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Causa C-33/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

«Inadempimento di uno Stato — Artt. 17 e 18 della sesta direttiva IVA — Normativa nazionale che consente al datore di lavoro di detrarre l’IVA su forniture di carburante ai suoi dipendenti quando ne rimborsa loro il costo»

Conclusioni dell’avvocato generale C. Stix-Hackl, presentate il 14 dicembre 2004 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 10 marzo 2005 

Massime della sentenza

Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Normativa nazionale che consente al datore di lavoro di detrarre l’imposta sulle forniture di carburante ai suoi dipendenti — Carburante non esclusivamente utilizzato a fini professionali — Inammissibilità

[Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 17, n. 2, lett. a), e 18, n. 1, lett. a)]

Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 17, n. 2, lett. a), e 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, uno Stato membro che concede a dei soggetti passivi, nella fattispecie ai datori di lavoro, il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto su talune forniture di carburante a persone non soggette ad imposta, nella fattispecie ai loro dipendenti, in condizioni che non garantiscono che l’imposta dedotta si riferisca esclusivamente al carburante impiegato per le operazioni del soggetto passivo soggette ad imposta.

(v. punti 18, 26, 31 e dispositivo)





SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
10 marzo 2005(1)


«Inadempimento di uno Stato – Artt. 17 e 18 della sesta direttiva IVA – Normativa nazionale che consente al datore di lavoro di detrarre l'IVA su forniture di carburante ai suoi dipendenti quando ne rimborsa loro il costo»

Nella causa C-33/03,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 226 CE, proposto il 28 gennaio 2003,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Lyal, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalle sig.re P. Ormond e C. Jackson, in qualità di agenti, assistite dal sig. N. Pleming, QC, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,



LA CORTE (Prima Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dal sig. K. Lenaerts (relatore), dalla sig.ra N. Colneric e dai sigg. K. Schiemann e E. Juhász, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell'
11 novembre 2004,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 dicembre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1 Con il ricorso in oggetto la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, avendo accordato a soggetti passivi il diritto a dedurre l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») su talune forniture di carburante a persone non soggette ad imposta, in contrasto con quanto disposto dagli artt. 17 e 18 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato CE.


Contesto normativo

La normativa comunitaria

2 L’art. 4 della sesta direttiva stabilisce quanto segue:

«1.     Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

(…)

4.       L’espressione “in modo indipendente”, di cui al paragrafo 1, esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

(…)».

3 L’art. 17 della sesta direttiva, intitolato «Origine e portata del diritto a deduzione», così dispone:

«1.     Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

2.       Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)l’[IVA] dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)».

4 L’art. 18 della sesta direttiva, intitolato «Modalità di esercizio del diritto a deduzione», così recita:

«Per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve:

a)per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3;

(…)».

La normativa nazionale

5 Gli artt. 2 e 3 del VAT (Input Tax) (Person Supplied) Order 1991 (decreto 1991 sull’IVA; in prosieguo: il «decreto sull’IVA»), entrato in vigore il 1° dicembre 1991, recitano:

«2.     L’art. 3 si applica quando ad una persona che non è soggetto passivo viene fornito il carburante ed un soggetto passivo le paga:

a)le spese effettivamente sostenute per il carburante, oppure

b)a titolo di rimborso, un importo che, in tutto o in parte, si approssima alle spese di carburante, e il cui valore viene determinato in base:

i)alla distanza totale percorsa dal veicolo per il quale viene utilizzato il carburante (che si siano o meno incluse le distanze percorse per scopi diversi dall’attività economica del soggetto passivo) e

ii)alla cilindrata del veicolo, indipendentemente dal fatto che il soggetto passivo versi o meno un’indennità per rimborsarle altre spese.

3.       Nei casi in cui si applica il presente articolo, il carburante si considera fornito, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del Value Added Tax Act 1983 [legge sull’IVA 1983], al soggetto passivo ai fini di un’attività economica da questo esercitata e per una controprestazione il cui importo è pari all’importo da questo pagato ai sensi del precedente art. 2, lett. a) o lett. b) (con esclusione dei rimborsi di spese diverse da quelle del carburante)».

6 Occorre precisare che l’art. 14, n. 3, del Value Added Tax Act 1983 è stato sostituito, nel frattempo, dall’art. 24, n. 1, del Value Added Tax Act 1994 (legge sull’IVA 1994).

7 Sebbene il tenore degli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA sia generico, risulta che il diritto alla deduzione dell’IVA previsto da tali disposizioni riguarda il carburante rimborsato dal datore di lavoro ai suoi dipendenti, come risulta dalla nota esplicativa allegata al citato decreto, che è formulata come segue:

«Il presente decreto, che entra in vigore il 1° dicembre 1991, conferisce forza di legge ad una prassi amministrativa già in uso da molto tempo. Il decreto stabilisce che il carburante acquistato dai dipendenti si considera fornito al datore di lavoro qualora i primi ottengano il relativo rimborso per mezzo di un’indennità chilometrica o sulla base dell’importo effettivamente pagato (…)».


Procedimento precontenzioso

8 La Commissione avviava il procedimento per inadempimento di cui all’art. 226 CE, inviando al governo del Regno Unito, il 10 maggio 1995, una lettera di diffida in cui, in un primo momento, essa si limitava a denunciare una violazione dell’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. Essa affermava, infatti, che la concessione del diritto a deduzione di cui agli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA, senza che fosse necessaria l’esibizione di una fattura, non era conforme ai requisiti del detto art. 18.

9 Dopo un esame più approfondito, la Commissione rilevava che la concessione di un diritto a deduzione, nelle ipotesi previste agli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA, viola anche l’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Il 17 ottobre 1996 essa inviava al Regno Unito una lettera di diffida integrativa. Il 3 dicembre 1997 la Commissione inviava al Regno Unito una seconda lettera di diffida integrativa al fine di dissipare ogni dubbio in merito al fatto che essa riteneva incompatibile con l’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva il diritto del datore di lavoro di dedurre l’IVA in occasione del rimborso al dipendente delle spese di carburante, ai sensi dell’art. 2, lett. a) e b), di tale decreto.

10 Il Regno Unito presentava le sue osservazioni con lettere 13 luglio 1995, 16 dicembre 1996 e 28 gennaio 1998.

11 In data 14 ottobre 1998 la Commissione, non essendo soddisfatta di tali risposte, trasmetteva al Regno Unito un parere motivato e lo invitava ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere entro due mesi a decorrere dalla sua notifica.

12 Nella risposta al parere motivato, datata 15 dicembre 1998, il Regno Unito ribadiva il suo disaccordo con la posizione della Commissione.


Sul ricorso

Sulla censura vertente su una violazione dell’art. 17 della sesta direttiva

13 La Commissione sostiene che gli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA violano l’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva in quanto concedono ad un soggetto passivo il diritto alla deduzione dell’IVA sul carburante fornito ad una persona non soggetta ad imposta. Inoltre, tali disposizioni nazionali non subordinerebbero la deduzione dell’IVA da parte del soggetto passivo alla condizione che il carburante sia impiegato da parte della persona non soggetta ad imposta per le operazioni del soggetto passivo soggette ad imposta.

14 Il governo del Regno Unito sostiene che il sistema delle deduzioni previsto dalla sesta direttiva è inteso ad esonerare interamente i soggetti passivi dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito delle loro attività economiche (sentenza 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman, Racc. pag. 655, punto 19). Qualora un soggetto eserciti un’attività economica, tutti i beni e i servizi fornitigli per tale attività costituirebbero un fattore del costo delle sue operazioni e tutta l’IVA applicata a monte sulle dette operazioni dovrebbe essere quindi deducibile.

15 Costituirebbe una prassi commerciale corrente che il datore di lavoro – soggetto passivo – affidi ai suoi dipendenti – che non sono soggetti passivi – l’acquisto di beni destinati ad essere impiegati nell’ambito della sua attività professionale. Al fine di garantire che il datore di lavoro possa esercitare il suo diritto alla deduzione dell’IVA su tutti i beni che ha utilizzato per le sue operazioni soggette ad imposta, si dovrebbe tenere conto del fatto che, quando un dipendente agisce per conto del suo datore di lavoro e acquista beni che saranno utilizzati dallo stesso per le sue attività professionali, la fornitura è fatta in realtà al datore di lavoro.

16 A tale proposito, occorre ricordare anzitutto che le disposizioni di cui all’art. 17 della sesta direttiva indicano con precisione i requisiti ai quali è subordinata l’origine del diritto a deduzione nonché la portata del medesimo. Tali disposizioni non lasciano agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per quanto attiene alla loro attuazione (v. sentenze 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 35, e 8 novembre 2001, causa C-338/98, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-8265, punto 43).

17 Inoltre, dall’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva risulta che un soggetto passivo è autorizzato a dedurre l’IVA dovuta o assolta per le merci che gli sono state fornite e per i servizi che gli sono stati prestati da un altro soggetto passivo nella misura in cui i detti beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta.

18 Orbene, nel caso di specie gli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA abilitano un soggetto passivo, vale a dire il datore di lavoro, a dedurre l’IVA sul carburante fornito a persone non soggette ad imposta, vale a dire i dipendenti, qualora tale datore di lavoro rimborsi a questi ultimi le spese di carburante.

19 Certo, come sottolinea il governo del Regno Unito, i dipendenti, nell’esercizio delle loro attività professionali, agiscono generalmente per conto del datore di lavoro. Pertanto, secondo il detto governo, il datore di lavoro dovrebbe avere un diritto alla deduzione dell’IVA per il carburante acquistato dal dipendente ai fini delle operazioni del datore di lavoro soggette ad imposta.

20 Tuttavia, va rilevato che il decreto sull’IVA non subordina il diritto a deduzione da esso previsto alla condizione che il carburante acquistato dalla persona non soggetta ad imposta sia impiegato per le operazioni del soggetto passivo soggette ad imposta. Infatti, né il decreto sull’IVA né la nota esplicativa impongono come condizione per poter beneficiare della deduzione dell’IVA che il carburante acquistato dal dipendente sia impiegato per le operazioni del datore di lavoro soggette ad imposta. Al contrario, gli artt. 2, lett. b), sub i), e 3 di tale decreto, letti contestualmente, consentono al datore di lavoro di dedurre l’IVA sull’importo del carburante rimborsato al dipendente calcolato con riferimento alla distanza totale percorsa dal veicolo del dipendente «che vi siano o meno incluse le distanze percorse per scopi diversi dall’attività economica del soggetto passivo».

21 In risposta ad un quesito scritto della Corte, il governo del Regno Unito ha esplicitamente riconosciuto che «lo stesso decreto non prevede alcun nesso obbligatorio tra il diritto del datore di lavoro alla deduzione dell’IVA per il carburante acquistato da parte del dipendente e l’impiego da parte del dipendente del carburante ai fini delle operazioni del datore di lavoro soggette ad imposta».

22 Ne consegue, pertanto, che gli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA non sono compatibili con l’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva in quanto consentono ad un soggetto passivo, vale a dire il datore di lavoro, di dedurre l’IVA sul carburante fornito a persone non soggette ad imposta, vale a dire i dipendenti, in condizioni che non garantiscono che l’IVA dedotta si riferisca esclusivamente al carburante impiegato ai fini delle operazioni del soggetto passivo soggette ad imposta.

23 Il governo del Regno Unito osserva, tuttavia, che il nesso richiesto tra il diritto alla deduzione dell’IVA e l’impiego del carburante ai fini delle operazioni del soggetto passivo soggette ad imposta è garantito dalle disposizioni del Value Added Tax Act 1994, come applicate dall’amministrazione fiscale britannica. Il detto governo spiega in proposito che il sistema di rimborso che rende possibile la deduzione dell’IVA, riconosciuto dall’amministrazione fiscale, funziona nel modo seguente. Anzitutto, il dipendente consegna al datore di lavoro un conteggio dettagliato del chilometraggio, che indica quali viaggi sono stati effettuati a fini aziendali ed il corrispondente chilometraggio nonché la cilindrata del veicolo utilizzato. Il dipendente consegna inoltre al datore di lavoro le fatture relative all’acquisto del carburante. Il datore di lavoro utilizza, quindi, un elenco predisposto dal Royal Automobile Club, dall’Automobile Association o dalle UK Customs (autorità doganali britanniche), utilizzando i tassi approvati dall’Inland Revenue (amministrazione fiscale britannica), sulla base di dettagliate informazioni fornite dai produttori di veicoli per determinare il costo per chilometro del carburante in base al tipo di veicolo. Il detto sistema offrirebbe garanzie sufficienti affinché l’importo rimborsato al dipendente corrisponda alle spese di carburante realmente utilizzato da quest’ultimo per le esigenze professionali del datore di lavoro.

24 A tale proposito, va rilevato che il Value Added Tax Act 1994 costituisce una normativa generale relativa all’IVA che, ai suoi artt. 24-26, sancisce i principi della deducibilità di detta tassa. Anche se, ai sensi di tale legge, il diritto alla deduzione dell’IVA si riferisce in linea di principio ai beni e ai servizi impiegati dal soggetto passivo ai fini delle sue operazioni soggette ad imposta, esso non è tale da rendere le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA compatibili con le disposizioni di cui all’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva. Infatti, dato che, ai sensi dell’art. 3 di tale decreto, il carburante le cui spese sono rimborsate dal datore di lavoro ai suoi dipendenti è automaticamente considerato, ai fini del Value Added Tax Act 1994, fornito al soggetto passivo ai fini della sua attività professionale, la normativa nazionale in questione non garantisce che il diritto alla deduzione dell’IVA previsto dalla stessa riguardi solo il carburante effettivamente impiegato dai dipendenti ai fini delle operazioni del datore di lavoro soggette ad imposta.

25 Per quanto riguarda l’argomento del governo del Regno Unito secondo cui la prassi seguita dall’amministrazione fiscale garantirebbe l’esistenza di un nesso obbligatorio tra il diritto del datore di lavoro alla deduzione dell’IVA e l’impiego del carburante da parte dei dipendenti per le operazioni del datore di lavoro soggette ad imposta, dev’essere ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, l’incompatibilità di una normativa nazionale con le disposizioni comunitarie può essere definitivamente soppressa solo tramite disposizioni interne vincolanti che abbiano lo stesso valore giuridico di quelle da modificare. Semplici prassi amministrative non possono essere considerate un valido adempimento degli obblighi derivanti dal diritto comunitario (v., in tal senso, sentenze 13 marzo 1997, causa C-197/96, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1489, punto 14; 9 marzo 2000, causa C-358/98, Commissione/Italia, Racc. pag. I-1255, punto 17, e 7 marzo 2002, causa C-145/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2235, punto 30).

26 Pertanto, da quanto esposto sopra risulta che, avendo concesso ad un soggetto passivo il diritto di dedurre l’IVA su determinate forniture di carburante a persone non soggette ad imposta in condizioni che non garantiscono che l’IVA dedotta si riferisca esclusivamente al carburante impiegato ai fini delle operazioni del soggetto passivo soggette ad imposta, gli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA sono incompatibili con le disposizioni di cui all’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.

27 Dalle osservazioni precedenti risulta che la prima censura della Commissione è fondata.

Sulla censura vertente su una violazione dell’art. 18 della sesta direttiva

28 La Commissione sostiene che la deduzione prevista agli artt. 2 e 3 del decreto sull’IVA è concessa senza che sia richiesta l’esibizione di una fattura, in violazione dell’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.

29 Il governo del Regno Unito contesta tale censura solo nell’ipotesi in cui la prima censura non fosse fondata.

30 Alla luce di ciò, occorre rilevare che anche la censura vertente sulla violazione dell’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva è fondata.

31 Pertanto, va rilevato che, avendo accordato a soggetti passivi il diritto a dedurre l’IVA su talune forniture di carburante a persone non soggette ad imposta, in contrasto con quanto disposto dagli artt. 17, n. 2, lett. a), e 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi di tale direttiva.


Sulle spese

32 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno Unito, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1) Avendo concesso a soggetti passivi il diritto di dedurre l’imposta sul valore aggiunto su talune forniture di carburante a persone non soggette ad imposta, in contrasto con quanto disposto dagli artt. 17, n. 2, lett. a), e 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi di tale direttiva.

2) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

Firme


1 – Lingua processuale: l'inglese.