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61998J0481

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 3 maggio 2001. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Inadempimento di uno Stato - Sesta direttiva IVA - Artt. 12, n. 3, lett. a), e 28, n. 2, lett. a) - Aliquota ridotta. - Causa C-481/98.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-03369


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Facoltà per gli Stati membri di applicare transitoriamente un'aliquota ridotta - Applicazione di un'aliquota ridotta del 2,1% ai soli medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale e del 5,5% agli altri medicinali - Ammissibilità - Rispetto delle condizioni fissate all'art. 28, n. 2, lett. a), della sesta direttiva

[Direttive del Consiglio 67/228/CEE, art. 17, ultimo trattino, e 77/388/CEE, art. 12, n. 3, lett. a), e 28, n. 2, lett. a)]

Massima


$$Avendo istituito e mantenuto in vigore una normativa in materia di imposta sul valore aggiunto ai sensi della quale i medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale sono assoggettati ad imposta all'aliquota ridotta del 2,1% mentre gli altri medicinali sono assoggettati ad imposta all'aliquota ridotta del 5,5%, uno Stato membro non è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 12 della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari.

L'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 2,1%, inferiore al tasso minimo del 5% fissato nell'art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, è infatti giustificata ai sensi dell'art. 28, n. 2, lett. a), di tale direttiva, nei limiti in cui tale aliquota esisteva già il 1° gennaio 1991, nei limiti in cui essa è conforme al diritto comunitario, in quanto non viola il principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto dal momento che i medicinali rimborsabili e i medicinali non rimborsabili non sono prodotti di uno stesso tipo che si trovino in concorrenza gli uni con gli altri, e nei limiti in cui essa risponda ai criteri considerati all'art. 17, ultimo trattino, della seconda direttiva dato che l'applicazione di un'aliquota ridotta sui medicinali rimborsabili, da un lato, presenta con ogni evidenza un interesse sociale nei limiti in cui comporta necessariamente una mitigazione degli oneri della previdenza sociale e, dall'altro, va a vantaggio del consumatore finale di cui essa riduce le spese sanitarie.

( v. punti 21, 25, 32-33 )

Parti


Nella causa C-481/98,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. Traversa, in qualità di agente, assistito dall'avv. N. Coutrelis, avocat, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica francese, rappresentata dalla sig.ra K. Rispal-Bellanger e dal sig. S. Seam, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica di Finlandia, rappresentata dal sig. H. Rotkirch e dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

avente ad oggetto un ricorso diretto a far dichiarare che, avendo istituito e mantenuto in vigore una normativa in materia di imposta sul valore aggiunto ai sensi della quale i medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale sono assoggettati ad imposta all'aliquota del 2,1% mentre gli altri medicinali sono assoggettati ad imposta all'aliquota ridotta del 5,5%, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 12 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dai sigg. C. Gulmann, presidente di sezione, V. Skouris, J.-P. Puissochet, R. Schintgen e dalla sig.ra N. Colneric (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Mischo

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 26 ottobre 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 6 dicembre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 30 dicembre 1998, la Commissione delle Comunità europee ha proposto a questa Corte, a norma dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso diretto a far dichiarare che, avendo istituito e mantenuto in vigore una normativa in materia di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») ai sensi della quale i medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale sono assoggettati ad imposta all'aliquota del 2,1% mentre gli altri medicinali sono assoggettati ad imposta all'aliquota ridotta del 5,5%, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 12 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

La normativa comunitaria

2 Nella sua formulazione iniziale, l'art. 12, n. 3, della sesta direttiva 77/388 disponeva:

«L'aliquota normale dell'imposta sul valore aggiunto è fissata da ciascuno Stato membro in una percentuale della base imponibile che è identica per le forniture di beni e per le prestazioni di servizi».

3 Nel 1992 tale disposizione ha formato oggetto di una modifica importante. Ai sensi dell'art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva 77/388, nella sua versione risultante dalla direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/77/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388 (ravvicinamento delle aliquote IVA) (GU L 316, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»):

«A decorrere dal 1° gennaio 1993 gli Stati membri applicano un'aliquota normale che, fino al 31 dicembre 1996, non può essere inferiore al 15%.

(...)

Gli Stati membri possono anche applicare una o due aliquote ridotte. Le aliquote ridotte non possono essere inferiori al 5% e sono applicate soltanto alle forniture di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie di cui all'allegato H».

4 Successivamente, due modifiche secondarie sono state apportate alla detta disposizione, in primo luogo, dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, che modifica la direttiva 77/388 in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione (GU L 384, pag. 47) e, in secondo luogo, dalla direttiva del Consiglio 20 dicembre 1996, 96/95/CE, che modifica, in relazione al livello dell'aliquota normale dell'imposta sul valore aggiunto, la direttiva 77/388 (GU L 338, pag. 89). L'art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, nella sua versione risultante dalla direttiva 96/95, è così formulato:

«L'aliquota normale dell'imposta sul valore aggiunto è fissata da ciascuno Stato membro in una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi. Dal 1° gennaio 1997 e fino al 31 dicembre 1998 tale percentuale non deve essere inferiore al 15%.

(...)

Gli Stati membri possono anche applicare una o due aliquote ridotte. Le aliquote sono fissate in una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5% e sono applicate unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie di cui all'allegato H».

5 L'art. 28, n. 2, lett. a), primo comma, della sesta direttiva dispone:

«Nonostante l'articolo 12, paragrafo 3, durante il periodo transitorio di cui all'articolo 28 terdecies si applicano le disposizioni seguenti:

a) Possono essere mantenute le esenzioni con rimborso della tassa pagata nella fase precedente e le aliquote ridotte inferiori all'aliquota minima prescritta all'articolo 12, paragrafo 3 in materia di aliquote ridotte, applicabili al 1° gennaio 1991, conformi alla legislazione comunitaria e rispondenti ai requisiti figuranti all'articolo 17, ultimo trattino della seconda direttiva dell'11 aprile 1967».

6 Ai sensi dell'art. 17, ultimo trattino, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Struttura e modalità d'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303; in prosieguo: la «seconda direttiva»):

«Per il passaggio dai sistemi attuali di imposte sulla cifra d'affari al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, gli Stati membri hanno la facoltà:

(...)

- di prevedere, sino al momento della soppressione dell'imposizione all'importazione e della detassazione all'esportazione negli scambi fra gli Stati membri, per ragioni di interesse sociale ben definite e a favore dei consumatori finali, aliquote ridotte o anche esenzioni con eventuale rimborso delle spese pagate allo stadio antecedente, nella misura in cui l'incidenza globale di queste misure non supera quella delle agevolazioni applicate nell'attuale regime».

7 L'ottavo considerando della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301; in prosieguo: la «prima direttiva»), recita:

«Considerando che la sostituzione dei sistemi di imposte cumulative a cascata vigenti nella maggior parte degli Stati membri con il sistema comune di imposta sul valore aggiunto dovrà portare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono armonizzate contemporaneamente, ad una neutralità concorrenziale nel senso che, all'interno di ciascun paese, sulle merci di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale (...)».

8 Ai sensi dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/105/CEE, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (GU 1989, L 40, pag. 8), gli Stati membri sono autorizzati a decidere che un medicinale è rimborsabile da parte della previdenza sociale nazionale solo dopo la sua inclusione in un elenco positivo di medicinali coperti dal regime nazionale di assicurazione malattia. Qualsiasi decisione di non includere un medicinale in tale elenco dev'essere basata su criteri obiettivi e verificabili.

La normativa nazionale

9 Ai sensi dell'art. 281 octies del code général des impôts, inserito in quest'ultima normativa dall'art. 9 della legge 29 dicembre 1989, n. 89-935, recante legge finanziaria per il 1990 (JORF del 30 dicembre 1989, pag. 16337), l'aliquota IVA applicabile ai medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale è del 2,1% mentre, ai sensi dell'art. 278 quater del detto codice, gli altri medicinali sono assoggettati ad imposta all'aliquota del 5,5%.

10 In applicazione dell'art. R 163-3 del code de la sécurité sociale, nella sua versione applicabile alla controversia, possono essere iscritti nell'elenco dei medicinali rimborsabili solo i prodotti di cui sia dimostrato che comportano:

«- vuoi un miglioramento del servizio medico fornito in termini di efficacia terapeutica o, eventualmente, di effetti secondari;

- vuoi un risparmio nel costo del trattamento terapeutico».

11 Nella stessa disposizione si precisa che «[in caso di] efficacia o risparmio simili viene data la preferenza ai medicinali che sono frutto di uno sforzo di ricerca del fabbricante».

12 Ai sensi dell'art. L. 601 del code de la santé publique, nella sua versione applicabile alla controversia, l'inclusione nell'elenco dei medicinali rimborsabili può essere chiesta solo per le specialità medicinali che hanno preliminarmente ottenuto un'autorizzazione all'immissione sul mercato e proprio il rilascio di tale autorizzazione consente al prodotto di essere effettivamente riconosciuto come specialità medicinale atta ad essere messa in commercio.

13 E' pacifico che quest'ultima disciplina nazionale è conforme al diritto comunitario e, in particolare, alla direttiva 89/105.

Il procedimento precontenzioso

14 La Commissione ha considerato che l'applicazione di due diverse aliquote IVA ridotte per i medicinali, a seconda che esse siano, o non siano, rimborsabili da parte della previdenza sociale, è in contrasto con le disposizioni della prima e della sesta direttiva e, in particolare, con l'art. 12, n. 3, di quest'ultima. Con lettera del 28 settembre 1995, essa ha comunicato al governo francese, ai sensi dell'art. 169 del Trattato, i suoi addebiti relativi a tale presunta violazione del diritto comunitario e ha invitato la Repubblica francese a presentare le sue osservazioni al riguardo.

15 Nella sua risposta del 18 gennaio 1996, il governo francese ha fatto valere diversi argomenti idonei, a suo parere, a dimostrare che l'esistenza di tali due aliquote IVA ridotte non costituisce una violazione del diritto comunitario.

16 Non essendo stata convinta dagli argomenti del governo francese, il 22 dicembre 1997 la Commissione ha notificato alla Repubblica francese un parere motivato invitando quest'ultima a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi ad esso entro un termine di due mesi dalla sua notifica.

17 Poiché il governo francese ha ribadito la propria posizione nella sua lettera, in data 8 aprile 1998, di risposta al detto parere motivato, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

18 Con ordinanza del presidente della Corte 14 luglio 1999, la Repubblica di Finlandia è stata ammessa ad intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni della Repubblica francese.

Sul ricorso

19 A sostegno del proprio ricorso, la Commissione ricorda che un'aliquota IVA inferiore al 5% come quella del 2,1% applicabile in Francia ai medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale potrebbe essere giustificata, ai sensi degli artt. 12, n. 3, lett. a), e 28, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, unicamente ove tale aliquota non solo esistesse prima del 1° gennaio 1991, come avviene nel caso di specie, ma anche fosse, in quanto tale, conforme al diritto comunitario. Tale seconda condizione non sarebbe soddisfatta nel caso di specie. Infatti, assoggettando ad imposta all'aliquota del 5,5% i medicinali non rimborsabili e all'aliquota del 2,1% i medicinali rimborsabili, la normativa francese applicherebbe a due prodotti dello stesso tipo aliquote IVA diverse, il che sarebbe in contrasto con i principi di uniformità della detta imposta, di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell'IVA e di eliminazione delle distorsioni della concorrenza.

20 Per contro, il governo francese sostiene che il ricorso dev'essere respinto dato che ricorrono le tre condizioni considerate all'art. 28, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Infatti sarebbe innanzi tutto pacifico che l'aliquota IVA ridotta applicabile ai medicinali rimborsabili è anteriore al 1° gennaio 1991. Inoltre, tale aliquota rispetterebbe la normativa comunitaria, in particolare il principio di neutralità fiscale. Infine, l'aliquota ridotta risponderebbe ai criteri considerati all'art. 17, ultimo trattino, della seconda direttiva dato che essa è stata istituita per ragioni di interesse sociale e a favore dei consumatori finali.

Sul principio di neutralità fiscale

21 Occorre rilevare che, ai sensi dell'art. 28, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, il mantenimento di aliquote IVA ridotte inferiori all'aliquota minima fissata dall'art. 12, n. 3, lett. a), della stessa direttiva dev'essere conforme alla normativa comunitaria. Ne consegue che l'introduzione e il mantenimento di un'aliquota del 2,1% per i medicinali rimborsabili, mentre la cessione dei medicinali non rimborsabili è gravata da un'aliquota del 5,5%, sono ammissibili solo se non violano il principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell'IVA, nel rispetto del quale gli Stati membri devono trasporre la sesta direttiva (v., in tal senso, sentenza 7 settembre 1999, causa C-216/97, Gregg, Racc. pag. I-4947, punto 19).

22 Il detto principio osta in particolare a che merci di uno stesso tipo, che si trovano quindi in concorrenza le une con le altre, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell'IVA (v., in questo senso, l'ottavo considerando della prima direttiva nonché la sentenza 11 giugno 1998, causa C-283/95, Fischer, Racc. pag. I-3369, punti 21 e 27). Ne consegue che i detti prodotti devono essere assoggettati a un'aliquota uniforme. Pertanto, il principio di neutralità fiscale ingloba anche gli altri due principi fatti valere dalla Commissione, e cioè quelli dell'uniformità dell'IVA e dell'eliminazione delle distorsioni della concorrenza.

23 La Commissione sostiene che tutti i medicinali sono caratterizzati da proprietà curative o profilattiche e sono, per questo motivo, prodotti di uno stesso tipo. La classificazione dei medicinali in due categorie a seconda che siano o non siano rimborsabili non si riferirebbe a prodotti intrinsecamente diversi, solo argomento, quest'ultimo, che potrebbe giustificare aliquote IVA diverse. Tale classificazione avrebbe già l'effetto di una distorsione della concorrenza a favore dei medicinali rimborsabili, distorsione che sarebbe ulteriormente aggravata dalla minore imposizione fiscale a cui sono assoggettate queste ultime.

24 Il governo francese fa valere che i medicinali rimborsabili e quelli non rimborsabili sono prodotti diversi che possono pertanto essere assoggettati ad aliquote IVA diverse. A questo proposito esso sottolinea che è pacifico che tale classificazione dei medicinali è fondata su criteri obiettivi.

25 Si deve constatare che, avendo istituito e mantenuto in vigore un'aliquota IVA del 2,1% unicamente per i medicinali rimborsabili, la normativa francese non ha violato e non viola il principio di neutralità fiscale. Infatti, i medicinali rimborsabili e i medicinali non rimborsabili non sono prodotti di uno stesso tipo che si trovino in concorrenza gli uni con gli altri.

26 A questo proposito occorre ricordare innanzi tutto che l'iscrizione di un medicinale nell'elenco dei medicinali rimborsabili avviene in applicazione di criteri obiettivi e viene effettuata nel rispetto della direttiva 89/105. Secondo tale direttiva, quand'anche due medicinali presentino lo stesso valore curativo o profilattico, uno di essi può essere rimborsabile e l'altro no, in particolare perché giudicato troppo costoso. Tale diversa classificazione è tuttavia conforme al diritto comunitario.

27 Si deve poi rilevare che tale classificazione ha come conseguenza che i medicinali delle due categorie non sono merci di uno stesso tipo che si trovino in rapporto di concorrenza tra loro. Infatti, un medicinale, dal momento in cui figura sull'elenco dei medicinali rimborsabili, beneficia, rispetto ad un medicinale non rimborsabile, di un vantaggio decisivo per il consumatore finale. Per questo motivo il consumatore ricerca prioritariamente, come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, i medicinali che rientrano nella categoria di quelli rimborsabili e, di conseguenza, non è l'aliquota IVA inferiore che costituisce il motivo della sua decisione d'acquisto. L'aliquota IVA ridotta per i medicinali rimborsabili non ha l'effetto di favorire la vendita di questi ultimi rispetto a quella dei medicinali non rimborsabili. Le due categorie di medicinali non si trovano quindi in un rapporto di concorrenza in cui possano avere influenza le aliquote IVA diverse.

28 Tale conclusione non è infirmata dal fatto che, per essere rimborsabili, i medicinali debbono essere acquistati con una ricetta rilasciata da un medico. Infatti, una distorsione della concorrenza potrebbe derivare solo dal fatto che un quantitativo non trascurabile di medicinali rimborsabili sia acquistato in assenza di qualsiasi prescrizione medica, il che non risulta dagli atti di causa e non è del resto asserito dalla Commissione nel caso di specie.

29 Occorre aggiungere che la detta conclusione è altresì in armonia con il diritto comunitario in materia di concorrenza. A questo proposito il governo francese fa giustamente riferimento alla decisione della Commissione 28 febbraio 1995, 95/C 65/04, di non opposizione ad un'operazione di concentrazione notificata (Caso n. IV/M.555 - Glaxo/Wellcome) (GU C 65, pag. 3), nella quale essa ha ammesso che il mercato dei medicinali rimborsabili può essere distinto da quello dei medicinali che non sono tali.

30 Si deve pertanto constatare che la Commissione non ha provato che, avendo istituito e mantenuto in vigore aliquote IVA diverse per i medicinali rimborsabili e per quelli che non sono tali, la Repubblica francese abbia violato il principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell'IVA.

Sulla finalità dell'aliquota IVA ridotta

31 Quanto alla terza condizione alla quale l'art. 28, n. 2, lett. a), della sesta direttiva subordina l'istituzione di un'aliquota IVA ridotta, la Commissione sostiene che, nella fattispecie, una siffatta aliquota non è stata istituita per ragioni di interesse sociale ben definite e a favore del consumatore finale. Essa fa invece valere che la Repubblica francese ha utilizzato l'IVA per un fine economico e sociale, e cioè quello di ridurre gli oneri della previdenza sociale e le spese delle famiglie.

32 A questo proposito basta rilevare che l'applicazione di un'aliquota IVA ridotta sui medicinali rimborsabili, da un lato, presenta con ogni evidenza un interesse sociale nei limiti in cui comporta necessariamente una mitigazione degli oneri della previdenza sociale e, dall'altro, va a vantaggio del consumatore finale di cui essa riduce le spese sanitarie.

33 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che, avendo istituito e mantenuto in vigore una disciplina in materia di IVA ai sensi della quale i medicinali rimborsabili da parte della previdenza sociale sono assoggettati ad imposta all'aliquota del 2,1% mentre gli altri medicinali sono assoggettati ad imposta all'aliquota ridotta del 5,5%, la Repubblica francese non è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell'art. 12 della sesta direttiva. Il ricorso per inadempimento deve pertanto essere respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

34 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica francese ha concluso per la condanna della Commissione, che è risultata soccombente, quest'ultima va condannata alle spese. Conformemente al n. 4 del detto articolo, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

3) La Repubblica di Finlandia sopporterà le proprie spese.