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Causa C-435/03

British American Tobacco International Ltd

e

Newman Shipping & Agency Company NV

contro

Stato belga

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hof van beroep te Antwerpen)

«Sesta direttiva IVA — Artt. 2 e 27, n. 5 — Imposta sulla cifra d’affari — Ambito di applicazione — Fatto generatore e base imponibile — Cessione di beni a titolo oneroso — Furto di merci in un deposito fiscale»

Conclusioni dell’avvocato generale M. Poiares Maduro, presentate il 25 maggio 2005 

Sentenza della Corte (Terza Sezione) 14 luglio 2005 

Massime della sentenza

1.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni imponibili — Forniture di beni effettuate a titolo oneroso — Nozione — Furto di merci — Esclusione — Merci soggette a un diritto d’accisa — Irrilevanza

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 2)

2.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Misure nazionali di deroga — Normativa che assoggetta all’imposta operazioni diverse da quelle enunciate all’art. 2 della sesta direttiva, quali il furto di merci in un deposito fiscale — Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27, n. 5)

1.     Il furto di merci non costituisce una «cessione di beni a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva 77/388 e non può dunque, in quanto tale, essere soggetto all’imposta sul valore aggiunto. La circostanza che le merci rubate siano soggette ad un diritto di accisa non ha alcuna incidenza su tale interpretazione.

(v. punto 42, dispositivo 1)

2.     L’autorizzazione ad attuare misure che facilitano il controllo della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, concessa ad uno Stato membro in base all’art. 27, n. 5, della sesta direttiva 77/388, non autorizza tale Stato ad assoggettare a questa imposta operazioni diverse da quelle enunciate all’art. 2 della detta direttiva. Una siffatta autorizzazione non può dunque fungere da fondamento giuridico per una normativa nazionale che assoggetta all’imposta sul valore aggiunto il furto di merci in un deposito fiscale.

(v. punto 49, dispositivo 2)




SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

14 luglio 2005 (*)

«Sesta direttiva IVA – Artt. 2 e 27, n. 5 – Imposta sulla cifra d’affari – Ambito di applicazione – Fatto generatore e base imponibile – Cessione di beni a titolo oneroso – Furto di merci in un deposito fiscale»

Nel procedimento C-435/03,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hof van beroep te Antwerpen (Belgio), con decisione 7 ottobre 2003, pervenuta in cancelleria il 14 ottobre 2003, nella causa tra

British American Tobacco International Ltd,

Newman Shipping & Agency Company NV

e

Stato belga,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, A. La Pergola, J.-P. Puissochet (relatore) e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la British American Tobacco International Ltd, dal sig. M. Houben, advocaat, su mandato del sig. S. Crosby, solicitor;

–       per la Newman Shipping & Agency Company NV, dai sigg. G. Huyghe e P. Hoogmartens, advocaten;

–       per il governo belga, rappresentato inizialmente dalla sig.ra D. Haven, in qualità di agente, successivamente dal sig. M. Wimmer, in qualità di agente, assistiti dal sig. Van der Woude, avocat;

–       per il governo ellenico, dal sig. S. Spyropoulos e dalla sig.ra M. Tassopoulou, in qualità di agenti;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra L. Ström van Lier e dal sig. A. Weimar, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 maggio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione, in particolare, degli artt. 2, 5 e 27 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2       Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra le società British American Tobacco International Ltd (in prosieguo: la «BATI») e Newman Shipping & Agency Company NV (in prosieguo: la «Newman»), da un lato, e lo Stato belga, dall’altro, in merito al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») su tabacchi lavorati immagazzinati in un deposito fiscale e dichiarati mancanti a seguito di furti.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       Ai sensi dell’art. 2 della direttiva:

«Sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:

1.       le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2.       le importazioni di beni».

4       L’art. 5, n. 1, della direttiva dispone come segue:

«Si considera “cessione di bene” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

5       L’art. 10, nn. 1 e 2, della direttiva così prevede:

«1.      Si considera:

a)      fatto generatore dell’imposta il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta;

b)      esigilibità dell’imposta il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito.

2.      Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. (…)».

6       Secondo l’art. 11 della direttiva, la base imponibile è costituita, per le forniture di beni, da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo.

7       A tenore dell’art. 27 della direttiva, intitolato «Misure di semplificazione»:

«1.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o a introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale.

2.      Lo Stato membro che desidera introdurre misure di cui al paragrafo 1 ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione.

(…)

5.      Gli Stati membri che al 1° gennaio 1977 applicano misure particolari del tipo di quelle di cui al paragrafo 1 possono mantenerle purché le notifichino alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978 e purché tali misure siano conformi, se si tratta di misure destinate a semplificare la riscossione dell’imposta, al criterio definito al paragrafo 1».

8       La direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), ai sensi dell’art. 3, n. 1, è applicabile, in particolare, ai tabacchi lavorati.

9       L’art. 6, n. 1, della direttiva 92/12 prevede quanto segue:

«L’accisa diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi che dovranno essere soggetti ad accisa ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3.

Si considera immissione in consumo di prodotti soggetti ad accisa:

a)      lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo;

(…)».

 La normativa nazionale

10     L’art. 58, n. 1, del codice IVA belga dispone quanto segue:

«Per ciò che riguarda i tabacchi lavorati che sono importati, acquisiti ai sensi dell’art. 25 ter o prodotti in Belgio, l’imposta viene riscossa ogniqualvolta, in base alle disposizioni legislative o regolamentari relative al regime fiscale dei tabacchi, debba essere riscosso il diritto di accisa. (…)

(…)

L’imposta così riscossa ha valore d’imposta alla quale sono soggetti l’importazione, gli acquisti intracomunitari e le cessioni di tabacchi lavorati.

Il Re determina le modalità di riscossione dell’imposta applicabile ai tabacchi lavorati e i soggetti tenuti al pagamento di essa».

11     L’art. 58, n. 1, del codice IVA era in vigore all’epoca dell’adozione della direttiva. In applicazione dell’art. 27, n. 5, di questa, il 19 dicembre 1977 il Regno del Belgio ha notificato l’art. 58 alla Commissione. Il testo di questa notificazione era del seguente tenore:

«B. Pagamento dell’imposta in una fase preliminare.

1.      Tabacchi lavorati

Al fine di facilitare il controllo della riscossione dell’IVA in questo settore, l’imposta che è dovuta in occasione dell’importazione e della cessione di tabacchi lavorati è riscossa contemporaneamente all’accisa. Al momento dell’acquisto dei contrassegni fiscali da parte del produttore o dell’importatore, l’IVA è, infatti, pagata sul prezzo che il consumatore deve versare. Non è percepita alcuna IVA agli stadi successivi, ma ovviamente non può essere operata alcuna deduzione. Tutte le vendite di tabacchi lavorati devono essere fatturate imposta compresa (…)».

12     Ai sensi dell’art. 1 del regio decreto 29 dicembre 1992, n. 13, relativo alla disciplina dei tabacchi lavorati in materia di imposta sul valore aggiunto (Belgisch Staatsblad del 31 dicembre 1992, pag. 28086; in prosieguo: il «regio decreto n. 13»):

«L’imposta sul valore aggiunto applicata ai tabacchi lavorati (…) è esigibile contemporaneamente al diritto di accisa.

(…)»

 Causa principale e questioni pregiudiziali

13     La Newman gestisce un deposito fiscale ad Anversa, dove erano depositati tabacchi lavorati prodotti e imballati in Belgio dalla BATI, proprietaria di tali merci. Su di esse non era apposto alcun contrassegno fiscale.

14     In questo deposito sono stati commessi furti di sigarette il 4 dicembre 1995 e il 29 gennaio 1996, così come nella notte tra il 14 e il 15 giugno 1998. Tali furti sono stati denunciati alla polizia.

15     L’amministrazione belga delle dogane e accise ha notificato alla Newman una cartella di pagamento intimandole di versare, per le sigarette mancanti, i diritti di accisa e l’IVA, in conformità alla disciplina istituita dall’art. 58, n. 1, del codice IVA. A seguito di un reclamo infruttuoso, la Newman ha pagato gli importi pretesi, riservandosi ogni diritto per quanto riguarda l’IVA. La BATI ha integralmente rimborsato detti importi alla Newman.

16     La Newman e la BATI hanno proposto ricorso avverso lo Stato belga, finalizzato al rimborso degli importi versati, dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen.

17     Tale ricorso è stato respinto con sentenza 4 aprile 2001. Con questa sentenza il detto giudice ha dichiarato che per gli ammanchi di merci a seguito di furti era dovuto il diritto di accisa e che, pertanto, ai sensi dell’art. 58, n. 1, del codice IVA e dell’art. 1 del regio decreto n. 13, per dette merci era esigibile anche l’IVA. Inoltre, il Rechtbank van eerste aanleg ha stabilito che tali disposizioni avevano lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta e che erano conformi all’art. 27 della direttiva.

18     Il 7 maggio 2001 le ricorrenti nella causa principale hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi allo Hof van beroep te Antwerpen.

19     Per quanto concerne il diritto d’accisa, il detto giudice ha accertato che tra le parti era stata conclusa ed eseguita una transazione, che metteva così fine alla contestazione vertente sull’esigibilità di tale diritto.

20     Per quanto riguarda l’IVA, lo Hof van beroep te Antwerpen ha rilevato che, se il punto di vista dell’amministrazione delle dogane ed accise, accolto dal giudice di primo grado, fosse condivisibile, non sarebbe necessario accertare se il furto delle merci possa essere qualificato come «cessione di beni» ai sensi della direttiva. Il fatto generatore dell’IVA non sarebbe né la cessione del bene né la sua importazione, bensì la riscossione del diritto d’accisa.

21     Lo Hof van beroep te Antwerpen, considerando dunque che il motivo sollevato dalle ricorrenti nella causa principale, relativo alla mancanza di conformità con la direttiva della disciplina istituita dall’art. 58, n. 1, del codice IVA e dall’art. 1 del decreto regio n. 13, presentasse una certa gravità, ha deciso di sospendere il processo e sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se possa sussistere una cessione, ai sensi della direttiva (…), con la conseguenza che [l’IVA] può essere riscossa:

–       in mancanza di un corrispettivo o di un’operazione a titolo oneroso;

–       in mancanza del trasferimento del diritto di disporre liberamente dei beni come proprietario;

–       qualora i beni non possano essere lecitamente immessi sul mercato in quanto si tratta di merci rubate e di merci di contrabbando.

2)      Se la soluzione della prima questione sia diversa qualora si tratti di prodotti soggetti ad accisa, in particolare di tabacchi lavorati.

3)      Se, qualora non vengano riscosse accise sui prodotti soggetti ad accisa, la riscossione dell’IVA sia compatibile con le disposizioni della direttiva (…).

4)      Se gli Stati membri possano integrare le categorie di operazioni assoggettate all’IVA procedendo ad una notificazione ai sensi dell’art. 27, nn. 2 o 5, della direttiva (…), al fine di imporre l’IVA a livello nazionale in caso di furto di prodotti soggetti ad accisa in un deposito fiscale, oppure se l’art. 2 della direttiva (…) sia tassativo.

5)      Se, in caso di notifica, ai sensi dell’art. 27, n. 5, della direttiva (…), che si riferisca solo al pagamento anticipato dell’IVA a mezzo di contrassegni fiscali, uno Stato membro sia legittimato ad integrare le categorie di operazioni soggette ad IVA, ad esempio imponendo il pagamento dell’IVA allorché i prodotti soggetti ad accisa sono stati rubati da un deposito fiscale».

 Sulla pertinenza delle questioni pregiudiziali

22     A titolo preliminare si deve rispondere all’argomento del governo belga secondo il quale le questioni sollevate dal giudice del rinvio non sarebbero pertinenti e dovrebbero essere interamente riformulate.

23     Il governo belga afferma che dette questioni derivano da un’interpretazione erronea delle disposizioni dell’art. 58, n. 1, del codice IVA, che il governo stesso è stato autorizzato dal Consiglio a mantenere in applicazione dell’art. 27, n. 5, della direttiva.

24     Queste disposizioni avrebbero il solo scopo di facilitare la riscossione dell’IVA, prima che intervenga il fatto generatore di questa, e non creerebbero una nuova categoria di operazioni imponibili, non prevista dalla direttiva. L’IVA così pagata sarebbe definitivamente acquisita dallo Stato soltanto se questo debito IVA anticipato potesse, in seguito, essere imputato ad un’operazione imponibile.

25     Se, in definitiva, questa imputazione non fosse possibile, in mancanza di un’operazione imponibile successiva, il soggetto passivo beneficerebbe di una restituzione dell’importo dell’IVA, in conformità dell’art. 77 del codice IVA e degli artt. 5 e 11 del decreto regio n. 13. Ciò si potrebbe verificare, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, se l’impresa dimostrasse che le merci mancanti sono state effettivamente rubate e che non sono state cedute. Il regime notificato il 19 dicembre 1977 non avrebbe dunque alcuna incidenza sulla nozione di «cessione di beni» ai sensi dell’art. 2 della direttiva, ragion per cui la quarta e la quinta questione pregiudiziale sarebbero prive di utilità per risolvere la controversia principale. Perciò, anche la prima, la seconda e la terza questione sarebbero prive di pertinenza.

26     Tuttavia, l’argomento del governo belga non consente di affermare che le questioni pregiudiziali siano prive di utilità per il giudice di rinvio.

27     Da una parte, non emerge dai termini dell’ordinanza di rinvio che la restituzione dell’IVA pagata in anticipo sia possibile in caso di furto di merci soggette a un diritto d’accisa.

28     D’altra parte, quand’anche questa possibilità fosse prevista in un caso siffatto dalla normativa nazionale, le condizioni richieste in materia di prova per poter fruire della restituzione solo raramente potrebbero essere soddisfatte. Infatti, emerge dalla risposta del governo belga al quesito scritto posto dalla Corte, relativo a queste condizioni di prova, che la persona vittima di un furto di merci potrebbe ottenere la restituzione dell’IVA soltanto se riuscisse a dimostrare, in primo luogo, che le merci sono state effettivamente rubate e, in secondo luogo, che dopo il furto, esse non state messe in commercio. La prova di un tale fatto negativo che verrebbe così richiesta, oltre ad essere inaccessibile alla conoscenza della vittima del furto, renderebbe praticamente impossibile l’esercizio del diritto alla restituzione (v. in questo senso, a proposito della restituzione di imposte stabilite in violazione del diritto comunitario, sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 14, e 9 febbraio 1999, causa C-343/96, Dilexport, Racc. pag. I-579, punto 48).

29     Emerge dall’ordinanza di rinvio che i prodotti del tabacco in questione nella causa principale sono stati effettivamente rubati. Il fatto che il pagamento dell’IVA su tali beni sottoposti ad accisa sia stato chiesto proprio in seguito al furto dimostra effettivamente come sia stato il furto stesso a provocare l’assoggettamento a tale imposta. Non è stato un altro avvenimento successivo, come un’eventuale introduzione delle merci nel circuito commerciale da parte dei ladri, a costituire il fatto decisivo. Pertanto, è proprio il furto stesso che è stato eretto a fatto generatore dell’IVA da parte dell’amministrazione fiscale belga.

30     In questo contesto è necessario esaminare le questioni sollevate dal giudice di rinvio.

 Sulla prima, sulla seconda e sulla terza questione

31     Con tali questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio cerca di sapere, da un lato, se il furto di merci possa essere inteso come una «cessione di beni a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della direttiva e, di conseguenza, soggetto all’IVA e, dall’altro, se il fatto che si tratti, nella causa principale, di merci soggette ad un diritto di accisa abbia un’incidenza su tale interpretazione.

32     In primo luogo, così come affermato giustamente dalle ricorrenti nella causa principale e dalla Commissione, il furto di merci non dà luogo, per definizione, ad un qualsivoglia corrispettivo finanziario a favore della persona che ne è vittima. Esso non può dunque, in quanto tale, essere considerato come una cessione di beni effettuata «a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della direttiva (v., in tal senso, sentenza 3 marzo 1994, causa C-16/93, Tolsma, Racc. pag. I-743, punto 14).

33     Inoltre, il furto di merci non rientra nella nozione di «cessione di beni», come risulta dalla direttiva.

34     Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva «[s]i considera “cessione di un bene” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

35     Risulta dal testo di tale norma che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. Questa concezione è conforme alla finalità della direttiva, che mira, fra l’altro, a basare il sistema comune dell’IVA su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (sentenza 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, Racc. pag. I-285, punti 7 e 8).

36     Orbene, il furto di merci fa di colui che lo commette il semplice detentore di queste. Esso non ha per effetto di autorizzare il suo autore a disporre delle merci alle stesse condizioni del loro proprietario. Il furto non può dunque essere considerato come operante un trasferimento tra la parte che ne è stata vittima e l’autore dell’infrazione, ai sensi della disposizione citata della direttiva.

37     Infine, contrariamente a ciò che sostengono i governi belga ed ellenico, il principio di neutralità fiscale non impone in alcun modo di equiparare il furto di merci ad una cessione di beni e non osta all’interpretazione secondo la quale tale furto non costituisce, in quanto tale, un’operazione soggetta all’IVA.

38     Certamente l’importazione e la cessione illegali di beni quali i tabacchi lavorati di cui alla causa principale, che non sono vietati a causa della loro natura o delle loro particolari caratteristiche, sono soggette all’IVA, dal momento che tali beni sono idonei ad essere immessi lecitamente in commercio e inseriti nel circuito economico. Inoltre, il principio di neutralità fiscale si oppone ad una distinzione generale fra le transazioni lecite e le transazioni illecite (v., in tal senso, sentenza 29 giugno 2000, causa C-455/98, Salumets e a., Racc. pag. I-4993, punti 19 e 20).

39     Tuttavia, l’IVA è esigibile in tali ipotesi, poiché il fatto generatore dell’imposta, che è l’importazione o la cessione delle merci, è avvenuto successivamente al furto e poiché si è potuto individuare il corrispettivo di tale operazione, che costituisce la base imponibile dell’imposta.

40     Orbene, come la Commissione ha osservato, una tale analisi non si può applicare al furto in quanto tale, che non costituisce di per sé un fatto generatore dell’imposta. Essa non può neppure giustificare che l’operazione ulteriore, persino probabile, di immissione in commercio delle merci rubate sia attribuita alla vittima del furto, che non è quella che importa o cede effettivamente le dette merci. Inoltre, se il furto fosse considerato, in nome del principio di neutralità fiscale, come un fatto generatore dell’imposta, indipendentemente da ogni importazione o cessione e, quindi, in mancanza di un corrispettivo individuabile, la base imponibile dell’imposta sarebbe puramente fittizia.

41     Quanto al fatto che talune merci, come quelle di cui alla causa principale, siano soggette ad un diritto di accisa, esso non ha incidenza sul senso della risposta che occorre fornire al giudice del rinvio. Infatti, nessuna disposizione della direttiva collega l’esigibilità dell’IVA alle accise. Il fatto generatore dell’IVA, attraverso il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta, è la cessione o l’importazione della merce, non la riscossione di diritti d’accisa su quest’ultima.

42     Occorre, di conseguenza, risolvere la prima, la seconda e la terza questione dichiarando che il furto di merci non costituisce una «cessione di beni a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della direttiva e non può dunque, in quanto tale, essere soggetto all’IVA. La circostanza che merci come quelle di cui alla causa principale siano soggette ad un diritto di accisa non ha alcuna incidenza su tale interpretazione.

 Sulla quarta e sulla quinta questione

43     Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro che, in applicazione dell’art. 27, n. 5, della direttiva, è stato autorizzato ad attuare modalità di pagamento anticipato dell’IVA a mezzo di contrassegni fiscali sia legittimato, in base alla stessa autorizzazione, ad assoggettare ad IVA operazioni diverse da quelle previste all’art. 2 della direttiva, applicando quest’imposta a prodotti soggetti ad accisa rubati da un deposito fiscale.

44     Come la Corte ha già dichiarato, le misure nazionali di deroga di cui all’art. 27, n. 5, della direttiva, consentite «allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali», devono essere interpretate in senso stretto (v., in tal senso, sentenza 10 aprile 1984, causa 324/82, Commissione/Belgio, Racc. pag. 1861, punto 29). Esse non possono derogare al rispetto della base imponibile dell’IVA di cui all’art. 11 della direttiva se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo (sentenza 29 maggio 1997, causa C-63/96, Skripalle, Racc. pag. I-2847, punto 24). L’autorizzazione accordata in applicazione dell’art. 27, n. 5, della direttiva non può quindi estendersi oltre la finalità per la quale è stata domandata (v., in tal senso, sentenza Skripalle, citata, punto 30).

45     Orbene, come ammette il governo belga, le misure che il Regno del Belgio è stato autorizzato a mantenere, in applicazione dell’art. 27, n. 5, della direttiva, hanno il solo scopo di «facilitare il controllo della riscossione dell’IVA», prevedendo, in particolare, che questa sia riscossa contemporaneamente ai diritti d’accisa, prima che si verifichi il fatto generatore dell’imposta. Queste misure vertono quindi sul momento dell’esigibilità di quest’ultima, in modo che esso coincida con quello della riscossione dei diritti d’accisa. Esse non riguardano le norme che definiscono le operazioni soggette ad IVA e non possono dunque creare una nuova categoria di operazioni imponibili, non previste dalla direttiva.

46     Vero è che il mantenimento di tali misure è stato autorizzato dal Consiglio al tempo stesso per semplificare la riscossione dell’imposta e lottare contro la frode o l’evasione fiscale, così come attestano i termini della notificazione effettuata in applicazione dell’art. 27, n. 5, della direttiva («al fine di facilitare il controllo della riscossione dell’IVA»). Tuttavia, la circostanza che l’autorizzazione abbia avuto altresì per finalità la lotta contro la frode o l’evasione fiscale non ha l’effetto di autorizzare il Regno del Belgio ad assoggettare ad IVA operazioni diverse da quelle enunciate all’art. 2 della direttiva.

47     Comunque, contrariamente a quanto sostiene il governo ellenico, la creazione di una categoria di operazioni che rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVA e non prevista dagli artt. 2 e 10 della direttiva non può interpretarsi come una deroga strettamente necessaria per evitare un rischio di frode o d’evasione fiscale e non può, di conseguenza, essere legittimamente adottata o mantenuta in base all’art. 27, n. 5, della direttiva (v., in tal senso, a proposito di modifiche di portata troppo generale della base imponibile dell’IVA, sentenze Commissione/Belgio, citata, punto 31; 9 luglio 1992, causa C-131/91, «K» Line Air Service Europe,Racc. pag. I-4513, punti 24 e 25, nonché Skripalle, citata, punti 26 e 31).

48     Quindi, l’autorizzazione concessa al Regno del Belgio in base all’art. 27, n. 5, della direttiva non ha affatto autorizzato questo Stato membro ad assoggettare il furto di tabacchi lavorati all’IVA.

49     Occorre dunque risolvere la quarta e la quinta questione dichiarando che l’autorizzazione ad attuare misure che facilitano il controllo della riscossione dell’IVA, concessa ad uno Stato membro in base all’art. 27, n. 5, della direttiva, non autorizza tale Stato ad assoggettare a questa imposta operazioni diverse da quelle enunciate all’art. 2 della direttiva. Una siffatta autorizzazione non può dunque fungere da fondamento giuridico per una normativa nazionale che assoggetta all’IVA il furto di merci in un deposito fiscale.

 Sulle spese

50     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice di rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Il furto di merci non costituisce una «cessione di beni a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, e non può dunque, in quanto tale, essere soggetto all’imposta sul valore aggiunto. La circostanza che merci come quelle di cui alla causa principale siano soggette ad un diritto di accisa non ha alcuna incidenza su tale interpretazione.

2)      L’autorizzazione ad attuare misure che facilitano il controllo della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, concessa ad uno Stato membro in base all’art. 27, n. 5, della sesta direttiva 77/388, non autorizza tale Stato ad assoggettare a questa imposta operazioni diverse da quelle enunciate all’art. 2 della detta direttiva. Una siffatta autorizzazione non può dunque fungere da fondamento giuridico per una normativa nazionale che assoggetta all’imposta sul valore aggiunto il furto di merci in un deposito fiscale.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.