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Causa C-17/01

Finanzamt Sulingen

contro

Walter Sudholz

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Sesta direttiva IVA — Artt. 2 e 3 della decisione 2000/186/CE — Limitazione forfettaria del diritto alla detrazione dell’IVA su veicoli che non sono utilizzati esclusivamente a fini professionali — Autorizzazione con effetto retroattivo di una disposizione tributaria nazionale»

Massime della sentenza

Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto — Deduzione dell’imposta versata a monte — Misure particolari di deroga — Decisione 2000/186 che autorizza una limitazione forfettaria del diritto a deduzione — Violazione della procedura di adozione o dei requisiti sostanziali — Insussistenza — Applicazione retroattiva — Violazione del principio di legittimo affidamento

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27; decisione del Consiglio 2000/186, artt. 2 e 3)

La decisione 2000/186, che autorizza la Repubblica federale di Germania ad applicare misure di deroga agli artt. 6 e 17 della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, adottata sul fondamento dell’art. 27 della detta direttiva, è diretta in particolare a limitare al 50% il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto che grava su tutte le spese relative ai veicoli che non sono utilizzati esclusivamente a fini professionali.

Il fatto che questa decisione sia posteriore all’adozione delle misure di deroga da parte delle autorità tedesche, che la Repubblica federale di Germania non abbia pubblicato la sua domanda di autorizzazione a introdurre siffatte misure e che il Consiglio abbia dedotto dai termini di tale domanda di autorizzazione che l’obiettivo perseguito era la semplificazione della riscossione dell’imposta, senza che tale obiettivo sia stato espressamente fatto valere nella detta domanda, non implica che il procedimento che ha condotto all’adozione della decisione sia irregolare.

L’art. 2 della detta decisione, che autorizza una limitazione forfettaria dell’importo della detrazione autorizzata, fissata al 50% dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto versata a monte, rispetta per il resto i requisisti sostanziali previsti nell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva. In particolare, il Consiglio ha potuto ritenere che tale limitazione costituisse un mezzo necessario ed appropriato agli obiettivi di lotta alle frodi e all’evasione fiscale, nonché di semplificazione della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto.

Per contro, nella parte in cui prevede l’applicazione retroattiva dell’autorizzazione accordata dal Consiglio alla Repubblica federale di Germania, l’art. 3 della decisione 2000/186 è lesivo del principio di tutela del legittimo affidamento ed è pertanto invalido. Infatti, la detta disposizione autorizza l’esecuzione di una misura nazionale di deroga, che prevede un limite alla detrazione dell’imposta, prima che tale misura sia stata autorizzata dal Consiglio, in un momento in cui gli interessati potevano legittimamente continuare a credere che si applicasse il principio della detrazione totale dell’imposta.

(v. punti 23, 25, 30-31, 39-41, 43, 60, 70, e dispositivo 1-3)




SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
29 aprile 2004(1)

«Sesta direttiva IVA – Artt. 2 e 3 della decisione 2000/186/CE – Limitazione forfettaria del diritto alla detrazione dell'IVA su veicoli che non sono utilizzati esclusivamente a fini professionali – Autorizzazione con effetto reatroattivo di una disposizione tributaria nazionale»

Nel procedimento C-17/01,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Finanzamt Sulingen

e

Walter Sudholz,

domanda vertente sulla validità degli artt. 2 e 3 della decisione del Consiglio 28 febbraio 2000, 2000/186/CE, che autorizza la Repubblica federale di Germania ad applicare misure di deroga agli articoli 6 e 17 della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 59, pag. 12),

LA CORTE (Quinta Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans e S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale,

viste le osservazioni scritte presentate:

– per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing, assistito dal sig. J. Sedemund, Rechtsanwalt;

– per il governo olandese, dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente;

– per il Consiglio dell'Unione europea, dal sig. K. Borchers e dalla sig.ra A.-M. Colaert, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti,

sentite le osservazioni orali del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, assistito dal sig. T. Lübbig, Rechtsanwalt, del Consiglio, rappresentato dal sig. K. Borchers e dalla sig.ra A.-M. Colaert, e della Commissione, rappresentata dal sig. K. Gross, all'udienza del 10 luglio 2002, sentite le osservazioni orali del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, assistito dal sig. T. Lübbig, del governo del Regno Unito, rappresentato dal sig. K.P.E. Lasok, QC, del Consiglio, rappresentato dal sig. K. Borchers e dalla sig.ra A.-M. Colaert, e della Commissione, rappresentata dal sig. K. Gross, all'udienza del 30 gennaio 2003,

vista l'ordinanza di riapertura della fase orale 12 dicembre 2002,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale presentate all'udienza del 24 ottobre 2002,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale presentate all'udienza del 13 marzo 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1 Con ordinanza 30 novembre 2000, pervenuta in cancelleria il 15 gennaio 2001, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha proposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali vertenti sulla validità degli artt. 2 e 3 della decisione del Consiglio 28 febbraio 2000, 2000/186/CE, che autorizza la Repubblica federale di Germania ad applicare misure di deroga agli articoli 6 e 17 della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 59, pag. 12).

2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra il Finanzamt Sulingen (Amministrazione tributaria di Sulingen, in prosieguo: il «Finanzamt») e il sig. Sudholz riguardante l’importo dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») relativo all’acquisto di un’autovettura da turismo utilizzata da quest’ultimo in parte a fini professionali e in parte a fini privati.


Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 Ai sensi dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»):

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

4 L’art. 27, nn. 1-4, della sesta direttiva, prevede quanto segue:

«1.     Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale.

2.        Lo Stato membro che desidera introdurre misure di cui al paragrafo 1 ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione.

3.       La Commissione ne informa gli altri Stati membri entro un mese.

4.       La decisione del Consiglio sarà ritenuta acquisita se, entro due mesi dall’informazione di cui al paragrafo 3, né la Commissione né uno Stato membro hanno chiesto che il caso sia esaminato dal Consiglio».

5 Il 28 febbraio 2000 il Consiglio ha adottato la decisione 2000/186, con la quale la Repubblica federale di Germania è stata autorizzata ad applicare misure di deroga agli artt. 6 e 17 della sesta direttiva.

6 I punti 5 e 9 della motivazione della decisione 2000/186 enunciano:

«(5)La seconda misura [di deroga] intende, da un lato, limitare il diritto a deduzione dell’IVA dei soggetti passivi, previsto dall’articolo 17, paragrafo 2 della sesta direttiva, al 50 % di tutte le spese relative ai veicoli che non sono utilizzati esclusivamente a fini professionali e, dall’altro, non riscuotere l’IVA dovuta sull’uso a fini privati dei veicoli da turismo. Questa limitazione del diritto a deduzione è giustificata dalla difficoltà riscontrata nel controllare esattamente la ripartizione fra la parte professionale e quella privata delle spese per questo tipo di beni, che comportano rischi di frode o abuso. Inoltre, tale misura consentirà una maggiore semplificazione del regime fiscale relativo all’uso dei veicoli a fini privati.

(9)Occorre pertanto limitare la durata delle presenti autorizzazioni di deroga alla data di entrata in vigore della proposta direttiva e in ogni caso al 31 dicembre 2002 qualora tale direttiva non fosse ancora entrata in vigore. (…)».

7 Ai sensi dell’art. 2 della decisione 2000/186:

«In deroga alle disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 2 della direttiva 77/388/CEE, modificato dall’articolo 28 septies di detta direttiva, nonché alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera a) della stessa direttiva, la Repubblica federale di Germania è autorizzata a limitare al 50% il diritto a deduzione dell’imposta sul valore aggiunto che grava su tutte le spese relative ai veicoli che non sono utilizzati esclusivamente a fini professionali e a non assimilare a prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso l’uso per esigenze private di un veicolo destinato all’azienda del soggetto passivo.

Le disposizioni del primo comma non si applicano quando il veicolo costituisce capitale circolante del soggetto passivo o quando tale veicolo viene usato per il 5% al massimo a fini privati».

8 L’art. 3, primo comma, della decisione 2000/186 precisa quanto segue:

«La presente decisione si applica a decorrere dal 1° aprile 1999».

La legislazione nazionale

9 L’art. 15, n. 1, lett. b), dell’Umsatzsteuergesetz 1999 (legge del 1999 relativa all’imposta sulla cifra di affari; in prosieguo: l’«UStG») stabilisce quanto segue:

«Gli importi delle imposte versate a monte, per l’acquisizione o la fabbricazione, l’importazione, l’acquisto in un Paese della Comunità, la locazione o la gestione di autoveicoli ai sensi dell’art. 1 ter, n. 2, che vengono destinati anche ad usi privati dell’imprenditore o per altri fini estranei all’impresa, possono essere detratti fino ad un massimo del 50%».

10 Il Bundesfinanzhof precisa che il termine «veicoli» ai sensi dell’art. 1 ter, n. 2, dell’UStG, include i veicoli da turismo.

11 L’art. 27, n. 3, dell’UStG prevede quanto segue:

«Gli artt. 15, n. 1, lett. b), e […] dell’USTG si applicano per la prima volta alle autovetture acquisite, fabbricate, importate, comprate in un paese comunitario o prese in affitto successivamente al 31 marzo 1999».


La causa principale e le questioni pregiudiziali

12 Il sig. Sudholz gestisce un’impresa di pittura. Nell’aprile del 1999 egli ha acquistato un’autovettura al prezzo di marchi tedeschi (DEM) 55 086,21, maggiorato di un importo corrispondente al 16% di tale prezzo a titolo di IVA, pari a DEM 8 813,79. Egli ha destinato tale autovettura alla sua impresa e l’ha utilizzata al 70% a fini professionali e al 30% a fini estranei all’impresa.

13 Nella sua dichiarazione IVA, presentata relativamente al mese di aprile 1999, il sig. Sudholz ha portato in detrazione l’importo totale dell’IVA gravante sull’acquisto del veicolo, e non soltanto una parte di esso. Al riguardo egli ha ritenuto che l’art. 15, n. 1, lett. b), dell’UStG, disposizione secondo la quale egli poteva detrarre soltanto il 50% dell’imposta pagata a monte, sia contrario al diritto comunitario. Tale disposizione è entrata in vigore il 1° aprile 1999 ed è applicabile ai veicoli acquistati dopo il 31 marzo 1999.

14 Nell’avviso di pagamento anticipato dell’imposta sulla cifra d’affari per il mese di aprile 1999, Il Finanzamt ha ammesso soltanto la deduzione del 50% dell’IVA pagata a monte.

15 Il Finanzgericht (Tribunale tributario) ha accolto il ricorso presentato dal sig. Sudholz, per il motivo che quest’ultimo poteva far valere la disposizione più favorevole contenuta nell’art. 17 della sesta direttiva. Tale articolo autorizzerebbe il soggetto passivo a detrarre dall’imposta di cui è debitore tutte le imposte che hanno gravato a monte sulle spese relative alle sue operazioni imponibili.

16 Il Finanzamt ha presentato un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof, basandosi sull’art. 2 della decisione 2000/186.

17 Il Bundesfinanzhof rileva che il sig. Sudholz ha utilizzato il veicolo di cui trattasi al 70% per le esigenze della sua impresa. Essendo stato acquistato dopo il 31 marzo 1999, tale veicolo rientrava nel campo di applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. b), dell’UStG, disposizione adottata in conformità alla decisione 2000/186 e, pertanto, esso poteva determinare la sola detrazione del 50% dell’IVA che aveva gravato sul suo acquisto.

18 Nutrendo tuttavia dubbi circa la conformità della decisione 2000/186 al diritto comunitario, il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)Se l’art. 2 della decisione del Consiglio 28 febbraio 2000, 2000/186/CE, che autorizza la Repubblica federale di Germania ad applicare misure di deroga agli artt. 6 e 17 della sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, sia invalido, poiché il procedimento preliminare all’adozione della decisione non soddisfa i requisiti di cui all’art. 27 della direttiva 77/388/CEE.

2)Se sia valido l’art. 3, primo comma, della decisione 2000/186/CE, in base al quale la decisione si applica retroattivamente a decorrere dal 1 aprile 1999.

3)Se l’art. 2 della decisione 2000/186/CE soddisfi i requisiti sostanziali posti per un’autorizzazione di questo tipo o debba essere messa in dubbio la validità di tale disposizione».


Sulla prima questione

19 Con la prima questione il Bundesfinanzhof chiede in sostanza se la decisione 2000/186 sia valida, per il motivo che il procedimento preliminare alla sua adozione sarebbe irregolare.

20 Secondo il giudice del rinvio, una prima irregolarità consisterebbe nel fatto che la decisione 2000/186 è successiva all’adozione delle misure di deroga da parte delle autorità tedesche. Ora, la decisione adottata dal Consiglio ai sensi dell’art. 27 della sesta direttiva sarebbe un provvedimento autorizzatorio che dovrebbe necessariamente precedere le misure nazionali adottate sul suo fondamento.

21 Al riguardo, occorre constatare che, mentre la versione tedesca dell’art. 27 della sesta direttiva utilizza il verbo «ermächtigen», che significa in francese «habiliter» [in italiano, abilitare], la maggior parte delle altre versioni linguistiche impiega un termine equivalente ad «autorizzare», che non implica necessariamente l’anteriorità dell’autorizzazione accordata dal Consiglio rispetto alle misure adottate dallo Stato membro interessato.

22 Si deve inoltre rilevare che il detto art. 27 prevede diverse fasi nella procedura che conduce all’adozione di una decisione da parte del Consiglio e, in particolare, la previa informazione della Commissione da parte dello Stato membro interessato del suo intento di introdurre una misura di deroga, ma che non è previsto alcun limite temporale con riferimento alla data in cui la decisione del Consiglio può intervenire.

23 Pertanto si deve considerare che la lettera dell’art. 27 della sesta direttiva non esclude che la decisione del Consiglio intervenga a posteriori. Il solo fatto che quest’ultima sia successiva alla misura di deroga non comporta l’invalidità della detta decisione.

24 Il giudice del rinvio rileva una seconda eventuale irregolarità della decisione 2000/186, vale a dire la mancata pubblicazione da parte della Repubblica federale di Germania della sua domanda di autorizzazione.

25 Al riguardo è sufficiente constatare che nulla nella lettera dell’art. 27 della sesta direttiva consente di dedurre un siffatto obbligo di pubblicazione della suddetta domanda di autorizzazione. Ai sensi di tale articolo lo Stato membro deve soltanto riferire alla Commissione, fornendole tutti i dati atti alla valutazione delle misure che intende adottare, ed è quest’ultima che informa gli altri Stati membri.

26 Il giudice del rinvio rileva una terza eventuale irregolarità della decisione 2000/186, che si riferirebbe all’erronea motivazione di quest’ultima. Esso rileva al riguardo che il Consiglio ha motivato tale decisione enunciando, al punto 5 della sua motivazione, che uno degli obiettivi dell’art. 15, n. 1, dell’UStG consiste nella semplificazione del regime d’imposizione applicabile all’uso privato dei veicoli, nonostante la Repubblica federale di Germania non abbia espressamente richiamato un siffatto obiettivo nella sua domanda.

27 L’importanza degli obiettivi sui quali viene fondata una domanda di autorizzazione ad introdurre una misura di deroga alla sesta direttiva dev’essere sottolineata. L’art. 27, n. 1, di quest’ultima prevede soltanto due obiettivi, vale a dire la semplificazione della riscossione dell’IVA e la lotta contro le frodi e l’evasione fiscale. Con riguardo alla semplificazione, le misure adottate a tal fine sono subordinate alla condizione enunciata nell’art. 27, n. 1, seconda frase, della sesta direttiva.

28 Al fine di verificare se il Consiglio nella motivazione della decisione 2000/186 non sia andato oltre gli obiettivi enunciati dalla Repubblica federale di Germania nella propria domanda occorre esaminare il testo di quest’ultima.

29 Dalle informazioni comunicate alla Corte dal governo tedesco, nonché dal Consiglio, risulta che le autorità tedesche hanno motivato la loro domanda dell’11 novembre 1998 indicando che non è sempre facile stabilire quale sia la parte delle spese del soggetto passivo corrispondente ad un uso professionale del veicolo e quale quella corrispondente ad un uso privato. Inoltre, nella loro lettera del 19 febbraio 1999, le dette autorità hanno integrato la loro domanda indicando che gli organi di controllo devono far fronte a gravose operazioni di verifica e che essi non possono basarsi unicamente sulle dichiarazioni presentate alle amministrazioni tributarie dai soggetti passivi.

30 In tali circostanze si deve constatare che il Consiglio ha potuto validamente evincere dalla lettera della domanda di autorizzazione delle autorità tedesche che quest’ultima era diretta in particolare a semplificare le procedure di dichiarazione e di controllo dell’IVA e non aveva il solo fine della lotta alle frodi e all’evasione fiscale. Ne consegue che il Consiglio, nella motivazione della decisione 2000/186, non è andato oltre i termini della detta domanda.

31 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione che l’esame del procedimento che ha condotto all’adozione della decisione 2000/186 non ha rivelato alcuna irregolarità tale da inficiare la validità di tale decisione.


Sulla seconda questione

32 Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede se l’art. 3 della decisione 2000/186, che prevede l’applicazione retroattiva dell’autorizzazione, sia valido.

33 Al riguardo si deve ricordare che, in linea di principio, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osta a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione. Ad esso può derogarsi, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (sentenze 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69, punto 20, e 22 novembre 2001, causa C-110/97, Paesi Bassi/Consiglio, Racc. pag. I-8763, punto 151).

34 Inoltre, come la Corte ha più volte dichiarato, la normativa comunitaria dev’essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti (sentenza 22 novembre 2001, causa C-301/97, Paesi Bassi/Consiglio, Racc. pag. I-8853, punto 43). Tale necessità di certezza del diritto s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa loro impone (v. sentenza 15 dicembre 1987, causa 326/85, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. 5091, punto 24).

35 Occorre pertanto verificare se la decisione 2000/186, che è applicabile a decorrere dal 1° aprile 1999, vale a dire da una data anteriore a quella della sua pubblicazione, intervenuta il 4 marzo 2000, sia comunque giustificata dall’obiettivo che essa intende perseguire e se sia stato rispettato il legittimo affidamento degli interessati.

36 Con riferimento all’obiettivo della decisione 2000/186, non risulta assolutamente dalla motivazione di quest’ultima che sarebbe stato necessario dotare l’autorizzazione di efficacia retroattiva.

37 Con riguardo al legittimo affidamento degli interessati, quale il sig. Sudholz, occorre ricordare che, se il soggetto passivo sceglie di assegnare all’impresa un bene utilizzato sia a fini professionali che a fini privati, l’IVA dovuta a monte sull’acquisto di tale bene è in linea di principio totalmente e immediatamente detraibile (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz, Racc. pag. I-3795, punto 26, e 8 maggio 2003, causa C-269/00, Seeling, Racc. pag. I-4101, punto 41). In mancanza di norme che consentano agli Stati membri di limitare il diritto alla detrazione, quest’ultimo va quindi esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v., in particolare, sentenze Lennartz, cit., punto 27, e 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal, Racc. pag. I-1, punto 16).

38 Così, fintantoché non era stata adottata una misura nazionale di deroga autorizzata dal Consiglio in conformità alle disposizioni dell’art. 27 della sesta direttiva, gli interessati, quale il sig. Sudholz, erano legittimati a credere di poter dedurre l’importo totale dell’imposta che aveva gravato sull’acquisto del loro veicolo da turismo.

39 La misura adottata dalle autorità tedesche è datata 24 marzo 1999 e prevede un limite alla detrazione dell’IVA pagata a monte su veicoli da turismo acquistati a partire dal 1° aprile 1999. Tuttavia, è certo che tale misura non era stata ancora autorizzata dal Consiglio al momento della sua adozione. Ne consegue che in tale ultima data il limite all’autorizzazione di detrazione previsto da tale misura non era conforme all’art. 27, n. 1, della sesta direttiva e che gli interessati potevano legittimamente continuare a credere che si applicasse il principio della detrazione totale dell’IVA.

40 Si deve constatare che l’art. 3 della decisione 2000/186, nel prevedere l’applicazione retroattiva dell’art. 15, n. 1, lett. b), dell’UStG, autorizza l’esecuzione di una normativa nazionale tale da ledere il legittimo affidamento degli interessati. Orbene, la Corte ha già dichiarato che il principio della tutela del legittimo affidamento osta a che una modifica della normativa nazionale privi un soggetto passivo, con effetto retroattivo, di un diritto a detrazione da questo acquisito sulla scorta della sesta direttiva (sentenza 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, Racc. pag. I-6325, punto 45).

41 Ne consegue che, consentendo l’applicazione retroattiva dell’art. 15, n. 1, lett. b), dell’UStG, l’art. 3 della decisione 2000/186 è lesivo del principio di tutela del legittimo affidamento e dev’essere pertanto dichiarato invalido.

42 L’argomentazione delle autorità tedesche secondo la quale l’autorizzazione sarebbe stata accordata tardivamente dal Consiglio a causa del ritardo da parte della Commissione della trattazione della richiesta presentata dalla Repubblica federale di Germania non consente di giustificare l’efficacia retroattiva della decisione 2000/186.

43 Si deve pertanto rispondere alla seconda questione che l’art. 3 della decisione 2000/186 è invalido nella parte in cui prevede l’applicazione retroattiva dell’autorizzazione accordata dal Consiglio alla Repubblica federale di Germania a decorrere dal 1° aprile 1999.


Sulla terza questione

44 Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede se la decisione 2000/186, in particolare il suo art. 2, violi l’art. 27, n. 1, della sesta direttiva in ordine ai requisiti sostanziali da esso previsti e se tale decisione debba pertanto essere considerata invalida.

45 Poiché la decisione 2000/186 autorizza una misura di deroga al principio generale della detraibilità dell’IVA, la sua conformità ai requisiti previsti dall’art. 27, n. 1, della sesta direttiva dev’essere valutata con interpretazione restrittiva (v., in particolare, sentenza 29 maggio 1997, causa C-63/96, Skripalle, Racc. pag. I-2847, punto 24).

46 Per far ciò occorre verificare se la limitazione forfettaria dell’importo della detrazione autorizzata, fissata al 50% dell’ammontare dell’IVA pagata a monte, poteva essere considerata necessaria e idonea alla realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla decisione 2000/186 e incidente nella minore misura possibile sulle finalità e sui principi della sesta direttiva (v. sentenza 19 settembre 2000, cause riunite C-177/99 e C-181/99, Ampafrance e Sanofi, Racc. pag. I-7013, punto 43).

47 Al punto 30 della presente sentenza, si è constatato che gli obiettivi perseguiti dalla decisione 2000/186, conformemente alla domanda presentata dalle autorità tedesche, comprendevano non solo la lotta contro le frodi e l’evasione fiscale, ma anche la semplificazione della riscossione dell’IVA.

48 Secondo la Commissione la detta decisione non è necessaria e idonea al perseguimento del primo obiettivo citato, vale a dire la lotta contro le frodi e l’evasione fiscale, e non rispetta quindi il principio di proporzionalità, tenuto conto che un soggetto passivo – quale il sig. Sudholz – che utilizza la sua autovettura per il 70% a fini professionali, e può fornirne la prova, è tuttavia autorizzato a dedurre l’IVA pagata a monte sull’acquisto del veicolo soltanto a concorrenza del 50% del suo ammontare.

49 La Commissione sostiene, riferendosi al punto 56 della sentenza Ampafrance e Sanofi, citata, che, dal momento che, in una siffatta fattispecie, non sussiste alcun rischio di frode o di evasione fiscale, la limitazione al 50% del diritto alla detrazione del soggetto passivo non è giustificata dall’obiettivo di combattere un tale rischio. Il limite imposto sarebbe quindi sproporzionato.

50 La causa che ha dato luogo alla sentenza Ampafrance e Sanofi, citata, riguardava il diritto alla detrazione dell’IVA per spese di alloggio, ristorazione, ricevimento e spettacoli.

51 Occorre tuttavia sottolineare che la decisione controversa nella causa Ampafrance e Sanofi, citata, riguardava, contrariamente alla fattispecie di cui alla causa principale, un’esclusione totale del diritto alla detrazione, e non una limitazione forfettaria di tale diritto. Inoltre, obiettivo di tale decisione era esclusivamente la lotta alle frodi e all’evasione fiscale e non la semplificazione della riscossione dell’IVA. Infine, le spese di cui trattasi erano sottoposte ad un sistema di controllo effettivo in loco o documentale nell’ambito dell’imposta sul reddito o sulle società, mentre nella causa principale nessun sistema efficace di controllo è stato menzionato dalle autorità tedesche.

52 E’ importante inoltre sottolineare che al punto 62 della sentenza Ampafrance e Sanofi, citata, la Corte si riserva sulla questione se fossero possibili altri mezzi di repressione delle frodi e dell’evasione fiscale, tra i quali la limitazione forfettaria dell’importo delle detrazioni autorizzate, senza pronunciarsi sulla loro validità.

53 Occorre dunque in primo luogo verificare, con riferimento alla decisione 2000/186, se la limitazione forfettaria del diritto alla detrazione dell’IVA sia valida.

54 Al riguardo si devono esaminare i dati forniti dalle autorità tedesche e che non vengono contestati né dalla Commissione né dal Consiglio, vale a dire la difficoltà per il soggetto passivo di predeterminare la proporzione dell’uso a fini privati o professionali del suo veicolo, la difficoltà, in occasione dei controlli, di accertare con precisione quale uso sia stato fatto del veicolo, e la scoperta di irregolarità in occasione di quasi tutti i controlli.

55 Tali dati evidenziano l’esistenza di un serio rischio di frodi od evasione fiscale. In tali circostanze, l’applicazione di un limite forfettario al diritto alla detrazione apparirebbe come una misura idonea a combattere tale rischio, facilitando altresì i controlli e semplificando il sistema di riscossione dell’IVA.

56 Occorre esaminare, in secondo luogo, la questione se la soglia del 50% sia proporzionata al fine perseguito.

57 Al riguardo le autorità tedesche hanno indicato che tale percentuale corrisponde all’utilizzazione media a fini privati dei veicoli interessati. Una tale percentuale corrisponderebbe altresì a quella applicata in altri Stati membri nonché a quella indicata dalla Commissione nella sua proposta di direttiva del Consiglio 17 giugno 1998, che modifica la direttiva 77/388 per quanto riguarda il regime del diritto a deduzione dell’imposta sul valore aggiunto (GU C 219, pag. 16).

58 Occorre rilevare che l’attendibilità della media relativa all’utilizzazione dei veicoli a fini privati sostenuta dalle autorità tedesche non è stata contestata. Inoltre, il fatto che nella detta proposta di direttiva altri Stati membri e la Commissione abbiano adottato la stessa limitazione forfettaria contribuisce ad avvalorare l’affidabilità di una tale limitazione.

59 D’altronde, poiché la limitazione della detrazione al 50% dell’IVA pagata a monte costituisce una media, il Consiglio ha ritenuto necessario evitare che essa si applichi nei casi in cui si scenda al di sotto di un certa soglia di utilizzazione, vale a dire quando l’uso del veicolo a fini privati non superi il 5% dell’uso complessivo di quest’ultimo. La decisione 2000/186 esclude così l’applicazione della detta limitazione a questi casi specifici.

60 Alla luce di tali constatazioni, si deve considerare che il Consiglio ha potuto giustamente ritenere che una misura quale quella controversa nella causa principale, che limita al 50% il diritto alla detrazione dell’IVA, salvo nei casi specifici precisati al punto precedente, costituisse un mezzo necessario ed appropriato agli obiettivi di lotta alle frodi e all’evasione fiscale, nonché di semplificazione della riscossione della detta imposta.

61 Pertanto, l’impossibilità risultante per alcune persone, che intendano utilizzare il loro veicolo a fini professionali in misura superiore al 50%, di detrarre l’IVA in misura pari a quella gravante sull’acquisto dello stesso dev’essere considerata inerente alla misura di semplificazione della riscossione dell’IVA.

62 Si deve infatti ammettere che una misura di semplificazione implica, per sua natura, un approccio più generale rispetto a quello della regola che essa sostituisce, e non corrisponde quindi necessariamente all’esatta situazione di ogni soggetto passivo.

63 Consentire, come sostiene la Commissione, ad ogni soggetto passivo che possa dimostrare di utilizzare il suo veicolo a fini professionali in misura superiore al 50% di detrarre l’IVA in misura pari a quella che ha gravato sull’acquisto del proprio veicolo annullerebbe gli effetti di semplificazione perseguiti. Tale approccio farebbe risorgere infatti, per tutte le persone che sostengano di utilizzare il loro veicolo in tal modo, i problemi precedentemente rilevati, vale a dire la complessità di una corretta determinazione della proporzione dell’uso privato o professionale dei veicoli, la difficoltà di controllare l’esattezza delle dichiarazioni e, pertanto, il rischio di frode ed evasione fiscale.

64 Si deve dunque ritenere che la misura autorizzata dalla decisione 2000/186 non sia contraria agli obiettivi né ai principi della sesta direttiva e che essa rispetti il principio di proporzionalità.

65 Con riferimento alla condizione specifica che figura nell’art. 27, n. 1, seconda frase, della sesta direttiva, secondo la quale una misura di semplificazione non deve influire, se non in misura trascurabile, sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale, sono state presentate osservazioni supplementari dai governi tedesco e del Regno Unito, nonché dal Consiglio e dalla Commissione, nel corso dell’udienza che ha avuto luogo a seguito della riapertura della fase orale.

66 I governi tedesco e del Regno Unito nonché il Consiglio hanno sostenuto che tale condizione doveva essere esaminata globalmente, e non caso per caso, tenendo conto dell’intero importo dell’IVA dovuto su veicoli da turismo utilizzati a finalità miste.

67 Secondo la Commissione è determinante la questione se numerosi casi singoli comportino una modificazione non trascurabile dell’IVA da versare allo stadio del consumo finale, conducendo ad una doppia imposizione a carico del consumatore finale.

68 Al riguardo occorre considerare che, trattandosi di una misura di semplificazione, si impone un approccio globale, come per l’analisi del rispetto della prima condizione. Si deve constatare che, poiché la misura di cui trattasi riflette una media, il numero di casi in cui un fornitore, quale il sig. Sudholz, paga un’imposta maggiore in relazione al regime comune di detrazione previsto dalla sesta direttiva, può corrispondere in genere al numero dei casi in cui viene pagata un’imposta minore. Lo stesso ragionamento è applicabile, dal momento che il sistema forfettario di detrazione può influire sul livello dei prezzi – e pertanto sulla base imponibile dell’IVA – ai consumatori finali di beni e servizi forniti da un soggetto passivo, quale il sig. Sudholz. L’effetto globale sull’IVA percepita dalla Comunità sulle sue risorse proprie sembrerebbe dunque trascurabile.

69 Inoltre si deve constatare che, anche nei casi singoli, gli effetti sull’IVA da versare allo stadio del consumo finale sono limitati, tenuto conto della possibilità per il fornitore di ripartire l’IVA su tutti i prodotti venduti nel corso degli anni durante i quali egli conserva il proprio veicolo.

70 Si deve pertanto rispondere alla terza questione che l’art. 2 della decisione 2000/186 rispetta i requisiti sostanziali previsti nell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva e non è invalido.


Sulle spese

71 Le spese sostenute dai governi tedesco, olandese e del Regno Unito, nonché dal Consiglio e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesfinanzhof con ordinanza 30 novembre 2000, dichiara:

1)L’esame del procedimento che ha condotto all’adozione della decisione del Consiglio 28 febbraio 2000, 2000/186/CE, che autorizza la Repubblica federale di Germania ad applicare misure di deroga agli articoli 6 e 17 della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non ha rivelato alcuna irregolarità tale da inficiare la validità di tale decisione.

2)L’art. 3 della decisione 2000/186 è invalido nella parte in cui prevede l’applicazione retroattiva dell’autorizzazione accordata dal Consiglio dell’Unione europea alla Repubblica federale di Germania a decorrere dal 1° aprile 1999.

3)L’art. 2 della decisione 2000/186 rispetta i requisiti sostanziali previsti nell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, quale modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, e non è invalido.

Jann

Timmermans

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1 – Lingua processuale: il tedesco.