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Causa C-90/02

Finanzamt Gummersbach

contro

Gerhard Bockemühl

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale — Interpretazione dell’art. 18, n. 1, della sesta direttiva IVA — Condizioni per l’esercizio del diritto a deduzione dell’IVA pagata a monte — Destinatario di un servizio di cui all’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva IVA — Offerta di personale effettuata da un soggetto passivo residente all’estero — Beneficiario debitore dell’IVA quale destinatario della prestazione — Possesso obbligatorio di una fattura — Contenuto della fattura»

Massime della sentenza

Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposta sulla cifra d’affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto — Deduzione dell’imposta pagata a monte — Procedura di autofatturazione — Soggetto passivo debitore dell’imposta sul valore aggiunto in quanto destinatario di beni o di servizi — Diritto a deduzione — Presupposti — Possesso di una fattura — Insussistenza

[Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 18, n. 1, lett. d), e 22, n. 3]

Nell’ambito di una procedura di autofatturazione, un soggetto passivo, che sia debitore, in quanto destinatario di servizi, della relativa imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 21, punto 1, della sesta direttiva 77/388, nella sua versione risultante dalle direttive 91/680 e 92/111, non è tenuto ad essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della detta direttiva per poter esercitare il suo diritto e deduzione.

Infatti, per quanto riguarda le modalità di esercizio del diritto a deduzione in una procedura di autofatturazione, è loro applicabile solo l’art. 18, n. 1, lett. d), della direttiva ai sensi del quale il destinatario debitore deve unicamente assolvere le formalità quali stabilite dallo Stato membro interessato. Se è vero, al riguardo, che gli Stati membri devono esercitare la facoltà di stabilire tali formalità conformemente a uno degli scopi perseguiti dalla direttiva, ossia quello di garantire la riscossione dell’imposta ed il suo controllo da parte dell’amministrazione tributaria, e che una fattura assolve certamente un compito documentale importante in quanto può contenere dati verificabili, tale facoltà può esercitarsi solo se l’imposizione delle dette formalità, per il numero e per il tecnicismo delle medesime, non rende praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a deduzione.

Ora, il fatto che l’amministrazione tributaria, che dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto destinatario della prestazione di cui trattasi, è debitore dell’imposta, richieda come condizione supplementare per l’esercizio del diritto a deduzione che lo stesso sia in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della direttiva avrebbe come conseguenza che un soggetto passivo, da un lato, sarebbe debitore, in quanto destinatario di servizi, dell’imposta in questione, rischiando, dall’altro, di non poter dedurre la detta imposta.

(v. puntoi 47, 49, 51-53 e dispositivo)




SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
1° aprile 2004(1)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Interpretazione dell'art. 18, n. 1, della sesta direttiva IVA – Condizioni per l'esercizio del diritto a deduzione dell'IVA pagata a monte – Destinatario di un servizio di cui all'art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva IVA – Offerta di personale effettuata da un soggetto passivo residente all'estero – Beneficiario debitore dell'IVA quale destinatario della prestazione – Possesso obbligatorio di una fattura – Contenuto della fattura»

Nel procedimento C-90/02,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Finanzamt Gummersbach

e

Gerhard Bockemühl,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 18, n. 1, e 22, n. 3, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalle direttive del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388 (GU L 376, pag. 1), e 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, che modifica la direttiva 77/388 in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione (GU L 384, pag. 47),

LA CORTE (Quinta Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. A. Rosas e S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. F. G. Jacobs
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

– per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e M. Lumma, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti, assistiti dal sig. A. Böhlke, Rechtsanwalt,

sentite le osservazioni orali del Finanzamt Gummersbach, rappresentato dal sig. F. Fürst, in qualità di agente, del sig. Bockemühl, rappresentato dai sigg. J.A. Nohl e C. Hesener, Steuerberater, e della Commissione, rappresentata dal sig. K. Gross, assistito dal sig. A. Böhlke, all'udienza dell'11 settembre 2003,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 23 ottobre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1 Con ordinanza 22 novembre 2001, pervenuta in cancelleria alla Corte il 15 marzo 2002, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali relative all’interpretazione degli artt. 18, n. 1, e 22, n. 3, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalle direttive del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388 (GU L 376, pag. 1), e 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, che modifica la direttiva 77/388 in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione (GU L 384, pag. 47; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra il Finanzamt (Ufficio delle imposte) Gummersbach (in prosieguo: il «Finanzamt») e il sig. Bockemühl in merito al rifiuto, opposto a quest’ultimo dal Finanzamt, di dedurre l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») relativa a servizi che gli erano stati prestati. Esse riguardano, sostanzialmente, le condizioni necessarie per poter esercitare il diritto a deduzione, previste dall’art. 18, n. 1, della sesta direttiva, nel caso in cui il soggetto passivo interessato sia lui stesso debitore di tale imposta per il fatto che il prestatore dei servizi in questione è residente fuori del paese di cui trattasi.


Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 L’art. 2, n. 1, della sesta direttiva dispone che sono soggette all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

4 Per quanto riguarda le prestazioni di servizi, il luogo dell’operazione imponibile è determinato ai sensi dell’art. 9 di tale direttiva, il quale dispone, al n. 1, che si considera tale il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale. Tuttavia, in deroga a detta norma, lo stesso articolo prevede, al n. 2, che:

«a)il luogo delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile, incluse le prestazioni di agente immobiliare e di perito, nonché le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori immobiliari come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è quello dove il bene è situato;

(…)

e)il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

(…)

messa a disposizione di personale;

(…)».

5 Quanto al diritto a deduzione, l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva dispone quanto segue:

«Nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno forniti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo debitore dell’imposta all’interno del paese;

(…)».

6 L’art. 18 della stessa direttiva, relativo alle modalità di esercizio del diritto a deduzione, è formulato come segue:

«1.Per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve:

a)per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3;

b)per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera b), essere in possesso di un documento che lo indichi quale destinatario o importatore e che menzioni l’ammontare dell’imposta dovuta o ne consenta il calcolo;

c)per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), assolvere le formalità stabilite da ogni Stato membro;

d)quando è tenuto al pagamento dell’imposta quale acquirente o destinatario, in caso d’applicazione dell’articolo 21, [punto] 1, assolvere le formalità fissate da ogni Stato membro;

(…)

3.       Gli Stati membri fissano le condizioni e le modalità secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una deduzione cui non ha proceduto conformemente alle disposizioni dei paragrafi 1 e 2.

(…)».

7 In merito ai debitori dell’IVA, l’art. 21, punto 1, lett. a), primo comma, della sesta direttiva prevede che l’IVA è dovuta in regime interno dai soggetti passivi che eseguono una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, diversa dalle prestazioni di servizi di cui allo stesso articolo, lett. b). Tuttavia, l’art. 21, punto 1, lett. a), secondo e terzo comma, della sesta direttiva così dispone:

«Quando la cessione dei beni o la prestazione di servizi imponibile è effettuata da un soggetto passivo non residente all’interno del paese, gli Stati membri possono prendere disposizioni intese a stabilire che l’imposta sia dovuta da una persona diversa. A tale scopo possono in particolare essere designati un rappresentante fiscale o il destinatario della cessione dei beni o della prestazione di servizi.

Tuttavia, l’imposta è dovuta dal destinatario della cessione di beni qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

(…)

la fattura rilasciata dal soggetto passivo non residente all’interno del paese sia conforme all’articolo 22, paragrafo 3.

(…)».

8 Ai sensi dell’art. 21, punto 1, lett. b), della sesta direttiva, l’IVA è dovuta dal destinatario di un servizio di cui all’art. 9, n. 2, lett. e), della medesima direttiva quando il servizio è prestato da un soggetto passivo residente all’estero.

9 Lo stesso art. 21, punto 1, lett. c), dispone che l’IVA è dovuta da chiunque la indichi in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci.

10 L’art. 22, n. 3, della sesta direttiva così dispone:

«3.a)
Ogni soggetto passivo deve emettere fattura, o altro documento equivalente, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che effettua per conto di un altro soggetto passivo o di un ente che non è soggetto passivo. (…)

b)La fattura deve indicare distintamente il prezzo al netto dell’imposta e l’imposta corrispondente per ogni aliquota diversa nonché, se del caso, l’esenzione.

(…)

c)Gli Stati membri stabiliscono i criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura.

(…)».

La normativa nazionale

11 Conformemente all’art. 21, punto 1, della sesta direttiva, la Repubblica federale di Germania ha previsto, all’art. 51 della Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung 1993 (regolamento di esecuzione 1993 della legge relativa all’IVA, BGBl. 1993 I, pag. 565; in prosieguo: l’«UStDV 1993»), quanto segue:

«(1)   Per le seguenti operazioni imponibili il destinatario del servizio deve trattenere l’imposta sulla controprestazione e versarla all’ufficio delle imposte competente:

1.       prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’opera o di altro tipo forniti da un imprenditore stabilito all’estero;

(…).

(3)     Per imprenditore stabilito all’estero si intende l’imprenditore che non ha domicilio, sede, direzione o filiale nel territorio nazionale o in una zona franca. Decisivo al fine di tale determinazione è il momento in cui viene fornita la controprestazione. Qualora non sia chiaro se l’imprenditore si trovi o meno nella situazione descritta, il destinatario del servizio può omettere di trattenere l’imposta e di versarla solo quando il prestatore del servizio gli provi, sulla base di una certificazione rilasciatagli in conformità con la normativa fiscale dall’ufficio delle imposte competente, di non essere un imprenditore ai sensi della prima frase del presente numero.

(4)     Per controprestazione ai sensi del n. 1 si intende il corrispettivo comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto».

12 Tuttavia, l’art. 52, nn. 2 e 3, dell’UStDV 1993 ha previsto alcune deroghe agli obblighi di cui all’art. 51:

«(2)   Il destinatario del servizio non è obbligato a trattenere e a versare l’imposta per la prestazione dell’imprenditore:

1.quando l’imprenditore non gli ha rilasciato una fattura con indicazione separata dell’imposta e

2.quando, in caso di indicazione separata dell’imposta, il destinatario del servizio può operare una deduzione integrale anticipata con riferimento a tale imposta.

(3)     Affinché la condizione di cui al n. 2, punto 2, sia soddisfatta, non è necessario che l’imprenditore prestatore sia autorizzato ad indicare separatamente l’imposta in fattura.

(…)».


Causa principale e questioni pregiudiziali

13 Il sig. Bockemühl gestisce un’impresa edile che opera in Germania. Nel corso dell’esercizio in questione egli aveva impiegato alcuni operai inglesi messigli a disposizione da una società che utilizzava il nome di «Jaylink Bau Ltd Building Contractors». Detta società aveva un recapito nei Paesi Bassi.

14 I lavori eseguiti da detti operai inglesi venivano fatturati al sig. Bockemühl dalla società in questione e le fatture riportavano una partita IVA inglese. Sulle fatture era menzionato un primo indirizzo londinese per il periodo compreso tra il 14 dicembre 1994 e il 22 marzo 1995, mentre su quelle relative al periodo compreso tra il 29 marzo 1995 e il 19 luglio 1995 era riportato un altro indirizzo londinese. Del resto, le dette fatture qualificavano la prestazione fatturata come lavori, mentre si trattava, in realtà, di fornitura di manodopera.

15 Secondo quanto risulta dalle indagini del Bundesamt für Finanzen (Ufficio federale delle imposte), esisterebbe una società denominata «Jaylink Building Contractors Ltd», iscritta in data 21 maggio 1992 nel registro britannico delle imprese e con sede all’indirizzo menzionato sulle prime fatture. Tale società non figurerebbe nell’elenco telefonico locale.

16 Le fatture non facevano alcun riferimento all’IVA ma menzionavano invece la nota «Nullregelung Par. 52 UStDV vereinbart» (esenzione pattuita ex art. 52 dell’UStDV). Tuttavia, a seguito di un’ispezione della contabilità, il Finanzamt giungeva alla conclusione che le prestazioni fatturate erano state effettuate non dalla società menzionata nelle fatture, bensì da una terza impresa sconosciuta. Di conseguenza, lo stesso ufficio dichiarava, con avviso di accertamento 23 agosto 1996, che il sig. Bockemühl, quale destinatario dei servizi, era tenuto a pagare l’IVA, pari a 17 219,17 marchi tedeschi (DEM), sulle operazioni imponibili in questione.

17 A seguito di un ricorso proposto dal sig. Bockemühl, il Finanzgericht Köln (Giudice tributario di Colonia) (Germania) annullava il detto avviso, nonché la relativa decisione di opposizione 27 marzo 1997, dichiarando che non sussisteva «alcun ragionevole dubbio sul fatto che l’impresa fatturante e l’impresa esecutrice delle prestazioni fossero il medesimo soggetto».

18 Il Finanzamt impugnava la sentenza per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof sostenendo che i presupposti per l’applicazione della norma sull’«esenzione», prevista dall’art. 52, n. 2, punto 2, dell’UStDV 1993, non erano stati soddisfatti in quanto, a suo avviso, l’identità del prestatore era dubbia. Di conseguenza, il sig. Bockemühl sarebbe stato debitore in solido dell’imposta.

19 Secondo l’ordinanza di rinvio, il sistema di trattenuta alla fonte previsto dagli artt. 51 e segg. dell’UStDV 1993 è stato sostituito, dal 1° gennaio 2002, da una procedura che prevede che il destinatario della prestazione sia debitore d’imposta, poiché il detto sistema di trattenuta alla fonte non era conforme alle disposizioni comunitarie. Tuttavia, il giudice del rinvio afferma che i detti articoli dell’UStDV 1993 restano applicabili per l’anno controverso purché interpretati in conformità alle norme del diritto comunitario.

20 Alla luce di ciò, al fine di ottenere un’applicazione delle disposizioni nazionali rilevanti conforme alla sesta direttiva, il giudice del rinvio rileva che le prestazioni di servizi in questione sono state fornite da un soggetto passivo residente all’estero e che il luogo delle prestazioni, sia ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, che si applica alle prestazioni di servizi relative a un bene immobile, sia ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), della stessa direttiva, che concerne l’offerta di personale, era situato in Germania. Ai sensi di quest’ultima disposizione, la Repubblica federale di Germania sarebbe tenuta, in osservanza dell’art. 21, punto 1, lett. b), della sesta direttiva, a considerare il sig. Bockemühl, quale destinatario della prestazione, debitore dell’IVA.

21 Per quanto riguarda il diritto a deduzione, previsto dall’art. 52, n. 2, punto 2, dell’UStDV 1993, il giudice del rinvio è del parere che il sig. Bockemühl, essendosi avvalso delle prestazioni in questione ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, dovrebbe essere autorizzato a dedurre l’IVA a monte, conformemente all’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Tuttavia, poiché nutre dubbi in merito alle condizioni che rendono possibile l’esercizio del diritto a deduzione, esso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le tre questioni pregiudiziali seguenti:

«1)Se il destinatario di prestazioni di servizi, che secondo l’art. 21, punto 1, della direttiva 77/388/CEE è debitore d’imposta e come tale è tenuto a versarla, debba essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della stessa direttiva per poter esercitare il diritto a deduzione di cui all’art. 18, n. 1, lett. a), della direttiva 77/388.

2)In caso di soluzione affermativa della prima questione, quali dati debbano comparire sulla fattura e se abbia qualche conseguenza negativa l’avere indicato come oggetto della prestazione, anziché l’offerta di personale, l’opera edificata grazie al personale messo a disposizione.

3)Quali conseguenze giuridiche comporti l’impossibilità di stabilire con certezza se sia il fatturante ad avere eseguito la prestazione fatturata».


Sulla prima e sulla seconda questione

22 Mediante la prima e la seconda questione, che si devono trattare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in primo luogo se, nell’ambito di una situazione detta di «autofatturazione», il diritto a deduzione di un soggetto passivo che, in quanto destinatario di servizi, è debitore dell’IVA corrispondente possa essere esercitato solo se il detto soggetto passivo è in possesso di una fattura redatta conformemente all’art. 22, n. 3, della sesta direttiva. In caso di soluzione affermativa di tale questione, esso chiede, in secondo luogo, che sia precisato quali dati devono figurare sulla detta fattura e, in particolare, se debbano essere specificati l’importo dell’IVA nonché il nome e l’indirizzo del prestatore dei servizi e se una designazione erronea dei servizi comporti conseguenze giuridiche relative all’esistenza del diritto a deduzione.

Osservazioni presentate alla Corte

23 Secondo il governo tedesco e la Commissione delle Comunità europee, gli unici ad aver presentato osservazioni scritte, l’applicabilità dell’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva al caso di specie è incontestabile. Entrambi sottolineano la natura esplicita dell’obbligo previsto da tale disposizione, ossia essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva, obbligo che, a loro avviso, non ammette deroghe.

24 Secondo il governo tedesco, anche qualora il destinatario della prestazione sia esso stesso debitore dell’IVA, la detta autofatturazione a carico del destinatario della prestazione costituisce solo un modo diverso di riscuotere l’IVA e non può avere alcun effetto sulle condizioni necessarie per avere diritto alla deduzione.

25 La Commissione rileva, inoltre, che tale soluzione è conforme alla logica dell’art. 21, punto 1, della sesta direttiva. Infatti, quest’ultima disposizione richiederebbe che, per quanto riguarda le cessioni di beni da parte di un soggetto passivo non residente all’interno del paese, l’IVA è dovuta dal destinatario solo se la fattura è conforme all’art. 22, n. 3, della sesta direttiva.

26 La Commissione fa valere, per di più, le modifiche apportate successivamente dalla direttiva del Consiglio 20 dicembre 2001, 2001/115/CE, che modifica la direttiva 77/388 al fine di semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 15, pag. 24). Essa sottolinea che la nuova formulazione dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva precisa che, in caso di esenzione o quando il cliente è debitore dell’IVA, la fattura deve fare riferimento all’apposita disposizione della sesta direttiva o alla disposizione nazionale corrispondente o riportare altre informazioni che indichino che la cessione è esonerata o soggetta alla procedura di autofatturazione.

27 D’altra parte, il governo tedesco osserva che, dal punto di vista dell’amministrazione tributaria, la fattura assolve un compito documentale fondamentale, in quanto contiene dati verificabili che consentono di stabilire fino a che importo l’IVA dovuta a monte possa essere dedotta quando lo Stato membro ha previsto, per determinate prestazioni, alcune deroghe al diritto a deduzione.

28 In risposta ad un quesito formulato per iscritto dalla Corte, sia il Finanzamt sia il governo tedesco e la Commissione hanno affermato che le disposizioni di cui all’art. 18, n. 1, lett. a) e d), della sesta direttiva si applicano cumulativamente, di modo che, in caso di autofatturazione, il soggetto passivo deve assolvere le formalità supplementari fissate dagli Stati membri nell’ambito dell’esercizio della facoltà di scelta offerta loro dall’art. 18, n. 1, lett. d), della detta direttiva. Pertanto, quest’ultima disposizione non consentirebbe agli Stati membri di adottare deroghe tali da rendere meno restrittive le condizioni previste dall’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.

29 In ogni caso, la Commissione rileva che l’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva rinvia espressamente all’applicazione dell’art. 21, punto 1, della stessa, ai sensi del quale l’autofatturazione è subordinata alla condizione che «la fattura rilasciata dal soggetto passivo non residente all’interno del paese sia conforme all’articolo 22, paragrafo 3». In tal modo, l’art. 18, n. 1, lett. d), manterrebbe invariato il requisito relativo al possesso di una fattura.

30 Per quanto riguarda la questione se la fattura debba indicare l’importo dell’IVA in questione, sia il governo tedesco sia la Commissione rilevano che tanto il senso quanto lo scopo dell’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva depongono a favore di una soluzione secondo cui, qualora il destinatario della prestazione sia anche debitore d’imposta, occorre interpretare lo stesso articolo in maniera restrittiva e rinunciare al requisito di un’indicazione separata dell’IVA.

31 Il governo tedesco deduce vari motivi a sostegno di tale argomento. In primo luogo, lo stesso destinatario della prestazione, quale debitore d’imposta, dovrebbe calcolare lui stesso l’importo dell’IVA che è tenuto a pagare, senza essere obbligato a ricorrere ai dati corrispondenti riportati sulla fattura redatta dall’impresa che ha fornito la prestazione. In secondo luogo, in caso di indicazione separata dell’IVA, il fornitore, ai sensi dell’art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva, sarebbe debitore dell’IVA, oltre al destinatario della prestazione, il che sarebbe incompatibile con lo spirito della sesta direttiva. In terzo luogo, facendo riferimento al tenore dell’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, come modificato dalla direttiva 2001/115, il governo tedesco osserva che il sistema così istituito contiene norme che rendono superflua ogni indicazione distinta dell’importo dell’IVA.

32 Secondo la Commissione, andrebbe rilevato che l’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva si applica sia ai casi di autofatturazione sia ai casi di esenzione. Se così non fosse, il soggetto che emette la fattura sarebbe tenuto a corrispondere l’IVA per il solo fatto di averla indicata nella fattura, ai sensi dell’art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva, mentre il destinatario della prestazione non potrebbe far valere il suo diritto a deduzione per la detta imposta. Per tale motivo, la Commissione afferma che, se il destinatario della prestazione è debitore dell’IVA, è sufficiente indicare tale circostanza sulla fattura o inserirvi un rinvio alla disposizione che prevede ciò.

33 Quanto al nome e all’indirizzo del prestatore, il governo tedesco fa anzitutto riferimento alle sentenze della Corte 14 luglio 1988, cause riunite 123/87 e 330/87, Jeunehomme e EGI (Racc. pag. 4517, punto 17), e 17 settembre 1997, causa C-141/96, Langhorst (Racc. pag. I-5073, punto 17). Esso rileva che, se l’art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva e la giurisprudenza della Corte non impongono agli Stati membri l’obbligo di richiedere tali indicazioni, gli stessi hanno nondimeno la facoltà di richiedere indicazioni supplementari.

34 La Commissione rileva che la necessità che la fattura consenta l’identificazione del soggetto passivo, con il nome e l’indirizzo dello stesso, nonché quella dell’operazione in questione risulta dalla sentenza 13 dicembre 1989, causa C-342/87, Genius Holding (Racc. pag. 4227), la quale, a suo avviso, presuppone il potere di controllare l’effettiva esistenza dell’operazione imponibile.

35 Per quanto riguarda l’indicazione della natura della prestazione, il governo tedesco rileva che gli Stati membri devono essere in condizioni di richiedere che essa sia specificata sulla fattura in maniera precisa, al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e di evitare frodi.

36 Secondo la Commissione, dato che la fattura rappresenta il mezzo fondamentale per controllare la corretta applicazione dell’IVA, la descrizione dell’operazione fatturata dev’essere pertanto sufficientemente precisa per consentire di individuare il tipo di prestazione di cui trattasi, di accertare se la detta operazione è imponibile e di determinare il luogo in cui è stata effettuata e, eventualmente, l’identità del soggetto passivo.

Soluzione della Corte

37 Anzitutto, come osserva l’avvocato generale al paragrafo 37 delle conclusioni, un soggetto passivo debitore dell’IVA quale destinatario di beni o servizi può far valere il diritto a deduzione di cui all’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Tale posizione è confermata dalle modifiche ulteriori apportate alla detta disposizione dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, che modifica la direttiva 77/388 e introduce nuove misure di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto – Campo di applicazione delle esenzioni e relative modalità pratiche di applicazione (GU L 102, pag. 18), che hanno eliminato le divergenze esistenti in proposito tra le varie versioni linguistiche.

38 Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, il diritto a deduzione previsto dall’art. 17 della sesta direttiva costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Esso va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v., in particolare, sentenze 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 18, e 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 43).

39 Il sistema delle deduzioni è diretto a esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dagli scopi o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette a IVA (v., in particolare, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman, Racc. pag. 655, punto 19; 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal, Racc. pag. I-1, punto 15, e Gabalfrisa e a., cit., punto 44).

40 Quanto alle condizioni di esercizio del diritto a deduzione, l’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva prevede come regola generale che, per la deduzione di cui all’art. 17, n. 2, lett. a), della detta direttiva, il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della medesima.

41 Tuttavia, nel caso in cui, conformemente all’art. 21, punto 1, della sesta direttiva, debitore dell’IVA sia il destinatario di servizi, l’art. 18, n. 1, lett. d), della stessa direttiva dispone che quest’ultimo assolva le formalità fissate da ogni Stato membro.

42 A tale proposito, va rilevato che dall’ordinanza di rinvio si evince che, nel caso di specie, il sig. Bockemühl è legittimato, in linea di principio, ad esercitare il diritto a deduzione quale debitore dell’IVA, ma non è in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva.

43 Alla luce di ciò, occorre verificare se, in un caso di autofatturazione come quello in questione, siano applicabili solo le disposizioni dell’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva oppure, come fanno valere il governo tedesco, il Finanzamt e la Commissione, anche l’art. 18, n. 1, lett. a), della stessa direttiva.

44 A tale proposito va osservato, in primo luogo, che l’art. 22, n. 3, della sesta direttiva, nella versione applicabile all’epoca dei fatti, non riguardava espressamente la procedura di autofatturazione. Come hanno dimostrato il governo tedesco e la Commissione nelle loro osservazioni, l’applicazione di tale disposizione nell’ambito della detta procedura solleverebbe difficoltà d’interpretazione relative, in particolare, alla disposizione concernente l’indicazione dell’importo dell’IVA come previa condizione per l’esercizio del diritto a deduzione (v. punti 30-32 della presente sentenza). D’altronde, anche se le modifiche apportate all’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva dalla direttiva 2001/115 menzionano la procedura di autofatturazione, come è stato affermato al punto 26 della presente sentenza, ciò non toglie che l’art. 22 della sesta direttiva, relativo all’obbligo di fatturazione, non riguarda le condizioni che rendono possibile l’esercizio del diritto a deduzione in quanto tali.

45 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Commissione vertente sul sistema dell’art. 21, punto 1, lett. a), terzo trattino, della sesta direttiva nella parte in cui quest’ultima disposizione prevede, per le cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo non residente all’interno del paese, che l’IVA sia dovuta dal destinatario solo qualora la fattura sia conforme all’art. 22, n. 3, della sesta direttiva, va osservato che l’art. 21, punto 1, lett. a), terzo trattino, della sesta direttiva si limita a elencare le condizioni che devono essere soddisfatte affinché il destinatario di una cessione di beni possa essere designato debitore dell’IVA.

46 È per una ragione analoga che, in terzo luogo, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui l’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva sembra mantenere invariato il requisito relativo al possesso di una fattura, in quanto il detto articolo rinvia espressamente all’applicazione dell’art. 21, punto 1, della stessa direttiva e tale punto 1, lett. a), terzo trattino, richiede come condizione per l’autofatturazione che «la fattura rilasciata dal soggetto passivo non residente all’interno del paese sia conforme all’articolo 22, paragrafo 3». Infatti, come è stato osservato al punto precedente della presente sentenza, l’art. 21, punto 1, lett. a), terzo trattino, della sesta direttiva si limita a elencare le condizioni che devono essere soddisfatte affinché il destinatario di una cessione di beni possa essere designato debitore dell’IVA.

47 Va quindi rilevato che le disposizioni dell’art. 18, n. 1, lett. a) e d), della sesta direttiva devono essere interpretate nel senso che solo l’art. 18, n. 1, lett. d), è applicabile alla procedura di autofatturazione come quella in esame. Pertanto, un soggetto passivo che, quale destinatario di servizi, è debitore dell’IVA corrispondente non è tenuto ad essere in possesso di una fattura redatta conformemente all’art. 22, n. 3, della sesta direttiva per poter esercitare il suo diritto a deduzione e deve unicamente assolvere le formalità stabilite dallo Stato membro interessato nell’esercizio della facoltà di scelta offerta allo stesso dall’art. 18, n. 1, lett. d), della stessa direttiva.

48 Del resto, la detta interpretazione è corroborata dal tenore dell’art. 18, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, il quale, in termini identici a quelli dello stesso art. 18, n. 1, lett. d), impone la condizione che il soggetto passivo assolva le formalità fissate da ogni Stato membro. La prima disposizione si applica a situazioni relative all’ipotesi di destinazione ad uso proprio, in cui è logico che il diritto a deduzione non sia subordinato all’obbligo di essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva.

49 Per quanto riguarda l’esercizio della facoltà di scelta offerta dall’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva, benché la detta disposizione consenta agli Stati membri di stabilire le formalità relative all’esercizio del diritto a deduzione in caso di autofatturazione, ciò non toglie che tale facoltà dev’essere esercitata conformemente a uno degli scopi perseguiti dalla sesta direttiva, ossia quello di garantire la riscossione dell’IVA ed il suo controllo da parte dell’amministrazione tributaria [v., riguardo all’art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva, sentenza Langhorst, cit., punto 17]. Peraltro, la detta facoltà può esercitarsi solo se l’imposizione di tali formalità, per il numero e per il tecnicismo delle medesime, non rende praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a deduzione [v., in merito all’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, in combinato disposto con l’art. 18, n. 1, lett. a), della stessa direttiva, sentenza Jeunehomme, cit., punto 17].

50 Pertanto, per quanto riguarda l’art. 18, n. 1, lett. d), della sesta direttiva, l’imposizione e la portata delle formalità da assolvere al fine di poter esercitare il diritto a deduzione non dovrebbero oltrepassare quanto è strettamente necessario per controllare la corretta applicazione della procedura di autofatturazione in questione.

51 Alla luce di ciò, una fattura assolve certamente un compito documentale importante, in quanto può contenere dati verificabili. Tuttavia, in caso di autofatturazione, è proprio sulla base di dati verificabili che il soggetto passivo, destinatario di beni o servizi, avrebbe dovuto essere giudicato debitore dell’IVA, e per quale importo. Poiché l’amministrazione tributaria dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto destinatario della prestazione di cui trattasi, è debitore dell’IVA, essa non può imporre, riguardo al diritto di tale soggetto passivo di dedurre la stessa IVA, condizioni supplementari che possono avere l’effetto di vanificare l’esercizio dello stesso.

52 Pertanto, qualora un soggetto passivo, quale destinatario di servizi, sia dichiarato debitore dell’IVA corrispondente, l’amministrazione tributaria non può richiedere come condizione supplementare per l’esercizio del diritto a deduzione che lo stesso sia in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva. Infatti, in conseguenza di un tale requisito il soggetto passivo, da un lato, sarebbe debitore, in quanto destinatario di servizi, dell’IVA in questione, rischiando, dall’altro, di non poter dedurre la detta imposta.

53 Alla luce delle considerazioni che precedono, la prima questione va risolta dichiarando che, nell’ambito di una procedura di autofatturazione, un soggetto passivo che, in quanto destinatario di servizi, sia debitore dell’IVA corrispondente ai sensi dell’art. 21, punto 1, della sesta direttiva non è tenuto ad essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva per poter esercitare il suo diritto a deduzione.

54 Vista la soluzione data alla prima questione, non occorre risolvere la seconda questione.


Sulla terza questione

55 Vista la soluzione data alla prima questione, non occorre risolvere la terza questione.


Sulle spese

56 Le spese sostenute dal governo tedesco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesfinanzhof con ordinanza 22 novembre 2001, dichiara:

Un soggetto passivo che, in quanto destinatario di servizi, sia debitore dell’imposta sul valore aggiunto corrispondente ai sensi dell’art. 21, punto 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalle direttive del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388, e 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, che modifica la direttiva 77/388 in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione, non è tenuto ad essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, di tale direttiva per poter esercitare il suo diritto a deduzione.

Jann

Rosas

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'1° aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1 – Lingua processuale: il tedesco.