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Causa C-77/01

Empresa de Desenvolvimento Mineiro SGPS SA (EDM),

già Empresa de Desenvolvimento Mineiro SA (EDM),

contro

Fazenda Pública

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Central Administrativo)

«Sesta direttiva IVA — Artt. 2, 4, n. 2, 13, parte B, lett. d), e 19, n. 2 — Nozione di “attività economiche” — Nozione di “operazioni finanziarie accessorie” — Prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso»

Massime della sentenza

1.        Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto — Deduzione dell’imposta versata a monte — Beni e servizi utilizzati nel contempo per operazioni che danno e che non danno diritto a deduzione — Deduzione per il prorata — Calcolo — Vendita di azioni e di altri titoli come partecipazioni in fondi di investimento — Esclusione in quanto non costituisce un’attività economica — Investimenti in fondi di investimento — Esclusione in quanto non costituisce prestazioni di servizi a titolo oneroso — Prestiti concessi da una holding alle sue consociate o investimenti in depositi bancari o in titoli — Inclusione — Limite — Attività esenti che costituiscono operazioni accessorie — Criteri di valutazione — Competenza del giudice nazionale

[Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 2, punto 1, 4, n. 2, 13, parte B, lett. d), punti 1 e 5, 17, n. 5, e 19]

2.        Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto — Operazioni imponibili — Cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso — Nozione — Lavori effettuati nell’ambito di un contratto di consorzio da uno dei suoi membri — Esclusione — Limiti

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 2, punto 1)

1.        A norma dell’art. 17, n. 5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, qualora il soggetto passivo utilizzi beni e/o servizi, per i quali abbia versato l’imposta sul valore aggiunto a monte, al fine di effettuare operazioni che, al tempo stesso, danno diritto a deduzione e operazioni che non conferiscono tale diritto, occorre calcolare, ai sensi dell’art. 19 della direttiva medesima, il prorata di deduzione da applicare all’importo dell’imposta versata a monte, mentre le operazioni escluse dalla sfera di applicazione della sesta direttiva e che non danno pertanto diritto a deduzione devono essere escluse dal calcolo del detto prorata.

         A questo proposito, attività consistenti nella mera vendita di azioni e di altri titoli, come le partecipazioni in fondi di investimento, non costituiscono attività economiche ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva e, pertanto, non rientrano nella sfera di applicazione della direttiva medesima.

         D’altro canto, collocamenti di somme in fondi di investimento non costituiscono prestazioni di servizi «effettuate a titolo oneroso», ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, e non sono pertanto neanch’esse comprese nella sfera di applicazione di quest’ultima.

         L’importo del fatturato relativo a tali operazioni dev’essere escluso, conseguentemente, dal calcolo del prorata di deduzione di cui agli artt. 17 e 19 della detta direttiva.

         Per contro, la concessione annua, da parte di una holding, di prestiti a titolo oneroso alle società partecipate nonché gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, costituiscono attività economiche compiute da un soggetto passivo che agisce in quanto tale ai sensi degli artt. 2, punto 1, e 4, n. 2, della sesta direttiva.

         Tuttavia, poiché tali operazioni sono esenti dall’imposta ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punti 1 e 5, della sesta direttiva, deve prescindersi dal fatturato relativo ad esse nel calcolo del prorata di deduzione qualora si tratti di operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della direttiva. Esse devono al riguardo essere considerate tali qualora implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’imposta sul valore aggiunto è dovuta; sebbene l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva possa costituire un indizio nel senso che tali operazioni non debbano essere considerate accessorie ai sensi della detta disposizione, la circostanza che redditi superiori a quelli prodotti dall’attività indicata come principale dall’impresa interessata provengano da tali operazioni non può, di per sé solo, escludere la qualificazione di queste ultime quali «operazioni accessorie».

         Spetta al giudice nazionale stabilire se talune operazioni implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’imposta sul valore aggiunto è dovuta e, eventualmente, escludere tali operazioni dal calcolo del prorata di deduzione.

(v. punti 53-55, 80, dispositivo 1)

2.        Lavori effettuati dai membri di un consorzio conformemente alle clausole di un contratto di consorzio e corrispondenti alla quota assegnata in tale contratto a ciascuno di essi non costituiscono una cessione di beni o una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, né, di conseguenza, un’operazione imponibile ai sensi di tale direttiva. La circostanza che i detti lavori siano realizzati dal membro gestore del consorzio è irrilevante al riguardo.

         Per contro, quando il superamento della quota di lavori fissata da tale contratto per un membro del consorzio implichi il pagamento, da parte degli altri membri del consorzio, del corrispettivo per i lavori eccedenti tale quota, questi ultimi costituiscono una cessione di beni ovvero una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi della disposizione medesima.

(v. punto 91, dispositivo 2)





SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
29 aprile 2004(1)

«Sesta direttiva IVA – Artt. 2, 4, n. 2, 13, parte B, lett. d), e 19, n. 2 – Nozione di “attività economiche” – Nozione di “operazioni finanziarie accessorie” – Prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso»

Nel procedimento C-77/01,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Tribunal Central Administrativo (Portogallo) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Empresa de Desenvolvimento Mineiro SGPS SA (EDM), già Empresa de Desenvolvimento Mineiro SA (EDM),

e

Fazenda Pública, con l'intervento di:Ministério Público,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 2, 4, n. 2, 13, parte B, lett. d), e 19, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),

LA CORTE (Quinta Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans e S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig. H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

– per la Empresa de Desenvolvimento Mineiro SGPS SA (EDM), dal sig. D. Duarte, advogado;

– per il governo portoghese, dai sigg. M. Pretes, A. Seiça Neves e L. Fernandes, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europeee, dalla sig.ra T. Figueira e dal sig. C. Giolito, in qualità di agenti,

sentite le osservazioni orali della Empresa de Desenvolvimento Mineiro SGPS SA (EDM), rappresentata dall'avv. D. Duarte, del governo portoghese, rappresentato dal sig. V. Guimarães, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dai sigg. C. Giolito e M. França, in qualità di agente, all'udienza del 29 maggio 2002,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 settembre 2002,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1 Con ordinanza 19 dicembre 2000, pervenuta alla Corte il 15 febbraio 2001, il Tribunal Central Administrativo ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali relative all’interpretazione degli artt. 2, 4, n. 2, 13, parte B, lett. d), e 19, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra la Empresa de Desenvolvimento Mineiro SGPS SA (in prosieguo: l’«EDM») e la Fazenda Pública (Erario) vertente sulla deducibilità dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») versata a monte dall’EDM in quanto soggetto passivo che effettua non solo operazioni cha danno diritto a deduzione ai sensi dell’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, ma parimenti operazioni che, secondo tale società, non costituiscono attività economica ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva medesima, ovvero costituiscono operazioni finanziarie accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della stessa direttiva.


Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta all’IVA le cessioni di beni nonché le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

4 Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente una delle attività economiche di cui al n. 2 dello stesso articolo. La nozione di «attività economiche» è definita dal menzionato n. 2 come comprensiva di tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi e, in particolare, delle operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

5 Ai termini dell’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, la base imponibile è composta da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore di beni o al prestatore di servizi per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni.

6 L’art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva, dispone quanto segue:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano (…):

(…)

d)       le operazioni seguenti:

1.la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi;

2.la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi;

3.le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti;

(…)

5.le operazioni, compresa la negoziazione, eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società [o] associazioni, obbligazioni, altri titoli, ad esclusione:

dei titoli rappresentativi di merci;

dei diritti o titoli di cui all’articolo 5, paragrafo 3».

7 L’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva prevede che, «nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore (…) l’imposta sul valore aggiunto dovut[a] o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

8 Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni che danno diritto a deduzione e operazioni che non conferiscono tale diritto, l’art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva precisa che «la deduzione è ammessa soltanto per il prorata dell’imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni». Ai sensi del secondo comma della medesima disposizione, «[d]etto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo».

9 L’art. 19, nn. 1 e 2, della sesta direttiva così recita:

«1. Il prorata di deduzione previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta [sul] valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a deduzione ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3,

al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a deduzione. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l’importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all’articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a) .

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all’unità superiore.

2. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di deduzione, non si tiene conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle cessioni di beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie o a quelle di cui all’articolo 13, punto B, lettera d), anche quando si tratta di operazioni accessorie (…)».

La normativa nazionale

10 L’art. 23 del Código do imposto sobre o valor acrescentado (codice IVA; in prosieguo: il «CIVA») prevede quanto segue:

«1.Qualora il contribuente, nell’esercizio della propria attività, effettui cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali sia parzialmente escluso il diritto alla deduzione, l’imposta corrisposta sugli acquisti è deducibile solamente in ragione della percentuale corrispondente all’importo annuale delle operazioni che prevedono il diritto alla deduzione.

(...)

4.La percentuale di deduzione specifica di cui al precedente n. 1 risulta da una frazione composta, al numeratore, dall’importo annuale, al netto dell’imposta, delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che prevedono il diritto alla deduzione ai sensi degli artt. 19 e 20, n. 1, nonché, al denominatore, dall’importo annuale, al netto dell’imposta, di tutte le operazioni effettuate dal contribuente, ivi comprese le operazioni esenti ovvero esulanti dalla sfera di applicazione dell’imposta, segnatamente le sovvenzioni non assoggettate all’imposta che non costituiscano sovvenzioni di impianti.

5.Tuttavia, nel calcolo precedente non sono considerate le cessioni di beni dell’attivo immobilizzato strumentali all’attività dell’impresa nonché le operazioni immobiliari o finanziarie che presentino carattere accessorio rispetto all’attività svolta dal contribuente».

11 Ai sensi dell’art. 9, n. 28, del CIVA, costituiscono attività esenti:

«a)La concessione e la negoziazione di finanziamenti, sotto qualsiasi forma, ivi comprese le operazioni di sconto e di risconto, nonché la loro amministrazione o gestione da parte del concedente.

b)La negoziazione e la prestazione di fideiussioni, avalli, cauzioni ed altre garanzie, nonché l’amministrazione o la gestione di garanzie su finanziamenti da parte del concedente.

(...)

f)Le operazioni e servizi, ivi compresa la negoziazione, esclusa la semplice custodia e l’amministrazione o gestione di azioni, quote di società o di associazioni, obbligazioni ed altri titoli, ad esclusione di titoli rappresentativi di merci.

g)I servizi o le operazioni relativi al collocamento, alla sottoscrizione ed all’acquisto di emissioni di titoli pubblici o privati.

h)L’amministrazione o la gestione di fondi d’investimento».

12 Secondo la normativa portoghese, per «consorzio» si intende il «contratto con cui due o più persone, fisiche o giuridiche, esercenti attività economica, si obbligano reciprocamente a svolgere, secondo modalità concertate, una determinata attività o ad apportare un determinato contributo» ai fini del raggiungimento di uno degli obiettivi ivi elencati, tra i quali figurano la ricerca o esplorazione di risorse naturali [artt.1 e 2 del decreto-lei (decreto legge) 28 luglio 1981, n. 231, Diário da República I, serie A, n. 171, 28 luglio 1981].


Causa principale e questioni pregiudiziali

13 Dall’ordinanza di rinvio emerge che l’EDM è una holding del settore minerario che è stata inizialmente un’impresa pubblica per poi essere trasformata, dal settembre del 1989 in poi, in persona giuridica di diritto privato, sotto forma di società per azioni.

14 A termini dell’art. 3, n. 1, del suo statuto, approvato con decreto-lei 21 settembre 1989, n. 313 (Diário da República I, serie A, del 21 settembre 1989, n. 218), l’oggetto principale dell’EDM è il seguente:

«a)La prospezione, la ricerca, l’estrazione, lo sfruttamento e la trasformazione di sostanze minerali metalliche e non metalliche, nonché la commercializzazione delle medesime e dei prodotti e sottoprodotti risultanti dalla loro trasformazione;

b)l’esercizio di attività di ricerca applicata e di sviluppo tecnologico, volto direttamente all’investimento nella produzione, per mezzo di imprese associate (“joint ventures”);

c)la gestione di partecipazioni in società, di cui detenga la proprietà ovvero di cui le siano stati contrattualmente affidati i poteri di gestione, aventi ad oggetto le attività indicate alla lett. a);

d)la promozione di progetti di investimento e di creazione di società aventi oggetto connesso all’industria estrattiva, favorendo in particolare l’associazione di interessi pubblici e di interessi privati».

15 Sino alla sua trasformazione in società per azioni, l’EDM aveva parimenti come oggetto principale, a termini dello statuto all’epoca vigente, segnatamente, quello di prestare ausilio alle società partecipate ai fini dell’ottenimento di prestiti presso istituti di credito, assumendo la garanzia di tali prestiti.

16 Il giudice del rinvio osserva che la gestione delle proprie partecipazioni nonché la ricerca scientifica e tecnologica nel settore minerario ai fini dell’investimento, in particolare mediante la creazione di nuove imprese, hanno sempre costituito il principale filone di attività dell’EDM, che solo occasionalmente ha ceduto le proprie partecipazioni societarie, ancorché tali vendite abbiano prodotto un notevole ricavo.

17 L’EDM fa parte di tre consorzi, ciascuno dei quali ha unicamente ad oggetto la ricerca di giacimenti minerari in tre diverse regioni del Portogallo e lo studio della redditività del loro sfruttamento. I contratti stipulati per la creazione di tali consorzi (in prosieguo: i «contratti di consorzio») prevedono, nell’ipotesi in cui vengano individuati giacimenti minerari il cui sfruttamento risulti redditizio, la creazione di società destinate allo sfruttamento dei giacimenti medesimi.

18 L’attività dell’EDM nell’ambito di ciascuno dei detti consorzi consiste in azioni di carattere tecnico e di coordinamento dei lavori in qualità di gestore del consorzio nonché in interventi in commissioni consultive e commissioni tecniche all’uopo istituite. Ogni impresa membro dei consorzi emette fatture con la descrizione dei lavori da eseguire nonché l’indicazione dei relativi costi e le invia al rispettivo gestore, vale a dire all’EDM. Tali fatture sono dirette esclusivamente alla successiva liquidazione dei conti tra le imprese partecipanti ai consorzi, in base a percentuali di ripartizione delle spese concordate nei singoli contratti di consorzio.

19 Dall’ordinanza di rinvio emerge che, nell’ambito dell’esame di una domanda di rimborso presentata dall’EDM, quest’ultima era stata oggetto di verifica esterna da parte dell’Amministrazione tributaria portoghese (in prosieguo: l’«Amministrazione tributaria»). Nel corso di tale verifica si rilevava che, tra il 1988 e il 1992, l’EDM aveva dedotto l’IVA versata come se essa avesse effettuato soltanto operazioni con diritto a deduzione mentre, secondo l’Amministrazione, in ragione del tipo di operazioni compiute, l’EDM avrebbe dovuto essere considerata come un soggetto passivo misto, sottoposto al regime di cui all’art. 23 del CIVA, vale a dire al metodo di calcolo del prorata di deduzione previsto da tale disposizione.

20 Infatti, erano state effettuate acquisizioni di beni e servizi comuni alle diverse attività svolte dal contribuente, come quelle svolte per l’amministrazione ovvero relative alla sede, in ordine alle quali l’IVA era stata detratta globalmente, in assenza di una ripartizione tra operazioni assoggettate ad imposta ed operazioni esenti.

21 Nell’ambito di tale verifica veniva rilevato che le somme indebitamente dedotte dall’EDM ammontavano a PTE 137 933 862 (circa EUR 688 000).

22 Il giudice del rinvio precisa che, secondo l’Amministrazione tributaria, costituiscono redditi derivanti dalla cessione di beni e/o dalla prestazione di servizi che non darebbero diritto a deduzione:

i dividendi risultanti da partecipazioni al capitale di società;

gli interessi sui prestiti concessi alle imprese nelle quali l’EDM detiene una partecipazione;

gli introiti derivanti da altre operazioni di tesoreria;

il valore dei lavori realizzati nell’ambito dei consorzi, di cui l’EDM è membro e gestore.

23 L’Amministrazione tributaria ritiene che i dividendi, gli interessi sui prestiti, i redditi derivanti da operazioni di tesoreria a breve termine, ivi compresi i titoli di partecipazioni e i proventi dalla vendita di azioni e di altri titoli negoziabili, costituiscano proventi di attività ricompresi nell’esenzione prevista dall’art. 9, n. 28, lett. a) e f), del CIVA e che non conferiscano, quindi, il diritto alla deduzione dell’imposta versata a monte. Quanto ai lavori effettuati dall’EDM nell’ambito dei consorzi, atteso che quest’ultima è responsabile dei consorzi e gestisce pertanto i loro investimenti, tali operazioni ricadrebbero parimenti nella sfera della lett. h) della medesima disposizione del CIVA, e sarebbero parimenti esenti dall’IVA. Pertanto, svolgendo al tempo stesso attività esenti da imposta ed attività assoggettate ad imposta, l’EDM sarebbe soggetta alle disposizioni dell’art. 23 del CIVA. Conseguentemente, tutti i detti redditi dovrebbero figurare nel denominatore della frazione utilizzata ai fini del calcolo del prorata di deduzione, ai sensi del n. 4 di quest’ultima disposizione, atteso che tutte le attività di cui trattasi costituirebbero l’attività principale dell’EDM, ivi comprese le vendite di titoli e le altre operazioni di tesoreria, dato che il volume di tali operazioni sarebbe superiore a quello delle operazioni soggette ad imposta.

24 Ciò premesso, l’Amministrazione tributaria calcolava l’importo del prorata di deduzione e liquidava l’IVA nonché gli interessi compensativi relativi agli esercizi 1988-1992.

25 L’EDM impugnava le decisioni dell’Amministrazione tributaria relative a tale liquidazione dinanzi al Tribunal Tributário de Primeira Instância di Lisbona (Portogallo), che accoglieva la domanda limitatamente ai detti dividendi.

26 L’EDM ricorreva in appello dinanzi al Tribunal Central Administrativo limitatamente alla parte in cui la detta decisione non aveva accolto la domanda formulata in primo grado.

27 Il giudice del rinvio precisa che, nella controversia dinanzi ad esso pendente, occorre stabilire, in primo luogo, se i prestiti onerosi concessi annualmente dall’EDM alle imprese partecipate, ed i lavori dalla stessa effettuati nell’ambito dei tre consorzi di cui è membro e dalla medesima gestiti, in particolare per la parte eccedente la propria quota di tali lavori risultante dai contratti di consorzio, con il versamento di corrispettivo da parte delle altre società del gruppo, ricadano nella nozione di attività economica. Secondo tale giudice, occorre accertare, in secondo luogo, se la vendita di azioni e di altri titoli negoziabili nonché le altre operazioni di tesoreria ed i prestiti concessi dall’EDM, nell’eventualità in cui dovessero essere considerati operazioni imponibili ai fini dell’IVA, costituiscano «operazioni accessorie» ai sensi dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva.

28 Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunal Central Administrativo ha disposto la sospensione del procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)Se la concessione annua di prestiti, con corresponsione di interessi, da parte di una holding alle proprie società partecipate, quando la holding provveda, a titolo di attività principale, alla loro gestione e, in determinati limiti, anche alla garanzia dei prestiti contratti dalle società partecipate, costituisca un’“attività economica” ai sensi dell’[art. 4, n. 2, della] sesta direttiva (…).

2)Se l’effettuazione di lavori, nell’ambito di un consorzio del genere di cui nella specie, da parte di una società che ne sia membro e gestore, in particolare quando tali lavori eccedano la quota contrattualmente assunta dalla società medesima, con pagamento del corrispettivo dei lavori stessi da parte degli altri membri del consorzio, costituisca un’“attività economica” ai sensi della sesta direttiva.

3)Se debba essere considerata “accessoria”, ai fini dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, l’attività finanziaria di un’impresa che produca annualmente introiti nettamente superiori a quelli prodotti dall’attività descritta come principale nel proprio statuto».


Sulla prima e sulla terza questione

29 Con la prima e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se le operazioni finanziarie di una holding, consistenti nella concessione annua di prestiti onerosi alle società nelle quali essa detiene una partecipazione, nella vendita di azioni e di altri titoli negoziabili nonché in altre operazioni di tesoreria, costituiscano attività economiche ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva e, eventualmente, laddove tali operazioni finanziarie siano esenti ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), della direttiva medesima, se esse debbano essere considerate accessorie ai fini dell’art. 19, n. 2, della direttiva e se, pertanto, l’importo del fatturato relativo a tali operazioni debba essere escluso dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata della deduzione.

Osservazioni sottoposte alla Corte

30 L’EDM fa valere che le operazioni finanziarie alle quali si riferisce l’Amministrazione tributaria, comprendenti interessi su titoli, depositi bancari ed altri investimenti a breve termine, nonché gli interessi derivanti dai prestiti concessi dall’EDM alle società partecipate ed i proventi della vendita di titoli ed azioni, non corrispondono al suo oggetto sociale principale come descritto all’art. 3 del suo statuto, bensì costituiscono attività che essa poteva svolgere esclusivamente a titolo accessorio.

31 A tal riguardo, essa richiama la sentenza 14 novembre 2000, causa C-142/99, Floridienne e Berginvest (Racc. pag. I-9567), ricordando, segnatamente, che la Corte ha ivi dichiarato che dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione si devono escludere gli interessi versati dalle società controllate ad una holding in ragione dei prestiti che essa ha loro concesso, quando tali operazioni di prestito non costituiscono, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva, un’attività economica della detta holding.

32 Con riguardo agli interessi derivanti da investimenti a breve termine, l’EDM afferma che, essendo giuridicamente considerati mutui, gli investimenti a breve termine sarebbero esclusi dall’ambito delle attività principali dell’EDM, al pari dei prestiti alle controllate di quest’ultima. Tali prestiti sarebbero peraltro analoghi ai prestiti obbligazionari ovvero ne avrebbero la medesima natura e dovrebbero essere pertanto qualificati come «operazioni finanziarie accessorie» (v. sentenza 6 febbraio 1997, causa C-80/95, Harnas & Helm, Racc. pag. I-745).

33 La soluzione non sarebbe differente per quanto riguarda le vendite di azioni e di altri titoli negoziabili, essendo manifesto il loro carattere finanziario al pari della loro natura accessoria. Per quanto riguarda la considerazione della rilevanza delle vendite di azioni e di altri titoli da parte di un’entità non finanziaria, l’EDM si richiama alla sentenza 20 giugno 1996, causa C-155/94, Wellcome Trust (Racc. pag. I-3013).

34 L’EDM conclude che l’art. 19, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che dalla frazione utilizzata ai fini del calcolo di prorata di deduzione occorre escludere le operazioni finanziarie compiute da un’impresa l’attività economica della quale, ai fini dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva medesima, comprenda solo la gestione delle proprie partecipazioni in società del settore minerario nonché la ricerca scientifica e tecnologica nel medesimo settore, con la fornitura ad altre imprese minerarie di servizi in tale ambito.

35 In limine, il governo portoghese fa valere che l’EDM non è una holding pura, ma esercita direttamente un’attività commerciale ed industriale, nella maggior parte dei casi della medesima natura di quella delle società partecipate.

36 Quanto agli interessi relativi ai prestiti, il governo portoghese sostiene che il corrispettivo è previsto nei contratti di prestito e che esso è adeguato all’importo del capitale prestato, ciò che li contraddistingue dai dividendi, per i quali non è possibile stabilire un nesso diretto tra il pagamento del loro importo ed il valore del servizio fornito (v. sentenza Floridienne e Berginvest, cit., punto 14). Del pari, con riguardo alla vendita di azioni e di altri titoli negoziabili, il prezzo dipenderebbe dal valore del titolo venduto e varierebbe in funzione del quantitativo venduto.

37 In considerazione della natura delle attività dell’EDM e con riguardo, segnatamente, al fatto che solo eccezionalmente è riconosciuto carattere commerciale ad attività di cui all’art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva (v. sentenze citate supra Wellcome Trust, punto 35, e Harnas & Helm, punto 16), non si potrebbe concludere che i prestiti e le vendite di azioni si collochino sempre e solo nell’ambito dell’attività non commerciale di una holding. Sebbene tali prestiti e vendite di azioni riguardino esclusivamente le controllate dell’EDM, nulla escluderebbe che essi possano essere realizzati in modo tale da costituire, parimenti, una fonte di reddito per quest’ultima, che li sfrutterebbe nell’ambito delle proprie attività commerciali.

38 Il governo portoghese ritiene, pertanto, che la concessione annua di prestiti onerosi da parte di una holding alle società partecipate nonché la vendita di azioni e di altri titoli negoziabili costituiscano un’attività economica ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva.

39 Secondo il detto governo, tali prestiti e vendite di azioni e di altri titoli negoziabili sono operazioni finanziarie esenti ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della sesta direttiva, che costituiscono il corollario dell’attività del soggetto passivo. Tali operazioni non potrebbero pertanto essere considerate accessorie ai fini dell’art. 19, n. 2, della direttiva medesima (v. sentenza 11 luglio 1996, causa C-306/94, Régie dauphinoise, Racc. pag. I-3695, punto 22). Il considerevole importo di tali operazioni ed il loro carattere permanente confermerebbero tale conclusione.

40 La Commisione, richiamandosi ai punti 26-31 della menzionata sentenza Floridienne e Berginvest, ritiene che la concessione di prestiti da parte di una holding alle proprie controllate debba esere considerata, ai fini dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva, un’attività economica, consistente nello sfruttamento di un capitale per ricavarne introiti aventi carattere permanente sotto forma di interessi, laddove tale attività non sia esercitata a titolo occasionale, bensì per il conseguimento di un obiettivo imprenditoriale o di un fine commerciale, contraddistinto in particolare dall’intento di garantire la redditività dei capitali investiti.

41 In tal caso, gli interessi corrisposti alla holding dalle sue partecipate costituirebbero un corrispettivo delle operazioni esenti dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva e dovrebbero essere inclusi nel denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione, ai sensi dell’art. 19 della direttiva medesima.

42 Con riguardo alle operazioni finanziarie diverse dai prestiti concessi dall’EDM alle sue partecipate, la Commisione osserva che occorre distinguere, tra queste ultime, tre ordini di ipotesi.

43 Quanto al primo ordine di ipotesi, la Commisione fa valere che, se il giudice del rinvio ritiene che le attività finanziarie della EDM siano compiute nell’ambito di un obiettivo imprenditoriale o a fini commerciali, esse rientrano allora nella sfera di applicazione dell’IVA (v. sentenza Floridienne e Berginvest, cit., punto 28), essendo peraltro esenti da tale imposta. Non potendo essere considerate operazioni accessorie, indipendentemente dal loro importo, tali operazioni dovrebbero essere inserite al denominatore della frazione utilizzata ai fini del calcolo del prorata di deduzione, ai sensi dell’art. 19 della sesta direttiva.

44 Per quanto riguarda il secondo ordine di ipotesi, se si ritiene che le dette attività finanziarie non costituiscano un’attività imponibile, ma che si tratti semplicemente della gestione di un patrimonio privato derivante dalla mera gestione del bene, si tratterebbe, in tal caso, di un’attività che esula dalla sfera di applicazione dell’IVA.

45 Con riguardo al terzo ordine di ipotesi, la Commissione precisa che le operazioni in esame, sebbene ricomprese nella sfera di applicazione dell’IVA, devono essere ritenute accessorie, vale a dire non possono essere considerate come facenti parte dell’attività professionale abituale del soggetto passivo.

46 A tal riguardo la Commissione, richiamandosi all’art. 21 della menzionata sentenza Régie dauphinoise, sostiene che il fatto che il rendimento risultante dalle operazioni finanziarie compiute dall’EDM sia superiore al rendimento dell’attività principale di quest’ultima non consente di escludere la nozione di operazione accessoria. Al contrario, nell’ipotesi di un’impresa quale l’EDM, la cui attività di prospezione e di ricerca presenta solo una redditività a medio termine e può anche rivelarsi non redditizia a lungo termine, l’inclusione delle operazioni finanziarie nel denominatore della frazione utilizzata ai fini del calcolo del prorata di deduzione produrrebbe proprio la conseguenza di falsare il calcolo della deduzione, pregiudicando conseguentemente la neutralità dell’IVA. Attività che non si inquadrino nell’ambito delle attività professionali abituali di tale impresa devono essere pertanto considerate operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, della sesta direttiva, indipendentemente dai benefici che ne derivano.

Giudizio della Corte

47 In limine occorre ricordare che, sebbene l’art. 4 della sesta direttiva preveda per l’IVA una sfera di applicazione molto ampia (v. sentenza 4 dicembre 1990, causa C-186/89, Van Tiem, Racc. pag. I-4363, punto 17), tale disposizione concerne esclusivamente le attività aventi carattere economico (v. sentenza Régie dauphinoise, cit., punto 15).

48 In forza dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva, è considerato soggetto passivo chiunque eserciti, in modo indipendente, attività economiche di tal genere. La nozione di «attività economiche» è definita al n. 2 di detto articolo come comprensiva di tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, e in particolare le operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità. Tale nozione di «sfruttamento» si riferisce, conformemente a quanto prescritto dal principio della neutralità del sistema comune di IVA, a tutte le dette operazioni, indipendentemente dalla loro forma giuridica (v. sentenze citate supra Van Tiem, punto 18, e Régie dauphinoise, punto 15).

49 A tal riguardo, dalla costante giurisprudenza della Corte emerge che solo i versamenti che costituiscono il corrispettivo di un’operazione o di un’attività economica sono inclusi nel campo di applicazione dell’IVA, il che non vale per i versamenti risultanti dalla semplice proprietà del bene (v. sentenze 22 giugno 1993, causa C-333/91, Sofitam, Racc. pag. I-3513, punto 13; Régie dauphinoise, cit., punto 17, nonché Floridienne e Berginvest, cit., punto 26).

50 Inoltre, dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva discende che un soggetto passivo deve agire «in quanto tale» perché un’operazione possa essere soggetta all’IVA (sentenza Régie dauphinoise, cit., punto 15).

51 Dalle suesposte considerazioni discende che, in una controversia quale quella principale, occorre stabilire, in primo luogo, se le varie operazioni finanziarie in questione costituiscano attività comprese tra quelle previste dagli artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva ovvero se si collochino al di fuori della sfera di applicazione di quest’ultima.

52 Con riguardo alle operazioni finanziarie che ricadono nella sesta direttiva, occorre verificare, in secondo luogo, se siano esenti dall’imposta ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), della direttiva medesima.

53 In terzo luogo, a termini dell’art. 17, n. 5, della sesta direttiva, qualora il soggetto passivo utilizzi beni e/o servizi, per i quali abbia versato l’IVA a monte, al fine di effettuare operazioni che, al tempo stesso, danno diritto a deduzione e operazioni che non conferiscono tale diritto, occorre calcolare, ai sensi dell’art. 19 della direttiva medesima, il prorata di deduzione da applicare all’importo dell’IVA versata a monte.

54 Occorre ricordare, a tal riguardo, che dalla giurisprudenza della Corte risulta che, pena la compromissione dell’obiettivo di neutralità garantito dal sistema comune dell’IVA, le operazioni escluse dalla sfera di applicazione della sesta direttiva e che non danno pertanto diritto a deduzione devono essere escluse dal calcolo del prorata di deduzione di cui agli artt. 17 e 19 della sesta direttiva (v. in tal senso, in particolare, sentenze Sofitam, cit., punti 13 e 14, nonché 27 septembre 2001, causa C-16/00, Cibo Participations, Racc pag. I-6663, punto 44).

55 In quarto luogo, nell’ambito del calcolo del prorata di deduzione occorre verificare se le operazioni finanziarie in questione che ricadono nella sesta direttiva, ma esenti da imposta in forza dell’art. 13, parte B, lett. d), della direttiva medesima, debbano essere considerate operazioni accessorie, poiché, in tal caso, a termini dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della detta direttiva, e in deroga alle disposizioni del n. 1 dell’articolo medesimo, ai fini del calcolo del prorata di deduzione non si tiene conto dell’importo del fatturato relativo a tali operazioni.

Sulla sfera di applicazione della sesta direttiva

56 Oltre agli interessi percepiti dall’EDM a titolo di corrispettivo per i prestiti concessi alle società partecipate, il giudice del rinvio fa riferimento alla vendita di titoli negoziabili e ad altre operazioni di tesoreria. Dalle osservazioni presentate alla Corte nonché dalle risposte ai quesiti scritti posti da quest’ultima all’EDM sembra emergere che si tratti in realtà di vendite di azioni e di partecipazioni a fondi di investimento, del pagamento di interessi prodotti dai depositi bancari e da titoli quali buoni del Tesoro e certificati di deposito, nonché della rendita delle somme investite nei fondi di investimento.

57 A tal riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che, secondo costante giurisprudenza, il mero acquisto e la sola detenzione di quote societarie non devono essere ritenuti attività economiche, ai sensi della sesta direttiva, che conferiscono al soggetto che le abbia effettuate la qualità di soggetto passivo. Infatti, la semplice assunzione di partecipazioni finanziarie in altre imprese non costituisce sfruttamento di un bene al fine di trarne introiti che abbiano carattere stabile, in quanto l’eventuale dividendo, frutto della detta partecipazione, discende dalla mera proprietà del bene e non costituisce il corrispettivo di nessuna attività economica ai sensi della direttiva medesima (v. menzionate sentenze Harnas & Helm, punto 15, nonché Floridienne e Berginvest, punto 21). Se, dunque, tali attività non costituiscono di per sé un’attività economica ai sensi della detta direttiva, lo stesso vale per quelle che consistono nel cedere tali partecipazioni (v. sentenze Wellcome Trust, cit., punto 33, e 26 giugno 2003, causa C-442/01, KapHag, Racc. pag. I-6851, punti 38 e 40) .

58 Del pari, il mero acquisto e la mera vendita di altri titoli negoziabili non possono costituire lo sfruttamento di un bene volto alla produzione di introiti di carattere stabile, dal momento che l’unico reddito risultante da tali operazioni è costituito dall’eventuale profitto al momento della vendita di tali titoli.

59 Infatti, in linea di principio, tali operazioni non possono costituire, di per sé, attività economiche ai sensi della sesta direttiva. E’ pur vero che dall’art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della direttiva medesima si evince che le operazioni relative a titoli possono rientrare nella sfera d’applicazione dell’IVA.Tuttavia, le operazioni previste da tale disposizione sono quelle consistenti nel trarre redditi aventi carattere stabile da attività che esulano dall’ambito del mero acquisto e della vendita di titoli, come le operazioni compiute nell’esercizio di un’attività commerciale di compravendita di titoli.

60 Ne consegue che un’impresa che si dedichi ad attività consistenti nella mera vendita di azioni e di altri titoli negoziabili, come le partecipazioni in fondi di investimento, dev’essere considerata, con riguardo alle dette attività, come un’impresa che si limita a gestire un portafoglio di investimenti alla guisa di un investitore privato (v. sentenza Wellcome Trust, cit., punto 36).

61 A tal riguardo occorre ricordare che né l’ampiezza di una vendita di azioni, né il ricorso, nell’ambito di siffatta vendita, a società di consulenza possono costituire criteri di distinzione fra le attività di un investitore privato, che si collocano al di fuori della sfera d’applicazione della sesta direttiva, e quelle di un investitore le cui operazioni costituiscono un’attività economica (v. sentenza Wellcome Trust, cit., punto 37) .

62 Si deve pertanto dichiarare che attività consistenti nella mera vendita di azioni e di altri titoli negoziabili, come le partecipazioni in fondi di investimento, non costituiscono attività economiche ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva e, pertanto, non rientrano nella sfera di applicazione della direttiva medesima.

63 Quanto al reddito delle operazioni di collocamento di somme nei fondi di investimento, si deve rilevare che esso non costituisce il corrispettivo diretto di prestazioni di servizi consistenti nella messa a disposizione di capitali a favore di terzi (v. sentenza Régie dauphinoise, cit., punti 16 e 17). Al pari dei dividendi, tale reddito non può essere considerato il controvalore effettivo di un servizio prestato. Conseguentemente, tali investimenti non costituiscono prestazioni di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, e non sono pertanto compresi nella sfera di applicazione dell’IVA (v., in tal senso, sentenza 26 giugno 2003, causa C-305/01, MKG-Kraftfahrzeuge-Factoring, Racc. pag. I-6729, punto 47).

64 Dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 54 emerge che, considerato che la mera vendita di azioni o di altri titoli negoziabili, quali le partecipazioni in fondi di investimento, nonché il reddito derivante dalle somme collocate nei fondi di investimento non ricadono nella sfera di applicazione della sesta direttiva, l’importo del fatturato relativo a tali operazioni dev’essere escluso dal calcolo del prorata di deduzione di cui agli artt. 17 e 19 della direttiva medesima.

65 Per contro, secondo la giurisprudenza della Corte, gli interessi percepiti da una holding a titolo di corrispettivo dei prestiti concessi alle società partecipate non possono essere esclusi dalla sfera di applicazione dell’IVA, giacché il versamento di tali interessi non risulta dalla semplice proprietà del bene, ma costituisce il corrispettivo della disponibilità di un capitale concessa a un terzo (v., in tal senso, sentenza Régie dauphinoise, cit., punto 17).

66 Con riguardo alla questione se, in tale contesto, una holding esegua tale prestazione di servizi in qualità di soggetto passivo, la Corte ha dichiarato, al punto 18 della menzionata sentenza Régie dauphinoise, che un soggetto agisce in tale qualità quando compie operazioni che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario della sua attività imponibile, come la percezione da parte di un amministratore di condomìni degli interessi prodotti dall’investimento delle somme che egli riceve dai clienti nell’ambito dell’amministrazione dei loro stabili.

67 È quanto avviene, a fortiori, quando le operazioni in questione vengano compiute nell’ambito di un obiettivo imprenditoriale o ad un fine commerciale, contraddistinto in particolare dall’intento di garantire la redditività dei capitali investiti.

68 Orbene, si deve necessariamente rilevare che un’impresa agisce secondo tali criteri quando sfrutta capitali facenti parte del proprio patrimonio per eseguire prestazioni di servizi che costituiscano un’attività economica ai sensi della sesta direttiva, come la concessione di prestiti onerosi da parte di una holding alle società partecipate, a prescindere dal fatto che tali prestiti siano concessi a titolo di sostegno economico alle dette società ovvero a titolo di investimento di eccedenze di tesoreria o per altre ragioni.

69 Né possono essere esclusi dalla sfera di applicazione dell’IVA gli interessi versati ad un’impresa a titolo di corrispettivo di depositi bancari ovvero di investimenti in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, dato che gli interessi corrisposti non provengono dalla mera proprietà del bene, ma costituiscono il corrispettivo della disponibilità del capitale a profitto di un terzo (v., in tal senso, sentenza Régie dauphinoise, cit., punto 17). Dal punto precedente emerge che un’impresa agisce come soggetto passivo quando sfrutta, secondo tali criteri, capitali facenti parte del proprio patrimonio.

70 Si deve pertanto dichiarare che la concessione annua, da parte di una holding, di prestiti onerosi a società partecipate nonché gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, costituiscono attività economiche compiute da un soggetto passivo che agisce in quanto tale ai sensi degli artt. 2, punto 1, e 4, n. 2, della sesta direttiva.

Sulla nozione di operazioni esenti dall’IVA

71 Nei limiti in cui la concessione, da parte di una holding, di prestiti alle società partecipate nonché gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, si risolvono in prestazioni di servizi ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva, si deve ritenere che tali attività siano esenti dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punti 1 e 5, della sesta direttiva.

Sul calcolo del prorata di deduzione

72 Nel caso in cui l’impresa interessata effettui, al contempo, operazioni che danno diritto a deduzione e operazioni che non conferiscono tale diritto, l’art. 17, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva statuisce che il prorata di deduzione da applicare agli importi di IVA versati a monte dev’essere determinato ai sensi dell’art. 19 della direttiva medesima.

73 A tal riguardo, dall’art. 19, n. 1, della sesta direttiva discende che il prorata di deduzione risulta da una frazione avente, al numeratore, l’importo totale del fatturato, al netto dell’IVA, relativo alle operazioni che danno diritto a deduzione e, al denominatore, l’importo totale del fatturato, al netto dell’IVA, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a deduzione, come quelle esenti ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), della direttiva medesima. Come emerge dal precedente punto 54, le operazioni che non rientrano nella sfera di applicazione della sesta direttiva devono essere escluse dal calcolo del detto prorata.

Sulla deroga per le operazioni accessorie

74 Occorre pertanto esaminare se la concessione, da parte di una holding, di prestiti a società partecipate nonché gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, esenti ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punti 1 e 5, della sesta direttiva, costituiscano operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della direttiva medesima, ipotesi nella quale quest’ultima disposizione prevede che, nel calcolo del prorata di deduzione, occorre prescindere da tali operazioni.

75 A tal riguardo va osservato che, in sede di applicazione dell’art. 19, n. 1, della sesta direttiva, un aumento dell’importo del fatturato relativo alle operazioni che non danno diritto a deduzione determina la diminuzione dell’importo di IVA deducibile da parte del soggetto passivo. La non inclusione di alcune operazioni accessorie nel denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione, ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva, serve a neutralizzare gli effetti negativi, per il soggetto passivo, di tale conseguenza inerente al detto calcolo, al fine di evitare che queste operazioni lo alterino e di garantire, in tal modo, il conseguimento dell’obiettivo di neutralità garantito dal sistema comune IVA.

76 Infatti, come rilevato dalla Corte al punto 21 della menzionata sentenza Régie dauphinoise, se tutti i risultati delle operazioni finanziarie del soggetto passivo aventi un nesso con un’attività imponibile dovessero essere inclusi nel detto denominatore, anche qualora l’ottenimento di tali risultati non implichi l’impiego di beni o di servizi soggetti all’IVA o, almeno, ne implichi solo un impiego limitatissimo, il calcolo della deduzione sarebbe falsato.

77 A questo proposito si deve rilevare che l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva può costituire un indizio nel senso che tali operazioni non debbano essere considerate accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, secondo periodo, della sesta direttiva. Tuttavia, la circostanza che redditi superiori a quelli prodotti dall’attività indicata come principale dall’impresa interessata provengano da tali operazioni non può, di per sé, escludere la qualificazione di queste ultime quali «operazioni accessorie» ai sensi della disposizione medesima. Infatti, come correttamente rilevato dalla Commissione, in una fattispecie quale quella oggetto della causa principale, nella quale l’attività di prospezione presenta solo una redditività a medio termine e può anche rivelarsi non redditizia e il fatturato relativo alle operazioni che danno diritto alla deduzione rischia conseguentemente di essere molto ridotto, l’inclusione di tali operazioni esclusivamente in ragione della rilevanza dei redditi che esse producono avrebbe proprio come conseguenza di falsare il calcolo della deduzione.

78 Dalle suesposte considerazioni discende che la concessione annuale di prestiti da parte di una holding alle società partecipate e gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, devono essere considerati come operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva, laddove tali operazioni implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta. A tal riguardo, sebbene l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva possa costituire un indizio nel senso che tali operazioni non debbano essere considerate accessorie ai sensi della detta disposizione, la circostanza che redditi superiori a quelli prodotti dall’attività indicata come principale dall’impresa interessata provengano da tali operazioni non può, di per sé, escludere la qualificazione di queste ultime quali «operazioni accessorie».

79 Spetta al giudice del rinvio stabilire se le operazioni in esame nella causa principale implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta e, eventualmente, escludere gli interessi derivanti da tali operazioni dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione.

80 Occorre pertanto risolvere la prima e la terza questione nel senso che, in una fattispecie quale quella oggetto della causa principale,

attività consistenti nella mera vendita di azioni e di altri titoli, come le partecipazioni in fondi di investimento, non costituiscono attività economiche ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva e, pertanto, non rientrano nella sfera di applicazione della direttiva medesima;

operazioni di collocamento di somme in fondi di investimento non costituiscono prestazioni di servizi «effettuate a titolo oneroso», ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, e non sono pertanto neanch’esse comprese nella sfera di applicazione di quest’ultima;

l’importo del fatturato relativo a tali operazioni dev’essere escluso, conseguentemente, dal calcolo del prorata di deduzione di cui agli artt. 17 e 19 della direttiva medesima;

per contro, la concessione annua, da parte di una holding, di prestiti a titolo oneroso alle società partecipate nonché gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, costituiscono attività economiche compiute da un soggetto passivo che agisce in quanto tale ai sensi degli artt. 2, punto 1, e 4, n. 2, della sesta direttiva;

tuttavia, tali operazioni sono esenti dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punti 1 e 5, della direttiva medesima;

all’atto del calcolo del prorata di deduzione previsto dagli artt. 17 e 19 della sesta direttiva, tali operazioni devono essere considerate operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva, laddove implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta; sebbene l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva possa costituire un indizio nel senso che tali operazioni non debbano esere considerate accessorie ai sensi della detta disposizione, la circostanza che redditi superiori a quelli prodotti dall’attività indicata come principale dall’impresa interessata provengano da tali operazioni non può, di per sé sola, escludere la qualificazione di queste ultime quali «operazioni accessorie»;

spetta al giudice del rinvio stabilire se le operazioni in esame nella causa principale implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta e, eventualmente, escludere gli interessi derivanti da tali operazioni dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione.


Sulla seconda questione

81 Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se lavori come quelli oggetto della causa principale, effettuati conformemente alle clausole di un contratto di consorzio da una società che ne è membro e dalla medesima gestiti, costituiscano operazioni imponibili ai sensi della sesta direttiva, in particolare quando il superamento, da parte della detta società, della quota di tali lavori ad essa attribuita, come stabilito nei contratti di consorzio, comporti il pagamento, da parte degli altri membri del consorzio, del corrispettivo dei lavori eccedenti tale quota.

Osservazioni sottoposte alla Corte

82 Secondo l’EDM, dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva risulta che, per accertare se si sia in presenza di una prestazione di servizi ai fini dell’IVA, è sufficiente esaminare se tale operazione possa ritenersi effettuata «a titolo oneroso».

83 A tal riguardo, l’EDM osserva che l’obbligo, assunto da ogni impresa membro del consorzio, di realizzare determinati lavori, cui è attribuito un determinato valore, non ha natura di corrispettivo degli obblighi analoghi assunti dalle altre imprese membri del medesimo consorzio. Le prestazioni previste non costituiscono il corrispettivo le une delle altre, ma tenderebbero piuttosto a ottenere un risultato comune. I valori ad esse attribuiti dalle parti non sarebbero determinati ai fini del pagamento. Al contrario, il contratto concluso tra i membri del consorzio avrebbe come obiettivo proprio che tale pagamento non si verifichi, essendo previsto che ogni impresa esegua i lavori ad essa attribuiti. Tali valori servirebbero pertanto solo a quantificare economicamente la quota di ogni impresa. Ne conseguirebbe che tali lavori non potrebbero essere qualificati come operazioni «effettuate a titolo oneroso», né per la quota uguale o inferiore a quella attribuita all’impresa interessata, né per la quota eccedente tale parte.

84 La Commissione ricorda che uno dei limiti della sfera di applicazione dell’IVA, comprensiva di tutti gli stadi della produzione, della distribuzione e delle prestazioni di servizi, è la determinazione del loro carattere oneroso, ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva.

85 I lavori realizzati dall’EDM nell’ambito del consorzio di cui è membro dovrebbero essere considerati attività economica ai sensi della sesta direttiva qualora abbiano, come fine ultimo, la realizzazione di operazioni imponibili effettuate a titolo oneroso.

Giudizio della Corte

86 Occorre ricordare che, ai fini dell’IVA, i lavori effettuati nell’ambito di un consorzio, per conto di quest’ultimo, da ciascuno dei suoi membri, non sono differenti, in linea di principio, da quelli realizzati da un’impresa per conto proprio e devono essere pertanto assoggettati alla stessa disciplina. Infatti, come emerge dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, sono soggette all’IVA solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso. Pertanto, laddove cessioni di beni o prestazioni di servizi non siano effettuate a titolo oneroso per conto di terzi, esse non possono costituire, in linea di principio, operazioni imponibili, ad eccezione, segnatamente, dei casi previsti dall’art. 6, n. 2, primo comma, lett. b), della sesta direttiva.

87 Nella causa principale, dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni sottoposte alla Corte emerge che i lavori effettuati dai membri dei consorzi di cui trattasi e corrispondenti alla quota contrattualmente assegnata a ciascuno di essi non sono retribuiti. Con riguardo a tali lavori, pertanto, non è stata effettuata alcuna operazione imponibile.

88 Pertanto, lavori come quelli oggetto della causa principale, effettuati dai membri di un consorzio conformemente alle clausole di un contratto di consorzio e corrispondenti alla quota assegnata nel contratto medesimo a ciascuno di essi, non costituiscono una cessione di beni o una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva né, di conseguenza, un’operazione imponibile ai sensi di quest’ultima. La circostanza che i detti lavori siano realizzati dal membro gestore del consorzio è irrilevante al riguardo.

89 Per contro, quando il superamento della quota di lavori fissata da tale contratto per un membro del consorzio implichi il pagamento, da parte degli altri membri del consorzio, del corrispettivo per i lavori eccedenti tale quota, questi ultimi costituiscono una cessione di beni ovvero una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva.

90 In tal caso, a termini dell’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, la base imponibile è costituita dall’importo effettivamente percepito dal membro interessato di tale consorzio a titolo di corrispettivo della quota di lavori che eccede la parte prevista dal contratto di consorzio.

91 La seconda questione dev’essere pertanto risolta nel senso che lavori del genere di quelli oggetto della causa principale, effettuati dai membri di un consorzio conformemente alle clausole di un contratto di consorzio e corrispondenti alla quota assegnata in tale contratto a ciascuno di essi, non costituiscono una cessione di beni o una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva né, di conseguenza, un’operazione imponibile ai sensi di quest’ultima. La circostanza che i detti lavori siano realizzati dal membro gestore del consorzio è irrilevante al riguardo. Per contro, quando il superamento della quota di lavori fissata da tale contratto per un membro del consorzio implichi il pagamento, da parte degli altri membri del consorzio, del corrispettivo per i lavori eccedenti tale quota, questi ultimi costituiscono una cessione di beni ovvero una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi della disposizione medesima.


Sulle spese

92 Le spese sostenute dal governo portoghese e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal Central Administrativo con ordinanza 19 dicembre 2000, dichiara:

1)In una fattispecie quale quella di cui alla causa principale:

attività consistenti nella mera vendita di azioni e di altri titoli, come le partecipazioni in fondi di investimento, non costituiscono attività economiche ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, e, pertanto, non rientrano nella sfera di applicazione della direttiva medesima;

operazioni di collocamento di somme di investimento non costituiscono prestazioni di servizi «effettuate a titolo oneroso», ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388, e non sono pertanto neanch’esse comprese nella sfera di applicazione di quest’ultima;

l’importo del fatturato relativo a tali operazioni dev’essere escluso, conseguentemente, dal calcolo del prorata di deduzione di cui agli artt. 17 e 19 della direttiva medesima;

per contro, la concessione annua, da parte di una holding, di prestiti a titolo oneroso alle società partecipate nonché gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, costituiscono attività economiche compiute da un soggetto passivo che agisce in quanto tale ai sensi degli artt. 2, punto 1, e 4, n. 2, della sesta direttiva 77/388;

tuttavia, tali operazioni sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punti 1 e 5, della direttiva medesima;

all’atto del calcolo del prorata di deduzione previsto dagli artt. 17 e 19 della sesta direttiva 77/388, tali operazioni devono essere considerate operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva 77/388 qualora implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’imposta sul valore aggiunto è dovuta; sebbene l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva possa costituire un indizio nel senso che tali operazioni non debbano esere considerate accessorie ai sensi della detta disposizione, la circostanza che redditi superiori a quelli prodotti dall’attività indicata come principale dall’impresa interessata provengano da tali operazioni non può, di per sé sola, escludere la qualificazione di queste ultime quali «operazioni accessorie»;

spetta al giudice del rinvio stabilire se le operazioni in esame nella causa principale implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta e, eventualmente, escludere gli interessi derivanti da tali operazioni dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione.

2)Lavori del genere di quelli oggetto della causa principale, effettuati dai membri di un consorzio conformemente alle clausole di un contratto di consorzio e corrispondenti alla quota assegnata in tale contratto a ciascuno di essi, non costituiscono una cessione di beni o una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388 né, di conseguenza, un’operazione imponibile ai sensi di quest’ultima. La circostanza che i detti lavori siano realizzati dal membro gestore del consorzio è irrilevante al riguardo. Per contro, quando il superamento della quota di lavori fissata da tale contratto per un membro del consorzio implichi il pagamento, da parte degli altri membri del consorzio, del corrispettivo per i lavori eccedenti tale quota, questi ultimi costituiscono una cessione di beni ovvero una prestazione di servizi «effettuate a titolo oneroso» ai sensi della disposizione medesima.

Jann

Timmermans

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 29 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1 – Lingua processuale: il portoghese.