Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go

Avis juridique important

|

61997J0437

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 9 marzo 2000. - Evangelischer Krankenhausverein Wien contro Abgabenberufungskommission Wien et Wein & Co. HandelsgesmbH contro Oberösterreichische Landesregierung. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Imposizione indiretta - Imposta comunale sulle bevande - Sesta direttiva IVA - Direttiva 92/12/CEE. - Causa C-437/97.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-01157


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto - Divieto di riscossione di altre imposte nazionali che abbiano il carattere di imposte sulla cifra d'affari - Scopo - Nozione di «imposte sulla cifra d'affari» - Portata - Imposta sulla cessione di gelati e bevande - Esclusione

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 33)

2 Diritto comunitario - Interpretazione - Effetto utile

3 Diritto comunitario - Interpretazione - Testi plurilingui - Divergenze fra le varie versioni linguistiche

4 Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Diritti di accisa - Direttiva 92/12 - Alcol e bevande alcoliche - Imposizioni indirette diverse dall'accisa - Presupposti - Imposta sulla cessione di bevande alcoliche che persegue uno scopo diverso da quello meramente di bilancio e non rispetta l'economia generale né delle norme relative alle accise né di quelle applicabili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto - Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 92/12/CEE, art. 3, n. 2)

5 Questioni pregiudiziali - Interpretazione - Effetti nel tempo delle sentenze interpretative - Effetto retroattivo - Limiti - Certezza del diritto - Potere discrezionale della Corte

[Trattato CE, art. 177 (divenuto art. 234 CE)]

Massima


1 Anche se l'art. 33 della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra di affari osta al mantenimento o all'introduzione di imposte di registro o di altri tipi di imposte, diritti e tasse, che presentino le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto, esso non si oppone al mantenimento o all'introduzione di un'imposta che non presenti tali caratteristiche. Pertanto, la precitata disposizione non si oppone al mantenimento di un'imposta prevista dalla normativa di uno Stato membro che colpisce la cessione a titolo oneroso di gelati, compresi i frutti in essi elaborati o aggiunti, e di bevande, inclusi, in entrambi i casi, i relativi involucri ed accessori venduti con i prodotti. Infatti, tale imposta, che si applica unicamente ad una categoria limitata di beni, non costituisce un'imposta generale, poiché non è destinata a gravare su tutte le operazioni economiche nello Stato membro considerato. (v. punti 23-25, dispositivo 1)

2 Quando una norma di diritto comunitario è suscettibile di più interpretazioni, occorre dare priorità a quella che è idonea a salvaguardare l'effetto utile della norma. (v. punto 41)

3 In caso di divergenza tra le varie versioni linguistiche di una norma comunitaria, questa deve essere interpretata in funzione dell'economia generale e della finalità della normativa di cui essa fa parte. (v. punto 42)

4 L'art. 3, n. 2, della direttiva 92/12, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, secondo il quale i prodotti menzionati al n. 1 dello stesso articolo possono costituire oggetto di imposizioni indirette diverse dall'accisa se, da un lato, perseguono una o più finalità specifiche ai sensi di questa disposizione e se, dall'altro, rispettano le regole d'imposizione applicabili ai fini delle accise o dell'imposta sul valore aggiunto per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l'esigibilità e il controllo dell'imposta, si oppone al mantenimento di un'imposta, prevista dalla normativa di uno Stato membro, che colpisce la cessione a titolo oneroso di bevande alcoliche e che, da un lato, non persegue uno scopo diverso da quello meramente di bilancio e, dall'altro, non rispetta l'economia generale né delle norme relative alle accise sulle bevande alcoliche, poiché il suo importo viene determinato in relazione al valore del prodotto, e non sulla base del peso del prodotto, della quantità del prodotto o dell'alcol che esso contiene, né delle regole vigenti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto per quanto concerne le regole di calcolo e di esigibilità. (v. punti 30-31, 47-50, dispositivo 2)

5 Nell'esercizio della competenza conferitale dall'art. 177 del Trattato (divenuto art. 234 CE), la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all'ordinamento giuridico comunitario, solo in via eccezionale può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Siffatta limitazione può essere ammessa solo nella sentenza stessa che statuisce sull'interpretazione richiesta. Per stabilire se si debba o meno limitare la portata di una sentenza nel tempo, è necessario tener conto del fatto che, sebbene le conseguenze pratiche di qualsiasi pronuncia del giudice vadano vagliate accuratamente, non si può tuttavia spingersi fino a sminuire l'obiettività del diritto e comprometterne l'applicazione futura a motivo delle ripercussioni che la pronuncia può avere per il passato.

Poiché l'art. 3, n. 2, della direttiva 92/12, relativa al regime generale, al possesso, alla circolazione e al controllo dei prodotti soggetti ad accise, non era stato finora oggetto di alcuna pronuncia pregiudiziale di interpretazione e poiché il comportamento della Commissione ha potuto indurre lo Stato membro di cui trattasi a ritenere ragionevolmente che la normativa nazionale relativa alle imposte sulle bevande alcoliche fosse compatibile con il diritto comunitario, motivi imperativi di certezza del diritto si oppongono a che siano rimessi in discussione rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato, allorché questa rimessa in discussione perturberebbe retroattivamente il sistema di finanziamento dello Stato membro considerato.

Per tale motivo la Corte deve decidere che le disposizioni dell'art. 3, n. 2, della direttiva non possono essere fatte valere a sostegno di domande relative a detta imposta, che è stata pagata o è divenuta esigibile prima della data della sentenza che ne accerti l'incompatibilità con il diritto comunitario, salvo per i richiedenti che, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o altrimenti contestato l'imposizione con un impugnativa equivalente. (v. punti 57-60, dispositivo 3)

Parti


Nel procedimento C-437/97,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 177 CE (divenuto 324 CEE), dal Verwaltungsgerichtshof (Austria), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

e

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 33 della Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativi all'imposta sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), dell'art. 3 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 77, pag. 1) e dell'art. 92 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE),

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori D.A.O. Edward, presidente di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, J.-P. Puissochet e M. Wathelet (relatore), giudici,

avvocato generale: A. Saggio

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per l'Evangelischer Krankenhausverein Wien, dall'avv. B. Kramer, del foro di Vienna;

- per l'Abgabenberufungskommission Wien, dai signori K. Pauer, Magistratrat presso l'Abgabenberufungskommission Magistratsdirektion - Verfassungs- und Rechtsmittelbüro, e J. Ponzer, Bereichsdirektor della stessa commissione;

- per la Wein & Co. HandelsgmbH, già Ikera Warenhandelsgesellschaft mbH, dall'avv. T. Jordis, del foro di Vienna;

- per il governo austriaco, dal signor W. Okresek, Sektionschef presso la cancelleria, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori V. Kreuschitz, consigliere giuridico, e Enrico Traversa, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali dell'Evangelischer Krankenhausverein Wien, rappresentato dall'avv. B. Kramer, dell'Abgabenberufungskommission Wien, rappresentata dal signor K. Kamhuber, Senatsrat presso l'Abgabenberufungskommission Magistratsdirektion - Verfassungs- und Rechtsmittelbüro, della Wein & Co. HandelsgesmbH, già Ikera Warenhandelsgesellschaft mbH, rappresentata dall'avv. T. Jordis, del governo austriaco, rappresentato dal signor W. Okresek e dalla signora E. Zach, Ministerialrätin presso il Ministero delle finanze, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dai signori V. Kreuschitz e E. Traversa, all'udienza del 6 maggio 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 1_ luglio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 18 dicembre 1997, pervenuta alla Corte il 24 dicembre seguente, il Verwaltungsgerichtshof ha posto, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), dell'art. 3 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva sulle accise»), e dell'art. 92 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due controversie che oppongono, da un lato, l'Evangelischer Krankenhausverein Wien (in prosieguo: l'«EKW») all'Abgabenberufungskommission Wien (autorità viennese competente a statuire in ultimo grado nelle questioni in materia di riscossione delle imposte) e, dall'altro, la Wein & Co. HandelsgesmbH, già Ikera Warenhandelsgesellschaft mbH (in prosieguo: la «Wein & Co.»), all'Oberösterreichische Landesregierung (governo del Land dell'Alta Austria), relativamente all'obbligo dell'EKW e della Wein & Co. di pagare l'imposta sulle bevande e i gelati («Getränkesteuer»; in prosieguo: l'«imposta sulle bevande»).

Il contesto normativo nazionale

3 Ai sensi dell'art. 3 del Finanz-Verfassungsgesetz del 1948 (legge costituzionale in materia finanziaria, BGBl. n. 45/1948, modificata dalla legge costituzionale federale, BGBl. n. 201/1996), la ripartizione della potestà impositiva e del gettito tributario è disciplinata dalla legislazione federale.

4 La legge federale vigente al momento del prelievo dell'imposta sulle bevande nelle cause dinanzi al giudice nazionale era il Finanzausgleichsgesetz del 1993 (legge sulla compensazione finanziaria; in prosieguo: il «FAG», BGBl. n. 30/1993, nella versione della legge federale pubblicata nel BGBl. n. 853/1995). Ai sensi dell'art. 14, n. 1, punto 8, e n. 2, del FAG, costituiscono imposte esclusivamente comunali:

«le imposte percepite sulle cessioni a titolo oneroso di gelati, compresi i frutti in essi elaborati o aggiunti, e di bevande, inclusi, in entrambi i casi, gli involucri e accessori contestualmente venduti, sempreché la cessione non avvenga a fini di rivendita nell'ambito di un'attività a carattere duraturo. Sono esenti dall'imposta le cessioni di "vino" ai sensi dell'art. 10, n. 3, punto 1, dell'Umsatzsteuergesetz [(legge del 1994 relativa all'imposta sulla cifra d'affari), BGBl. n. 663], allorché il trasferimento del potere di disporre del bene avvenga nel luogo di produzione senza trasporti e spedizioni, nonché le cessioni di latte».

5 Occorre precisare che le cessioni di vino ai sensi dell'art. 10, n. 3, punto 1, dell'Umsatzsteuergesetz del 1994 (in prosieguo: l'«UStG») corrispondono alla vendita di vino di uve fresche prodotto all'interno del paese in un'azienda agricola, per la quale l'art. 10, n. 3, punto 1, dell'UStG prevede l'applicazione di un'aliquota d'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») del 12%, che è ridotta rispetto a quella che colpisce le vendite ordinarie, che è del 20%. Ai sensi dell'art. 14, n. 1, punto 8, del FAG, la vendita diretta di questo vino è esentata dall'imposta sulle bevande.

6 Ai sensi dell'art. 15, n. 3, punto 2, del FAG, i Comuni sono autorizzati ad imporre, con delibera dell'Assemblea comunale e salvo più ampia autorizzazione concessa con legge del Land, i tributi di cui all'art. 14, n. 1, punto 8, del FAG all'aliquota del 10% del prezzo di vendita nel caso dei gelati e delle bevande alcoliche e del 5% nel caso delle bevande non alcoliche. In base a questa disposizione, le bevande non alcoliche sono quelle con gradazione alcolica non superiore in volume allo 0,5%.

7 L'art. 15, n. 4, del FAG prevede che il prezzo di vendita dev'essere calcolato conformemente a quanto prescritto nell'UStG e non deve comprendere l'imposta sulla cifra d'affari e il prezzo del servizio.

8 Le imposte comunali che sono all'origine delle controversie dinanzi al giudice nazionale sono previste, per quanto riguarda l'EKW, dal Wiener Getränkesteuergesetz (legge viennese del 1992 relativa all'imposta sulle bevande; in prosieguo: il «Wiener GStG», LGBl. di Vienna n. 3/1992) e dalla Wiener Getränkesteuerverordnung 1992 (regolamento viennese del 1992 relativo all'imposta sulle bevande; in prosieguo: la «Wiener GStV», Amtsblatt 6/1992, nella versione modificata dell'Amtsblatt 44/1992 e dell'Amtsblatt 50/1994) e, per quanto riguarda la Wein & Co., dall'Oberösterreichisches Gemeinde-Getränkesteuergesetz (legge dell'Alta Austria relativa all'imposta comunale sulle bevande; in prosieguo: lo «Oö GStG», LGBl. del Land dell'Alta Austria n. 15/1950, nella versione della legge del Land pubblicata nel LGBl. n. 28/1992). Benché le imposte comunali siano disciplinate da disposizioni regionali distinte, esse presentano caratteristiche molto simili, di modo che saranno indicate insieme con l'espressione «imposta sulle bevande».

Il contesto normativo comunitario

9 L'art. 33 della sesta direttiva, nella versione della direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1), stabilisce:

«1. Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere d'imposta sulla cifra d'affari, sempreché tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

2. Qualsiasi riferimento nella presente direttiva a prodotti soggetti ad accise riguarda i seguenti prodotti, quali sono definiti dalle vigenti disposizioni comunitarie:

- oli minerali,

- alcole e bevande alcoliche,

- tabacchi lavorati».

10 Ai sensi del terzo `considerando' della direttiva sulle accise:

«considerando che deve essere definita la nozione di prodotti soggetti ad accisa; che solo le merci considerate tali in tutti gli Stati membri possono essere oggetto di norme comunitarie; che tali prodotti possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche; che il mantenimento o l'introduzione di altre imposizioni indirette non devono dar luogo a formalità connesse al passaggio di una frontiera».

11 L'art. 3 della direttiva sulle accise stabilisce, a tal riguardo:

«1. La presente direttiva è applicabile, a livello comunitario, ai prodotti seguenti, come definiti nelle direttive ad essi relative:

- gli oli minerali,

- l'alcole e le bevande alcoliche,

- i tabacchi lavorati.

2. I prodotti di cui al paragrafo 1 possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai fini della accise o dell'IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l'esigibilità e il controllo dell'imposta.

3. Gli Stati membri conservano la facoltà di introdurre o mantenere imposizioni che colpiscono prodotti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, a condizione tuttavia che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse al passaggio di una frontiera.

Ferma restando questa condizione, gli Stati membri conserveranno altresì la facoltà di applicare tasse sulle prestazioni di servizi che non abbiano il carattere di tasse sulla cifra d'affari, comprese quelle connesse con prodotti soggetti ad accisa».

Le controversie dinanzi al giudice nazionale

12 L'EKW gestisce una caffetteria all'interno di un ospedale. Esso ha costituito oggetto, in data 6 dicembre 1996, di una decisione di riscossione dell'Abgabenbehörde Wien (autorità viennese competente per la riscossione delle imposte), con la quale, in applicazione della normativa fiscale viennese, gli veniva reclamato l'importo di ATS 309 995 a titolo di imposta sulle bevande in relazione alle vendite effettuate tra il gennaio 1992 e l'ottobre 1996.

13 L'appello presentato dall'EKW contro questa decisione è stato respinto dall'Abgabenberufungskommission di Vienna.

14 L'EKW ha presentato dinanzi al Verwaltungsgerichtshof un ricorso contro questa decisione di rigetto, sostenendo che le disposizioni relative all'imposta sulle bevande erano incompatibili con il diritto comunitario, in particolare con gli artt. 33, n. 1, della sesta direttiva e 3 della direttiva sulle accise.

15 La Wein & Co. è una società operante nel commercio di vini, con sede in Leonding, nell'Alta Austria, alla quale le autorità comunali hanno ingiunto di pagare ATS 417 628 a titolo dell'imposta sulle bevande dovuta per il periodo tra il 1_ dicembre 1994 e il 31 marzo 1995.

16 La Wein & Co. ha innanzi tutto presentato un ricorso gerarchico contro questo avviso d'imposta dinanzi all'Oberösterreichische Landesregierung, che l'ha respinto, e successivamente ha presentato un ricorso contro la decisione di rigetto dinanzi al Verwaltungsgerichtshof, sostenendo in particolare che l'imposta sulle bevande era analoga ad un'imposta sulla cifra d'affari, vietata dall'art. 33 della sesta direttiva, e ch'era incompatibile con l'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise.

17 Il Vervaltungsgerichtshof nutre dubbi sulla compatibilità dell'imposta sulle bevande con la sesta direttiva e con la direttiva sulle accise. Esso si chiede anche se l'esenzione dall'imposta di cui beneficia la vendita diretta di vino nel luogo di produzione costituisca, come sostiene la Commissione nella sua comunicazione C 57/96 (GU 1997, C 82, pag. 9), un aiuto incompatibile con il mercato comune.

Le questioni pregiudiziali

18 Alla luce di queste considerazioni, il Verwaltungsgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se l'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, osti al mantenimento di un tributo riscosso sulle cessioni a titolo oneroso di gelati, compresi i frutti in essi elaborati o aggiunti, e di bevande, inclusi, in entrambi i casi, gli involucri e accessori contestualmente venduti, tributo ammontante al 10% del corrispettivo, per i gelati e le bevande alcoliche, e al 5% del corrispettivo per le bevande analcoliche, considerando che il corrispettivo viene calcolato in base alle pertinenti disposizioni in materia di imposta sul giro d'affari e che tuttavia non entrano a far parte del corrispettivo quest'ultima imposta, il prezzo del servizio e l'imposta sulle bevande.

2. Se l'art. 3, nn. 2 e 3, secondo comma, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE (in materia di imposta sui consumi), osti al mantenimento di un tributo quale quello descritto nel precedente punto 1.

3. Se l'art. 92, n. 1, del Trattato CE osti ad una norma derogatoria in forza della quale la vendita diretta di vino sia esentata dall'imposta sulle bevande».

Sulla prima questione

19 Con la prima questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 33, n. 1, della sesta direttiva si opponga al mantenimento di un'imposta quale l'imposta sulle bevande di cui trattasi nelle cause principali.

20 Secondo una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze 27 novembre 1985, causa 295/84, Rousseau Wilmot, Racc. pag. 3759, punto 16; 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi, Racc. pag. I-2947, punto 9, e 17 settembre 1997, causa C-130/96, Solisnor-Estaleiros Navais, Racc. pag. I-5053, punto 13), l'art. 33 della sesta direttiva, lasciando liberi gli Stati membri di mantenere in vigore o di istituire determinati tributi, come le imposte indirette, a condizione che non si tratti di tributi aventi «il carattere di imposta sulla cifra d'affari», si propone di impedire che il funzionamento del sistema comune dell'IVA sia leso da provvedimenti fiscali di uno Stato membro che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in modo analogo all'IVA.

21 Devono in ogni caso essere considerati come provvedimenti del genere le imposte, i diritti e le tasse aventi le caratteristiche essenziali dell'IVA, pur se non identici a quest'ultima sotto tutti gli aspetti.

22 Come la Corte ha già rilevato in più occasioni, tali caratteristiche sono le seguenti:

l'IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; è proporzionale al prezzo dei detti beni e servizi, a prescindere dal numero di operazioni effettuate; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione; infine, si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l'imposta dovuta in occasione di un'operazione viene calcolata previa detrazione di quella che è stata versata all'atto della precedente operazione (v., in particolare, sentenze 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi, Racc. pag. 1343, punto 15; Bozzi, già citata, punto 12, e Solisnor-Estaleiros Navais, già citata, punto 14).

23 Da quanto precede discende che l'art. 33 della sesta direttiva osta al mantenimento o all'introduzione di imposte di registro o di altri tipi di imposte, diritti e tasse, che presentino le caratteristiche essenziali dell'IVA. Inoltre, la Corte ha precisato, nella sentenza Solisnor-Estaleiros Navais, sopramenzionata, punti 19 e 20, che l'art. 33 della sesta direttiva non si oppone al mantenimento o all'introduzione di un'imposta, purché essa non presenti una fra le caratteristiche essenziali dell'IVA.

24 Occorre rilevare che un'imposta quale quella descritta dal giudice a quo non costituisce un'imposta generale poiché non è destinata a gravare su tutte le operazioni economiche nello Stato membro considerato (v., in tal senso, sentenze Solisnor-Estaleiros Navais, già citata, punto 17, e 16 dicembre 1992, causa C-208/91, Beaulande, Racc. pag. I-6709, punto 16). Infatti, dall'art. 14, n. 1, punto 8, del FAG, dall'art. 1 della Wiener GStV e dall'art. 1 dell'Oö GStG risulta che l'imposta si applica unicamente ad una categoria limitata di beni, colpendo unicamente le cessioni a titolo oneroso di gelati, compresi i frutti in essi elaborati o aggiunti, e di bevande, inclusi, in entrambi i casi, gli involucri e accessori contestualmente venduti.

25 Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare le altre caratteristiche dell'imposta sulle bevande, occorre risolvere la prima questione nel senso che l'art. 33 della sesta direttiva, nella versione della direttiva 91/680, non si oppone al mantenimento di un'imposta quale l'imposta sulle bevande di cui trattasi nelle cause principali, che colpisce la cessione a titolo oneroso di gelati, compresi i frutti in essi elaborati o aggiunti, e di bevande, inclusi, in entrambi i casi, gli involucri ed accessori contestualmente venduti.

Sulla seconda questione

26 Con la seconda questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva sulle accise si opponga al mantenimento di un'imposta quale l'imposta sulle bevande vigente a Vienna e nell'Alta Austria al momento dei fatti di cui alle cause principali.

27 Al fine di risolvere tale questione, occorre anzitutto operare una distinzione a seconda che l'imposta sulle bevande colpisca, da un lato, le bevande non alcoliche e i gelati e, dall'altro, le bevande alcoliche. Infatti, l'art. 3 della direttiva sulle accise contiene disposizioni differenti a seconda che il prodotto assoggettato all'imposta sia menzionato al n. 1, come avviene per le bevande alcoliche (la disposizione pertinente in tal caso è il n. 2), o non lo sia (la disposizione pertinente in tal caso è il n. 3).

28 Per quanto riguarda un'imposta quale l'imposta comunale austriaca laddove colpisce le bevande non alcoliche e i gelati, dall'art. 3, n. 3, della direttiva sulle accise risulta che un'imposta che colpisce prodotti diversi da quelli menzionati al n. 1 o che colpisce prestazioni di servizi e non ha il carattere di imposta sulla cifra d'affari può essere mantenuta dagli Stati membri a condizione che non dia luogo negli scambi tra Stati membri a formalità connesse al passaggio di una frontiera.

29 Non è stato contestato nell'ambito delle controversie dinanzi al giudice nazionale né dinanzi alla Corte il fatto che l'imposta sulle bevande non alcoliche e sui gelati soddisfa una simile condizione. Tale imposta è quindi compatibile con l'art. 3, n. 3, della direttiva sulle accise.

30 Per quanto riguarda un'imposta quale l'imposta comunale austriaca laddove colpisce le bevande alcoliche, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise, i prodotti menzionati al n. 1 dello stesso articolo (incluse le bevande alcoliche) possono costituire oggetto d'imposizioni indirette diverse dall'accisa se, da un lato, esse perseguono una o più finalità specifiche ai sensi di questa disposizione e se, dall'altro, rispettano le regole d'imposizione applicabili ai fini delle accise o dell'IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l'esigibilità e il controllo dell'imposta.

31 Occorre esaminare innanzi tutto se un'imposta quale l'imposta cui sono assoggettate le bevande alcoliche persegua una finalità specifica ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise, ossia uno scopo che non sia puramente di bilancio (in tal senso, v. sentenza 24 febbraio 2000, causa C-434/97, Commissione/Francia Racc. pag. I-1129, punto 19).

32 Secondo il governo austriaco, la finalità specifica dell'imposta sulle bevande risiede nel rafforzamento dell'autonomia fiscale delle collettività territoriali.

33 Ora, il rafforzamento dell'autonomia comunale mediante il riconoscimento di un potere di prelievo fiscale costituisce un obiettivo puramente di bilancio, il quale non può, di per sé solo, come è stato indicato, costituire una finalità specifica ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise.

34 Il governo austriaco ha anche sostenuto che la finalità specifica dell'imposta sulle bevande risiedeva nella compensazione degli oneri rilevanti sostenuti dai comuni in relazione alle necessità derivanti dal turismo.

35 Ora, dal fascicolo della causa principale risulta, cosa che non è stata del resto contestata dal governo austriaco, che nessun'assegnazione predeterminata è imposta ai comuni e che non esiste alcun nesso con le infrastrutture turistiche o lo sviluppo del turismo poiché quest'imposta, che colpisce le bevande indipendentemente dal luogo in cui esse sono consumate, viene riscossa anche in località che non sono turistiche. Inoltre occorre rilevare che esistono già in Austria imposte che riguardano specificamente la promozione del turismo (v., in tal senso, sentenza 8 giugno 1999, cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97, Pelzl e a., Racc. pag. I-3319).

36 Il governo austriaco ha infine sostenuto che l'imposta ha come obiettivo di proteggere la salute pubblica, poiché essa incentiverebbe il consumo delle bevande non alcoliche, che sono assoggettate ad un'imposta minore rispetto alle bevande alcoliche.

37 A tal riguardo, dall'art. 14, n. 1, punto 8, del FAG risulta che la vendita diretta di vino è in Austria esentata dall'imposta sulle bevande, di modo che è contestabile il fatto che quest'imposta abbia per obiettivo di disincentivare il consumo di bevande alcoliche e persegua un obiettivo di protezione della pubblica sanità. Inoltre, come ha sottolineato la Commissione, senza essere contraddetta al riguardo, ai sensi dell'art. 10, n. 3, punto 1, dell'UStG, il vino di uve fresche prodotto e venduto direttamente dalle aziende agricole nazionali beneficia in Austria di un'aliquota di IVA ridotta, di modo che una bevanda quale il vino austriaco venduto direttamente nelle aziende è assoggettato globalmente ad un'imposta meno elevata rispetto ad una bevanda non alcolica quale il succo d'arancia. Peraltro, l'imposta sulle bevande colpisce, allo stesso tasso delle bevande alcoliche (10%), i gelati nonché, ad un'aliquota minore (5%), le bevande non alcoliche, il che indica anche che la protezione della pubblica sanità non è stata la finalità specifica della normativa di cui trattasi.

38 Dalle considerazioni che precedono risulta che non si può ritenere che un'imposta quale l'imposta a cui sono assoggettate le bevande alcoliche possa perseguire una finalità specifica ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise.

39 In secondo luogo occorre stabilire se un'imposta quale l'imposta che colpisce le bevande alcoliche rispetti le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell'IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l'esigibilità e il controllo dell'imposta.

40 Occorre innanzi tutto rilevare che le versioni linguistiche dell'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise divergono sotto due aspetti.

41 A tal riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, allorché una disposizione di diritto comunitario può avere diverse interpretazioni, occorre dare priorità a quella che è idonea a salvaguardare il suo effetto utile (v., in particolare, sentenza 22 settembre 1988, causa 187/87, Land de Sarre e a., Racc. pag. 5013, punto 19).

42 Inoltre, in caso di disparità tra le diverse versioni linguistiche di un testo comunitario, la disposizione di cui è causa deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenza 27 marzo 1990, causa C-372/88, Cricket St Thomas, Racc. pag. I-1345, punto 19).

43 Innanzi tutto, nelle versioni tedesca, spagnola, francese, italiana e portoghese, l'uso della congiunzione «o» consente un'alternativa tra il rispetto delle regole comunitarie d'imposizione relative alle accise e il rispetto di quelle relative all'IVA, mentre, nelle versioni inglese, danese, finlandese, greca, olandese e svedese, la congiunzione «e» sembra richiedere il rispetto cumulativo di queste regole.

44 Ora, l'IVA e le accise presentano talune caratteristiche incompatibili. Infatti, la prima è proporzionale al prezzo dei beni che essa colpisce mentre le seconde sono calcolate, in via principale, sul volume del prodotto. Inoltre, l'IVA è riscossa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione (essendo in via di principio deducibile l'imposta versata a monte all'atto dell'operazione precedente), mentre le accise divengono esigibili all'atto dell'immissione in consumo dei prodotti assoggettati ad imposta (senza che intervenga un analogo meccanismo di deduzione). Infine, l'IVA è caratterizzata dalla sua generalità mentre l'accisa è imposta solo su prodotti determinati. Di conseguenza, l'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise prevede una condizione impossibile da realizzare se dovesse essere interpretato nel senso che impone agli Stati membri il rispetto contemporaneo delle regole dell'imposizione relative a queste due categorie d'imposta.

45 In secondo luogo, nelle versioni inglese, danese, finlandese, olandese, portoghese e svedese, la direttiva sulle accise impone il rispetto della o delle regolamentazioni fiscali relative alle accise e all'IVA. Per contro, nella sua versione tedesca, essa obbliga gli Stati membri solo a rispettare i principi d'imposizione («Besteurungsgrundsätze») in materia di accisa o di IVA. Le versioni spagnola, francese, greca e italiana, dal canto loro, usano perifrasi quali «las normas impositivas aplicables en relación con los impuestos especiales o el IVA», «les règles applicables pour les besoins des accises ou de la TVA», «êáíüíåò öïñïëüãçóçò ðïõ éó÷ýïõí ãéá ôéò áíÜãêåò ôùí åéäéêþí öüñùí êáôáíÜëùóçò êáé ôïõ ÖÐÁ», «le regole di imposizioni applicabili ai fini della accise o dell'IVA».

46 A tal riguardo sia dal ravvicinamento dell'art. 3, nn. 2 e 3, sia dal terzo `considerando' della direttiva sulle accise, il quale considera concomitantemente le ipotesi previste da tale art. 3, risulta che questa direttiva mira ad evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi. Tale sarebbe in particolare il caso se gli operatori economici fossero assoggettati a formalità diverse da quelle previste dalla normativa comunitaria relativa alle accise o all'IVA, dato che esse potrebbero variare da uno Stato membro all'altro.

47 Alla luce di queste considerazioni occorre ritenere che l'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise non richiede che gli Stati membri rispettino tutte le regole relative alle accise o all'IVA in materia di determinazione della base imponibile, di calcolo, di esigibilità e di controllo dell'imposta. E' sufficiente che le imposizioni indirette che perseguono finalità specifiche siano conformi, su tali punti, alla economia generale dell'una o dell'altra di queste tecniche d'imposizione così come sono organizzate dalla normativa comunitaria.

48 A tal riguardo occorre rilevare che l'imposta sulle bevande non rispetta la economia generale delle norme relative alle accise sulle bevande alcoliche. Infatti, essa si discosta dalle modalità di calcolo delle accise poiché il suo importo viene determinato in relazione al valore del prodotto, e non sulla base del peso del prodotto, della quantità del prodotto o dell'alcol che esso contiene. Inoltre, essa non rispetta le regole relative all'esigibilità delle accise, in quanto essa è esigibile solo nella fase della vendita al consumatore, e non all'atto dell'immissione in consumo, come definita all'art. 6, n. 1, della direttiva sulle accise.

49 L'imposta sulle bevande non rispetta nemmeno la economia generale delle regole applicabili ai fini dell'IVA. Indipendentemente dal fatto che essa non è incompatibile con l'art. 33 della sesta direttiva, tale imposta non si conforma alle regole applicabili ai fini dell'IVA per quanto riguarda le regole di calcolo e di esigibilità. Infatti, essendo unicamente percepita nella fase della vendita al consumatore, essa non è percepita in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; inoltre, essa è calcolata al di fuori di qualsiasi deduzione dell'imposta versata a monte.

50 Occorre quindi risolvere la seconda questione nel senso che l'art. 3, n. 3, della direttiva sulle accise non si oppone al mantenimento di un'imposta riscossa sulle bevande non alcoliche e sui gelati, quale quella di cui trattasi nelle cause principali. L'art. 3, n. 2, di questa stessa direttiva si oppone al mantenimento di un'imposta sulle bevande alcoliche, quale quella di cui trattasi nelle cause principali.

Sulla terza questione

51 Con la terza questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l'esenzione dal pagamento dell'imposta sulle bevande, nel caso della vendita diretta di vino al consumatore finale, costituisca un aiuto di Stato incompatibile con il diritto comunitario.

52 A tal riguardo occorre innanzi tutto ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v., in particolare, sentenza 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 59). Tuttavia, la Corte ha ritenuto di non poter statuire su una questione sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione o il giudizio sulla validità di una norma comunitaria chiesti da tale giudice non hanno alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa a qua, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica e la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. sentenze Bosman, citata, punto 61, e 15 giugno 1999, causa C-421/97, Tarantik, Racc. pag. I-3633, punto 33).

53 Ora, occorre constatare che la questione posta è priva di pertinenza per la soluzione delle controversie dinanzi al giudice nazionale, che riguardano l'obbligo per l'EKW e la Wein & Co. di pagare l'imposta sulle bevande in ragione delle operazioni di cessione a titolo oneroso di bevande e di gelati e non il fatto di accertare se l'esenzione dal pagamento di una tale imposta per la vendita di vino direttamente nel luogo di produzione costituisca un aiuto di Stato incompatibile con il Trattato.

54 Non occorre quindi risolvere la terza questione pregiudiziale.

Sulla limitazione degli effetti della sentenza nel tempo

55 Nelle sue osservazioni il governo austriaco ha richiamato la possibilità per la Corte, nell'ipotesi in cui ritenesse che un'imposta quale l'imposta sulle bevande sia incompatibile con le disposizioni pertinenti del diritto comunitario, di limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

56 A sostegno di questa domanda, il governo austriaco ha innanzi tutto richiamato l'attenzione della Corte sulle conseguenze finanziarie catastrofiche che avrebbe una sentenza che comportasse l'obbligo di rimborsare le imposte che fossero state indebitamente riscosse finora. Infatti, i Comuni austriaci sarebbero obbligati a far fronte ad un numero incalcolabile di domande di rimborso, che non sarebbero in grado di sostenere. Un tale rimborso sarebbe poi reso difficile dal numero considerevole di transazioni effettuate, che si quantificherebbero in milioni. Inoltre, i fornitori assoggettati all'imposta sulle bevande avrebbero, nell'ambito della loro attività, ripercosso l'imposta sui consumatori. Poiché questi ultimi non conservano in generale alcuna traccia del pagamento dopo aver consumato una bevanda o un gelato, non sarebbe possibile restituire loro l'imposta. Infine, il governo austriaco ha fatto valere, senza essere contraddetto al riguardo, che i rappresentanti della Commissione gli avrebbero assicurato, all'atto dei negoziati di adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea, che l'imposta sulle bevande era compatibile con il diritto comunitario.

57 Occorre rilevare che solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all'ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Siffatta limitazione può essere ammessa, secondo la costante giurisprudenza della Corte, solo nella sentenza stessa che statuisce sull'interpretazione richiesta. Per stabilire se si debba limitare la portata di una sentenza nel tempo, è necessario tener conto del fatto che, benché le conseguenze pratiche di qualsiasi pronuncia del giudice vadano vagliate accuratamente, non si può tuttavia spingersi fino a sminuire l'obiettività del diritto e compromettere la sua applicazione futura a motivo delle ripercussioni che la pronuncia può avere per il passato (sentenze 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag. 379, punti 28 e 30, e 16 luglio 1992, causa C-163/90, Legros e a., Racc. pag. I-4625, punto 30).

58 Per quanto riguarda la presente causa, occorre rilevare che, innanzi tutto, l'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise non aveva finora costituito oggetto di alcuna pronuncia pregiudiziale di interpretazione e che, poi, il comportamento della Commissione ha potuto indurre il governo austriaco a ritenere ragionevolmente che la normativa relativa alle imposte sulle bevande alcoliche fosse compatibile con il diritto comunitario.

59 Alla luce di queste considerazioni, senza che sia opportuno richiamare l'importo globale di cui trattasi, l'assenza di prova di pagamento o il numero molto elevato di piccole transazioni relative a piccoli importi, motivi imperativi di certezza del diritto si oppongono a che siano rimessi in discussione rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato, allorché questa rimessa in discussione perturberebbe retroattivamente il sistema di finanziamento dei Comuni austriaci.

60 Occorre quindi decidere che le disposizioni dell'art. 3, n. 2, della direttiva sulle accise non possono essere fatte valere a sostegno di domande relative ad un'imposta quale l'imposta sulle bevande alcoliche, che è stata pagata o è divenuta esigibile prima della data della presente sentenza, salvo per i richiedenti i quali, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o altrimenti contestato l'imposizione con un'impugnativa equivalente.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

61 Le spese sostenute dal governo austriaco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione)

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Verwaltungsgerichtshof con ordinanza 18 dicembre 1997, dichiara:

1) L'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1997, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, nella versione della direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388, non si oppone al mantenimento di un'imposta quale l'imposta sulle bevande e i gelati di cui trattasi nelle cause principali, che colpisce la cessione a titolo oneroso di gelati, compresi i frutti in essi elaborati o aggiunti, e di bevande, inclusi, in entrambi i casi, gli involucri ed accessori contestualmente venduti.

2) L'art. 3, n. 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, non si oppone al mantenimento di un'imposta riscossa sulle bevande non alcoliche e sui gelati, quale quella di cui trattasi nelle cause principali. L'art. 3, n. 2, di questa stessa direttiva si oppone al mantenimento di un'imposta sulle bevande alcoliche, quale quella di cui trattasi nelle cause principali.

3) Le disposizioni dell'art. 3, n. 2, della direttiva 92/12 non possono essere fatte valere a sostegno di domande relative ad un'imposta quale l'imposta sulle bevande alcoliche, che è stata pagata o è divenuta esigibile prima della data della presente sentenza, salvo per i richiedenti i quali, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o altrimenti contestato l'imposizione con un'impugnativa equivalente.