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Arrêt de la Cour

Causa C-315/02

Anneliese Lenz

contro

Finanzlandesdirektion für Tirol

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]

«Libera circolazione dei capitali — Imposta sui redditi da capitale — Redditi da capitale d’origine austriaca: aliquota d’imposta del 25% con effetto liberatorio o aliquota dimezzata rispetto all’aliquota media applicabile ai redditi complessivi — Redditi da capitale originari di un altro Stato membro: aliquota normale d’imposta»

Massime della sentenza

Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Imposizione dei redditi da capitale — Imposta liberatoria con aliquota del 25% o imposta ordinaria con aliquota dimezzata — Limitazione ai redditi da capitale d’origine nazionale — Assoggettamento dei redditi da capitale di origine straniera all’imposta ordinaria senza riduzione — Inammissibilità — Giustificazione — Insussistenza

[Trattato CE, artt. 73 B e 73 D, nn. 1 e 3 (divenuti artt. 56 CE e 58, nn. 1 e 3, CE)]

Gli artt. 73 B e 73 D, nn. 1 e 3, del Trattato (divenuti, rispettivamente, artt. 56 CE e 58, nn. 1 e 3, CE) ostano ad una normativa di uno Stato membro che consente ai soli titolari di redditi da capitale di origine nazionale di scegliere tra l’imposta a carattere liberatorio all’aliquota del 25% e l’imposta ordinaria sul reddito con applicazione di un’aliquota dimezzata, mentre prevede che i capitali originari di un altro Stato membro siano obbligatoriamente assoggettati all’imposta ordinaria sul reddito senza riduzioni di aliquota.

Siffatta normativa tributaria costituisce una restrizione vietata della libera circolazione dei capitali in quanto ha l’effetto di dissuadere i contribuenti residenti nello Stato membro considerato dall’investire i loro capitali in società aventi sede in un altro Stato membro; essa produce anche un effetto restrittivo nei riguardi delle società stabilite in altri Stati membri in quanto crea, nei loro confronti, un ostacolo alla raccolta di capitali nello Stato membro considerato.

Tale normativa non può essere giustificata da una differenza di situazione obiettiva tale da dare fondamento a una differenza di trattamento fiscale, in conformità all’art. 73 D, n. 1, lett. a), del Trattato. Infatti, rispetto ad una norma tributaria che mira ad attenuare gli effetti sul piano economico di una doppia imposizione – imposta sulle società indi imposta sul reddito – degli utili distribuiti dalla società a favore della quale viene realizzato l’investimento, gli azionisti soggetti in modo illimitato all’imposta nello Stato membro considerato che percepiscono redditi da capitale da una società avente sede in un altro Stato membro si trovano in una situazione paragonabile a quella di azionisti del pari soggetti in modo illimitato all’imposta nello Stato membro di cui trattasi, ma che percepiscono redditi da capitale da una società avente sede in questo stesso Stato membro.

Peraltro, giacché non sussiste un nesso diretto tra l’ottenimento dei vantaggi fiscali in questione di cui fruiscono i contribuenti residenti nello Stato membro considerato per i loro redditi da capitale di origine nazionale e la tassazione degli utili delle società a titolo d’imposta sulle società, costituendo inoltre l’imposta sui redditi delle persone fisiche e l’imposta sulle società due imposte distinte che gravano su contribuenti distinti, e alla luce del fatto che la finalità perseguita, e cioè l’attenuazione di una doppia imposizione, non sarebbe affatto pregiudicata ove si facessero fruire della detta normativa tributaria anche i titolari di redditi da capitale originari di un altro Stato membro, siffatta normativa non può essere giustificata dalla necessità di salvaguardare la coerenza del regime fiscale di cui trattasi.

Inoltre, non sussistendo tale nesso, il diniego di concedere ai titolari di redditi da capitale originari di un altro Stato membro i detti vantaggi fiscali non può essere giustificato dal fatto che il reddito delle società aventi sede in un altro Stato membro sia ivi soggetto ad una tassazione poco elevata. Un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere del resto giustificato dall’esistenza di altri vantaggi fiscali, anche supponendo che tali vantaggi esistano.

Quanto alla riduzione di introiti fiscali, essa non può considerarsi ragione imperativa di interesse generale invocabile per giustificare un provvedimento in linea di principio incompatibile con una libertà fondamentale.

(v. punti 20-22, 28, 31-32, 34-36, 38, 40, 42-43, 49, dispositivo 1-2)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
15 luglio 2004(1)

«Libera circolazione dei capitali – Imposta sui redditi da capitale – Redditi da capitale d'origine austriaca: aliquota d'imposta del 25% con effetto liberatorio o aliquota dimezzata rispetto all'aliquota media applicabile ai redditi complessivi – Redditi da capitale originari di un altro Stato membro: aliquota normale d'imposta»

Nel procedimento C-315/02,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Verwaltungsgerichtshof (Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Anneliese Lenz

e

Finanzlandesdirektion für Tirol,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti artt. 56 CE e 58 CE),

LA CORTE (Prima Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. A. Rosas e S. von Bahr, dalla sig.ra  R. Silva de Lapuerta e dal sig. K. Lenaerts (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

– per la sig.ra  A. Lenz, dai sigg. C. Huber e R. Leitner, Wirtschaftsprüfer e Steuerberater;

– per il governo austriaco, dalla sig.ra H. Dossi, in qualità di agente;

– per il governo danese, dal sig. J. Molde, in qualità di agente;

– per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e P. Boussaroque, in qualità di agenti;

– per il governo del Regno Unito, dal sig. K. Manji, in qualità di agente, assistito dall'avv. M. Hoskins, barrister;

– per la Commissione delle Communità europee, dai sigg. K. Gross e R. Lyal, in qualità di agenti,

sentite le osservazioni orali della sig.ra A. Lenz, rappresentata dai sigg. R. Leitner e G. Toifl, Steuerberater, del governo austriaco, rappresentato dal sig. J. Bauer, in qualità di agente, del governo del Regno Unito, rappresentato dall'avv. M. Hoskins, e della Commissione, rappresentata dai sigg. K. Gross e R. Lyal, all'udienza del 29 gennaio 2004,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 marzo 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1 Con ordinanza 27 agosto 2002, pervenuta in cancelleria il 6 settembre successivo, il Verwaltungsgerichtshof ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli artt. 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, artt. 56 CE e 58 CE).

2 Tali questioni sono state sollevate nel corso di un procedimento avviato dinanzi al suddetto giudice dalla sig.ra Lenz e nel cui ambito del quale quest’ultima ha contestato la compatibilità con il diritto comunitario della normativa tributaria austriaca relativa all’imposta sui redditi da capitale.


Contesto normativo

3 Il sistema tributario austriaco prevede la tassazione dei redditi delle società aventi sede in Austria a due livelli: quello della società, sugli utili che essa produce, all’aliquota fissa del 34%, e quello dell’azionariato, sui redditi da capitale, e cioè i dividendi e gli altri utili distribuiti dalla società.

4 Per quanto riguarda la tassazione degli azionisti, la disciplina applicabile differisce a seconda che si tratti di redditi di origine austriaca o straniera.

La tassazione dei redditi da capitale di origine austriaca

5 Ai termini dell’art. 93, n. 2, dell’Einkommensteuergesetz 1988 (legge del 1988 relativa all’imposta sul reddito, BGBl. 1988/400, in prosieguo: l’«EStG»): «i redditi da capitale sono considerati nazionali quando l’erogatore di tali redditi possiede la propria residenza, la propria direzione o la propria sede sul territorio nazionale ovvero quando costituisca una filiale, sul territorio nazionale, di un istituto di credito (…)» (versione pubblicata nel BGBl. 1996/201).

6 L’art. 93, n. 1, dell’EStG (versione pubblicata nel BGBl. 1996/201) dispone che, «per quanto riguarda i redditi da capitale di origine austriaca (…) l’imposta sul reddito viene prelevata tramite una ritenuta sui redditi da capitale (“Kapitalertragsteuer”)», che è pari, ai sensi dell’art. 95, n. 1, dell’EStG, al 25%.

7 L’art. 97, n. 1, dell’EStG (versione pubblicata nel BGBl. 1996/797) prevede che l’imposta sui redditi da capitale «viene considerata versata in modo definitivo a causa della ritenuta dell’imposta». I redditi da capitale non sono quindi più soggetti all’imposta sul reddito.

8 Nel caso in cui l’imposta a carattere liberatorio non possa essere riscossa mediante una ritenuta fiscale alla fonte (cioè presso le società), l’art. 97, n. 2, dell’EStG prevede che l’imposta sia riscossa «mediante versamento in autotassazione all’ente erogatore di un importo pari all’imposta sui redditi da capitale» (versione pubblicata nel BGBl. 1996/797).

9 Qualora il contribuente decida di non optare per l’imposta a carattere liberatorio del 25% sui redditi da capitale d’origine austriaca, fruisce, ai sensi dell’art. 37, nn. 1 e 4, dell’EStG (versione pubblicata nel BGBl. 1996/797), del sistema detto «dell’aliquota ridotta del 50%» («Halbsatzverfahren»).

10 In questo caso i redditi da capitale contribuiscono a determinare il reddito totale imponibile, con la conseguenza di un possibile aumento dell’aliquota applicabile. Tuttavia, in compenso di tale aumento, i suddetti redditi da capitale sono soggetti ad un’aliquota d’imposta pari al 50% dell’aliquota media applicabile al reddito totale.

La tassazione dei redditi da capitale di origine straniera

11 I redditi da capitale di origine straniera versati ad un contribuente residente in Austria sono soggetti alla tassazione ordinaria sul reddito. Essi contribuiscono quindi a determinare il reddito totale imponibile e sono regolarmente soggetti all’imposta sul reddito la cui aliquota massima è del 50%.

12 Il contesto giuridico austriaco è stato modificato con una legge entrata in vigore il 1° aprile 2002. Tale legge è successiva ai fatti della causa principale e non si applica a questa.


La causa principale e le questioni pregiudiziali

13 La sig.ra Lenz, cittadina tedesca soggetta in modo illimitato alla tassazione in Austria, dichiarava per l’anno 1996 redditi da capitale in forma di dividendi ricevuti da società per azioni aventi sede in Germania. L’amministrazione tributaria austriaca assoggettava tali redditi all’ordinaria aliquota sui redditi. L’aliquota dimezzata prevista dall’art. 37 dell’EStG e l’imposta liberatoria prevista dall’art. 97 letto in relazione con l’art. 93 dell’EStG (in prosieguo: i «vantaggi fiscali in questione») si applicano infatti solo ai redditi da capitale d’origine austriaca.

14 Ritenendo l’applicazione dell’aliquota progressiva dell’imposta sui redditi da capitale d’origine tedesca contraria alla libera circolazione dei capitali garantita dall’art. 73 B, n. 1, del Trattato, la sig.ra Lenz ha presentato reclamo alla Finanzlandesdirektion für Tirol. Tale reclamo è stato respinto, con provvedimento 16 aprile 1999, il quale è stato impugnato dalla sig.ra Lenz dinanzi al Verwaltungsgerichtshof.

15 In queste circostanze il Verwaltungsgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)     Se l’art. 73 B, n. 1, in combinato disposto con l’art. 73 D, n. 1, lett. a) e b), e n. 3, del Trattato CE [divenuti art. 56, n. 1, CE e l’art. 58, n. 1, lett. a) e b), e n. 3, CE], osti ad una normativa come quella contenuta nell’art. 97, nn. 1 e 4, dell’EStG in combinato disposto con l’art. 37, nn. 1 e 4, dell’EStG, secondo cui il contribuente, per dividendi di azioni nazionali, può scegliere tra una tassazione ad un’aliquota forfettaria e definitiva del 25% e una tassazione ad un’aliquota pari alla metà dell’aliquota media applicabile al suo reddito complessivo, mentre i dividendi di azioni straniere vengono tassati sempre all’aliquota normale dell’imposta sul reddito.

2)       Se per la soluzione della prima questione sia rilevante l’entità della tassazione del reddito della società di capitali nella quale si partecipa e che ha la propria sede e la propria direzione in un altro Stato membro o in uno Stato terzo.

3)       In caso di soluzione affermativa della prima questione, se si possa pervenire ad una situazione conforme all’art. 73 B, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 56, n. 1, CE), detraendo proporzionalmente dall’imposta sul reddito austriaco della persona che percepisce dividendi l’imposta sulle società versata nei loro paesi da società per azioni aventi la propria sede e la propria direzione in altri Stati membri o in paesi terzi».


Sulle prime due questioni pregiudiziali

16 Con le prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede in sostanza se gli artt. 73 B, n. 1, e 73 D, nn. 1 e 3, del Trattato ostino ad una normativa di uno Stato membro che riserva l’applicazione di un’aliquota d’imposta liberatoria del 25% o di un’aliquota d’imposta dimezzata ai redditi da capitale versati da una società avente sede in tale Stato membro, esclusi quelli di origine straniera, e se, eventualmente, la valutazione della compatibilità di una siffatta normativa con le suddette disposizioni del Trattato dipenda dal livello di tassazione degli utili delle società a titolo di imposta sulle società nello Stato in cui esse hanno sede.

17 Dato che la causa principale riguarda il diniego da parte dell’autorità tributaria di uno Stato membro di concedere i vantaggi fiscali in questione ad una persona soggetta in modo illimitato all’imposta in tale Stato membro e che ha percepito dividendi da una società avente sede in un altro Stato membro, le questioni sollevate richiedono una soluzione solo nella parte in cui riguardano la libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri.

18 Occorre anzitutto esaminare se, come sostengono la sig.ra Lenz e la Commissione delle Comunità europee, una normativa tributaria come quella di cui trattasi nella causa principale restringa la libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 73 B, n. 1, del Trattato.

19 È opportuno ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (sentenze 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx, Racc. pag. I-2493, punto 16; 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen, Racc. pag. I-4071, punto 32, e 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2229, punto 21).

20 Ora, si deve constatare che la normativa tributaria in esame ha l’effetto di dissuadere i contribuenti residenti in Austria dall’investire i loro capitali in società aventi sede in un altro Stato membro. Infatti, detta normativa consente al contribuente residente in Austria di scegliere, per la tassazione dei suoi redditi da capitale d’origine austriaca, tra l’imposta a carattere liberatorio all’aliquota fissa del 25% e l’imposta ordinaria sul reddito ad aliquota dimezzata, mentre ai suoi redditi da capitale originari di un altro Stato membro si applica l’imposta ordinaria, la cui aliquota può raggiungere il 50%.

21 La suddetta normativa produce anche un effetto restrittivo nei riguardi delle società stabilite in altri Stati membri in quanto costituisce, nei loro confronti, un ostacolo alla raccolta di capitali in Austria. Infatti, poiché i redditi da capitale originari di un altro Stato membro sono trattati in maniera meno favorevole, sul piano fiscale, rispetto ai dividendi da capitale di origine austriaca, l’acquisto di azioni di società stabilite in altri Stati membri è, per gli investitori residenti in Austria, meno conveniente dell’acquisto di azioni di società aventi sede in detto Stato membro (v, in tal senso, sentenze Verkooijen, cit., punto 35, e Commissione/Francia, cit., punto 24).

22 Da quanto precede risulta che una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 73 B, n. 1, del Trattato.

23 Occorre tuttavia accertare se tale restrizione alla libera circolazione dei capitali possa essere giustificata con riguardo alle disposizioni del Trattato.

24 In proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 73 D, n. 1, del Trattato «le disposizioni dell’art. 73 B non pregiudicano il diritto degli Stati membri (…) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda (…) il luogo di collocamento del loro capitale» né il diritto «di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali».

25 Secondo i governi austriaco, danese, francese e del Regno Unito, risulta chiaramente da tale disposizione che gli Stati membri possono riservare i vantaggi fiscali in questione ai soli redditi da capitale versati dalle società stabilite nel loro territorio.

26 In proposito, occorre rilevare che l’art. 73 D, n. 1, del Trattato, il quale, in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve costituire oggetto di un’interpretazione restrittiva, non può essere interpretato nel senso che qualsiasi normativa tributaria che operi una distinzione tra i contribuenti in base al luogo in cui essi investono i loro capitali sia automaticamente compatibile con il Trattato. Infatti, la deroga di cui all’art. 73 D, n. 1, del Trattato, è di per sé limitata dall’art. 73 D, n. 3, del Trattato, a tenore del quale le disposizioni nazionali contemplate dal n. 1 del medesimo articolo «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 73 B».

27 Si devono quindi distinguere i trattamenti diversi consentiti in forza dell’art. 73 D, n. 1, del Trattato dalle discriminazioni arbitrarie vietate dall’art. 73 D, n. 3, di questo. Ora, dalla giurisprudenza risulta che, perché una normativa tributaria nazionale quale quella in esame, che opera una distinzione tra i redditi da capitale versati da società aventi sede nel territorio dello Stato membro di cui trattasi e quelli originari di un altro Stato membro, possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono obiettivamente paragonabili o sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale, quali la necessità di salvaguardare la coerenza del regime fiscale, la lotta contro l’evasione fiscale e l’efficacia dei controlli fiscali (sentenze Verkoijen, cit., punto 43; 21 novembre 2002, causa C-436/00, X e Y, Racc. pag. I-10829, punti 49 e 72, e Commissione/Francia, cit., punto 27). Inoltre, per essere giustificata, la differenza di trattamento tra diverse categorie di redditi da capitale non deve andare oltre quanto necessario per garantire il conseguimento dello scopo perseguito dalla normativa considerata.

28 I governi che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento fanno valere, in primo luogo, che le autorità austriache percepiscono l’imposta relativa agli utili che le società aventi sede in Austria distribuiscono ai loro azionisti in parte da società in parte da azionisti. Per quanto riguarda le società stabilite fuori del loro territorio, le autorità austriache non sarebbero in grado di riscuotere l’imposta sui redditi delle società alla stessa maniera. La normativa fiscale in questione sarebbe quindi giustificata da una differenza di situazione obiettiva tale da dare fondamento ad una differenza di trattamento fiscale, in conformità all’art. 73 D, n. 1, lett. a), del Trattato (sentenze 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, Racc. pag. I-225, punti 30-34 e 37, e Verkooijen, cit, punto 43).

29 Occorre quindi accertare se, in conformità all’art. 73 D, n. 1, lett. a), del Trattato, la differenza di trattamento di una persona soggetta in modo illimitato all’imposta in Austria a seconda che percepisca redditi da capitale da società aventi sede in tale Stato membro o redditi da capitale da società aventi sede in altri Stati membri si rifaccia a situazioni che non sono obiettivamente paragonabili.

30 Dal fascicolo di causa risulta che la normativa tributaria austriaca mira ad attenuare gli effetti sul piano economico di una doppia imposizione degli utili delle società, che risulterebbe dalla tassazione degli utili realizzati dalla società a titolo d’imposta sulle società e dalla tassazione del contribuente azionista, a titolo di imposta sul reddito, degli stessi utili distribuiti sotto forma di dividendi.

31 Ora, tanto i redditi da capitale di origine austriaca quanto quelli originari di un altro Stato membro possono costituire oggetto di una doppia imposizione. Infatti, in entrambi i casi, i redditi sono, in linea di principio, anzitutto assoggettati all’imposta sulle società indi – se sono distribuiti sotto forma di dividendi – all’imposta sul reddito.

32 Con riguardo a una norma tributaria che mira ad attenuare gli effetti di una doppia imposizione degli utili distribuiti dalla società a favore della quale viene realizzato l’investimento, gli azionisti soggetti in modo illimitato all’imposta in Austria che percepiscono redditi da capitale da una società avente sede in un altro Stato membro si trovano quindi in una situazione paragonabile a quella di azionisti del pari soggetti in modo illimitato all’imposta in Austria, ma che percepiscono redditi da capitale da una società avente sede in quest’ultimo Stato membro.

33 Ne consegue che la normativa tributaria austriaca, che subordina l’applicazione dell’aliquota d’imposta liberatoria del 25% o dell’aliquota dimezzata sui redditi da capitale ala condizione che tali redditi siano di origine austriaca, non si rifà ad una differenza di situazioni ai sensi dell’art. 73 D, n. 1, lett. a), del Trattato tra i redditi da capitale di origine austriaca e quelli originari di un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenze 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher, Racc. pag. I-3089, punti 41-49, e 12 giugno 2003, causa C-234/01, Gerritse, Racc. pag. I-5933, punti 47-54).

34 I governi che hanno presentato osservazioni alla Corte sostengono, in secondo luogo, che la normativa fiscale austriaca è oggettivamente giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema tributario nazionale (sentenze 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249, e causa C-300/90, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-305). Essi fanno valere in proposito che i vantaggi fiscali in questione mirano ad attenuare gli effetti di una doppia imposizione degli utili delle società. Esisterebbe infatti un nesso economico diretto tra l’imposizione degli utili della società e tali vantaggi fiscali. Di conseguenza, poiché unicamente le società aventi sede in Austria sono assoggettate all’imposta sulle società in tale Stato membro, sarebbe giustificato riservare i suddetti vantaggi fiscali ai soli titolari dei redditi da capitale di origine austriaca.

35 Occorre ricordare che nei punti 28 e, rispettivamente 21, delle citate sentenze Bachmann e Commissione/Belgio, nei quali la Corte ha ammesso che la necessità di preservare la coerenza di un sistema tributario può legittimare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, esisteva un nesso diretto tra la detraibilità dei contributi versati nell’ambito di contratti di assicurazione contro i rischi di vecchiaia e morte, da un lato, e l’assoggettamento ad imposta delle somme dovute dagli assicuratori in esecuzione dei detti contratti, dall’altro, nesso che occorreva preservare al fine di salvaguardare la coerenza del sistema tributario di cui trattasi (v., in particolare, sentenze 28 ottobre 1999, causa C-55/98, Vestergaard, Racc. pag. I-7641, punto 24, nonché X e Y, cit., punto 52).

36 Nella causa principale, oltre al fatto che l’imposta sui redditi delle persone fisiche e l’imposta sulle società sono due imposte distinte che gravano su contribuenti distinti (v. sentenze 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars, Racc. pag. I-2787, punto 40; Verkooijen, cit., punti 57 e 58, e 18 settembre 2003, causa C-168/01, Bosal Holding, Racc. pag. I-9409, punto 30), occorre constatare che la normativa tributaria austriaca non fa dipendere l’ottenimento dei vantaggi fiscali in questione di cui fruiscono i contribuenti residenti in Austria per i loro redditi da capitale di origine austriaca dalla tassazione degli utili delle società a titolo d’imposta sulle società.

37 Occorre anche ricordare che l’argomento basato sulla necessità di preservare la coerenza di un sistema tributario dev’essere accertata alla luce della finalità perseguita dalla normativa tributaria di cui trattasi (v. sentenza 11 marzo 2004, causa C-9/02, De Lasteyrie du Saillant, Racc. pag. I-2409, punto 67).

38 Ora, la finalità perseguita dalla normativa fiscale austriaca, e cioè l’attenuazione di una doppia imposizione, non sarebbe affatto pregiudicata ove si facessero fruire della normativa tributaria austriaca anche i titolari di redditi da capitale originari di un altro Stato membro. Al contrario, il fatto di riservare l’aliquota di imposta liberatoria del 25% e l’aliquota d’imposta dimezzata unicamente ai titolari di redditi da capitale di origine austriaca ha la conseguenza di accrescere il divario tra l’onere tributario globale gravante sugli utili delle società austriache e quello gravante sugli utili delle società aventi sede in un altro Stato membro.

39 Un argomento fondato sulla necessità di preservare la coerenza del sistema tributario austriaco non può quindi essere accolto.

40 Si deve certamente rilevare che la concessione del vantaggio fiscale in questione anche ai titolari di redditi da capitale originari di un altro Stato membro comporterebbe, per lo Stato membro interessato, una riduzione dei suoi introiti fiscali. Tuttavia, da una giurisprudenza costante risulta che la riduzione di introiti fiscali non può considerarsi ragione imperativa di interesse generale invocabile per giustificare un provvedimento in linea di principio incompatibile con una libertà fondamentale (sentenze Verkooijen, cit., punto 59; 3 ottobre 2002, causa C-136/00, Danner, Racc. pag. I-8147, punto 56, nonché X e Y, cit., punto 50).

41 Inoltre, contrariamente a quanto sostengono i governi austriaco e danese, il livello di tassazione delle società aventi sede in un altro Stato membro non è pertinente, alla luce della normativa tributaria austriaca, per valutare la compatibilità di una normativa nazionale con gli artt. 73 B e 73 D, nn. 1 e 3, del Trattato.

42 In proposito, si deve ricordare che, per i redditi da capitale di origine austriaca, la normativa tributaria in questione non stabilisce alcun nesso diretto tra la tassazione degli utili delle società a titolo di imposta sulle società e i vantaggi fiscali di cui fruiscono i contribuenti residenti in Austria a titolo dell’imposta sui redditi. Di conseguenza, il livello di tassazione delle società stabilite fuori del territorio austriaco non può legittimare il diniego di concedere ai titolari di redditi da capitale versati da queste ultime società gli stessi vantaggi fiscali.

43 Certamente, non può escludersi che l’estensione della normativa tributaria di cui trattasi ai redditi da capitale originari di un altro Stato membro possa rendere vantaggioso, per gli investitori residenti in Austria, l’acquisto di azioni di società stabilite in altri Stati membri, in cui il livello dell’imposta sulle società sia meno elevato che in Austria. Tuttavia, questa possibilità non può affatto legittimare una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale. Infatti, a proposito di un argomento relativo ad un eventuale vantaggio fiscale per i contribuenti che riscuotono nel loro paese di residenza redditi da capitale di società aventi sede in un altro Stato membro, basta rilevare che risulta da una giurisprudenza costante che un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere giustificato dall’esistenza di altri vantaggi fiscali, anche supponendo che tali vantaggi esistano (sentenza Verkooijen, cit., punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

44 Il governo francese fa inoltre valere che la normativa fiscale austriaca è giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

45 A questo proposito, occorre ricordare come risulti in particolare dall’art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato che l’efficacia dei controlli fiscali può essere invocata per giustificare restrizioni all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v. sentenze 8 luglio 1999, causa C-254/97, Baxter e a., Racc. pag. I-4809, punto 18, e 26 settembre 2000, causa C-478/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-7587, punto 39).

46 Per quanto riguarda, in primo luogo, il vantaggio fiscale risultante dalla tassazione ad un’aliquota ridotta dei redditi da capitale di origine austriaca, non è affatto dimostrato che l’applicazione di aliquote d’imposta diverse a seconda dell’origine dei redditi da capitale sia idonea a rendere più efficaci i controlli fiscali.

47 Quanto, in secondo luogo, all’imposta a carattere liberatorio all’aliquota del 25%, occorre ricordare che questa viene trattenuta direttamente alla fonte dalle società aventi sede in Austria. Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale nei paragrafi 33 e 34 delle sue conclusioni, l’imposta a carattere liberatorio non presuppone necessariamente una ritenuta alla fonte. Infatti, l’art. 97, n. 2, dell’EStG prevede che nei casi in cui non possa procedersi alla ritenuta alla fonte, l’imposta a carattere liberatorio può essere riscossa «mediante versamento in autotassazione all’ente erogatore dei dividendi di un importo pari alla ritenuta sui redditi da capitale». Per i redditi provenienti da società aventi sede in altri Stati membri potrebbe quindi prevedersi un’analoga modalità di «versamento in autotassazione» all’amministrazione tributaria.

48 La ritenuta alla fonte, effettuata direttamente dalle società aventi sede in Austria, rappresenta certamente un’operazione più agevole, per l’amministrazione tributaria, di un «versamento in autotassazione». Tuttavia, semplici inconvenienti amministrativi non sono sufficienti a giustificare un ostacolo ad una libertà fondamentale del Trattato, quale la libera circolazione dei capitali (sentenza Commissione/Francia, cit., punti 29 e 30).

49 Tenuto conto di quanto precede, le due prime questioni vanno risolte nel senso che gli artt. 73 B e 73 D, nn. 1 e 3, del Trattato ostano ad una normativa che consente ai soli titolari di redditi da capitale di origine austriaca di scegliere tra l’imposta a carattere liberatorio all’aliquota del 25% e l’imposta ordinaria sul reddito con applicazione di un’aliquota dimezzata, mentre prevede che i redditi da capitale originari di un altro Stato membro siano obbligatoriamente assoggettati all’imposta ordinaria sul reddito senza riduzione dell’aliquota. Il diniego di concedere ai titolari di redditi da capitale originari di un altro Stato membro i vantaggi fiscali concessi ai titolari di redditi da capitale di origine austriaca non può essere giustificato dal fatto che il reddito delle società aventi sede in un altro Stato membro sia ivi soggetto ad una tassazione poco elevata.


Sulla terza questione pregiudiziale

50 Con la terza questione, il giudice a quo chiede se l’art. 73 B, n. 1, del Trattato osti ad una normativa tributaria che consente al contribuente residente in Austria e che percepisce redditi da capitale originari di un altro Stato membro di detrarre proporzionalmente dall’imposta sul reddito l’imposta sulle società versata dalla società in cui egli detiene una partecipazione.

51 La sig. Lenz e la Commissione esprimono riserve sulla ricevibilità di tale questione. Si tratterebbe di una questione priva di pertinenza per la definizione della causa principale in quanto verterebbe su un sistema tributario che non è in vigore in Austria.

52 In proposito occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la Corte non può statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale o qualora il problema sia di natura ipotetica (sentenze 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke, Racc. pag. I-4871, punto 25; 13 luglio 2000, causa C-36/99, Idéal tourisme, Racc. pag. I-6049, punto 20, e 5 febbraio 2004, causa C-380/01, Schneider, Racc. pag. I-1389, punto 22).

53 Ora, le disposizioni richiamate nell’ordinanza di rinvio non prevedono la possibilità di detrarre in Austria l’imposta sulle società versata in un altro Stato membro. Invitato dalla Corte a fornire precisazioni relativamente a questo punto, il governo austriaco ha confermato che la normativa fiscale in vigore alla data dei fatti della causa principale non consentiva di individuare una detrazione quale quella indicata dal giudice a quo, nemmeno procedendo ad un’interpretazione estensiva della legge.

54 Di conseguenza, non occorre risolvere la terza questione sollevata.


Sulle spese

55 Le spese sostenute dai governi austriaco, danese, francese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Prima Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Verwaltungsgerichtshof con ordinanza 27 agosto 2002, dichiara:

1) Gli artt. 73 B e 73 D, nn. 1 e 3, del Trattato CE (divenuti artt. 56 CE e, rispettivamente, 58, nn. 1 e 3, CE) ostano ad una normativa che consente ai soli titolari di redditi da capitale di origine austriaca di scegliere tra l’imposta a carattere liberatorio all’aliquota del 25% e l’imposta ordinaria sul reddito con applicazione di un’aliquota dimezzata, mentre prevede che i capitali originari di un altro Stato membro siano obbligatoriamente assoggettati all’imposta ordinaria sul reddito senza riduzioni di aliquota.

2) Il diniego di concedere ai titolari di redditi da capitale originari di un altro Stato membro i vantaggi fiscali concessi ai titolari di redditi da capitale di origine austriaca non può essere giustificato dal fatto che il reddito delle società aventi sede in un altro Stato membro sia ivi soggetto ad una tassazione poco elevata.

Jann

Rosas

von Bahr

Silva de Lapuerta

Lenaerts

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 luglio 2004.

Il cancelliere

Il presidente della Prima Sezione

R. Grass

P. Jann


1 – Lingua processuale: il tedesco.