Per le società per azioni e le società a responsabilità limitata nazionali, ad eccezione degli istituti bancari e delle compagnie di assicurazione, il reddito o l'utile netto complessivo acquisito in Grecia o all'estero. Gli utili distribuiti corrispondono agli utili residui dopo deduzione dell'imposta sul reddito. Per gli istituti bancari e le compagnie di assicurazione nazionali, il reddito o l'utile netto complessivo acquisito in Grecia o all'estero, dopo deduzione della parte corrispondente alle entrate non imponibili o ai redditi soggetti ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale. Per determinare la frazione degli utili corrispondenti alle entrate non imponibili o ai redditi soggetti ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale, gli utili netti complessivi sono ripartiti in proporzione all'importo delle entrate imponibili e di quelle non imponibili o dei redditi soggetti ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale.

(...)

d) Per le imprese straniere che operano in Grecia, costituite in qualsiasi forma sociale, nonché per gli enti stranieri di qualunque natura che si prefiggono di conseguire utili economici, il reddito o l'utile netto di origine nazionale nonché l'utile netto proveniente dal centro di attività stabile dell'impresa in Grecia ai sensi dell'art. 100. Ai fini dell'individuazione degli utili imponibili delle succursali di istituti bancari e di compagnie di assicurazione che operano legittimamente in Grecia e che acquisiscono altresì redditi esenti da imposta o soggetti ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale, dagli utili netti di cui al comma precedente viene dedotta la frazione corrispondente ai redditi suddetti, calcolata ripartendo tali utili in proporzione alle entrate lorde soggette ad imposta, nonché la frazione dei redditi esenti o soggetti ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale».

12 Ai sensi dell'art. 100, n. 1, lett. a), del codice, vi è centro di attività stabile di una società o ente straniero in Grecia se detta società o detto ente:

«possiede in Grecia uno o più magazzini, agenzie, succursali, uffici, depositi, officine o laboratori e impianti per lo sfruttamento delle risorse materiali».

13 L'art. 105 del codice definisce le modalità per l'individuazione del reddito lordo e di quello netto delle persone giuridiche. Esso non distingue tra società nazionali e straniere.

14 La determinazione dell'aliquota dell'imposta è disciplinata dall'art. 109 del codice, il quale dispone:

«1. L'imposta è calcolata sul reddito imponibile complessivo della persona giuridica, secondo la categoria dei soggetti passivi, nel modo seguente:

a) le società per azioni nazionali, le cui azioni alla scadenza del periodo imponibile sono al portatore e non quotate alla borsa di Atene, nonché le società e gli enti stranieri che si prefiggono di conseguire utili economici sono soggetti ad un'aliquota del 40%;

b) le altre società per azioni nazionali sono soggette ad un'aliquota del 35%. Nel caso di società per azioni nazionali aventi azioni nominative e al portatore non quotate alla borsa di Atene, l'aliquota prevista per il caso a) è applicata alla quota di profitto proporzionalmente corrispondente al numero delle azioni al portatore. Ai fini dell'individuazione della suddetta quota di profitto, si ripartiscono gli utili complessivi netti proporzionalmente al numero di azioni nominative e al portatore risultanti dai libri tenuti alla scadenza dell'esercizio imponibile».

15 Per quanto riguarda le banche, bisogna aggiungere che l'art. 109 del codice è stato modificato dall'art. 13, n. 4, della legge n. 2459/1997, ai sensi del quale l'aliquota dell'imposta sugli utili delle banche con sede in Grecia è passata dal 35 al 40% e corrisponde ormai esattamente a quella applicabile agli utili delle succursali di società straniere. Questa modifica riguarda tuttavia soltanto gli utili che risultano dai bilanci chiusi dopo il 31 dicembre 1996 e non si applica pertanto alla fattispecie della causa de qua.

16 Infine, occorre precisare che, ai sensi dell'art. 11 a, n. 2, della legge n. 2190/1920, le azioni degli istituti di credito sono nominative. Conformemente alla legge n. 5076/1931, relativa alle società per azioni e alle banche, queste ultime possono essere costituite ed operare solo in forma di società per azioni.

17 Con sentenza 30 giugno 1997 il Dioikitiko Protodikeio del Pireo, nutrendo dubbi sulla compatibilità della normativa nazionale con il diritto comunitario, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la citata disposizione dell'art. 109, n. 1, lett. a), del codice dell'imposizione fiscale sui redditi, introdotto con legge n. 2238/1994 (GU della Repubblica ellenica 151, A), che impone un diverso onere fiscale a carico delle società straniere per mezzo dell'applicazione di un'aliquota impositiva del 40% sui loro redditi imponibili, rispetto alle società nazionali, cui viene applicata un'aliquota impositiva del 35%, sia consentita e tollerata dal diritto comunitario, in particolare se sia conforme agli artt. 7 e 52 del Trattato; se cioè lo Stato ellenico abbia il diritto di imporre il suddetto diverso trattamento fiscale a carico delle società straniere».

18 Con la sua questione il giudice di rinvio chiede in sostanza se una normativa di uno Stato membro come la normativa fiscale de qua, che per le società che hanno sede in un altro Stato membro ed operano nel primo Stato membro tramite un centro di attività stabile ivi situato esclude la possibilità di beneficiare di un'aliquota d'imposta sugli utili più bassa, possibilità riconosciuta alle sole società aventi sede nel primo Stato membro, sia compatibile con il diritto comunitario, in particolare con gli artt. 7 del Trattato CEE (divenuto l'art. 6 del Trattato CE) e 52 del Trattato CE.

19 Si deve ricordare anzitutto che, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario astenendosi da qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza (v. sentenze 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, Racc. pag. I-225, punti 21 e 26; 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx, Racc. pag. I-2493, punto 16; 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher, Racc. pag. I-3089, punto 36, e 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer, Racc. pag. I-2471, punto 19).

20 Va altresì ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte, il principio generale del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità, sancito dall'art. 7 del Trattato CEE (divenuto l'art. 6 del Trattato CE), è stato applicato, nelle singole materie che essi disciplinano, dagli articoli 48, 52 e 59 del Trattato. Ne consegue che quando una normativa è incompatibile con tali articoli lo è altresì con l'art. 6 del Trattato (sentenza 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1461, punto 12). Detto articolo, del resto, tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non stabilisce norme specifiche di non discriminazione (sentenze Commissione/Grecia, citata, punto 13, e 12 aprile 1994, causa C-1/93, Halliburton Services, Racc. pag. I-1137, punto 12).

21 Ora, è pacifico che l'art. 52 del Trattato mira essenzialmente ad attuare, nel campo delle attività non subordinate, il principio dell'uguaglianza di trattamento sancito dall'art. 6 dello stesso. Di conseguenza, quest'ultima disposizione non trova applicazione nella causa de qua.

22 L'art. 52 del Trattato è una delle disposizioni fondamentali del diritto comunitario ed è direttamente efficace negli Stati membri dalla scadenza del periodo transitorio. In forza di questa disposizione, la libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro implica l'accesso alle attività non subordinate e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di aziende secondo quanto stabiliscono le leggi del paese di stabilimento per i loro cittadini. L'abolizione delle restrizioni della libertà di stabilimento si estende alle restrizioni per la costituzione di agenzie, di succursali o di affiliate da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti nel territorio di un altro Stato membro (sentenza 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 13).

23 La libertà di stabilimento, che l'art. 52 attribuisce ai cittadini di un altro Stato membro e che implica per essi l'accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio nelle stesse condizioni fissate dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini, comprende, ai sensi dell'art. 58 del Trattato CE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l'amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una succursale o agenzia. Per le società, è importante rilevare in questo contesto che la loro sede nel senso summenzionato serve a determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato. Ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe quindi di contenuto questa disposizione (sentenza Commissione/Francia, citata, punto 18).

24 A questo proposito va osservato che emerge dal fascicolo e in particolare dallo stesso provvedimento di rinvio che l'art. 109 del codice introduce una disparità di trattamento nel calcolo dell'imposta sugli utili delle società a seconda che esse abbiano sede in Grecia o al di fuori di questo Stato membro. Infatti, agli utili delle società con sede in Grecia si applicano due aliquote d'imposta, in quanto tali società, in presenza di certe condizioni relative alla loro forma giuridica e alla natura delle azioni da esse emesse, possono beneficiare di un'aliquota d'imposta del 35% invece di quella del 40%. In compenso, una sola aliquota d'imposta, quella più elevata, si applica agli utili imponibili in Grecia delle società che hanno sede in un altro Stato membro, qualunque sia la loro forma giuridica e la natura delle azioni che esse emettono.

25 Peraltro, per poter esercitare un'attività bancaria in Grecia, la normativa nazionale sulle banche (ossia le leggi n. 2190/1920 e n. 5076/1936) esige che una società con sede in Grecia svolga detta attività in forma di società per azioni ed emetta azioni nominative, così che, di conseguenza, essa sfugge all'applicazione dell'aliquota d'imposta del 40% che l'art. 109, n. 1, lett. a), prevede per le sole «società per azioni nazionali, le cui azioni alla scadenza del periodo imponibile sono al portatore e non quotate alla borsa di Atene, e per le società ed enti stranieri che si prefiggono di conseguire utili economici». Di conseguenza, per quanto riguarda le banche, l'aliquota d'imposta più elevata si applica solo alle banche che hanno sede in un altro Stato membro e un centro di attività stabile in Grecia.

26 Per stabilire se una disparità di trattamento fiscale come quella che risulta dall'art. 109 del codice sia discriminatoria bisogna ricercare se, ai fini della tassazione degli utili realizzati in Grecia, una società avente sede in tale paese, da un lato, e una succursale in Grecia di una società avente sede in un altro Stato membro, dall'altro, versino in situazioni oggettivamente analoghe. Infatti, emerge da una costante giurisprudenza che una discriminazione consiste nell'applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell'applicazione della stessa norma a situazioni diverse (v., per esempio, sentenze Schumacker, citata, punto 30; Wielockx, citata, punto 17, e Asscher, citata, punto 40).

27 In materia di imposte dirette, la Corte ha ammesso, in cause relative alla tassazione dei redditi delle persone fisiche, che la situazione dei residenti e quella dei non residenti in un determinato Stato non sono di regola analoghe, in quanto presentano differenze oggettive per quanto attiene sia alla fonte dei redditi, sia alla capacità contributiva personale o ancora alla presa in considerazione della situazione personale e familiare (v. sentenze Schumacker, citata, punti 31-34; Wielockx, citata, punto 18, e Asscher, citata, punto 41). Tuttavia, essa ha precisato che in presenza di un vantaggio fiscale il cui godimento viene rifiutato ai non residenti, una disparità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti può essere qualificata come una discriminazione ai sensi del Trattato quando non sussiste alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento su tale punto tra le due categorie di contribuenti (v. sentenze Schumacker, citata, punti 36-38, e Asscher, citata, punto 42).

28 A questo riguardo bisogna osservare che, per quanto concerne le modalità di determinazione della base imponibile, la normativa fiscale ellenica, tra le società che hanno sede in Grecia e quelle che, pur avendo sede in un altro Stato membro, possiedono un centro di attività stabile in Grecia, non effettua una distinzione tale da dar vita ad una disparità di trattamento fra le due categorie di società. Infatti, come la Commissione ha rilevato nelle sue osservazioni scritte, senza essere contraddetta in udienza su questo punto, in attuazione del combinato disposto degli artt. 99, n. 1, lett. d), e 105 del codice, l'imposta è calcolata sia per le società nazionali sia per le società straniere sul reddito o utile netto dopo deduzione della parte corrispondente alle entrate non imponibili, utile che è determinato con queste modalità tanto per le società nazionali quanto per quelle straniere.

29 E' vero che le società con sede in Grecia sono ivi tassate sulla base del loro reddito globale (obbligo fiscale illimitato), mentre le società straniere che operano in tale Stato tramite un centro di attività stabile sono tassate sulla base dei soli utili che detto centro di attività realizza in tale paese (obbligo fiscale limitato). Tuttavia questa circostanza, che deriva dalla sovranità fiscale limitata dello Stato in cui ha origine il reddito rispetto a quella dello Stato in cui ha sede la società, non impedisce che si possa ritenere che le due categorie di società, a parità di tutte le altre condizioni, versino in situazioni analoghe quanto alle modalità di determinazione della base imponibile.

30 Di conseguenza, una normativa nazionale come la normativa fiscale ellenica che, da un lato, ai fini dell'imposta sul reddito, tra le società che hanno sede in Grecia e quelle che, pur avendo sede in un altro Stato membro, possiedono un centro di attività stabile in Grecia, non attua una distinzione tale da motivare, nell'ambito della medesima tassazione, una disparità di trattamento fra le due categorie di società e, dall'altro, instaura una disparità di trattamento per l'aliquota dell'imposta sul reddito, introduce una discriminazione nei confronti delle società che hanno sede in un altro Stato membro, in quanto fissa per queste ultime, indipendentemente dalla loro forma giuridica e dalla natura delle azioni che esse emettono, un'aliquota d'imposta del 40%, mentre il tasso del 35% si applica esclusivamente alle società con sede in Grecia.

31 Inoltre occorre aggiungere che, come il governo francese ha rilevato nelle sue osservazioni scritte, senza essere contraddetto in udienza su questo punto, il fatto che le differenti modalità di tassazione degli utili previste dall'art. 109 del codice non si basino su alcuna differenza oggettiva tra la situazione delle società con sede negli altri Stati membri e quella delle società con sede in Grecia trova conferma nella circostanza che, nell'ambito della convenzione stipulata fra la Repubblica ellenica e il Regno Unito per evitare la doppia imposizione, in particolare dei suoi articoli II, III e XVI, una succursale in Grecia di una banca avente sede nel Regno Unito costituisce un centro di attività stabile in Grecia equiparato sul piano fiscale ad una società residente, di modo che, a tale titolo, essa è convenzionalmente riconosciuta come trovantesi in una situazione oggettivamente analoga ad una società nazionale.

32 Occorre esaminare infine se una discriminazione come quella della causa de qua possa essere giustificata. Secondo una giurisprudenza costante, solo una disposizione derogatoria espressa, come l'art. 56 del Trattato CE, potrebbe rendere una simile discriminazione compatibile con il diritto comunitario (v. sentenze 26 aprile 1988, causa 352/85, Bond van Adverteerders e a., Racc. pag. 2085, punti 32 e 33, e 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collective Antennevoorziening Gouda e a., Racc. pag. I-4007, punto 11).

33 Va osservato, al riguardo, che il governo ellenico non ha invocato alcuna delle ragioni previste dall'art. 56 del Trattato per giustificare la discriminazione contenuta nella normativa in esame.

34 Pertanto, bisogna rispondere al giudice a quo che gli artt. 52 e 58 del Trattato debbono essere interpretati nel senso che si oppongono ad una normativa di uno Stato membro, come la normativa fiscale in esame, la quale, per le società che hanno sede in un altro Stato membro ed operano nel primo Stato membro tramite un centro di attività stabile ivi situato, escluda la possibilità di beneficiare di un'aliquota d'imposta sugli utili più bassa, possibilità che è riconosciuta solo alle società che hanno sede nel primo Stato membro, allorché non esiste alcuna disparità di situazione oggettiva tra queste due categorie di società tale da giustificare una simile disparità di trattamento.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

35 Le spese sostenute dai governi ellenico e francese nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Dioikitiko Protodikeio del Pireo con sentenza 30 giugno 1997, dichiara:

Gli artt. 52 e 58 del Trattato CE debbono essere interpretati nel senso che si oppongono ad una normativa di uno Stato membro, come la normativa fiscale in esame, la quale, per le società che hanno sede in un altro Stato membro ed operano nel primo Stato membro tramite un centro di attività stabile ivi situato, escluda la possibilità di beneficiare di un'aliquota d'imposta sugli utili più bassa, possibilità che è riconosciuta solo alle società che hanno sede nel primo Stato membro, allorché non esiste alcuna disparità di situazione oggettiva tra queste due categorie di società tale da giustificare una simile disparità di trattamento.