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61998J0397

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) dell'8 marzo 2001. - Metallgesellschaft Ltd e altri (C-397/98), Hoechst AG e Hoechst (UK) Ltd (C-410/98) contro Commissioners of Inland Revenue e HM Attorney General. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division - Regno Unito. - Libertà di stabilimento - Libera circolazione dei capitali - Pagamento anticipato dell'imposta sulle società sui dividendi distribuiti da una società controllata alla sua capogruppo - Società capogruppo con sede in un altro Stato membro - Violazione del diritto comunitario - Azione di ripetizione o azione di risarcimento - Interessi. - Cause riunite C-397/98 e C-410/98.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-01727


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1. Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Legislazione fiscale - Imposte sulle società - Normativa nazionale che riserva la possibilità di fruire di un regime d'imposizione di gruppo soltanto alle società residenti che siano controllate da capogruppo aventi la loro sede nel territorio nazionale - Inammissibilità

[Trattato CE, art. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) e art. 58 (divenuto art. 48 CE]

2. Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Legislazione fiscale - Imposte sulle società - Società controllate stabilite in uno Stato membro di società capogruppo aventi la loro sede in un altro Stato membro soggette all'obbligo di versare dette imposte anticipatamente - Possibilità per le società controllate residenti di società capogruppo residenti di eludere tale obbligo - Violazione del diritto comunitario - Obbligo di risarcire il danno causato dal pagamento anticipato - Rimborso o risarcimento della perdita finanziaria subita - Versamento di interessi - Modalità della ripetizione o del risarcimento - Applicazione del diritto nazionale - Presupposto - Rispetto del principio di effettività del diritto comunitario

[Trattato CE, art. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) e art. 58 (divenuto art. 48 CE]

Massima


1. L'art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) osta alla normativa fiscale di uno Stato membro che accordi alle società stabilite in tale Stato membro la possibilità di beneficiare di un regime fiscale di gruppo che consente loro di pagare i dividendi alla loro capogruppo senza essere tenute al pagamento anticipato dell'imposta sulle società quando anche la società capogruppo sia stabilita nel detto Stato membro e neghi loro tale possibilità quando la loro società capogruppo abbia sede in un altro Stato membro.

( v. punto 76, dispositivo 1 )

2. Qualora una controllata con sede in uno Stato membro sia stata assoggettata all'obbligo di pagare anticipatamente l'imposta sulle società per i dividendi versati alla sua società capogruppo avente sede in un altro Stato membro, mentre, in circostanze simili, le controllate di società capogruppo con sede nel primo Stato membro hanno potuto optare per un regime fiscale che ha consentito loro di sottrarsi a tale obbligo, l'art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) richiede che le società controllate con sede nel detto Stato e le loro società capogruppo non aventi ivi sede dispongano di un mezzo di ricorso effettivo per ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite economiche da esse sofferte, a vantaggio delle autorità dello Stato membro interessato, in seguito al pagamento anticipato dell'imposta da parte delle controllate.

Il solo fatto che un simile ricorso avrebbe ad oggetto solamente il pagamento degli interessi corrispondenti alla perdita finanziaria subita a causa dell'indisponibilità delle somme anzitempo versate non costituisce un motivo valido per respingere tale ricorso, in quanto la concessione di interessi rappresenta il «rimborso» di quanto è stato indebitamente versato e appare indispensabile per ristabilire la parità di trattamento garantita dall'art. 52 del Trattato.

Se, in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato stabilire le modalità procedurali dei ricorsi per la ripetizione di tasse riscosse in violazione del diritto comunitario o per il risarcimento di un danno causato dalla violazione del diritto comunitario, ivi comprese le questioni accessorie, come l'eventuale corresponsione di interessi, tali norme non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

( v. punti 87, 96, dispositivo 2 )

3. Le domande di singoli presentate dinanzi ai giudici di uno Stato membro per la ripetizione di tasse nazionali riscosse in violazione del diritto comunitario o per il risarcimento del danno causato in violazione del diritto comunitario sono soggette alle norme di procedura nazionali, che possono in particolare imporre alle ricorrenti di agire con ragionevole diligenza al fine di evitare il danno o di limitarne l'entità.

Tuttavia, il diritto comunitario osta a che un giudice di uno Stato membro respinga o riduca una domanda ad esso proposta da una società controllata con sede nello Stato membro interessato e dalla relativa capogruppo, avente sede altrove, al fine di ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite finanziarie subite dalle medesime a causa del versamento anticipato dell'imposta sulle società, eseguito dalla controllata, per il solo motivo che esse non hanno chiesto all'amministrazione fiscale di beneficiare del regime d'imposta che avrebbe comportato l'esenzione della controllata dall'obbligo del versamento anticipato, e non hanno quindi utilizzato i mezzi di ricorso a loro disposizione per contestare le decisioni di rigetto dell'amministrazione fiscale, richiamandosi alla preminenza e all'applicabilità immediata delle disposizioni del diritto comunitario, quando la normativa nazionale comunque negava il beneficio del detto regime d'imposizione alle controllate stabilite nello Stato interessato e alle loro società capogruppo stabilite altrove.

( v. punti 102, 107, dispositivo 3 )

Parti


Nei procedimenti riuniti C-397/98 e C-410/98,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito), nelle cause dinanzi ad essa pendenti tra

Metallgesellschaft Ltd e altri (causa C-397/98),

Hoechst AG,

Hoechst (UK) Ltd (causa C-410/98),

e

Commissioners of Inland Revenue,

HM Attorney General,

domande vertenti sull'interpretazione degli artt. 6 e 52 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 12 e 43 CE), 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE) e/o 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai sigg. A. La Pergola, presidente di sezione, M. Wathelet (relatore), D.A.O. Edward, P. Jann e L. Sevón, giudici,

avvocato generale: N. Fennelly

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate :

- per la Metallgesellschaft Ltd e altri, dai sigg. J. Gardiner, QC, e F. Fitzpatrick, barrister, su incarico di Slaughter and May, solicitors;

- per la Hoechst AG e la Hoechst (UK) Ltd, dal sig. M. Barnes, QC, su incarico di Slaughter and May, solicitors;

- per il governo del Regno Unito, dal sig. J.E. Collins, in qualità di agente, assistito dai sigg. D. Wyatt, QC, e R. Singh, barrister;

- per il governo olandese, dal sig. M.A. Fierstra, in qualità di agente;

- per il governo finlandese, dal sig. H. Rotkirch e dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. R. Lyal, e dalle sig.re H. Michard e M. Patakia, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Metallgesellschaft Ltd e altri, rappresentati dai sigg. J. Gardiner e F. Fitzpatrick, della Hoechst AG e della Hoechst (UK) Ltd, rappresentate dal sig. M. Barnes, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra G. Amodeo, in qualità di agente, assistita dal sig. D. Wyatt, del governo tedesco, rappresentato dalla sig.ra B. Muttelsee-Schön, in qualità di agente, del governo francese, rappresentato dal sig. S. Seam, in qualità di agente, del governo olandese, rappresentato dal sig. M. A. Fierstra, e della Commissione, rappresentata dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra H. Michard, all'udienza del 25 maggio 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 settembre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con due ordinanze 2 ottobre 1998, pervenute alla Corte, rispettivamente, il 6 novembre (causa C-397/98) e il 17 novembre (causa C-410/98) successivi, la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, ha proposto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), cinque questioni pregiudiziali sull'interpretazione degli artt. 6 e 52 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 12 CE e 43 CE), 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE) e/o 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE).

2 Le dette questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie che oppongono, da un lato (causa C-397/98), la Metallgesellschaft Ltd, la Metallgesellschaft AG, la Metallgesellschaft Handel & Beteiligungen AG e The Metal and Commodity Company Ltd (in prosieguo: la «Metallgesellschaft e a.»), e, dall'altro (causa C-410/98), la Hoechst AG e la Hoechst (UK) Ltd (in prosieguo: la «Hoechst e a.») ai Commissioners of Inland Revenue in merito all'obbligo, posto in capo alle società stabilite nel Regno Unito, di pagare anticipatamente l'imposta sulle società per i dividendi distribuiti alle loro capogruppo.

Contesto normativo nazionale

3 Ai sensi delle disposizioni della parte I dell'Income and Corporation Taxes Act 1988 (legge relativa all'imposta sul reddito e all'imposta sulle società del 1988; in prosieguo: l'«ICTA»), i profitti realizzati nel corso di un esercizio contabile dalle società stabilite nel Regno Unito e dalle società, non stabilite nel Regno Unito, che tuttavia ivi esercitino un'attività commerciale mediante una succursale o un'agenzia, sono soggetti all'imposta sulle società («corporation tax»).

4 Conformemente all'art. 12 dell'ICTA, l'esercizio contabile comprende, in linea generale, dodici mesi. Per i periodi contabili chiusi anteriormente al 1° ottobre 1993, l'imposta sulle società andava corrisposta, a discrezione del soggetto passivo, nove mesi dopo la fine del periodo contabile o un mese dopo l'emanazione dell'avviso di accertamento relativo a tale periodo. Per gli esercizi contabili chiusi dopo il 1° ottobre 1993, l'imposta sulle società è dovuta nove mesi e un giorno dopo la fine dell'esercizio.

Il pagamento anticipato dell'imposta sulle società («advance corporation tax»)

5 Conformemente all'art. 14 dell'ICTA, una società con sede nel Regno Unito che proceda a determinate distribuzioni, come il pagamento di dividendi ai suoi azionisti, ha l'obbligo di procedere al versamento anticipato dell'imposta sulle società («advance corporation tax»; in prosieguo: l'«ACT») calcolata su un imponibile pari all'importo o al valore della distribuzione effettuata.

6 Si deve rilevare che l'ACT non è una trattenuta sui dividendi, i quali vengono versati integralmente, ma si configura come imposta sulle società, a carico della società distributrice di dividendi, pagata in anticipo e imputata all'imposta di base sulle società («mainstream corporation tax»; in prosieguo: l'«MCT») dovuta per ogni esercizio contabile.

7 Le società sono tenute a presentare una dichiarazione, di regola trimestrale, indicando l'importo di ogni distribuzione effettuata durante tale periodo e l'importo dovuto a titolo di ACT. L'ACT dovuta per una distribuzione deve essere versata entro quattordici giorni dalla fine del trimestre nel corso del quale è stata effettuata la distribuzione.

8 Conformemente agli artt. 239 e 240 dell'ICTA, l'ACT pagata da una società per una distribuzione realizzata nel corso di un dato esercizio contabile deve, in linea di principio e fatto salvo il diritto della detta società a rinunciarvi, essere imputata al debito di imposta MCT della società per tale periodo, ovvero essere trasferita alle controllate della detta società, le quali potranno imputarla all'importo di MCT di cui esse stesse sono debitrici. Se la società non è debitrice di alcuna imposta sulle società per l'esercizio contabile di cui trattasi (per esempio, perché i dividendi sono insufficienti), essa potrà imputare l'ACT all'imposta sulle società dovuta per periodi successivi, ovvero chiedere che tale imputazione venga riferita ad esercizi precedenti.

9 Mentre l'MCT è pagabile nove mesi o nove mesi e un giorno dopo la chiusura del periodo contabile, a seconda che tale chiusura avvenga precedentemente o successivamente al 1° ottobre 1993, l'ACT deve essere versata entro quattordici giorni dalla fine del trimestre nel quale la distribuzione è stata effettuata, Pertanto, l'ACT viene versata sempre prima del momento in cui l'MCT - alla quale viene normalmente imputata - diviene esigibile. Il giudice di rinvio sottolinea che l'ACT ha quindi l'effetto, su una società che distribuisce dividendi, di anticipare la data del pagamento dell'imposta sulle società per i dividendi versati di un periodo che varia dagli 8 mesi e mezzo (nel caso di una distribuzione effettuata l'ultimo giorno di un esercizio) a 1 anno e 5 mesi e mezzo (se la distribuzione è effettuata il primo giorno dell'esercizio).

10 Poiché l'ACT può essere imputata anche ai profitti di periodi successivi, qualora l'MCT non risulti dovuta per il periodo di cui trattasi, il giudice di rinvio rileva che, in tale caso, l'anticipo è consentito per un periodo più lungo e perfino, in certe circostanze, non definito.

Credito d'imposta («tax credit»)

11 Una società con sede nel Regno Unito non è debitrice dell'imposta sulle società per dividendi ricevuti da un'altra società anch'essa residente nel Regno Unito (art. 208 dell'ICTA). Conseguentemente, una distribuzione di dividendi soggetta all'ACT effettuata da una società con sede nel Regno Unito a favore di un'altra società ivi stabilita darà luogo ad un credito d'imposta («tax credit») a beneficio della società che riceve i dividendi (art. 231, n. 1, dell'ICTA).

12 Il detto credito d'imposta è pari all'importo dell'ACT versata dalla società distributrice di dividendi per tale distribuzione (art. 231, n. 1, dell'ICTA).

13 Se una società con sede nel Regno Unito riceve da una sua controllata ivi stabilita una distribuzione che le dà diritto ad un credito d'imposta, essa può dedurre l'importo dell'ACT versato dalla sua controllata dall'importo dell'ACT che essa stessa deve pagare nel momento in cui effettua distribuzioni ai propri azionisti, cosicché dovrà corrispondere soltanto l'ACT in eccesso.

14 Se una società stabilita nel Regno Unito, ma del tutto esente dall'MCT, riceve da una filiale ivi stabilita un dividendo per il quale l'ACT è stata pagata, essa ha diritto al rimborso di un importo pari al credito d'imposta (art. 231, n. 2, dell'ICTA).

15 Le società che non hanno sede nel Regno Unito e che non vi svolgono un'attività commerciale attraverso una succursale o un'agenzia non possono essere assoggettate all'imposta sulle società nel Regno Unito. Tuttavia, in linea di principio, esse sono assoggettate all'imposta sul reddito nel Regno Unito («income tax») in relazione ai profitti realizzati in tale Stato membro, tra cui i dividendi pagati dalle loro controllate ivi stabilite.

16 Tuttavia, in applicazione dell'art. 233, n. 1, dell'ICTA, poiché in linea di principio una società capogruppo non stabilita nel Regno Unito non può essere ammessa al beneficio del credito d'imposta, salvo che ciò non sia previsto da una convenzione in tema di doppia imposizione conclusa tra il Regno Unito e il suo Stato di residenza, essa non è assoggettata all'imposta sul reddito nel Regno Unito per i dividendi provenienti dalla sua controllata ivi stabilita.

17 Al contrario, qualora la società capogruppo non stabilita nel Regno Unito possa vantare un credito d'imposta in forza di una convenzione sulla doppia imposizione conclusa tra il Regno Unito e lo Stato dove ha sede, essa è assoggettata ad imposta sul reddito nel Regno Unito per i dividendi ricevuti dalla sua filiale ivi stabilita.

18 La convenzione sulla doppia imposizione conclusa il 26 novembre 1964 tra il Regno Unito e la Repubblica federale di Germania, come modificata il 23 marzo 1970, non garantisce un diritto ai crediti d'imposta alle società stabilite in Germania che possiedano azioni di società stabilite nel Regno Unito e ricevano da queste distribuzioni di utili.

19 Pertanto, una società capogruppo avente sede in Germania che riceva da una sua controllata avente sede nel Regno Unito dividendi soggetti all'ACT non può vantare nel Regno Unito un credito d'imposta corrispondente all'ACT versata e, ai sensi delle norme tributarie del Regno Unito, non è soggetta nel Regno Unito ad imposta per i dividendi ricevuti dalla sua controllata ivi stabilita.

20 Quando ad una società capogruppo non stabilita nel Regno Unito è concesso il beneficio del credito d'imposta in applicazione di una convenzione sulla doppia imposizione conclusa tra il Regno Unito e lo Stato dove ha sede, essa può chiedere l'imputazione del detto credito d'imposta all'imposta sul reddito di cui sia debitrice nel Regno Unito per i dividendi ricevuti dalla sua controllata ivi stabilita e, qualora l'importo del credito d'imposta superi quello dell'imposta, il rimborso dell'eccedenza. In caso di rigetto della domanda, la società che l'ha inoltrata può presentare un ricorso innanzi agli «Special Commissioners» o ai «General Commissioners» e in seguito, eventualmente, innanzi alla High Court.

Opzione per la tassazione degli utili a livello di gruppo («Group Income Election»)

21 Ai sensi dell'art. 247 dell'ICTA, due società con sede nel Regno Unito, di cui la prima detenga almeno il 51% dell'altra, possono optare per il regime di tassazione degli utili a livello di gruppo («Group Income Election»).

22 L'adozione di tale regime fa sì che la controllata non sia tenuta a pagare l'ACT per i dividendi versati alla sua capogruppo, a meno che essa non comunichi che non intende usufruire del regime di tassazione di gruppo per un determinato versamento di dividendi.

23 La domanda di ammissione al beneficio della tassazione degli utili a livello di gruppo viene presentata ad un «Inspector of Taxes» (ispettore delle imposte). Qualora costui la respinga, la società che l'ha presentata può impugnare tale decisione innanzi agli «Special Commissioners» o ai «General Commissioners» e può eventualmente decidere di interporre appello in punto di legittimità innanzi alla High Court.

24 Qualora un dividendo sia versato da una controllata con sede nel Regno Unito alla sua capogruppo, avente anch'essa sede nel Regno Unito, nell'ambito del regime dell'imposizione fiscale di gruppo, la controllata non è soggetta ad ACT e la capogruppo non ha diritto ad un credito d'imposta. Un gruppo di società non può infatti beneficiare contemporaneamente del regime della tassazione di gruppo e di un credito d'imposta per lo stesso dividendo.

25 Si deve precisare che l'ACT è stata abrogata, con effetti dal 6 aprile 1999, dall'art. 31 del Finance Act del 1998 (legge finanziaria 1998). Il contesto giuridico descritto ai punti 5-24 della presente sentenza è quello vigente prima di tale data.

Fatti della causa principale

26 Nella causa C-397/98 la Metallgesellschaft Ltd e The Metal and Commodity Company Ltd, società stabilite nel Regno Unito, hanno versato dividendi alle loro capogruppo, Metallgesellschaft AG e Metallgesellschaft Handel & Beteiligungen AG, società con sede in Germania, e, a questo titolo, sono state assoggettate al pagamento dell'ACT. Le due filiali hanno potuto in seguito dedurre l'ACT dall'MCT da loro dovuta.

27 La Metallgesellschaft e a. hanno citato i Commissioners of Inland Revenue innanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, affinché fosse dichiarato che esse avevano subito un danno a causa dell'assoggettamento all'ACT delle distribuzioni di dividendi effettuata dalle società controllate alle loro società capogruppo. La causa principale verte sugli importi dell'ACT versati tra il 16 aprile 1974 e il 1° novembre 1995 dalla Metallgesellschaft Ltd e tra l'11 aprile 1991 e il 13 ottobre 1995 da The Metal and Commodity Company Ltd.

28 Nella causa C-410/98 la Hoechst (UK) Ltd, società con sede nel Regno Unito, ha distribuito dividendi alla sua capogruppo, la Hoechst AG, società con sede in Germania, e ha versato al Regno Unito l'ACT che gravava su tali dividendi. In seguito, essa ha potuto dedurre l'ACT dall'MCT di cui era debitrice.

29 Anche la Hoechst e a. hanno citato i Commissioners of Inland Revenue innanzi alla High Court affinché fosse dichiarato che esse avevano subìto un danno per il fatto che le distribuzioni di dividendi effettuate dalla Hoechst (UK) Ltd alla Hoechst AG tra il 16 gennaio 1989 e il 26 aprile 1994 erano state assoggettate all'ACT. La causa principale verte sull'importo dell'ACT versata tra il 14 aprile 1989 e il 13 luglio 1994.

30 In entrambe le cause principali le società capogruppo sostengono che, poiché né esse né le loro controllate potevano optare per il regime d'imposizione a livello di gruppo, che avrebbe consentito alle seconde di evitare il pagamento dell'ACT, queste hanno subìto un danno dal punto di vista della liquidità che non hanno invece dovuto sopportare le controllate delle società capogruppo con sede nel Regno Unito le quali, optando per un regime d'imposizione a livello di gruppo, hanno potuto conservare, fino alla data di scadenza del pagamento dell'MCT di cui erano debitrici, le somme che avrebbero altrimenti dovuto versare a titolo di ACT per la distribuzione dei dividendi alle loro capogruppo. A loro avviso, tale danno costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, contraria al Trattato CE.

31 In via subordinata, nella causa C-397/98, la Metallgesellschaft AG e la Metallgesellschaft Handel & Beteiligungen AG affermano che esse dovrebbero beneficiare di un credito d'imposta pari almeno parzialmente all'ACT versata dalle loro filiali con sede nel Regno Unito, alla stregua di una società capogruppo stabilita nel Regno Unito, che ha diritto al detto credito d'imposta, ovvero di una società capogruppo non stabilita nel Regno Unito ma che abbia diritto al credito d'imposta in virtù di una convenzione sulla doppia imposizione.

32 Nella causa C-410/98, se la Corte dovesse dichiarare che la Hoechst (UK) Ltd non ha diritto al rimborso degli interessi dovuti per l'ACT versata, la Hoechst AG chiede in via subordinata di beneficiare di crediti d'imposta pari alla detta ACT o di un importo equivalente ai crediti che avrebbe ricevuto da una società capogruppo con sede nei Paesi Bassi. Secondo la Hoechst AG, il fatto che la legislazione fiscale del Regno Unito autorizzi la concessione di crediti d'imposta a società capogruppo che non abbiano ivi sede per l'ACT versata dalle loro controllate stabilite nel detto Stato membro solo quando ciò sia previsto dalla convenzione applicabile in tema di doppia imposizione - come nel caso della convenzione conclusa tra il Regno Unito e il Regno dei Paesi Bassi, ma non della convenzione tra il Regno Unito e la Repubblica federale di Germania - costituisce una discriminazione ingiustificata tra società capogruppo con sede in Stati membri diversi, in contrasto con il Trattato.

Le questioni pregiudiziali

33 La High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, poiché la soluzione delle controversie ad essa sottoposte richiedeva un'interpretazione del diritto comunitario, ha deciso di sospendere il giudizio e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, espresse in termini identici nelle due cause:

«1) Se, nelle circostanze esposte nell'ordinanza di rinvio, sia compatibile con il diritto comunitario, in particolare con gli artt. 6, 52, 58 e/o 73 B del Trattato CE, che la normativa di uno Stato membro consenta un'opzione per la tassazione degli utili a livello di gruppo [grazie alla quale i dividendi vengono pagati da una controllata alla sua capogruppo senza essere contabilizzati ai fini dell'anticipo dell'imposta sulle società ("ACT")] solo nel caso in cui entrambe le società siano stabilite in tale Stato membro.

2) Qualora la soluzione della prima questione sia negativa, se le suddette disposizioni del Trattato CE attribuiscano ad una società controllata, stabilita in tale Stato membro, di una capogruppo stabilita in un altro Stato membro e/o alla detta società capogruppo il diritto di esigere una somma di denaro a titolo di interessi sull'ACT, che la controllata ha versato perché la normativa nazionale non le consentiva di optare per la tassazione degli utili a livello di gruppo, oppure se tale somma possa semmai essere pretesa soltanto attraverso un'azione di risarcimento danni ai sensi dei principi stabiliti dalla Corte di giustizia nella sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame e a. (Racc. pag. I-1029), e nella sentenza 22 aprile 1997, causa C-66/95, Sutton (Racc. pag. I-2163), e, in entrambi i casi, se il giudice nazionale sia obbligato a provvedere nel senso richiesto anche se, ai sensi della normativa nazionale, non possono essere riconosciuti interessi (sia direttamente sia mediante restituzione o risarcimento) su capitali che non siano più dovuti alla ricorrente.

3) Se, nelle circostanze esposte nell'ordinanza di rinvio, sia compatibile con le suddette disposizioni del Trattato CE il fatto che le autorità di uno Stato membro neghino qualsiasi credito d'imposta ad una società stabilita in un altro Stato membro mentre concedono tali crediti a società stabilite nel Regno Unito e a società stabilite in taluni altri Stati membri in base alle convenzioni sulla doppia imposizione stipulate con tali altri Stati membri.

4) Qualora la soluzione della terza questione sia negativa, se il primo Stato membro sia e fosse obbligato, nel periodo di cui trattasi, a concedere un credito d'imposta a tale società alla stessa stregua delle società stabilite nel Regno Unito o delle società stabilite negli Stati membri che prevedono tali crediti nelle loro convenzioni sulla doppia imposizione.

5) Se uno Stato membro, in risposta a tale richiesta di rimborso, di credito d'imposta o risarcimento danni, possa invocare il fatto che le ricorrenti non hanno diritto al recupero, o che la richiesta delle ricorrenti dovrebbe essere ridotta, poiché, nonostante il testo della legge nazionale vietasse loro di agire in tal senso, esse avrebbero dovuto effettuare un'opzione per la tassazione degli utili a livello di gruppo, o esigere un credito d'imposta, presentando ricorso ai "Commissioners" e, se necessario, al giudice competente contro la decisione dell'"Inspector of Taxes" di non autorizzare l'esercizio dell'opzione per la tassazione degli utili a livello di gruppo o di respingere la domanda di credito d'imposta, richiamandosi alla preminenza e all'effetto diretto delle disposizioni del diritto comunitario».

34 Con ordinanza del presidente della Corte 14 dicembre 1998, le cause C-397/98 e C-410/98 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale e della sentenza.

Sulla prima questione pregiudiziale

35 Con la prima questione pregiudiziale, il giudice di rinvio chiede sostanzialmente se gli artt. 6, 52, 58 e/o 73 B del Trattato ostino alla normativa fiscale di uno Stato membro, come quella di cui si tratta nelle cause principali, che accordi alle società stabilite in tale Stato membro la possibilità di beneficiare di un regime fiscale che consente loro di pagare i dividendi alla loro capogruppo senza essere tenute al pagamento anticipato dell'imposta sulle società quando anche la società capogruppo sia stabilita nel detto Stato membro e neghi loro tale possibilità quando la loro società capogruppo abbia sede in un altro Stato membro.

36 Secondo la Metallgesellschaft e a. e la Hoechst e a., la normativa nazionale controversa nella causa principale ha l'effetto di dissuadere le società con sede in un altro Stato membro dallo stabilirsi nel Regno Unito sotto forma di società controllate e costituisce pertanto una restrizione ingiustificata alla libertà di stabilimento. Solo in seconda istanza la detta normativa pare loro altresì incompatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali.

37 Si deve ricordare anzitutto che, secondo una giurisprudenza costante, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario astenendosi da qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza (sentenze 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx, Racc. pag. I-2493, punto 16; 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher, Racc. pag. I-3089, punto 36; 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland, Racc. pag. I-2651, punto 19, e 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars, Racc. pag. I-2787, punto 17).

38 Dalla giurisprudenza della Corte si evince che l'art. 6 del Trattato, che enuncia il principio generale del divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza, tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non stabilisca specifici divieti di discriminazione (sentenze 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1461, punti 12 e 13; 12 aprile 1994, causa C-1/93, Halliburton Services, Racc. pag. I-1137, punto 12; Royal Bank of Scotland, già citata, punto 20, e Baars, già citata, punto 23).

39 Ebbene, è pacifico che, in materia di diritto di stabilimento, il principio del divieto di discriminazione è stato attuato dall'art. 52 del Trattato (sentenze Halliburton Services, già citata, punto 12; 29 febbraio 1996, causa C-193/94, Skanavi e Chryssanthakopoulos, Racc. pag. I-929, punto 21, e Baars, già citata, punto 24).

40 Conseguentemente, non occorre applicare l'art. 6 del Trattato nelle cause principali. E' con riferimento all'art. 52 del Trattato, quindi, che si deve stabilire in primo luogo se una normativa come quella controversa nelle cause principali comporti una restrizione ingiustificata della libertà di stabilimento.

41 L'art. 52 del Trattato è una disposizione fondamentale del diritto comunitario ed è direttamente applicabile negli Stati membri fin dalla scadenza del periodo transitorio. In forza di questa disposizione, la libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro implica l'accesso alle attività non subordinate e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese secondo quanto stabiliscono le leggi del paese dove si trova la sede per i cittadini del medesimo. L'abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento si estende alle restrizioni alla costituzione di agenzie, di succursali o di affiliate da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti nel territorio di un altro Stato membro (sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 13, e Royal Bank of Scotland, già citata, punto 22).

42 La libertà di stabilimento così definita comprende, ai sensi dell'art. 58 del Trattato, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l'amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un'agenzia (v. sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI, Racc. pag. I-4695, punto 20, e giurisprudenza ivi citata, e 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN, Racc. pag. I-6161, punto 35). Per le società è importante rilevare in questo contesto che la loro sede nel senso summenzionato serve a determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato (v. sentenze citate ICI, punto 20 e giurisprudenza ivi citata, e Saint-Gobain ZN, punto 36). Ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe quindi di contenuto l'art. 52 del Trattato (sentenza Commissione/Francia, già citata, punto 18).

43 A questo proposito si deve rilevare che la normativa controversa nelle cause principali introduce, per quanto concerne la facoltà di optare per il regime di tassazione degli utili a livello di gruppo, una disparità di trattamento tra le controllate con sede nel Regno Unito, a seconda che la loro società capogruppo abbia sede o meno nel Regno Unito. Infatti, le società controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo ivi stabilite possono beneficiare, a determinate condizioni, del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo ed essere quindi dispensate dall'obbligo di pagare l'ACT quando distribuiscono dividendi alle loro società capogruppo. Tale vantaggio, al contrario, è negato alle controllate con sede nel Regno Unito di società che non abbiano ivi sede, che sono pertanto sempre soggette all'obbligo di pagare l'ACT quando versano dividendi alle loro società capogruppo.

44 E' pacifico che, in questo modo, la controllata di una società capogruppo con sede nel Regno Unito dispone di un vantaggio a livello di liquidità, in quanto essa conserva, fino alla scadenza dei termini per il versamento dell'MCT, le somme che dovrebbe altrimenti versare come ACT, cioè per un periodo che va da un minimo di 8 mesi e mezzo a un massimo di 17 mesi e mezzo, a seconda della data di distribuzione, e, quando la MCT non è dovuta per un determinato esercizio contabile, persino per un periodo più lungo, poiché l'ACT può essere imputata all'imposta sulle società dovuta per gli esercizi contabili successivi.

45 Secondo i governi del Regno Unito, finlandese e olandese, il trattamento fiscale differenziato tra le controllate con sede nel Regno Unito a seconda che la loro società capogruppo abbia sede o meno in tale Stato membro è oggettivamente giustificato.

46 In primo luogo, il governo del Regno Unito sostiene che la situazione delle controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo ivi stabilite non è comparabile con quella delle controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo stabilite altrove.

47 Per quanto riguarda le controllate stabilite nel Regno Unito di cui anche le capogruppo abbiano ivi la sede, il governo del Regno Unito afferma che, benché la scelta del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo dispensi la controllata dall'obbligo di pagare l'ACT quando versa dividendi alla società capogruppo, tale pagamento è solo differito nel tempo, in quanto sarà la società capogruppo, essendo stabilita nello Stato, a dover pagare l'ACT quando effettuerà distribuzioni soggette a tale imposta. L'obbligo di pagare l'ACT al momento del versamento di dividendi sarebbe pertanto trasferito dalla controllata alla società capogruppo e l'esenzione dall'ACT di cui gode la controllata sarebbe compensata dall'assoggettamento della società capogruppo all'ACT.

48 Invece, secondo il governo britannico, se le controllate stabilite nel territorio nazionale e le loro società capogruppo non stabilite nel territorio nazionale potessero beneficiare del regime di tassazione degli utili a livello di gruppo, nel Regno Unito non sarebbe versata alcuna ACT. La controllata sarebbe esentata dal pagamento dell'ACT al momento del versamento dei dividendi alla sua società capogruppo, senza che tale esenzione fosse compensata da alcun successivo pagamento di ACT da parte della società capogruppo non stabilita nel Regno Unito quando essa a sua volta procedesse a distribuzioni, non essendo quest'ultima assoggettata all'imposta sulle società nel Regno Unito e, quindi, all'ACT.

49 Il governo olandese sostiene che è conforme al principio di territorialità il fatto che uno Stato membro attribuisca alle società capogruppo con sede in tale Stato la facoltà di optare per un regime come quello della tassazione degli utili a livello di gruppo, giacché in un regime simile lo Stato, anche se rinuncia a percepire l'imposta dalla società controllata, conserva il suo diritto a tale imposizione, in quanto il citato regime ha il solo effetto di trasferire il prelievo dell'ACT ad un altro livello all'interno dello stesso gruppo di società. Invece, se l'esenzione dall'ACT derivante dal regime della tassazione degli utili a livello di gruppo fosse accordata alle controllate di società capogruppo non stabilite nel Regno Unito, sulle transazioni effettuate all'interno del gruppo non vi sarebbe alcun prelievo di ACT nel Regno Unito, poiché le altre società del gruppo si trovano in un altro Stato membro e non sono assoggettate all'imposta sulle società nel Regno Unito, il che equivarrebbe a un'evasione fiscale.

50 Anche il governo finlandese ritiene che accordare alle controllate di società capogruppo non stabilite nel Regno Unito la facoltà di optare per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo consentirebbe alle dette società di sfuggire all'imposta nel Regno Unito, in quanto le loro società capogruppo non sono assoggettate all'imposta in tale Stato membro.

51 Questo argomento non può essere accolto.

52 In primo luogo, poiché l'ACT non è in nessun modo un'imposta sui dividendi, bensì un pagamento anticipato dell'imposta sulle società, è sbagliato ritenere che concedere alle controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo che non hanno ivi sede la facoltà di optare per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo consentirebbe alla controllata di eludere il pagamento nel Regno Unito di qualsiasi imposta sugli utili distribuiti sotto forma di dividendi.

53 Infatti, da un lato, la frazione dell'imposta sulle società, che la controllata con sede nel Regno Unito non è tenuta a pagare anticipatamente al momento del versamento dei dividendi alla sua società capogruppo nell'ambito del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo sarà versata in linea di principio quando il termine per il pagamento dell'MCT di cui la controllata è debitrice perverrà a scadenza. E' opportuno ricordare, a tale proposito, che la controllata stabilita nel Regno Unito di una società capogruppo stabilita in un altro Stato membro è assoggettata all'MCT nel Regno Unito, in relazione agli utili, allo stesso modo di una controllata stabilita nel Regno Unito di una società capogruppo parimenti ivi stabilita.

54 Di conseguenza, accordare alle controllate stabilite nel Regno Unito di società capogruppo che non sono ivi stabilite la facoltà di optare per un regime di tassazione degli utili a livello di gruppo avrebbe l'unico effetto di consentire loro di conservare le somme altrimenti destinate al pagamento dell'ACT fino alla scadenza dei termini per il pagamento dell'MCT e di godere, in questo modo, dello stesso vantaggio a livello di liquidità di cui godono le altre controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo ivi stabilite, senza che sussista alcun'altra differenza, a parità di base imponibile, tra gli importi dell'MCT di cui le une e le altre sono debitrici per lo stesso esercizio contabile.

55 In secondo luogo, non si può sostenere, per rifiutare alla controllata stabilita nel Regno Unito di una società capogruppo non stabilita nel Regno Unito la possibilità di essere esentata dal pagamento dell'ACT all'atto del versamento dei dividendi, che la società capogruppo non sarà assoggettata all'ACT quando effettuerà essa stessa versamenti di dividendi, a differenza di una società capogruppo con sede nel Regno Unito.

56 Infatti, si deve rilevare che il mancato assoggettamento all'ACT della società capogruppo non stabilita nel Regno Unito deriva dal fatto che essa non è soggetta all'imposta sulle società nel Regno Unito, essendo soggetta a tale imposta nello Stato in cui ha sede. E' pertanto logico che una società non debba pagare anticipatamente un'imposta alla quale non sarà mai assoggettata.

57 In terzo luogo, per quanto riguarda il rischio di evasione fiscale, si deve ricordare che, come già dichiarato dalla Corte, la fissazione della sede di una società fuori dal Regno Unito non comporta, di per sé, l'evasione fiscale, dato che la società di cui trattasi è comunque soggetta alla legge fiscale dello Stato di stabilimento (sentenza ICI, già citata, punto 26).

58 Allo stato attuale, sembra che la normativa tributaria britannica tolleri, con riferimento alle società capogruppo stabilite nel Regno Unito, che le società che hanno optato per il regime di tassazione degli utili a livello di gruppo non versino alcuna ACT. Infatti, in certi casi, neanche la società capogruppo alla quale sono stati distribuiti dividendi nell'ambito di tale regime fiscale verserà alcuna ACT. Essa può in particolare non effettuare alcuna distribuzione soggetta ad ACT o procedere, nell'ambito del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo, a distribuzioni che sarebbero altrimenti soggette all'ACT. L'assoggettamento all'ACT della società capogruppo stabilita nel Regno Unito di una controllata ivi stabilita non compensa quindi in nessun caso l'esenzione, in capo alla sua controllata, dall'obbligo di pagare l'ACT derivante dall'adozione del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo.

59 In quarto luogo, infine, quanto alla perdita finanziaria derivante, per l'amministrazione fiscale del Regno Unito, dalla concessione alle controllate ivi stabilite di società capogruppo con sede altrove della facoltà di optare per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo e di essere in questo modo esentate dal pagamento dell'ACT, è sufficiente ricordare che, conformemente ad una giurisprudenza consolidata, la riduzione di entrate fiscali non può essere considerata come un motivo imperativo di interesse generale che possa essere fatto valere per giustificare una misura in linea di principio incompatibile con una libertà fondamentale (v., in relazione all'art. 52 del Trattato, sentenza ICI, già citata, punto 28).

60 Conseguentemente, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 25 delle sue conclusioni, la differenza di regime fiscale delle società capogruppo, a seconda che esse siano stabilite o meno nel Regno Unito, non può giustificare il fatto che si neghi alle controllate stabilite nel Regno Unito di società capogruppo stabilite in altri Stati membri un'agevolazione fiscale di cui possono beneficiare le controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo parimenti stabilite nel Regno Unito, in quanto tutte queste società sono assoggettate all'MCT sugli utili, senza distinzione in base alla sede della loro società capogruppo.

61 In secondo luogo, il governo del Regno Unito sostiene che il rifiuto di accordare alle controllate ivi stabilite di società capogruppo stabilite altrove il diritto di optare per il regime di tassazione degli utili a livello di gruppo è giustificato dalla necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale del Regno Unito.

62 Secondo il detto governo, il principio su cui si fonda il sistema fiscale del Regno Unito consiste nel tassare contemporaneamente le società in base ai loro utili e gli azionisti di tali società per la parte di quegli stessi utili che esse distribuiscono loro, eventualmente, sotto forma di dividendi. Il fatto che le società azioniste con sede nel Regno Unito siano esentate dall'imposta sulle società per i dividendi che esse ricevono dalle loro controllate ivi stabilite avrebbe lo scopo di attenuare la detta doppia imposizione in termini economici, giacché tale esenzione sarebbe compensata dalla riscossione dell'ACT sul versamento dei dividendi dalle controllate alle loro società capogruppo.

63 Il governo del Regno Unito afferma che esiste, quindi, un nesso diretto tra l'esenzione dall'imposta sulle società di cui gode la società capogruppo sui dividendi ricevuti dalla sua controllata e l'assoggettamento all'ACT di tale controllata al momento del versamento degli stessi dividendi. Il requisito del pagamento dell'ACT da parte della società distributrice di dividendi sarebbe essenziale per garantire che, prima di concedere qualsiasi esenzione alla società beneficiaria dei dividendi, la società distributrice sia tassata sugli stessi dividendi, indipendentemente dal fatto che essa sia assoggettata o meno all'imposta sulle società per gli utili realizzati durante l'esercizio contabile nel corso del quale i dividendi sono versati.

64 Qualora la controllata con sede nel Regno Unito non sia tenuta a pagare l'ACT nel momento in cui versa dividendi, avendo optato assieme alla sua società capogruppo stabilita nel Regno Unito per il regime di tassazione degli utili a livello di gruppo, l'ACT versato dalla società capogruppo al momento delle distribuzioni di dividendi compenserebbe l'esenzione dall'imposta sulle società per i dividendi riscossi dalla società capogruppo beneficiaria.

65 Secondo il governo del Regno Unito, se si autorizzasse l'esenzione dell'ACT all'atto del versamento di dividendi da parte della controllata stabilita nel Regno Unito alla sua capogruppo non stabilita nel Regno Unito, l'esenzione fiscale a favore della società capogruppo in relazione ai dividendi da essa ricevuti non sarebbe compensata da alcuna imposta prelevata sul versamento di tali dividendi, il che sarebbe incompatibile con la coerenza fiscale del Regno Unito.

66 Questo argomento deve essere disatteso.

67 Vero è che la Corte ha dichiarato che la necessità di preservare la coerenza del regime fiscale può giustificare una normativa atta a restringere le libertà fondamentali (sentenze 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249, e causa C-300/90, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-305).

68 Non è, tuttavia, quanto avviene nella fattispecie.

69 Mentre nelle cause Bachmann e Commissione/Belgio, già citate, esisteva un nesso diretto tra la deducibilità dei contributi versati nell'ambito dei contratti di assicurazione contro la vecchiaia e la morte e l'assoggettamento ad imposta delle somme percepite in esecuzione dei detti contratti - nesso che occorreva preservare al fine di salvaguardare la coerenza del sistema tributario di cui si trattava -, nella fattispecie non sussiste alcun nesso diretto di questo tipo tra, da un lato, il rifiuto di riconoscere alle controllate nel Regno Unito di società capogruppo non stabilite nel medesimo la possibilità di essere esentate dall'obbligo di versare l'ACT, optando per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo, e, d'altro lato, il fatto che le società capogruppo con sede in un altro Stato membro le quali ricevono dividendi dalle loro controllate nel Regno Unito non siano assoggettate ad imposta sulle società nel Regno Unito.

70 Infatti, le società capogruppo, siano esse stabilite nel Regno Unito o meno, sono esentate dall'imposta sulle società nel Regno Unito per i dividendi ricevuti dalle loro controllate ivi stabilite. Non è rilevante ai fini della concessione di un beneficio fiscale quale l'esenzione dal versamento dell'ACT derivante dal regime della tassazione degli utili a livello di gruppo che, per le società capogruppo con sede nel Regno Unito, tale esenzione dall'imposta sulle società sia volta ad evitare che la detta imposta colpisca due volte gli utili della controllata nel Regno Unito e che, per le società capogruppo non stabilite nel Regno Unito, essa risulti dal solo fatto che tali società non sono comunque assoggettate all'imposta sulle società nel detto Stato membro, essendo assoggettate a una simile imposta nello Stato in cui hanno sede.

71 Del resto, l'unica imposta cui sia assoggettata nel Regno Unito una società capogruppo che abbia sede altrove in relazione ai dividendi versatile dalla sua controllata avente ivi sede è l'imposta sul reddito, ma la sua esigibilità è collegata alla concessione di crediti d'imposta eventualmente previsti da una convenzione sulla doppia imposizione conclusa tra il Regno Unito e lo Stato ove ha sede la società capogruppo.

72 Nel caso delle ricorrenti nella cause principali, l'imposta sul reddito nel Regno Unito non grava sulle società capogruppo con sede in Germania in relazione ai dividendi ricevuti dalle loro controllate con sede nel Regno Unito, poiché la convenzione sulla doppia imposizione conclusa tra il Regno Unito e la Repubblica federale di Germania non prevede la concessione di crediti d'imposta corrispondenti all'ACT versata dalle controllate.

73 Conseguentemente, il fatto di negare il diritto di optare per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo alle controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo con sede in un altro Stato membro non è giustificato da motivi relativi alla necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale britannico.

74 D'altronde, il fatto che nel frattempo l'ACT sia stata abrogata concorre a dimostrare che il suo pagamento non era indispensabile al buon funzionamento del regime tributario delle società nel Regno Unito.

75 Poiché, quindi, le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento ostano ad una normativa nazionale come quella controversa nelle causa principali, non è necessario verificare se anche le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali siano ad essa contrarie.

76 Conseguentemente, alla prima questione si deve rispondere che l'art. 52 del Trattato osta alla normativa fiscale di uno Stato membro, come quella di cui si tratta nelle cause principali, che accordi alle società stabilite in tale Stato membro la possibilità di beneficiare di un regime fiscale che consente loro di pagare i dividendi alla loro capogruppo senza essere tenute al pagamento anticipato dell'imposta sulle società quando anche la società capogruppo sia stabilita nel detto Stato membro e neghi loro tale possibilità quando la loro società capogruppo abbia sede in un altro Stato membro.

Sulla seconda questione pregiudiziale

77 Tenendo conto della risposta data alla prima questione pregiudiziale, la seconda questione è volta sostanzialmente a stabilire se l'art. 52 del Trattato debba essere interpretato nel senso che, qualora una controllata con sede nello Stato membro interessato e la sua società capogruppo con sede in un altro Stato membro siano state indebitamente private del beneficio di un regime fiscale che avrebbe consentito alla prima di versare dividendi alla seconda senza essere assoggettata al pagamento anticipato dell'imposta sulle società, tale controllata e/o la sua capogruppo hanno il diritto di ottenere una somma pari agli interessi maturati sui pagamenti anticipati effettuati dalla controllata a partire dalla data dei detti pagamenti fino alla data di scadenza dei termini per il versamento dell'imposta, anche se il diritto nazionale vieti la corresponsione di interessi su un capitale non dovuto. Il giudice di rinvio pone tale questione sia per il caso in cui la domanda della controllata e/o della società capogruppo sia presentata nell'ambito di un'azione per la ripetizione di tasse riscosse in violazione del diritto comunitario, sia per il caso in cui essa sia presentata nell'ambito di un ricorso per risarcimento danni relativo alla violazione del diritto comunitario.

78 A questo proposito il governo del Regno Unito sostiene, in primo luogo, che, se il rifiuto di concedere il beneficio del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo alle controllate stabilite nel Regno Unito di società capogruppo ivi non stabilite fosse dichiarato contrario al diritto comunitario, il diritto comunitario esigerebbe che fosse posto rimedio a tale violazione non già mediante un'azione di ripetizione, bensì mediante un'azione di risarcimento a carico dello Stato per i danni causati dalla violazione del diritto comunitario. A suo avviso, infatti, l'ACT non è un'imposta riscossa in violazione del diritto comunitario, poiché le controllate sono comunque tenute a pagare come MCT le somme versate come ACT. All'origine delle controversie principali vi sarebbe piuttosto l'omessa previsione, da parte del legislatore britannico, della facoltà per una controllata stabilita nel Regno Unito e una società capogruppo ivi non stabilita di optare per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo. Tale omissione potrebbe comportare la responsabilità extracontrattuale del Regno Unito. Orbene, nella citata sentenza Sutton la Corte avrebbe dichiarato, in particolare, che, in caso di danno cagionato dalla violazione di una direttiva, il diritto comunitario non richiede che uno Stato membro versi un importo corrispondente agli interessi su una somma pagata in ritardo (in quel caso si trattava di arretrati di prestazioni previdenziali). Il governo del Regno Unito ne deduce che il diritto comunitario non richiede che siano concessi interessi per il fatto che non si sia potuto usufruire di una somma di danaro durante un determinato periodo, a causa dell'esazione anticipata di un'imposta che sarebbe contraria al diritto comunitario.

79 In secondo luogo, il governo del Regno Unito asserisce che, anche se le richieste delle ricorrenti nelle cause principali dovessero essere considerate domande di restituzione relative a somme riscosse in violazione del diritto comunitario, simili domande non potrebbero essere accolte in quanto, secondo una giurisprudenza costante, spetta al diritto nazionale determinare se possano essere pagati interessi come rimborso di tributi riscossi in contrasto con il diritto comunitario. Ora, nell'ordinamento inglese il diritto agli interessi dipenderebbe dalla circostanza che il procedimento sia stato iniziato prima del versamento dell'importo sul quale sono richiesti gli interessi.

80 Conseguentemente, le ricorrenti nelle cause principali non potrebbero pretendere interessi né sotto forma di domanda di restituzione né sotto forma di domanda di risarcimento in quanto gli importi in discussione nelle cause principali sono stati rimborsati mediante compensazione, con imputazione dell'ACT alle somme dovute a titolo di MCT, di cui le controllate erano debitrici prima dell'inizio del procedimento.

81 Occorre precisare che non spetta alla Corte dare una qualificazione giuridica delle domande presentate dalle ricorrenti nelle cause principali innanzi al giudice di rinvio. Nella fattispecie, spetta alla Metallgesellschaft e a. e alla Hoechst e a. precisare la natura e il fondamento della loro azione (domanda di restituzione o domanda di risarcimento danni), sotto il controllo del giudice di rinvio.

82 In primo luogo, qualora le domande delle ricorrenti nelle cause principali siano considerate domande di restituzione di un tributo riscosso in violazione del diritto comunitario, occorre verificare se, in circostanze come quelle delle cause principali, la violazione dell'art. 52 del Trattato da parte di uno Stato membro attribuisca ai soggetti passivi un diritto al rimborso degli interessi maturati sull'imposta da questi pagata dalla data del suo pagamento anticipato fino alla data in cui essa divenga validamente esigibile.

83 A questo proposito occorre ricordare che, nelle cause principali, ciò che è contrario al diritto comunitario non è il fatto che un'imposta sia riscossa nel Regno Unito nel momento in cui una controllata versi dividendi alla sua società capogruppo, bensì il fatto che alle controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo con sede in un altro Stato membro sia stato imposto l'obbligo di versare anticipatamente tale tributo e le controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo con sede nel medesimo abbiano avuto, invece, la possibilità di sottrarsi a tale obbligo.

84 Secondo una costante giurisprudenza, il diritto di ottenere il rimborso delle somme riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto comunitario costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti agli amministrati dalle disposizioni comunitarie nell'interpretazione loro data dalla Corte (sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12; 2 febbraio 1988, causa 309/85, Barra, Racc. pag. 355, punto 17; 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 40; 9 febbraio 1999, causa C-343/96, Dilexport, Racc. pag. I-579, punto 23, e 21 settembre 2000, cause riunite C-441/98 e C-442/98, Michaïlidis, Racc. pag. I-7145, punto 30). Lo Stato membro è quindi tenuto, in via di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto comunitario (sentenze 14 gennaio 1997, cause riunite da C-192/95 a C-218/95, Comateb e a., Racc. pag. I-165, punto 20; Dilexport, già citata, punto 23, e Michaïlidis, già citata, punto 30).

85 In mancanza di una disciplina comunitaria in materia di ripetizione di imposte nazionali indebitamente riscosse, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, purché le dette modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall'altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenze 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis, Racc. pag. I-4951, punti 19 e 34; causa C-260/96, Spac, Racc. pag. I-4997, punto 18; 17 novembre 1998, causa C-228/96, Aprile, Racc. pag. I-7141, punto 18, e Dilexport, già citata, punto 25).

86 Spetta parimenti al diritto nazionale disciplinare tutte le questioni accessorie relative alla restituzione di tributi indebitamente percepiti, come l'eventuale versamento d'interessi, ivi compresa la data a partire dalla quale essi devono essere calcolati e il relativo tasso (sentenze 21 maggio 1976, causa 26/74, Roquette frères/Commissione, Racc. pag. 677, punti 11 e 12, e 12 giugno 1980, causa 130/79, Express Dairy Foods, Racc. pag. 1887, punti 16 e 17).

87 Nelle cause principali, tuttavia, la domanda di pagamento degli interessi a copertura del costo dovuto al congelamento delle somme versate come ACT non è accessoria e costituisce anzi l'oggetto stesso dei reclami delle ricorrenti nelle cause principali. Date queste circostanze, in cui la violazione del diritto comunitario risulta non già dal pagamento dell'imposta stessa bensì dalla sua esigibilità anticipata, la concessione di interessi rappresenta il «rimborso» di ciò che è stato indebitamente versato e appare indispensabile al ripristino della parità di trattamento salvaguardata dall'art. 52 del Trattato.

88 Poiché il giudice di rinvio ha presentato come contestata la tesi secondo cui il diritto inglese non prevedrebbe il risarcimento di un danno derivante dall'indisponibilità di somme di denaro quando non è più dovuto alcun capitale, si deve sottolineare che, nell'ambito di un'azione di restituzione, il capitale dovuto corrisponde esattamente all'importo degli interessi che la somma divenuta indisponibile a causa della scadenza anticipata dell'imposta avrebbe fruttato.

89 Conseguentemente, l'art. 52 del Trattato attribuisce ad una controllata con sede nel Regno Unito e/o alla sua società capogruppo con sede in un altro Stato membro il diritto di ottenere gli interessi maturati sull'ACT versata dalla controllata durante il periodo intercorso tra il pagamento dell'ACT e la data di scadenza dei termini per il versamento dell'MCT. Tale somma può essere reclamata mediante un'azione di restituzione.

90 In secondo luogo, qualora le domanda delle ricorrenti nelle cause principali siano considerate domande di risarcimento di un danno cagionato dalla violazione del diritto comunitario, occorre stabilire se, in circostanze quali quelle delle cause principali, la violazione dell'art. 52 del Trattato da parte di uno Stato membro attribuisca ai soggetti passivi il diritto al risarcimento dei danni per un importo pari agli interessi maturati sulla tassa da loro pagata, dalla data del pagamento anticipato fino alla data in cui essa è divenuta validamente esigibile.

91 Sul punto si deve ricordare che, come dichiarato dalla Corte al punto 87 della sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, già citata, l'esclusione totale del lucro cessante dal danno risarcibile non può essere ammessa in caso di violazione del diritto comunitario poiché, soprattutto in tema di controversie di natura economica o commerciale, una tale esclusione totale del lucro cessante si presta a rendere di fatto impossibile il risarcimento del danno.

92 A questo proposito l'argomento del governo del Regno Unito secondo cui non potrebbero essere concessi interessi alle ricorrenti nelle cause principali se esse chiedessero l'indennizzo nell'ambito di azioni di risarcimento non può essere accolto.

93 E' vero che, nella sentenza Sutton, già citata, la Corte ha dichiarato che la direttiva comunitaria controversa in quella causa conferiva unicamente il diritto ad ottenere il pagamento delle prestazioni alle quali l'interessato avrebbe avuto diritto in mancanza di discriminazione, e che il pagamento di interessi su arretrati di prestazioni corrisposti in ritardo non era una componente essenziale del diritto così definito. Ma è anche vero che, nelle cause principali, sono proprio gli interessi a rappresentare ciò di cui avrebbero disposto le ricorrenti nelle cause principali se non vi fosse stata disparità di trattamento e a costituire la componente essenziale del diritto che è loro riconosciuto.

94 Del resto, ai punti 23-25 della sentenza Sutton, già citata, la Corte ha operato una distinzione tra le circostanze della causa principale in tale sentenza e quelle relative alla sentenza 2 agosto 1993, causa C-271/91, Marshall, detta «Marshall II» (Racc. pag. I-4367). In quest'ultima causa, relativa alla corresponsione d'interessi su importi dovuti a titolo di risarcimento del danno subìto in seguito ad un licenziamento a carattere discriminatorio, la Corte ha dichiarato che il risarcimento integrale del pregiudizio sofferto non può prescindere da elementi, quali il decorso del tempo, tali da diminuirne il valore e che la corresponsione di interessi è una componente essenziale di un indennizzo che consenta il ripristino di un'effettiva parità di trattamento (sentenza Marshall II, già citata, punti 24-32). La corresponsione d'interessi, nella fattispecie, era stata considerata componente essenziale dell'indennizzo prescritto dal diritto comunitario in caso di licenziamento a carattere discriminatorio.

95 In circostanze quali quelle di cui alle cause principali, la corresponsione di interessi appare pertanto essenziale al risarcimento del danno cagionato dalla violazione dell'art. 52 del Trattato.

96 Conseguentemente, si deve rispondere alla seconda questione pregiudiziale come segue:

- qualora una controllata con sede in uno Stato membro sia stata assoggettata all'obbligo di pagare anticipatamente l'imposta sulle società per i dividendi versati alla sua società capogruppo avente sede in un altro Stato membro, mentre, in circostanze simili, le controllate di società capogruppo con sede nel primo Stato membro hanno potuto optare per un regime fiscale che consentiva loro di sottrarsi a tale obbligo, l'art. 52 del Trattato richiede che le società controllate con sede nel detto Stato e le loro società capogruppo non aventi ivi sede dispongano di un mezzo di ricorso effettivo per ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite economiche da esse sofferte, a vantaggio delle autorità dello Stato membro interessato, in seguito al pagamento anticipato dell'imposta da parte delle controllate.

- Il solo fatto che un simile ricorso avrebbe ad oggetto solamente il pagamento degli interessi, corrispondenti alla perdita finanziaria subita a causa dell'indisponibilità delle somme anzitempo versate, non costituisce un motivo valido per respingere tale ricorso.

- Se, in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato stabilire le modalità procedurali di tali ricorsi, ivi comprese le questioni accessorie, come l'eventuale corresponsione di interessi, tali norme non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

Sulla terza e quarta questione pregiudiziale

97 Alla luce della risposta data alla prima questione pregiudiziale, non è necessario rispondere alla terza e alla quarta questione.

Sulla quinta questione pregiudiziale

98 Con la quinta questione il giudice di rinvio chiede sostanzialmente se il diritto comunitario osti a che un giudice nazionale respinga o riduca una domanda ad esso proposta da una società controllata con sede nello Stato interessato e dalla relativa capogruppo, avente sede altrove, al fine di ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite finanziarie subite dalle medesime a causa del versamento anticipato dell'imposta sulle società, eseguito dalla controllata, per il solo motivo che esse non hanno chiesto all'amministrazione fiscale di beneficiare del regime d'imposta che avrebbe comportato l'esenzione della controllata dall'obbligo del versamento anticipato, e non hanno quindi utilizzato i mezzi di ricorso a loro disposizione per contestare le decisioni di rigetto dell'amministrazione fiscale, richiamandosi alla preminenza e all'applicabilità immediata delle disposizioni del diritto comunitario, quando la normativa nazionale comunque negava il beneficio del detto regime d'imposizione alle controllate stabilite nello Stato interessato e alle loro società capogruppo stabilite altrove.

99 Secondo il governo del Regno Unito, se il rifiuto di ammettere al beneficio del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo le controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo ivi non stabilite fosse ritenuto contrario al diritto comunitario, il mezzo di ricorso appropriato per proporre un reclamo sarebbe un'azione diretta a far accertare la responsabilità dello Stato in conformità di criteri elaborati dalla Corte nella sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, già citata. A suo dire, a simili azioni di risarcimento potrebbe opporsi la negligenza dimostrata dalle ricorrenti nelle cause principali, che non hanno richiesto sin dall'inizio di poter beneficiare del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo, il che avrebbe consentito loro di contestare il rifiuto dell'amministrazione fiscale e di richiamarsi alla preminenza e all'applicabilità immediata delle disposizioni del diritto comunitario allo scopo, in particolare, di ottenere alla prima occasione un rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte.

100 Occorre sottolineare che tale argomento non si fonda sull'esistenza nel diritto nazionale di un termine di prescrizione o di decadenza.

101 Infatti, il governo del Regno Unito ritiene che la sua posizione sia fondata con riferimento, in particolare, alla sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, già citata (punti 84 e 85), in cui la Corte ha affermato che, in forza di un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, la persona lesa, per evitare di doversi accollare il pregiudizio, deve dimostrare di avere agito con ragionevole diligenza per limitare l'entità del danno e, pertanto, che, per determinare il danno risarcibile, il giudice nazionale può verificare se il soggetto leso abbia dato prova di una ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne l'entità e, in particolare, se esso abbia tempestivamente esperito tutti i rimedi giuridici a sua disposizione.

102 Si deve ricordare, innanzi tutto, che domande come quelle oggetto delle cause principali sono soggette alle norme di procedura nazionali, che possono in particolare imporre alle ricorrenti nelle cause principali di agire con ragionevole diligenza al fine di evitare il danno o di limitarne l'entità.

103 Bisogna rilevare, poi, che è pacifico che, nelle cause principali, la normativa fiscale del Regno Unito rifiutava chiaramente alle controllate con sede nel Regno Unito di società capogruppo non stabilite nel Regno Unito il beneficio del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo, cosicché non si può muovere censura alle ricorrenti nelle cause principali per non aver manifestato l'intenzione di optare per il regime della tassazione degli utili a livello di gruppo. Secondo le ordinanze di rinvio, è pacifico che, se le ricorrenti delle cause principali avessero chiesto di beneficiare del detto regime fiscale, la loro domanda sarebbe stata respinta dall'«Inspector of Taxes», poiché le società capogruppo non avevano sede nel Regno Unito.

104 Si ricava, infine, dalle ordinanze di rinvio che una tale decisione di rigetto dell'amministrazione fiscale avrebbe potuto essere impugnata innanzi agli «Special Commissioners» o ai «General Commissioners» e in seguito, eventualmente, innanzi alla High Court. Secondo il giudice di rinvio, da un lato, prima della pronuncia della sentenza in un simile ricorso, le controllate avrebbero dovuto comunque pagare l'ACT relativa a tutti i dividendi da loro versati e, dall'altro, qualora il ricorso fosse stato accolto, esse non avrebbero ottenuto il rimborso dell'ACT, che non è previsto dal diritto inglese. Se le controllate avessero scelto di non pagare l'ACT relativa ai dividendi versati prima che si statuisse sui loro ricorsi, esse sarebbero state comunque assoggettate all'ACT, avrebbero dovuto versare interessi su tali somme e si sarebbero esposte ad un'eventuale sanzione legale qualora il loro comportamento fosse stato giudicato negligente e ingiustificabile.

105 Ne consegue che, nelle cause principali, il governo del Regno Unito accusa le ricorrenti di negligenza per non aver contestato prima, con mezzi di ricorso diversi da quelli da loro utilizzati, la compatibilità con il diritto comunitario delle disposizioni nazionali che negano un beneficio fiscale alle controllate di società capogruppo non stabilite nel Regno Unito. Viene quindi contestato alle ricorrenti nelle cause principali di aver tenuto conto della normativa nazionale e di aver versato l'ACT, senza aver cercato di essere ammesse al beneficio del regime della tassazione degli utili a livello di gruppo e senza aver utilizzato i mezzi di ricorso a loro disposizione per impugnare il rifiuto che sarebbe stato loro inevitabilmente opposto dall'amministrazione fiscale.

106 Tuttavia, l'esercizio dei diritti che le norme del diritto comunitario direttamente applicabili conferiscono ai privati sarebbe reso impossibile o eccessivamente difficoltoso se le loro domande di restituzione o le loro domande di risarcimento, fondate sulla violazione del diritto comunitario, dovessero essere respinte o ridotte per il solo motivo che i privati non abbiano richiesto di beneficiare del vantaggio fiscale che la legge nazionale negava loro, in vista d'impugnare il rifiuto dell'amministrazione fiscale con i mezzi di ricorso previsti a tale scopo, richiamandosi alla preminenza e all'applicabilità diretta delle disposizioni del diritto comunitario.

107 Si deve quindi rispondere alla quinta questione pregiudiziale che il diritto comunitario osta a che un giudice nazionale respinga o riduca una domanda ad esso proposta da una società controllata con sede nello Stato interessato e dalla relativa capogruppo, avente sede altrove, al fine di ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite finanziarie subite dalle medesime a causa del versamento anticipato dell'imposta sulle società, eseguito dalla controllata, per il solo motivo che esse non hanno chiesto all'amministrazione fiscale di beneficiare del regime d'imposta che avrebbe comportato l'esenzione della controllata dall'obbligo del versamento anticipato, e non hanno quindi utilizzato i mezzi di ricorso a loro disposizione per contestare le decisioni di rigetto dell'amministrazione fiscale, richiamandosi alla preminenza e all'applicabilità immediata delle disposizioni del diritto comunitario, quando la normativa nazionale comunque negava il beneficio del detto regime d'imposizione alle controllate stabilite nello Stato interessato e alle loro società capogruppo stabilite altrove.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

108 Le spese sostenute dai governi del Regno Unito, tedesco, francese, olandese e finlandese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, con ordinanze 2 ottobre 1998, dichiara:

1) L'art. 52 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) osta alla normativa fiscale di uno Stato membro, come quella di cui si tratta nelle cause principali, che accordi alle società stabilite in tale Stato membro la possibilità di beneficiare di un regime fiscale che consente loro di pagare i dividendi alla loro capogruppo senza essere tenute al pagamento anticipato dell'imposta sulle società quando anche la società capogruppo sia stabilita nel detto Stato membro, e neghi loro tale possibilità quando la loro società capogruppo abbia sede in un altro Stato membro.

2) Qualora una controllata con sede in uno Stato membro sia stata assoggettata all'obbligo di pagare anticipatamente l'imposta sulle società per i dividendi versati alla sua società capogruppo avente sede in un altro Stato membro, mentre, in circostanze simili, le controllate di società capogruppo con sede nel primo Stato membro hanno potuto optare per un regime fiscale che ha consentito loro di sottrarsi a tale obbligo, l'art. 52 del Trattato richiede che le società controllate con sede nel detto Stato e le loro società capogruppo non aventi ivi sede dispongano di un mezzo di ricorso effettivo per ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite economiche da esse sofferte, a vantaggio delle autorità dello Stato membro interessato, in seguito al pagamento anticipato dell'imposta da parte delle controllate.

Il solo fatto che un simile ricorso avrebbe ad oggetto solamente il pagamento degli interessi corrispondenti alla perdita finanziaria subita a causa dell'indisponibilità delle somme anzitempo versate non costituisce un motivo valido per respingere tale ricorso.

Se, in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato stabilire le modalità procedurali di tali ricorsi, ivi comprese le questioni accessorie, come l'eventuale corresponsione di interessi, tali norme non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

3) Il diritto comunitario osta a che un giudice nazionale respinga o riduca una domanda ad esso proposta da una società controllata con sede nello Stato interessato e dalla relativa capogruppo, avente sede altrove, al fine di ottenere il rimborso o il risarcimento delle perdite finanziarie subite dalle medesime a causa del versamento anticipato dell'imposta sulle società, eseguito dalla controllata, per il solo motivo che esse non hanno chiesto all'amministrazione fiscale di beneficiare del regime d'imposta che avrebbe comportato l'esenzione della controllata dall'obbligo del versamento anticipato, e non hanno quindi utilizzato i mezzi di ricorso a loro disposizione per contestare le decisioni di rigetto dell'amministrazione fiscale, richiamandosi alla preminenza e all'applicabilità immediata delle disposizioni del diritto comunitario, quando la normativa nazionale comunque negava il beneficio del detto regime d'imposizione alle controllate stabilite nello Stato interessato e alle loro società capogruppo stabilite altrove.