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Causa C-25/03

Finanzamt Bergisch Gladbach

contro

HE

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Sesta direttiva IVA — Costruzione di un edificio ad uso abitativo da parte di due coniugi in comunione senza svolgimento di attività economica in comune — Utilizzazione di un locale da parte di uno dei comproprietari ai fini dello svolgimento di attività professionale — Status di soggetto passivo di imposta — Diritto a deduzione — Modalità d’esercizio — Requisiti della fattura»

Conclusioni dell’avvocato generale A. Tizzano, presentate l’11 novembre 2004 

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 21 aprile 2005. 

Massime della sentenza

1.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Nozione — Persona che abbia acquistato un immobile per abitarvi con la propria famiglia, ma che ne utilizzi una parte ai fini dell’esercizio di un’attività economica e destini tale porzione al patrimonio della propria impresa — Inclusione

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 2, 4 e 17)

2.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Acquisto di un bene d’investimento da parte di una comunione risultante da matrimonio — Qualificazione quali beneficiari dell’operazione dei coniugi comproprietari che implica un diritto a detrazione per ciascuno di essi singolarmente

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17)

3.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Acquisto di un bene d’investimento da parte di due coniugi in comunione di beni — Uso di una parte del bene da parte di uno dei comproprietari per le esigenze della sua impresa — Diritto per tale comproprietario di detrarre integralmente l’imposta gravante su tale parte — Presupposto — Importo detratto che non supera i limiti della quota detenuta dal soggetto passivo nella comproprietà di tale bene

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17)

4.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Obblighi del soggetto passivo — Disponibilità di una fattura contenente talune menzioni — Acquisto di un immobile da parte di due coniugi in comunione di beni — Uso di una parte dell’immobile a fini professionali da parte di uno dei comproprietari — Necessità per quest’ultimo di disporre di una fattura emessa a suo nome e in cui siano indicate le frazioni del prezzo e dell’imposta corrispondenti alla sua quota di comproprietà — Insussistenza

(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3)

1.     Una persona che acquisti o faccia costruire un edificio per abitarvi con la propria famiglia agisce in qualità di soggetto passivo e beneficia, quindi, del diritto alla deduzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva 77/388, tanto nella versione iniziale quanto in quella risultante dalla direttiva 91/680, nel caso in cui utilizzi un locale dell’immobile medesimo quale ufficio ai fini dell’esercizio, ancorché a titolo accessorio, di un’attività economica ai sensi degli artt. 2 e 4 della direttiva medesima e destini tale porzione dell’immobile al patrimonio della propria impresa.

(v. punto 52 e dispositivo)

2.     Nel caso in cui una comunione risultante da matrimonio, sprovvista di personalità giuridica e che non eserciti essa stessa un’attività economica ai sensi della sesta direttiva 77/388, tanto nella versione iniziale quanto in quella risultante dalla direttiva 91/680, affidi in appalto la realizzazione di un bene di investimento, i comproprietari che costituiscono tale comunione devono essere considerati, ai fini dell’applicazione della detta direttiva, quali beneficiari dell’operazione.

Infatti, considerato che una comunione siffatta non è soggetto passivo e non può, pertanto, portare in detrazione l’imposta sul valore aggiunto a monte, conformemente al principio di neutralità, il diritto alla deduzione dev’essere riconosciuto ai coniugi individualmente considerati, laddove possiedano lo status di soggetto passivo.

(v. punti 57-58 e dispositivo)

3.     Nel caso in cui due coniugi in comunione per effetto del matrimonio acquistino un bene di investimento, una porzione del quale venga utilizzata a fini professionali in modo esclusivo da uno dei due coniugi comproprietari, quest’ultimo beneficia del diritto alla deduzione dell’intero importo dell’imposta sul valore aggiunto a monte gravante sulla porzione del bene dal medesimo utilizzata ai fini della propria impresa, sempre che l’importo dedotto non ecceda i limiti della sua quota di comproprietà nel bene medesimo.

Se infatti l’operatore di cui trattasi potesse portare in detrazione solamente una frazione dell’imposta sopportata per la parte interamente utilizzata per le proprie operazioni imponibili – frazione corrispondente alla sua quota di comproprietà dell’immobile globalmente considerato –, egli non risulterebbe interamente sgravato dell’onere dell’imposta afferente al bene dal medesimo utilizzato ai fini della propria attività economica, in contrasto con quanto dettato dal principio di neutralità.

(v. punti 71, 74 e dispositivo)

4.     Gli artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, della sesta direttiva 77/388, tanto nella versione iniziale, quanto in quella risultante dalla direttiva 91/680, non esigono che, per poter esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta, un soggetto passivo che ha acquistato, in comunione con il coniuge, un immobile di cui utilizzi una parte a fini professionali disponga di una fattura emessa a suo nome e dalla quale risultino le frazioni del prezzo e dell’imposta sul valore aggiunto corrispondenti alla sua quota di comproprietà. Una fattura rilasciata indistintamente ai coniugi in comproprietà e senza menzione di tale ripartizione è sufficiente a tal fine.

(v. punto 83 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

21 aprile 2005 (*)

«Sesta direttiva IVA – Costruzione di un edificio ad uso abitativo da parte di due coniugi in comproprietà senza svolgimento di attività economica in comune – Utilizzazione di un locale da parte di uno dei comproprietari ai fini dello svolgimento di attività professionale – Status di soggetto passivo di imposta – Diritto a deduzione – Modalità d’esercizio – Requisiti della fattura»

Nel procedimento C-25/03,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania) con decisione 29 agosto 2002, pervenuta in cancelleria il 23 gennaio 2003, nella causa

Finanzamt Bergisch Gladbach

contro

HE,

 

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W. A. Timmermans, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. R. Schintgen (relatore), G. Arestis e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore

vista la fase scritta del procedimento ed a seguito dell’udienza del 23 settembre 2004,

viste le osservazioni scritte presentate:

–       per il Finanzamt Bergisch Gladbach, dal sig A. Eich, in qualità di agente;

–       per il sig. HE, dall’avv. C. Fuhrmann, Rechtsanwalt, e dal sig. K. Korn, consulente tributario;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 novembre 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, 4, 17, 18 e 22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), sia nel suo testo originario sia in quello risultante dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388 (GU L 376, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2       Tale domanda, scaturita nell’ambito di una controversia tra il Finanzamt Bergisch Gladbach (in prosieguo: il «Finanzamt») e il sig. HE, verte sulla questione se e, eventualmente, in qual misura il sig. HE, comproprietario assieme al coniuge di un immobile ad uso abitativo di cui utilizza un solo locale a fini esclusivamente professionali, possa beneficiare del diritto alla deduzione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») applicata sulla costruzione dell’immobile medesimo.

 Contesto normativo

 Normativa comunitaria

3       A termini dell’art. 2, che costituisce il capo II, intitolato «Campo di applicazione», della sesta direttiva:

«Sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2.      le importazioni di beni».

4       L’art. 4, che costituisce il capo IV, intitolato «Soggetti passivi», della direttiva medesima così recita:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.      Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(…)»

5       L’art. 5, intitolato «Cessioni di beni», del capo V, intitolato a sua volta «Operazioni imponibili», della stessa direttiva, prevede, al n. 1, quanto segue:

«Si considera “cessione di bene” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

6       A termini dell’art. 17, intitolato «Origine e portata del diritto a deduzione», collocato nel capo XI della sesta direttiva, intitolato «Deduzioni»:

«1.      Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovuto o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)

6.      Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all’entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva.

(…)».

7       Durante lo svolgimento dei fatti della causa principale è intervenuta la direttiva 91/680 che, all’art. 3, obbliga gli Stati membri ad adattare i rispettivi regimi IVA alle disposizioni della direttiva medesima e ad adottare i provvedimenti necessari affinché tali adattamenti fossero vigenti al 1° gennaio 1993. Il citato art. 17, n. 2, nel testo modificato dalla direttiva 91/680, così recita:

«2.      Nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operzioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno forniti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo debitore dell’imposta all’interno del paese;

(…)».

8       L’art. 18, intitolato «Modalità di esercizio del diritto a deduzione» ed inserito nello stesso capo XI della sesta direttiva, così dispone:

«1.      Per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve:

a)      per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3;

(…)».

9       Ai sensi dell’art. 22, intitolato «Obblighi nel regime interno», collocato nel capo XIII, intitolato a sua volta «Obblighi dei debitori d’imposta», della sesta direttiva:

«(…)

3.      a)     Ogni soggetto passivo deve emettere una fattura o un documento equivalente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che effettua per un altro soggetto passivo, e conservare copia di tutti i documenti emessi.

         (…)

b)      La fattura deve indicare distintamente il prezzo al netto dell’imposta corrispondente per ogni aliquota diversa, nonché, se del caso, l’esenzione.

c)      Gli Stati membri stabiliscono i criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura.

(…)

8.      (…) gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi.

(…)».

10     Il detto art. 22 è stato modificato dalla direttiva 91/680 nei seguenti termini:

«(…)

3.      a)     Ogni soggetto passivo deve emettere fattura, o altro documento equivalente, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che effettua per conto di un altro soggetto passivo o di un ente che non è soggetto passivo. (…) Il soggetto passivo deve conservare copia di tutti i documenti rilasciati.

(…)

b)      La fattura deve indicare distintamente il prezzo al netto dell’imposta e l’imposta corrispondente per ogni aliquota diversa nonché, se del caso, l’esenzione.

(…)

c)      Gli Stati membri stabiliscono i criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura.

(…).

8.      Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, subordinatamente al rispetto del principio della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

(…)».

 Normativa nazionale

11     Le pertinenti disposizioni della legge tedesca in materia di imposta sul valore aggiunto (Umsatzsteuergesetz; in prosieguo: la «UStG»), nel testo rispettivamente vigente negli esercizi impositivi 1991-1993 (v. rispettivamente BGBl. 1991 I, pag. 351, e BGBl. 1993 I, pag. 566), oggetto della causa principale, così recitavano:

«Articolo 14 Emissione delle fatture

1) Quando effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili ai sensi dell’art. 1, n. 1, punti 1 e 3, il soggetto passivo può e, nella misura in cui effettua queste operazioni a favore di un altro soggetto passivo che abbia la qualità di imprenditore, deve, su richiesta di quest’ultimo, emettere fatture dalle quali risulti chiaramente l’ammontare dell’imposta. Le fatture devono contenere le seguenti indicazioni:

1.      il nome e l’indirizzo del soggetto passivo che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi;

2.      il nome e l’indirizzo del beneficiario della cessione di beni o della prestazione di servizi;

3.      la quantità e la denominazione commerciale abituale dei beni ceduti o la natura e l’estensione della prestazione di servizi;

4.      la data della cessione di beni o della prestazione di servizi;

5.      il corrispettivo della cessione di beni o della prestazione di servizi (art. 10) e

6.      l’ammontare dell’imposta relativa al corrispettivo (punto 5).

(…).

Articolo 15 Deduzione dell’imposta a monte

1)      Il soggetto passivo può dedurre come importi soggetti ad imposta a monte:

1.      l’imposta indicata separatamente sulle fatture ai sensi dell’art. 14 emesse da altri soggetti passivi per cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate a favore della sua impresa. Quando l’importo dell’imposta esposto separatamente attiene ad operazioni di tal genere, già pagate ma non ancora eseguite, esso potrà essere portato in detrazione dal momento dell’emissione della fattura ovvero del pagamento;

(…)».

12     Atteso che nell’ordinanza di rinvio il Bundesfinanzhof ha fatto riferimento alla situazione giuridica esistente in materia nella Repubblica d’Austria, si deve precisare che, in tale Stato membro, l’art. 12, secondo comma, n. 2, della legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto (Umsatzsteuergesetz, BGBl. 663/1994), prevede quanto segue:

«Non sono considerate effettuate ai fini dell’impresa le cessioni di beni, le prestazioni di servizi o le importazioni

a)      il cui corrispettivo non è costituito principalmente da spese (oneri) deducibili ai sensi dell’art. 20, primo comma, nn. 1-5, della legge del 1988 in materia di imposte sui redditi (Einkommensteuergesetz, BGBl. 100/1988)

(…)».

13     Quest’ultima disposizione così recita:

«Dalle singole entrate non possono essere dedotti:

(…)

2.      (…)

d)      gli oneri o le spese relativi ad un ufficio situato nell’abitazione del soggetto medesimo ed alle relative attrezzature, nonché ai beni componenti le attrezzature dell’abitazione. Qualora un ufficio situato nell’abitazione del soggetto passivo costituisca il centro di tutta l’attività dell’impresa e dell’attività lavorativa del soggetto medesimo, i relativi oneri e spese, ivi comprese le spese attinenti alle attrezzature, sono deducibili».

 La causa principale e le questioni pregiudiziali

14     Dagli atti della causa principale emerge che, nel corso del 1990, il sig. HE acquistava un terreno in comproprietà indivisa con il coniuge. Le quote parti ammontavano ad un quarto per il marito e a tre quarti per la moglie. Successivamente, i coniugi medesimi affidavano a varie imprese l’incarico di costruire sul detto terreno un edificio ad uso abitativo. All’udienza dinanzi alla Corte, il rappresentante del sig. HE ha precisato che, per quanto attiene a tale immobile, le quote di comproprietà erano parimenti di un quarto per il marito e di tre quarti per la moglie. Tutte le fatture relative alla costruzione dell’immobile medesimo venivano indirizzate al sig. ed alla sig.ra HE, senza che fossero state fatte distinzioni basate sulle quote di comproprietà.

15     È pacifico che il sig. HE ha adibito un locale di tale immobile ad ufficio al fine di ivi svolgere, parallelamente alla propria attività di lavoro dipendente, un’attività lavorativa autonoma accessoria in qualità di scrittore specializzato.

16     Ai fini delle dichiarazioni IVA per il periodo corrispondente agli esercizi impositivi 1991, 1992 e 1993, il sig. HE operava, sulla base delle fatture relative alla costruzione dell’immobile, deduzioni proporzionali basate su una quota deducibile stimata del 12%, corrispondente al rapporto tra la superficie dell’ufficio e la superficie totale abitabile dell’edificio.

17     Il Finanzamt respingeva tuttavia tali deduzioni sulla base del rilievo che committente dell’opera e beneficiario della costruzione era la comunione costituita dai coniugi HE e non il sig. HE singolarmente considerato.

18     Avverso tale decisione di diniego il sig. HE proponeva ricorso, che veniva parzialmente accolto in primo grado dal Finanzgericht.

19     A parere di tale giudice, infatti, sotto il profilo del diritto civile, il sig. HE era committente e destinatario dei lavori di costruzione corrispondenti all’ufficio solamente in misura di un quarto. In assenza di altri elementi, il giudice medesimo si è infatti basato sulla ripartizione, tra i coniugi, della proprietà dell’immobile. Tenuto conto del fatto che la quota del coniuge era di tre quarti, il Finanzgericht ha riconosciuto al sig. HE il diritto a dedurre l’IVA a monte relativa all’ufficio solamente a concorrenza di un quarto, vale a dire un quarto del 12% dell’importo dell’imposta a monte. A parere del Finanzgericht, la circostanza che le fatture fossero state indirizzate indistintamente ai due coniugi restava irrilevante al riguardo.

20     Avverso tale decisione tanto il Finanzamt quanto il sig. HE proponevano ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof.

21     A parere del Finanzamt, occorrerebbe distinguere a seconda che le prestazioni di cui trattasi nella causa principale vengano fornite alla comunione o ad uno solo dei comproprietari. Nel caso in cui l’identità del committente non dovesse risultare chiaramente dalla commessa, beneficiaria dei lavori sarebbe considerata la comunione. I rapporti tra il sig. e la sig.ra HE relativi alla proprietà dell’immobile resterebbero irrilevanti al riguardo. In ogni caso, la mancata ripartizione dell’importo dell’IVA a monte tra i coniugi medesimi nonché l’emissione di fattura a nome di entrambi, senza distinzioni, escluderebbe che il sig. HE possa beneficiare di una qualsiasi deduzione.

22     Il sig. HE ritiene, per contro, che egli, disponendo di un diritto di godimento esclusivo della porzione dell’immobile utilizzata ad ufficio, debba essere considerato quale unico committente per quanto attiene ai lavori di costruzione della parte medesima. A suo parere, il mancato riconoscimento della deduzione richiesta, basato unicamente sul diritto civile nazionale, sarebbe incompatibile con il sistema comune dell’IVA. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice in prime cure, il diritto alla deduzione dovrebbe essere esteso a tutta l’IVA relativa alla costruzione dell’ufficio, vale a dire il 12% dell’intera IVA relativa all’edificio.

23     Il Bundesfinanzhof rileva che, secondo il diritto tedesco, quando la commessa proviene congiuntamente da più persone agenti non quali soggetti giuridici autonomi – società di persone o di capitali –, bensì in semplice comunione di fatto, ogni appartenente di quest’ultima è beneficiario della prestazione in ragione della rispettiva quota detenuta. Nella specie della causa principale, sotto il profilo dell’IVA, la comunione non avrebbe agito in quanto tale, ragion per cui i due coniugi sarebbero entrambi beneficiari della prestazione di cui trattasi.

24     Il detto giudice rileva parimenti che, secondo quanto accertato dal Finanzgericht, solamente il sig. HE svolgeva un’attività lavorativa autonoma nell’ufficio situato nell’immobile costruito in comunione. Conformemente alla propria giurisprudenza, nell’ipotesi di acquisizione in comune, il diritto alla deduzione è riconosciuto ad ognuno degli imprenditori che abbiano acquisito un bene per utilizzarlo a fini professionali a concorrenza della relativa quota di comproprietà. Nel caso di locali ad uso ufficio presi in locazione da coniugi, ma utilizzati solamente da uno di essi ai fini della propria impresa, il Bundesfinanzhof si è basato, in assenza di altri elementi, sull’art. 742 del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch), ai sensi del quale i diritti e gli obblighi sono suddivisi in ragione della metà tra i due comproprietari, affermando che la detrazione da parte di uno di essi che utilizzi il bene ai fini di un’attività di lavoro autonoma è concessa solamente a concorrenza della metà dell’importo complessivo dell’imposta a monte.

25     A tale risultato sarebbe parimenti giunto, nella specie, il Finanzgericht, il quale correttamente avrebbe escluso che tale ragionamento potesse essere rimesso in discussione dalla circostanza che le fatture fossero state emesse a nome di entrambi i coniugi.

26     Il Bundesfinanzhof si chiede tuttavia se tale soluzione sia compatibile con la sesta direttiva.

27     Anzitutto, non sarebbe possibile affermare con certezza che le prestazioni di costruzione dell’immobile ad uso abitativo, in cui un locale è adibito ad ufficio, siano state acquistate dal sig. HE quale «soggetto passivo» e «ai fini di sue operazioni soggette ad imposta», ai sensi dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, ovvero che esse siano state acquistate per esigenze private di abitazione, tanto più che, ad esempio, l’amministrazione austriaca esclude, in tal caso, il diritto alla detrazione.

28     In tale contesto, occorrerebbe parimenti stabilire se le spese destinate alla costruzione di un ufficio a domicilio presentino o meno «carattere strettamente professionale», con la conseguenza che, in difetto, esse sarebbero di per sé escluse dal diritto alla deduzione a termini dell’art. 17, n. 6, secondo periodo, della sesta direttiva.

29     Ammesso che, in una fattispecie di tal genere, il diritto alla deduzione sussista in linea di principio, occorrerebbe pronunciarsi poi sulle sue modalità di esercizio nel diritto comunitario, nel caso di acquisto di un bene di investimento da parte di una comunione risultante da una comproprietà indivisa o da matrimonio e che non agisca quale soggetto di imposta.

30     Infine, l’applicazione dei requisiti dettati dagli artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, lett. a) e c), della sesta direttiva solleverebbe dubbi in considerazione della giurisprudenza nazionale, secondo cui i requisiti relativi alle indicazioni supplementari da apportare sulla fattura con riguardo alle rispettive quote di comproprietà presentano rilevanza minore.

31     Ciò premesso, il Bundesfinanzhof decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in caso di acquisto o costruzione di un edificio a fini abitativi, colui che acquisti o costruisca l’edificio, qualora intenda utilizzare una porzione dell’edificio come studio per l’esercizio di un’attività lavorativa autonoma accessoria, agisca in qualità di soggetto passivo.

2)      In caso di soluzione affermativa della questione sub 1:

Se, in caso di commessa comune di un oggetto di investimento nell’ambito di un regime di comunione legale o volontaria, che non svolga di per sé attività professionale, l’acquisto debba considerarsi effettuato da persona priva dello status di soggetto passivo d’imposta, non autorizzato alla deduzione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sull’acquisto stesso, ovvero se debbano essere considerati destinatari della prestazione tutti i comproprietari.

3)      In caso di soluzione affermativa della questione sub 2:

Se, in caso di acquisto di un bene di investimento da parte di coniugi in regime di comunione, ove tale bene venga utilizzato solo da uno di essi a fini professionali, il diritto alla deduzione dell’imposta pagata a monte spetti

a)      al coniuge comproprietario solamente a concorrenza della frazione dell’imposta a monte corrispondente alla relativa quota di comproprietà,

ovvero

b)      se il detto coniuge comproprietario possa portare in detrazione, ai sensi dell’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, l’imposta a monte corrispondente alla parte del bene, complessivamente considerato, dal medesimo utilizzata a fini professionali (fermi restando i requisiti attinenti alla fattura, di cui alla questione sub 4).

4)      Se, ai fini dell’esercizio del diritto alla deduzione dell’imposta pagata a monte conformemente all’art. 18 della sesta direttiva, la fattura, ai sensi del successivo art. 22, n. 3, della direttiva, debba essere intestata al solo coniuge/comproprietario – con esposizione delle relative frazioni del prezzo e della imposta corrispondenti alla sua quota di comproprietà – ovvero se sia sufficiente una fattura intestata ai coniugi/comproprietari priva di tale ripartizione».

 Considerazioni preliminari

32     Si deve ricordare, in limine, che dagli atti di causa emerge che:

–       i coniugi HE hanno acquistato in comunione un terreno sul quale hanno fatto costruire in comproprietà un edificio ad uso abitativo;

–       nella comunione costituita dai coniugi HE per effetto del matrimonio, la quota del marito è pari ad un quarto e quella della moglie a tre quarti, con riguardo tanto al terreno quanto alla costruzione;

–       il sig. HE svolge, oltre alla propria attività di lavoro dipendente, un’attività lavorativa autonoma quale scrittore specializzato;

–       ai fini di quest’ultima attività utilizza in modo esclusivo, ad uso ufficio, un locale nell’edificio di proprietà comune; è pacifico che tale locale rappresenti il 12% della superficie totale abitabile dell’immobile;

–       il coniuge del sig. HE non svolge alcuna attività economica ai sensi della sesta direttiva e non ha mai fatto uso del detto ufficio;

–       nemmeno la comunione costituita dai coniugi HE per effetto del matrimonio svolge attività economica ai sensi della sesta direttiva, né essa è munita di personalità giuridica, né possiede capacità di agire autonoma;

–       né il coniuge del sig. HE né la comunione possono beneficiare, in quanto privi dello status di soggetto passivo di imposta, del diritto alla deduzione ai sensi della sesta direttiva;

–       le fatture relative alla costruzione dell’edificio sono state indirizzate indistintamente ai coniugi HE senza che siano state ivi precisate le frazioni del prezzo e dell’IVA corrispondenti alle rispettive quote di comproprietà dei coniugi;

–       il sig. HE ha chiesto la detrazione integrale dell’IVA a monte relativa all’ufficio dal medesimo utilizzato a fini esclusivamente professionali, vale a dire in ragione del 12% dell’importo complessivo dell’imposta, laddove la sua quota di comproprietà immobiliare è del 25%.

33     Le questioni pregiudiziali vanno risolte alla luce di tali elementi della causa principale.

34     Va aggiunto che, ai fini di tale soluzione, non occorre distinguere, per quanto attiene agli artt. 17 e 22 della sesta direttiva, tra il testo originario delle dette disposizioni e quello modificato dalla direttiva 91/680, dovendosi ritenere che ambedue le disposizioni rivestano valore sostanzialmente identico ai fini dell’interpretazione cui la Corte è chiamata a procedere nell’ambito del presente procedimento.

 Sulla prima questione

35     Con tale questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se una persona che acquisti o faccia costruire un edificio al fine di destinarlo ad abitazione per sé e per la propria famiglia agisca in qualità di soggetto passivo di imposta e benefici, quindi, del diritto alla deduzione ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva, laddove utilizzi un locale del detto immobile quale ufficio ai fini dell’esercizio, a titolo accessorio, di un’attività economica ai sensi degli artt. 2 e 4 della direttiva medesima.

36     A tale proposito occorre ricordare anzitutto che la sesta direttiva stabilisce un sistema comune d’IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (v. sentenza 26 giugno 2003, causa C-305/01, MKG-Kraftfahrzeuge-Factoring, Racc. pag. I-6729, punto 38).

37     Dall’art. 2 della sesta direttiva, che definisce il campo di applicazione dell’IVA, nel combinato disposto con l’art. 4 della stessa direttiva, risulta che sono soggette alla detta imposta solo le attività di natura economica, qualora vengano effettuate all’interno dello Stato membro da parte di un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

38     Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque eserciti in modo autonomo una delle attività economiche indicate al n. 2 del medesimo articolo.

39     La nozione di «attività economiche» viene definita al n. 2, secondo il quale essa comprende tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, in particolare le operazioni che comportano lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti avente un certo carattere di stabilità. Tale nozione di «sfruttamento» si riferisce, conformemente ai presupposti che implica il principio della neutralità del sistema comune dell’IVA, a qualsiasi operazione, indipendentemente dalla sua forma giuridica (v. sentenza 21 ottobre 2004, causa C-8/03, BBL, Racc. pag. I-10157, punto 36).

40     Secondo costante giurisprudenza, l’art. 4 della sesta direttiva prevede quindi per l’IVA un campo di applicazione molto esteso, che comprende tutte le fasi produttive, distributive e della prestazione dei servizi (v., in particolare, sentenze 4 dicembre 1990, causa C-186/89, Van Tiem, Racc. pag. I-4363, punto 17, e MKG-Kraftfahrzeuge-Factoring, cit., punto 42).

41     Orbene, in considerazione dei criteri enunciati dall’art. 4 della menzionata direttiva, esclusivamente in base ai quali va valutato lo status di soggetto passivo (v. le menzionate sentenze Van Tiem, punto 25, e BBL, punto 36), una persona quale il sig. HE dev’essere considerata in possesso di tale status.

42     Dagli atti risulta, infatti, che, nel corso del periodo oggetto della causa principale, che si estende dal 1991 al 1993, l’interessato ha effettivamente esercitato – ancorché solamente a titolo accessorio – un’attività economica autonoma ai sensi del menzionato art. 4.

43     Inoltre, dall’art. 17, n. 2, della sesta direttiva emerge che il soggetto passivo, quando, agendo in quanto tale, utilizzi i beni ai fini delle proprie operazioni imponibili, è autorizzato a dedurre l’IVA dovuta o versata per i beni medesimi. Quando, al contrario, i beni non vengano usati per le esigenze delle attività economiche del soggetto passivo ai sensi del menzionato art. 4, bensì vengano da questi adibiti ad uso privato, non può nascere alcun diritto a deduzione (v., in tal senso, sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz, Racc. pag. I-3795, punti 8 e 9).

44     Orbene, dagli atti risulta a tal riguardo che, nel corso del periodo oggetto della causa principale, il sig. HE ha utilizzato a titolo esclusivo, ai fini dell’esercizio della propria attività economica autonoma di scrittore specializzato, un locale dell’immobile che si è fatto costruire unitamente al coniuge e di cui è comproprietario.

45     La circostanza che, nella specie, egli abbia utilizzato solamente una porzione di tale immobile ai fini della propria attività economica resta irrilevante al riguardo.

46     Secondo costante giurisprudenza, in caso di utilizzazione di un bene di investimento per fini tanto privati quanto professionali, l’interessato ha la possibilità di scegliere, ai fini dell’IVA, o di inserire il bene medesimo integralmente nel patrimonio della propria impresa o di conservarlo integralmente nel proprio patrimonio privato escludendolo in tal modo completamente dal sistema dell’IVA, ovvero – come avvenuto nella specie – di inserirlo nella propria impresa solamente a concorrenza dell’utilizzazione professionale effettiva (v., in tal senso, in particolare le sentenze 8 marzo 2001, causa C-415/98, Bakcsi, Racc. pag. I-1831, punti 24-34, e 8 maggio 2003, causa C-269/00, Seeling, Racc. pag. I-4101, punti 40 e 41).

47     In quest’ultimo caso deve quindi ritenersi che, nei limiti dell’utilizzazione del bene a fini professionali, l’operatore interessato ha agito quale soggetto passivo nell’acquisizione ovvero nella costruzione dell’immobile che, in tali limiti, dev’essere considerato come utilizzato ai fini delle operazioni imponibili dell’operatore medesimo, ai sensi dell’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.

48     Tale interpretazione è avvalorata dal principio di neutralità, in virtù del quale la persona interessata non deve sopportare l’onere dell’IVA se non nel caso in cui l’imposta riguardi beni o servizi utilizzati dalla persona medesima per consumi privati e non per attività lavorative imponibili.

49     Come correttamente sottolineato dalla Commissione, i dubbi espressi dal giudice del rinvio quanto alla questione se un’operazione come quella oggetto della causa principale ricada nella sfera di applicazione della sesta direttiva non sono fondati.

50     Infatti, la circostanza che un altro Stato membro (come, nella specie, la Repubblica d’Austria) escluda il diritto alla deduzione nel caso di un ufficio situato in un’abitazione è irrilevante, in considerazione del carattere comune del sistema dell’IVA nonché degli scopi di armonizzazione che tale sistema si prefigge, da cui risulta che le deroghe al diritto alla deduzione sono consentite solamente nei casi espressamente previsti dalla sesta direttiva, al fine di garantire la loro identica applicazione in tutti gli Stati membri.

51     Peraltro, laddove il giudice del rinvio si richiama all’art. 17, n. 6, della sesta direttiva, si deve anzitutto rilevare che, allo stato attuale del diritto comunitario, non esiste alcun atto del Consiglio che escluda il diritto alla deduzione per le spese non aventi carattere strettamente professionale, quali le spese per fini di lusso, di svago o di rappresentanza. Inoltre, la normativa tedesca vigente al momento dell’entrata in vigore della sesta direttiva non prevedeva alcuna esclusione del diritto alla deduzione per gli uffici situati in un’abitazione. Infine, la Repubblica federale di Germania non è stata autorizzata ad introdurre misure derogatorie particolari alla direttiva medesima, ai sensi dell’art. 27 della stessa.

52     Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione pregiudiziale dev’essere risolta nel senso che una persona che acquisti o faccia costruire un edificio per abitarvi con la propria famiglia agisce in qualità di soggetto passivo e beneficia, quindi, del diritto alla deduzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva, nel caso in cui utilizzi un locale dell’immobile medesimo quale ufficio ai fini dell’esercizio, ancorché a titolo accessorio, di un’attività economica ai sensi degli artt. 2 e 4 della direttiva medesima e destini tale porzione dell’immobile al patrimonio della propria impresa.

 Sulla seconda questione

53     Con tale questione si chiede, sostanzialmente, se, nell’ipotesi in cui una comunione costituita per effetto di matrimonio, sprovvista di personalità giuridica e che non eserciti essa stessa un’attività economica ai sensi della sesta direttiva, dia in appalto la realizzazione di un bene d’investimento, i comproprietari di tale comunione debbano essere considerati quali beneficiari dell’operazione ai fini dell’applicazione della direttiva medesima.

54     A tal riguardo, dagli atti di cui dispone la Corte emerge che la comunione formata dai coniugi HE per effetto del matrimonio non ha svolto di per sé un’attività economica sotto forma di società di diritto civile munita di personalità giuridica propria ovvero sotto forma di altra entità che, per quanto sprovvista di tale personalità, possieda, di fatto, la capacità di agire in modo autonomo. Infatti, nell’acquisto di un terreno e nella costruzione dell’immobile, i coniugi di cui trattasi si sono limitati ad agire de facto in modo congiunto.

55     La comunione non è quindi intervenuta nelle operazioni di cui trattasi nella causa principale sotto il profilo dell’IVA e non può essere pertanto considerata quale soggetto passivo ai sensi della sesta direttiva.

56     Ciò premesso e in assenza di altri elementi pertinenti, si deve rilevare che i coniugi HE, nella loro qualità di comproprietari del bene di investimento, costituiscono, ai fini dell’applicazione della sesta direttiva, i beneficiari della cessione del bene medesimo.

57     Tale soluzione è parimenti in linea con il principio di neutralità. Considerato che la comunione costituita dai coniugi de quibus non è soggetto passivo e non può, pertanto, portare in detrazione l’IVA a monte, il diritto alla deduzione dev’essere riconosciuto ai coniugi individualmente considerati, laddove possiedano lo status di soggetto passivo.

58     La seconda questione dev’essere quindi risolta nel senso che, nel caso in cui una comunione risultante da matrimonio, sprovvista di personalità giuridica e che non eserciti essa stessa un’attività economica ai sensi della sesta direttiva, affidi in appalto la realizzazione di un bene di investimento, i comproprietari che costituiscono tale comunione devono essere considerati, ai fini dell’applicazione della direttiva medesima, quali beneficiari dell’operazione.

 Sulla terza questione

59     Con tale questione il giudice a quo chiede, sostanzialmente, se, nel caso in cui due coniugi in comunione per effetto del matrimonio acquistino un bene d’investimento, parte del quale sia utilizzato a fini professionali in modo esclusivo da uno dei coniugi comproprietari, quest’ultimo benefici del diritto alla deduzione per l’intero importo dell’IVA a monte gravante sulla parte del bene dal medesimo utilizzato ai fini della propria impresa, ovvero solamente in ragione della frazione dell’importo dell’IVA a monte corrispondente alla propria quota di acquisto.

60     Per poter risolvere tale questione si deve ricordare che il giudice nazionale ha ritenuto in prime cure che, dal punto di vista del diritto civile tedesco, il sig. HE fosse beneficiario dei lavori di costruzione relativi all’ufficio solamente a concorrenza di un quarto. Il detto giudice si è basato, a tal riguardo, sulla ripartizione della proprietà del terreno tra i coniugi comproprietari, ove la quota di comproprietà del marito era pari solamente al 25%. Il giudice nazionale ha quindi riconosciuto al sig. HE il diritto a portare in detrazione solamente un quarto dell’imposta a monte afferente all’ufficio utilizzato ai fini dell’impresa, vale a dire in ragione di un quarto del 12% dell’importo totale dell’IVA a monte.

61     Il sig. HE ritiene, per contro, di beneficiare, per effetto della sesta direttiva, del diritto alla detrazione integrale dell’importo dell’IVA a monte corrispondente alla quota della sua utilizzazione del bene a fini professionali, vale a dire in ragione del 12% dell’importo totale dell’IVA a monte.

62     A tal riguardo si deve anzitutto rammentare che la sesta direttiva, come risulta dal suo stesso titolo, mira a stabilire un sistema comune dell’IVA, determinando le operazioni imponibili in modo uniforme e secondo norme comunitarie (v. punto 36 supra e la giurisprudenza citata).

63     Inoltre, secondo costante giurisprudenza, una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera comunità, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme, al fine di evitare divergenze da uno Stato membro all’altro nell’applicazione del regime dell’IVA (v. sentenza 27 novembre 2003, causa C-497/01, Zita Modes, Racc. pag. I-14393, punto 34).

64     Per quanto attiene, più in particolare, all’art. 5, n. 1, della sesta direttiva, secondo cui si considera cessione di un bene il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La finalità di tale direttiva potrebbe risultare compromessa qualora la constatazione della sussistenza di una cessione di beni, che è una delle tre operazioni imponibili, fosse soggetta alla realizzazione di condizioni che variano a seconda del diritto civile dello Stato membro interessato (v., in tal senso, le sentenze 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, Racc. pag. I-285, punti 7 e 8; 4 ottobre 1995, causa C-291/92, Armbrecht, Racc. pag. I-2775, punti 13 e 14, nonché 6 febbraio 2003, causa C-185/01, Auto Lease Holland, Racc. pag. I-1317, punti 32 e 33).

65     Conseguentemente, non può trovare accoglimento né la posizione del giudice nazionale di primo grado, che basa il proprio ragionamento sul regime della proprietà previsto dal diritto civile tedesco, né la tesi difesa dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, secondo cui la domanda del sig. HE non potrebbe essere accolta qualora, in base alle norme nazionali in materia di regime matrimoniale, non possa legittimamente disporre integralmente del bene di investimento.

66     Peraltro, la questione relativa all’individuazione del comproprietario che abbia pagato de facto le fatture relative alla costruzione dell’immobile è irrilevante ai fini della soluzione della questione, atteso che, come emerge dall’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, il corrispettivo può essere parimenti versato da un terzo.

67     Ai fini della soluzione della terza questione occorre, al contrario, ricordare che, nella specie, il sig. HE utilizza l’ufficio situato nella propria abitazione personalmente ed in misura del 100% ai fini delle proprie attività economiche e che egli ha deciso di destinare tale locale interamente ai fini della propria impresa. L’interessato sembra pertanto disporre, di fatto, di tale locale quale proprietario, soddisfacendo quindi il requisito fissato dalla giurisprudenza menzionata supra al punto 64.

68     Va aggiunto che il sig. HE chiede la deduzione di un importo dell’IVA a monte equivalente a quello relativo alla quota del bene che egli utilizza esclusivamente a fini professionali e che ha deciso di destinare a bene dell’impresa.

69     D’altronde, in una fattispecie come quella oggetto della causa principale, l’ufficio non può far sorgere il diritto alla deduzione in capo ad un operatore diverso dal sig. HE, ragion per cui, nella specie, non sussiste alcun rischio di frodi o abusi.

70     La domanda del sig. HE, diretta ad ottenere la detrazione dell’intero importo dell’IVA gravante sull’ufficio de quo, dev’essere pertanto considerata conforme al sistema delle deduzioni, che è inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v., in particolare, la sentenza Zita Modes, cit., punto 38).

71     Ne consegue che un operatore che, come il sig. HE, abbia interamente destinato il locale utilizzato quale ufficio al patrimonio della propria impresa deve poter beneficiare della deduzione dell’intero importo dell’IVA direttamente gravante sul costo dei singoli elementi costitutivi del prezzo di tale porzione immobiliare. Nel caso in cui potesse portare in detrazione solamente una frazione dell’IVA sopportata per tale locale, interamente utilizzato per le proprie operazioni imponibili – frazione corrispondente alla sua quota di comproprietà dell’immobile globalmente considerato –, tale operatore non risulterebbe interamente sgravato dell’onere dell’imposta afferente al bene dal medesimo utilizzato ai fini della propria attività economica, in contrasto con quanto dettato dal principio di neutralità.

72     La suesposta interpretazione si pone parimenti in linea con il principio della parità di trattamento, che costituisce il corollario del principio di neutralità.

73     In tal senso, due soggetti passivi, i quali si trovino obiettivamente nella stessa situazione nel senso che ognuno utilizzi a titolo esclusivo la stessa porzione percentuale di un immobile come ufficio destinato alla propria impresa, sono soggetti ad identico trattamento, avendo entrambi il diritto di portare in detrazione lo stesso importo dell’IVA a monte. Per contro, la differenza che caratterizza le due fattispecie − in cui l’uno ha la proprietà esclusiva dell’immobile laddove l’altro ne possiede solamente una quota − rileva nel fatto che il primo beneficia della possibilità di dedurre l’IVA a monte sino a concorrenza del 100% qualora scelga di inserire l’immobile ad uso misto integralmente nella propria impresa, mentre il secondo non potrà mai essere sgravato di un importo dell’IVA superiore a quello realmente sopportato, vale a dire quello corrispondente alla sua quota di comproprietà (vale a dire, nella specie della causa principale, il 25%).

74     Alla luce delle suesposte considerazioni, la terza questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che, nel caso in cui due coniugi in comunione di fatto per effetto del matrimonio acquistino un bene di investimento, una porzione del quale venga utilizzata a fini professionali in modo esclusivo da uno dei due coniugi comproprietari, quest’ultimo beneficia del diritto alla deduzione dell’intero importo dell’IVA a monte gravante sulla porzione del bene dal medesimo utilizzato ai fini della propria impresa, sempre che l’importo dedotto non ecceda i limiti della sua quota di comproprietà nel bene medesimo.

 Sulla quarta questione

75     Tale questione è diretta, sostanzialmente, ad accertare se gli artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, della sesta direttiva esigano, ai fini dell’esercizio del diritto alla deduzione in circostanze come quelle oggetto della causa principale, che il soggetto passivo disponga di una fattura emessa a proprio nome, dalla quale risultino le frazioni del prezzo e dell’IVA corrispondenti alla sua quota di comproprietà, ovvero se una fattura emessa indistintamente ai coniugi in comproprietà, senza menzione della ripartizione delle quote, sia sufficiente a tal fine.

76     A tal riguardo, dall’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, tanto nel testo iniziale quanto in quello risultante dalla direttiva 91/680, emerge che la fattura deve indicare in modo distinto, ai fini dell’esercizio del diritto alla deduzione, il prezzo al netto dell’imposta e l’imposta corrispondente per ogni singola aliquota nonché, eventualmente, l’esenzione.

77     Ne consegue che, a prescindere da tali requisiti minimi, la sesta direttiva non impone altre indicazioni obbligatorie, del genere di quelle menzionate nella quarta questione pregiudiziale.

78     È vero che, a termini dell’art. 22, n. 3, lett. c), della sesta direttiva, gli Stati membri hanno la possibilità di stabilire criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura e, ai sensi del n. 8 del medesimo articolo, gli Stati medesimi dispongono della facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi.

79     La Repubblica federale di Germania si è avvalsa di quest’ultima possibilità. Nel detto Stato membro l’UStG dispone che le fatture devono recare, in particolare, il nome e l’indirizzo del beneficiario dell’operazione, la quantità e la denominazione commerciale abituale dei beni ceduti o la natura e l’estensione della prestazione di servizi, nonché il corrispettivo dell’operazione.

80     Tuttavia, come ricordato dalla Commissione, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo, per l’esercizio del diritto di detrazione, di altre indicazioni in fattura, oltre a quelle enumerate dall’art. 22, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, deve limitarsi a quanto necessario per garantire la riscossione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria. Inoltre, siffatte indicazioni non devono, per il loro numero e per la loro tecnicità, rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di detrazione (sentenza 14 luglio 1988, cause riunite 123/87 e 330/87, Jeunehomme e EGI, Racc. pag. 4517, punto 17). Anche i provvedimenti che gli Stati membri possono adottare ai sensi dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare le frodi, non devono eccedere quanto è necessario a tal fine. Essi non possono essere quindi utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA, che costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia (sentenze 21 marzo 2000, cause da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 52, e 19 settembre 2000, causa C-454/98, Schmeink & Cofreth e Strobel, Racc. pag. I-6973, punto 59).

81     Orbene, in una fattispecie come quella oggetto della causa principale, non sussiste alcun rischio di frodi o abusi, atteso che essa riguarda una specifica tipologia di comunione, vale a dire una comproprietà di fatto tra coniugi che non possiede, di per sé, lo status di soggetto passivo e nell’ambito della quale solamente uno dei coniugi svolge un’attività economica, ragion per cui è escluso che le fatture, ancorché emesse a nome di «Signor e Signora HE» e non recanti l’indicazione delle frazioni del prezzo e dell’IVA corrispondenti alle rispettive quote di comproprietà dei singoli coniugi, possano essere utilizzate dal coniuge non soggetto passivo ovvero dalla comunione per ottenere nuovamente la detrazione dell’intero importo dell’IVA.

82     Ciò premesso, risulterebbe incompatibile con il principio di proporzionalità negare al coniuge soggetto passivo il diritto alla deduzione unicamente sulla base del rilievo che le fatture non recano le menzioni prescritte dalla vigente normativa nazionale.

83     Ne consegue che la quarta questione dev’essere risolta nel senso che gli artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, della sesta direttiva non esigono che il soggetto disponga, per poter esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta in circostanze come quelle oggetto della causa principale, di una fattura emessa a suo nome e dalla quale risultino le frazioni del prezzo e dell’IVA corrispondenti alla sua quota di comproprietà. Una fattura rilasciata indistintamente ai coniugi in comproprietà e senza menzione di tale ripartizione è sufficiente a tal fine.

 Sulle spese

84     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, tanto nel suo testo iniziale quanto in quello risultante dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE, deve essere così interpretata:

–       una persona che acquisti o faccia costruire un edificio per abitarvi con la propria famiglia agisce in qualità di soggetto passivo e beneficia, quindi, del diritto alla deduzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva 77/388, nel caso in cui utilizzi un locale dell’immobile medesimo quale ufficio ai fini dell’esercizio, ancorché a titolo accessorio, di un’attività economica ai sensi degli artt. 2 e 4 della direttiva medesima e destini tale porzione dell’immobile al patrimonio della propria impresa;

–       nel caso in cui una comunione risultante da matrimonio, sprovvista di personalità giuridica e che non eserciti essa stessa un’attività economica ai sensi della sesta direttiva 77/388, affidi in appalto la realizzazione di un bene di investimento, i comproprietari che costituiscono tale comunione devono essere considerati, ai fini dell’applicazione della detta direttiva, quali beneficiari dell’operazione;

–       nel caso in cui due coniugi in comunione di fatto per effetto del matrimonio acquistino un bene di investimento, una porzione del quale venga utilizzata a fini professionali in modo esclusivo da uno dei due coniugi comproprietari, quest’ultimo beneficia del diritto alla deduzione dell’intero importo dell’imposta sul valore aggiunto a monte gravante sulla porzione del bene dal medesimo utilizzato ai fini della propria impresa, sempre che l’importo dedotto non ecceda i limiti della sua quota di comproprietà nel bene medesimo;

–       gli artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, della sesta direttiva 77/388 non esigono che il soggetto disponga, per poter esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta in circostanze come quelle oggetto della causa principale, di una fattura emessa a suo nome e dalla quale risultino le frazioni del prezzo e dell’imposta sul valore aggiunto corrispondenti alla sua quota di comproprietà. Una fattura rilasciata indistintamente ai coniugi in comproprietà e senza menzione di tale ripartizione è sufficiente a tal fine.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.