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Causa C-533/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Regolamento (CE) n. 1798/2003 — Direttiva 2003/93/CE — Scelta del fondamento normativo»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 2 giugno 2005 

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 26 gennaio 2006 

Massime della sentenza

Ravvicinamento delle legislazioni — Art. 95 CE — Ambito di applicazione

[Artt. 93 CE, 94 CE e 95 CE; regolamento (CE) del Consiglio n. 1798/2003; direttiva del Consiglio 2003/93/CE]

Le parole «disposizioni fiscali» contenute nell’art. 95, n. 2, CE comprendono non solo tutti i settori della fiscalità, senza differenziare il tipo di imposte o di tasse interessate, ma anche tutti gli aspetti di tale materia, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di norme sostanziali o procedurali.

A tal riguardo, sia il regolamento n. 1798/2003, relativo alla cooperazione amministrativa in materia di imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento n. 218/92, adottato in base all’art. 93 CE, sia la direttiva 2003/93, che modifica la direttiva 77/799 relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, adottata in base agli artt. 93 CE e 94 CE, hanno come scopo e contenuto il ravvicinamento di disposizioni procedurali in materia fiscale.

Pertanto, l’art. 95, n. 1, CE non costituisce il giusto fondamento normativo per l’adozione del regolamento n. 1798/2023 e della direttiva 2003/93.

(v. punti 47, 59-60, 62-64)





SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

26 gennaio 2006 (*)

«Regolamento (CE) n. 1798/2003 – Direttiva 2003/93/CE – Scelta del fondamento normativo»

Nella causa C-533/03,

avente ad oggetto un ricorso d’annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 19 dicembre 2003,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Lyal, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalle sig.re A.-M. Colaert e E. Karlsson, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Irlanda, rappresentata dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dal sig. A. Collins, SC, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Fernandes, in qualità di agente,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra R. Caudwell, in qualità di agente, assistita dal sig. D. Wyatt, QC, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dal sig. R. Schintgen (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dai sigg. P. Kūris e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 giugno 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte, da un lato, di annullare il regolamento (CE) del Consiglio 7 ottobre 2003, n. 1798, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92 (GU L 264, pag. 1), nonché la direttiva del Consiglio 7 ottobre 2003, 2003/93/CE, che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette (GU L 264, pag. 23; in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati»), e, dall’altro, di mantenere gli effetti di tali due provvedimenti fino all’entrata in vigore degli atti che li sostituiscono, adottati sulla base di un fondamento giuridico corretto.

2       Con ordinanza del suo presidente 8 giugno 2004 la Corte ha ammesso come intervenienti a sostegno del Consiglio dell’Unione europea, che chiede il rigetto del ricorso, l’Irlanda, la Repubblica portoghese ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

 Fatti all’origine della controversia e contesto normativo

3       La direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette, di talune accise e imposte sui premi assicurativi (GU L 336, pag. 15), prevede, conformemente al suo art. 1, n. 1, che le competenti autorità degli Stati membri si scambino ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio. Ai sensi degli artt. 2-4 di tale direttiva, tali informazioni sono scambiate, secondo i casi, o su richiesta o automaticamente oppure ancora spontaneamente. Tuttavia, come recita il suo art. 8, la detta direttiva non impone l’obbligo di far eseguire ricerche o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la prassi amministrativa dello Stato membro che dovrebbe fornire le informazioni non autorizzano l’autorità competente né ad effettuare tali ricerche, né a raccogliere o ad utilizzare le dette informazioni per le necessità dello Stato.

4       Il regolamento (CEE) del Consiglio 27 gennaio 1992, n. 218, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA) (GU L 24, pag. 1), stabilisce un sistema di scambio di informazioni fra le autorità competenti degli Stati membri sulle transazioni intracomunitarie allo scopo di ridurre il rischio di frodi legato all’eliminazione dei controlli fiscali alle frontiere interne.

5       Il 18 giugno 2001 la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU C 270 E, pag. 87) e una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva [77/799] (GU C 270 E, pag. 96). Tali proposte, che erano finalizzate a consolidare e a rafforzare le disposizioni sulla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») contenute nella detta direttiva e nel regolamento n. 218/92, ad escludere l’IVA dall’ambito di applicazione di quest’ultima e ad includervi le imposte sui premi assicurativi, erano fondate sull’art. 95 CE.

6       Il 6 febbraio 2002 il Parlamento europeo ha espresso in prima lettura un parere favorevole sulla proposta di regolamento, epperò con una lieve modifica (GU C 284, pag. 178).

7       Il Consiglio ha apportato alcune modifiche alle dette proposte e ha deciso di cambiarne il fondamento normativo, giacché esse concernevano questioni fiscali e potevano pertanto essere adottate soltanto sulla base degli artt. 93 CE e 94 CE. Il Parlamento è stato perciò consultato una seconda volta. Con risoluzione 2 settembre 2003 esso ha confermato di ritenere fondamento normativo adeguato per l’adozione dei due atti l’art. 95 CE.

8       Il 7 ottobre 2003 il Consiglio ha adottato il regolamento n. 1798/2003 sul fondamento dell’art. 93 CE e la direttiva 2003/93 sul fondamento degli artt. 93 CE e 94 CE.

9       In seguito all’adozione del detto regolamento la Commissione ha fatto scrivere nel verbale della sessione del Consiglio che in quel giorno è stata tenuta una comunicazione in cui essa «prende atto che il Consiglio ha adottato all’unanimità un testo relativo a un regolamento sulla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto fondato sull’articolo 93, nonché un testo relativo a una direttiva sulla reciproca assistenza nel settore delle imposte dirette e indirette fondata sugli articoli 93 e 94 del Trattato. Essa ribadisce la propria posizione, in linea con la sua proposta originaria, secondo la quale la base giuridica dovrebbe essere l’articolo 95 del Trattato. La Commissione ricorda che l’obiettivo principale del regolamento e della direttiva non è armonizzare le disposizioni fiscali bensì garantire lo scambio di informazioni tra Stati membri».

10     I primi cinque ‘considerando’ del regolamento n. 1798/2003 recitano quanto segue:

«(1)      La pratica della frode e dell’evasione fiscal[i] al di là dei confini degli Stati membri non solo conduce a perdite di bilancio, ma lede anche il principio della giustizia fiscale e può provocare distorsioni dei movimenti di capitali e delle condizioni di concorrenza. Pertanto essa pregiudica il funzionamento del mercato interno.

(2)      La lotta contro le frodi relative all’imposta sul valore aggiunto (IVA) esige una stretta cooperazione tra le autorità amministrative che, in ciascuno degli Stati membri, sono incaricate dell’applicazione delle disposizioni in materia.

(3)      Le misure di armonizzazione delle disposizioni fiscali adottate per completare il mercato interno dovrebbero pertanto comprendere l’istituzione di un sistema comune di scambio d’informazioni tra gli Stati membri nell’ambito del quale le autorità amministrative degli Stati membri sono tenute a prestarsi mutua assistenza e a collaborare con la Commissione al fine di assicurare la corretta applicazione dell’IVA alla fornitura di beni e alla prestazione di servizi, all’acquisizione intracomunitaria di beni e all’importazione di beni.

(4)      La memorizzazione e la trasmissione elettronica di taluni dati ai fini del controllo dell’IVA è indispensabile per il corretto funzionamento del regime dell’IVA.

(5)      Le condizioni per lo scambio e l’accesso diretto degli Stati membri ai dati memorizzati elettronicamente in ciascuno Stato membro dovrebbero essere definite in maniera chiara. Gli operatori dovrebbero avere accesso a tali dati, se necessario, ai fini del rispetto dei loro obblighi».

11     L’art. 1 del regolamento n. 1798/2003 dispone:

«1. Il presente regolamento stabilisce le condizioni secondo le quali le autorità amministrative degli Stati membri preposte all’applicazione della legislazione relativa all’IVA alla fornitura di beni e alla prestazione di servizi, all’acquisizione intracomunitaria di beni e all’importazione di beni devono collaborare tra loro e con la Commissione allo scopo di assicurare l’osservanza di tale legislazione.

A tal fine esso definisce norme e procedure che consentono alle autorità competenti degli Stati membri di collaborare e di scambiare tra loro ogni informazione che possa consentire loro di accertare correttamente tale imposta.

Il presente regolamento inoltre definisce norme e procedure per lo scambio di alcune informazioni con mezzi elettronici, in particolare per quanto riguarda l’IVA sulle operazioni intracomunitarie.

Per il periodo di cui all’articolo 4 della direttiva 2002/38/CE (…) esso prevede altresì norme e procedure per lo scambio con mezzi elettronici di informazioni relative all’imposta sul valore aggiunto su servizi prestati con mezzi elettronici conformemente al regime particolare di cui all’articolo 26 quater della direttiva 77/388/CEE, ed anche per eventuali altri scambi di informazioni e, per quanto riguarda i servizi coperti da detto regime particolare, per i trasferimenti di denaro tra le autorità competenti degli Stati membri.

2. Il presente regolamento fa salva l’applicazione negli Stati membri delle norme di mutua assistenza giudiziaria in materia penale».

12     Ai termini dell’art. 5 del detto regolamento:

«1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata comunica le informazioni di cui all’articolo 1, anche in relazione a uno o più casi specifici.

2. Ai fini della comunicazione di informazioni di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata fa eseguire le indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni in oggetto.

3. La richiesta di cui al paragrafo 1 può contenere una richiesta motivata relativa ad un’indagine amministrativa specifica. Se lo Stato membro ritiene che non siano necessarie indagini amministrative, comunica immediatamente all’autorità richiedente le ragioni di questo parere.

4. Per procurarsi le informazioni richieste o condurre l’indagine amministrativa richiesta l’autorità interpellata, o l’autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro».

13     L’art. 11, nn. 1 e 2, del medesimo regolamento enuncia:

«1. Previo accordo fra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata e secondo le modalità fissate da quest’ultima, agenti debitamente autorizzati dalla prima possono essere presenti negli uffici in cui esercitano le loro funzioni le autorità amministrative dello Stato membro nel quale ha sede l’autorità interpellata per scambiare le informazioni di cui all’articolo 1. Qualora le informazioni richieste siano contenute in una documentazione cui possono accedere gli agenti dell’autorità interpellata, agli agenti dell’autorità richiedente è data copia della documentazione che riporta le informazioni richieste.

2. Previo accordo tra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata e in base alle modalità stabilite da quest’ultima, agenti designati dall’autorità richiedente possono essere presenti durante le indagini amministrative al fine di scambiare le informazioni di cui all’articolo 1. Le indagini amministrative sono svolte esclusivamente dagli agenti dell’autorità interpellata. Gli agenti dell’autorità richiedente non esercitano i poteri di controllo di cui sono titolari gli agenti dell’autorità interpellata. Tuttavia possono avere accesso agli stessi locali e agli stessi documenti cui hanno accesso questi ultimi, per loro tramite ed esclusivamente ai fini dell’indagine amministrativa in corso».

14     L’art. 17 del regolamento n. 1798/2003 così recita:

«Salvo il disposto dei capi V e VI, l’autorità competente di ogni Stato membro procede ad uno scambio automatico o a uno scambio automatico organizzato delle informazioni di cui all’articolo 1 con l’autorità competente di ogni altro Stato membro interessato nelle seguenti situazioni:

1)      se la tassazione deve aver luogo nello Stato membro di destinazione e l’efficacia del sistema di controllo dipende necessariamente dalle informazioni fornite dallo Stato membro di origine;

2)      se uno Stato membro ha motivo di credere che nell’altro Stato membro è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull’IVA;

3)      se esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell’altro Stato membro».

15     L’art. 22, n. 1, del detto regolamento dispone:

«Ciascuno Stato membro tiene una banca dati elettronica nella quale archivia ed elabora le informazioni che raccoglie a norma dell’articolo 22, paragrafo 6, lettera b), nella versione dell’articolo 28 nonies, della direttiva 77/388/CEE.

Per consentire l’uso di tali informazioni nell’ambito delle procedure previste dal presente regolamento si procede alla loro archiviazione per un periodo di almeno cinque anni a decorrere dalla fine dell’anno civile in cui si deve consentire l’accesso alle medesime».

16     L’art. 23 del medesimo regolamento è del seguente tenore:

«Sulla base delle informazioni archiviate a norma dell’articolo 22, l’autorità competente di uno Stato membro ottiene da ogni altro Stato membro comunicazione automatica e immediata delle seguenti informazioni, alle quali essa può anche accedere direttamente:

1)      i numeri di identificazione IVA attribuiti dallo Stato membro che riceve le informazioni;

2)      il valore totale di tutte le forniture intracomunitarie di beni effettuate alle persone titolari di detti numeri da tutti gli operatori identificati ai fini dell’IVA nello Stato membro che fornisce le informazioni.

I valori di cui al punto 2 sono espressi nella moneta dello Stato membro che fornisce le informazioni e si riferiscono a trimestri dell’anno civile».

17     A norma dell’art. 24 del regolamento n. 1798/2003:

«Sulla base delle informazioni archiviate a norma dell’articolo 22 e unicamente per prevenire violazioni della legislazione in materia di IVA, l’autorità competente di uno Stato membro ottiene, quando lo ritenga necessario per controllare le acquisizioni intracomunitarie di beni, comunicazione automatica e immediata di tutte le informazioni seguenti, alle quali essa può anche accedere direttamente con mezzi elettronici:

1)      i numeri di identificazione IVA delle persone che hanno effettuato le forniture di cui all’articolo 23, punto 2; e

2)      il valore totale delle forniture suddette effettuate da ognuna di tali persone per ciascuna persona interessata titolare di un numero di identificazione IVA di cui all’articolo 23, punto 1.

I valori di cui al punto 2 sono espressi nella moneta dello Stato membro che fornisce le informazioni e si riferiscono a trimestri dell’anno civile».

18     L’art. 27, nn. 1-3, del detto regolamento prevede:

«1. Ciascuno Stato membro detiene una banca dati elettronica in cui è contenuto un registro delle persone alle quali è stato rilasciato un numero d’identificazione IVA in tale Stato membro.

2. In qualsiasi momento l’autorità competente di uno Stato membro può ottenere direttamente o farsi trasmettere, sulla base dei dati archiviati a norma dell’articolo 22, conferma della validità del numero di identificazione IVA sotto il quale una persona ha effettuato o ricevuto una fornitura intracomunitaria di beni o una prestazione intracomunitaria di servizi.

Su specifica richiesta, l’autorità interpellata comunica altresì la data del rilascio e, se del caso, la data di scadenza della validità del numero di identificazione IVA.

3. Su apposita richiesta, l’autorità competente comunica anche, senza indugio, il nome e l’indirizzo della persona cui è stato rilasciato il numero, purché tali informazioni non vengano archiviate dall’autorità richiedente per essere eventualmente utilizzate in seguito».

19     Ai termini dell’art. 41, n. 5, sempre del regolamento n. 1798/2003:

«Ai fini della corretta applicazione del presente regolamento, gli Stati membri limitano la portata degli obblighi e dei diritti previsti dall’articolo 10, dall’articolo 11, paragrafo 1, dall’articolo 12 e dall’articolo 21 della direttiva 95/46/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31),] nella misura in cui ciò sia necessario al fine di salvaguardare gli interessi di cui all’articolo 13, lettera e), della medesima».

20     Dai ‘considerando’ e dall’art. 1, punto 1, della direttiva 2003/93 risulta che quest’ultima estende l’ambito di applicazione della direttiva 77/799 alle imposte sui premi assicurativi di cui alla direttiva del Consiglio 15 marzo 1976, 76/308/CEE, relativa all’assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli e dei dazi doganali (GU L 73, pag. 18).

21     La direttiva 2003/93 sostituisce, inoltre, come segue la versione iniziale dell’art. 7, n. 1, della direttiva 77/799:

«Tutte le informazioni che uno Stato membro abbia ottenuto in virtù della presente direttiva devono essere tenute segrete in tale Stato, allo stesso modo delle informazioni raccolte in applicazione della legislazione nazionale. Tuttavia, tali informazioni:

–       devono essere accessibili soltanto alle persone direttamente interessate alle operazioni di accertamento o di controllo amministrativo dell’accertamento dell’imposta,

–       devono essere rese note solo in occasione di un procedimento giudiziario, di un procedimento penale o di un procedimento che comporti l’applicazione di sanzioni amministrative, avviate ai fini o in relazione con l’accertamento o il controllo dell’accertamento dell’imposta ed unicamente alle persone che intervengono direttamente in tali procedimenti; tali informazioni possono tuttavia essere riferite nel corso di pubbliche udienze o nelle sentenze, qualora l’autorità competente dello Stato membro che fornisce le informazioni non vi si opponga;

–       non devono essere utilizzate in nessun caso per fini diversi da quelli fissati o ai fini di un procedimento giudiziario o di un procedimento che comporti l’applicazione di sanzioni amministrative avviate ai fini o in relazione con l’accertamento o il controllo dell’accertamento dell’imposta.

Inoltre, gli Stati membri possono fornire le informazioni di cui al primo comma da usare per accertare altri contributi, dazi e imposte contemplati dall’articolo 2 della direttiva 76/308/CEE (…)».

22     Ritenendo che gli atti impugnati avrebbero dovuto essere adottati sul fondamento dell’art. 95 CE, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Quanto al ricorso

 Argomenti delle parti

23     La Commissione sostiene che gli artt. 93 CE e 94 CE non sono il corretto fondamento normativo per l’adozione degli atti impugnati. Quest’ultimo sarebbe costituito dall’art. 95, n. 1, CE, la cui scelta si rivelerebbe impropria solo se quelle degli atti impugnati fossero «disposizioni fiscali» nel senso dell’art. 95, n. 2, CE.

24     A tale riguardo la Commissione fa valere che l’art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE) è stato adottato con l’obiettivo di facilitare l’attuazione della legislazione necessaria a completare il mercato interno entro la fine del 1992. Solo alcuni settori particolarmente sensibili e strettamente legati alla sovranità degli Stati membri sono stati sottratti all’applicazione della procedura instaurata dal detto articolo. Tra di essi ci sarebbe la fiscalità, riguardo alla quale si sarebbe ritenuto che il ravvicinamento delle legislazioni dovesse avvenire ancora all’unanimità. Tale eccezione sarebbe, tuttavia, da interpretare restrittivamente, poiché sottrae alcuni atti a quella che si dovrebbe considerare la procedura legislativa «normale» per adottare atti intesi a completare il mercato interno.

25     Seppure applicabile a norme relative alla determinazione dei soggetti passivi, alle operazioni imponibili, alla base imponibile e alle aliquote, alle esenzioni nonché alle modalità di calcolo e di recupero delle imposte, l’eccezione non varrebbe per la mutua assistenza fra amministrazioni in materia fiscale. Misure di cooperazione, di verifica e d’informazione volte a facilitare l’eliminazione delle frontiere senza pregiudicare il contenuto materiale delle normative fiscali nazionali non usurperebbero, infatti, la sovranità fiscale degli Stati membri. Le leggi che disciplinano tale assistenza non armonizzerebbero le normative fiscali propriamente dette, bensì intenderebbero solamente facilitare l’applicazione della propria normativa da parte di ciascuno Stato membro.

26     Per l’esattezza, il regolamento n. 1798/2003 non procederebbe ad un’armonizzazione, né ad un ravvicinamento delle legislazioni fiscali nazionali, ma mirerebbe unicamente a facilitare lo scambio di informazioni relative alle operazioni intracomunitarie al fine di mettere le autorità competenti dei diversi Stati membri in condizione di cooperare tra loro e con la Commissione. Il detto regolamento non toccherebbe nessuna disposizione che possa essere considerata una «disposizione fiscale» nel senso dell’art. 95, n. 2, CE o una disposizione di «legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari» nel senso dell’art. 93 CE.

27     La direttiva 2003/93, da parte sua, si limiterebbe a modificare la direttiva 77/799 andando ad escluderne l’IVA dall’ambito di applicazione e ad aggiungervi, invece, le imposte sui premi assicurativi. Essa non inciderebbe in nessun modo sulla natura della detta direttiva, che concerne lo scambio di informazioni, né armonizzerebbe «disposizioni fiscali» nel senso dell’art. 95, n. 2, CE.

28     Ne discenderebbe che il giusto fondamento normativo per l’adozione degli atti impugnati è l’art. 95 CE. Questi ultimi, di conseguenza, sarebbero fondati su una base normativa errata e, per rispettare l’equilibrio istituzionale instaurato dal Trattato, andrebbero annullati.

29     In quanto benefici per lo stabilimento del mercato comune, tuttavia, la Commissione considera opportuno mantenere gli effetti di tali atti, in caso di loro annullamento, fino all’adozione di atti sostitutivi su fondamento normativo appropriato.

30     Il Consiglio osserva, in primo luogo, che dopo l’introduzione dell’art. 100 A nel Trattato mediante l’Atto unico europeo gran copia di atti riguardanti misure di mutua assistenza nel settore della fiscalità è stata adottata sul fondamento di una base normativa diversa da quella costituita da tale articolo.

31     Il Consiglio ricorda, in secondo luogo, che è giurisprudenza consolidata che la scelta del fondamento normativo di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra tali elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (sentenza 17 marzo 1993, causa C-155/91, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-939, punto 7).

32     In ordine allo scopo degli atti impugnati, il Consiglio fa valere che dai ‘considerando’ e dall’art. 1 del regolamento n. 1798/2003 emerge che quest’ultimo intende combattere la frode e l’evasione fiscali ed assicurare l’osservanza della legislazione nel settore dell’IVA a beneficio dei bilanci nazionali e del buon funzionamento del mercato interno. La direttiva 2003/93, da parte sua, avrebbe anch’essa lo scopo di combattere la frode fiscale per proteggere gli interessi finanziari degli Stati membri e la neutralità del mercato interno. Essa rafforzerebbe la direttiva 77/799 che mira ad assicurare l’esatta determinazione della base imponibile per il calcolo delle imposte dirette e indirette. Orbene, disposizioni finalizzate ad assicurare il corretto accertamento della base imponibile perseguirebbero uno scopo fiscale.

33     In ordine, invece, al contenuto degli atti impugnati, il Consiglio sostiene che ad un esame approfondito il regolamento n. 1798/2003 risulta assicurare l’applicazione di disposizioni fiscali e la lotta alla frode fiscale procedendo all’armonizzazione delle norme e delle procedure di conseguimento e di scambio transfrontalieri di informazioni nel caso in cui queste ultime siano necessarie ad accertare la base imponibile IVA. Il detto regolamento avrebbe pertanto un impatto diretto sui diritti dei soggetti passivi e sulla determinazione della base imponibile, oltre che sul gettito fiscale degli Stati membri.

34     Quanto alla direttiva 2003/93, risulterebbe in particolare dal suo art. 1, punti 2 e 3, che essa, da un lato, modifica l’ambito di applicazione della direttiva 77/799 estendendolo alle imposte sui premi assicurativi ed escludendovi l’IVA e, dall’altro, consente alle autorità degli Stati membri di utilizzare le informazioni ottenute per calcolare le tasse e le imposte elencate all’art. 2 della direttiva 76/308. Siccome è intesa alla lotta alla frode fiscale procedendo all’armonizzazione delle norme e delle procedure per l’ottenimento di informazioni da uno Stato all’altro, la direttiva 2003/93 dovrebbe essere considerata vertere sull’armonizzazione delle disposizioni fiscali. Visto che essa riguarda sia imposte dirette sia imposte indirette, sarebbe giusto averla adottata sul fondamento del combinato disposto degli artt. 93 CE e 94 CE.

35     Non sussiste dunque alcun dubbio, secondo il Consiglio, che gli atti impugnati introducono disposizioni che riguardano l’«armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari», la quale è «necessaria per assicurare l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno» nel senso dell’art. 93 CE. A parte il fatto che non si potrebbe parlare, contrariamente a quanto fa la Commissione, di una procedura legislativa «normale», la posizione difesa da tale istituzione trascurerebbe che gli artt. 93 CE e 94 CE costituiscono fondamenti normativi più specifici per l’adozione di misure come quelle contenute negli atti impugnati e che l’art. 95 CE non restringe il loro ambito di applicazione.

36     In subordine, il Consiglio sostiene che l’interpretazione dell’art. 95, n. 2, CE offerta dalla Commissione è troppo restrittiva. Né nel testo del Trattato, né nel diritto degli Stati membri ci sarebbero appigli per distinzioni in funzione del carattere sostanziale o meno della regola da armonizzare.

37     L’interpretazione teleologica proposta dalla Commissione sarebbe pure contraria alla lettera dell’art. 95, n. 2, CE, sicché non può essere accolta. Inoltre, salvo rimettere la scelta del fondamento normativo appropriato a considerazioni di ordine politico, la qualificazione di una disposizione come «fiscale» nel senso del detto paragrafo 2 non può dipendere dal se questa usurpi la sovranità degli Stati membri in materia fiscale o tocchi la sostanza delle loro regole nel settore.

38     In via del tutto subordinata, e per il caso in cui la Corte annulli gli atti impugnati, il Consiglio chiede che ne siano mantenuti gli effetti giuridici fino all’adozione di atti sostitutivi sulla base di un corretto fondamento normativo.

39     Secondo il governo del Regno Unito, dallo scopo e dal contenuto degli atti impugnati risulta chiaramente che essi procedono ad un’armonizzazione della legislazione nel settore delle imposte indirette. Il regolamento n. 1798/2003, che mira a combattere l’evasione fiscale e l’elusione dell’imposta, garantirebbe l’efficacia delle disposizioni fiscali nazionali relative all’accertamento e al recupero dell’IVA. Questo stesso regolamento, in particolare il suo art. 30, avrebbe pertanto un’incidenza manifesta sulla posizione giuridica dei soggetti passivi e sarebbe artificioso affermare che misure siffatte non integrano un’armonizzazione delle legislazioni nazionali relative alle imposte indirette.

40     Quanto alla direttiva 2003/93, il governo del Regno Unito fa valere che essa mette gli Stati membri in condizione di ottenere, al di là delle loro frontiere, informazioni che gli consentono di accertare l’imposta dovuta e di far valere i propri crediti verso i contribuenti. Al pari del regolamento n. 1798/2003, tale direttiva armonizzerebbe, quindi, le legislazioni nazionali relative alle imposte dirette ed indirette.

41     L’Irlanda osserva come, dalla giurisprudenza della Corte, segnatamente dalla sentenza 29 aprile 2004, causa C-388/01, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I-4829), risulti che gli artt. 93 CE e 94 CE costituiscono il corretto fondamento normativo per l’adozione degli atti impugnati i quali, come ne dimostrerebbero ‘considerando’ e disposizioni, procederebbero ad armonizzare la legislazione sull’IVA prevedendo procedure uniformi per ottenere e comunicare dati relativi ai soggetti passivi, al fine di assicurare la corretta applicazione delle disposizioni legislative concernenti l’amministrazione, l’accertamento e il recupero di tale imposta.

42     A parere del governo portoghese, la lettura degli atti impugnati evidenzia che alcune loro disposizioni fissano termini, mentre altre, come l’art. 41, n. 5, del regolamento n. 1798/2003, definiscono direttamente i diritti dei contribuenti. L’art. 7, n. 1, della direttiva 77/799, nella versione risultante dalla direttiva 2003/93, regolerebbe, inoltre, aspetti materiali del diritto fiscale. Orbene, in quanto disciplinano direttamente i diritti dei contribuenti restringendoli, tali norme sarebbero «disposizioni fiscali» nel senso dell’art. 95, n. 2, CE.

 Giudizio della Corte

43     Si ricordi che, secondo costante giurisprudenza, la scelta del fondamento normativo di un atto comunitario dev’essere basata su circostanze obiettive, che possono essere sindacate in via giurisdizionale, tra cui figurano, segnatamente, lo scopo e il contenuto dell’atto (v., in particolare, sentenze 11 giugno 1991, causa C-300/89, Commissione/Consiglio, detta «Biossido di titanio», Racc. pag. I-2867, punto 10; 4 aprile 2000, causa C-269/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-2257, punto 43; 11 settembre 2003, causa C-211/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-8913, punto 38, e 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, citata, punto 54).

44     Riguardo all’ambito di applicazione dell’art. 95 CE che, a parere della Commissione, avrebbe dovuto costituire il fondamento normativo per l’adozione degli atti impugnati, deve osservarsi che dalla stessa lettera del suo n. 1 risulta che tale articolo trova applicazione solo quando il Trattato non dispone diversamente.

45     Ne consegue che, come ha affermato la Corte al punto 60 della sentenza 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, citata, laddove esista nel Trattato una disposizione più specifica che possa costituire il fondamento normativo dell’atto di cui trattasi, quest’ultimo deve fondarsi su tale disposizione. È quanto si verifica, segnatamente, nel caso dell’art. 93 CE, per quanto riguarda l’armonizzazione delle legislazioni concernenti le imposte sulla cifra d’affari, le accise e le altre imposte indirette.

46     Occorre sottolineare, d’altro canto, che, al n. 2, l’art. 95 CE esclude espressamente alcune materie dal suo ambito di applicazione. Ciò vale, in particolare, per le «disposizioni fiscali», il cui ravvicinamento non può essere pertanto operato in base a tale articolo (sentenza 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, citata, punto 61).

47     In merito, in particolare, all’interpretazione delle parole «disposizioni fiscali» contenute nell’art. 95, n. 2, CE, deve ricordarsi che, al punto 63 della sentenza 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, citata, la Corte ha statuito che tale espressione, in ragione del suo carattere generale, comprende non solo tutti i settori della fiscalità, senza differenziare il tipo di imposte o di tasse interessate, ma anche tutti gli aspetti di tale materia, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di norme sostanziali o procedurali.

48     Dato che, nella fattispecie, è pacifico che gli atti impugnati sono necessari al funzionamento del mercato interno, è sufficiente accertare se essi abbiano come scopo unico o prevalente quello di ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia fiscale.

 Quanto al regolamento n. 1798/2003

49     In ordine, in primo luogo, allo scopo del regolamento n. 1798/2003, dai suoi due primi ‘considerando’ risulta che esso intende combattere la frode e l’evasione fiscali ed assicurare l’osservanza della legislazione nel settore dell’IVA a beneficio dei bilanci nazionali e del buon funzionamento del mercato interno.

50     Ai termini del terzo ‘considerando’ del regolamento, per essere efficaci le misure di armonizzazione fiscale adottate per completare il mercato interno «[devono] comprendere l’istituzione di un sistema comune di scambio d’informazioni tra gli Stati membri nell’ambito del quale le autorità amministrative [di questi ultimi] sono tenute a prestarsi mutua assistenza e a collaborare con la Commissione (...)».

51     Tenuto conto di questi ‘considerando’, il regolamento n. 1798/2003 intende, quindi, istituire, nell’ambito delle misure di armonizzazione fiscale adottate per completare il mercato interno, un sistema di scambio di informazioni che assicuri la corretta applicazione dell’IVA.

52     Orbene, lo scambio di informazioni così attuato si giustifica solo alla luce dell’obiettivo di accertamento esatto dell’IVA di cui i soggetti passivi sono debitori, al fine di assicurare una maggiore efficienza del prelievo.

53     Tale constatazione è corroborata dal tenore dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 1798/2003, ai cui termini quest’ultimo stabilisce le condizioni alle quali le autorità amministrative degli Stati membri preposte all’applicazione della legislazione relativa all’IVA devono collaborare tra loro e con la Commissione per assicurare l’osservanza di tale legislazione. Al secondo comma del medesimo paragrafo è affermato, poi, che le norme e procedure così messe in atto sono intese a consentire un accertamento corretto dell’imposta nei diversi Stati membri.

54     In ordine, in secondo luogo, al contenuto del regolamento n. 1798/2003, si osservi innanzi tutto che, in conformità al suo art. 5, le autorità di uno Stato membro devono comunicare alle autorità di un altro Stato membro che ne facciano richiesta tutte le informazioni che consentano di accertare correttamente l’IVA nel loro paese, all’occorrenza eseguendo apposite indagini amministrative.

55     È evidente che, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 67 delle conclusioni, se è vero che per le informazioni così trasmesse devono valere, in linea di principio, anche nello Stato di destinazione le stesse garanzie di riservatezza previste nello Stato dell’autorità interpellata, il regolamento n. 1798/2003 prescrive agli Stati membri di ampliare il gruppo di coloro che hanno accesso alle informazioni, spesso oggetto di una specifica protezione della legislazione fiscale, se del caso modificando il loro diritto interno.

56     È importante ricordare, poi, che, in forza dell’art. 17 del regolamento n. 1798/2003, l’autorità competente di ogni Stato membro procede, in determinate situazioni, ad uno scambio automatico o a uno scambio automatico organizzato delle informazioni di cui all’art. 1 del medesimo regolamento con l’autorità competente di ogni altro Stato membro interessato. Tale disposizione pone dunque agli Stati membri un obbligo cui non possono sottrarsi.

57     Si deve inoltre osservare che dal combinato disposto degli art. 22-24 nonché 27 del detto regolamento risulta che gli Stati membri devono tenere ciascuno una banca dati elettronica nella quale archiviano ed elaborano le informazioni relative agli assegnatari di numeri di identificazione IVA, agli stessi numeri di identificazione IVA nonché al valore totale di tutte le forniture intracomunitarie di beni effettuate dalle e alle persone titolari dei detti numeri; una banca dati che è direttamente accessibile alle autorità competenti degli altri Stati membri.

58     Ebbene, è innegabile che l’accesso diretto a queste banche dati mette le autorità competenti degli Stati membri in grado di determinare la base imponibile di un soggetto passivo e perfino di stabilire l’imposta da lui dovuta, potendo violare la particolare riservatezza riconosciuta ad alcune informazioni in materia fiscale da numerosi Stati membri. Il gruppo di persone aventi accesso alle informazioni di cui dispongono le autorità competenti di uno Stato membro viene così ad essere notevolmente ampliato, ciò che può rendere eventualmente necessaria, come risulta dal punto 55 della presente sentenza, una modifica delle normative fiscali nazionali, tanto più che, conformemente all’art. 41, n. 5, del regolamento n. 1798/2003, gli Stati membri devono limitare la tutela dei dati previsti da alcune disposizioni della direttiva 95/46 ove contengano informazioni che possano consentire il corretto accertamento dell’IVA.

59     Infine, dall’art. 11, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1798/2003 risulta che le autorità interpellate possono autorizzare la presenza di agenti dell’amministrazione richiedente, da un lato, negli uffici dove i servizi amministrativi dello Stato membro cui appartengono le dette autorità esercitano le loro funzioni e, dall’altro, durante le indagini amministrative.

60     Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 73 delle conclusioni, tale disposizione, oltre ad obbligare un gran numero di Stati membri a procedere a modifiche della propria normativa sulle procedure fiscali, ha ripercussioni importanti sulla posizione giuridica dei soggetti passivi. Questi ultimi potevano, infatti, in numerosi Stati membri, opporsi alla presenza degli agenti al servizio dell’amministrazione di un altro Stato membro durante un’indagine; ora, in applicazione dell’art. 11, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1798/2003, non lo possono più.

61     Le disposizioni del regolamento n. 1798/2003 sono dunque tali da contribuire ad un ravvicinamento delle disposizioni procedurali nazionali in materia fiscale.

62     Ciò considerato, si deve concludere che scopo e contenuto del regolamento n. 1798/2003 è il ravvicinamento di disposizioni procedurali in materia fiscale al fine di facilitare la riscossione dell’IVA e di aumentare così le entrate degli Stati membri costituite da tale imposta.

63     Ora, come è stato ricordato supra al punto 47, le norme di procedura fiscale devono, per l’applicazione dell’art. 95, n. 2, CE, essere considerate «disposizioni fiscali» ai sensi di tale disposizione.

64     In tali circostanze non si può validamente sostenere che l’art. 95, n. 1, CE costituisce il giusto fondamento normativo per l’adozione del regolamento n. 1798/2003.

65     Ne consegue che il ricorso della Commissione deve essere respinto nella parte in cui è diretto all’annullamento del detto regolamento.

 Quanto alla direttiva 2003/93

66     In ordine, in primo luogo, allo scopo della direttiva 2003/93, si deve ricordare che essa intende, da un lato, come risulta dal suo primo ‘considerando’, rafforzare la cooperazione tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri per combattere più efficacemente la frode all’IVA e, dall’altro, come precisa il suo terzo ‘considerando’, proteggere meglio gli interessi finanziari di questi ultimi e la neutralità del mercato interno estendendo l’ambito di applicazione della direttiva 77/799 alle imposte sui premi assicurativi di cui alla direttiva 76/308.

67     In ordine, in secondo luogo, al contenuto della direttiva 2003/93, è sufficiente constatare che esso si limita principalmente all’introduzione delle modifiche necessarie ad estendere l’ambito di applicazione della direttiva 77/799 alle imposte sui premi assicurativi e a sostituire, con una nuova, la versione iniziale dell’art. 7, n. 1, di quest’ultima.

68     La nuova versione del detto art. 7, n. 1, si caratterizza, rispetto alla vecchia, principalmente perché riconosce agli Stati membri la facoltà di utilizzare le informazioni raccolte in applicazione di tale direttiva per accertare altri contributi, dazi e imposte contemplati all’art. 2 della direttiva 76/308.

69     Atteso che la direttiva 2003/93 va, dunque, essenzialmente ad estendere l’ambito di applicazione della direttiva 77/799 alle imposte sui premi assicurativi, occorre verificare se essa miri a ravvicinare disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia fiscale.

70     Come risulta dai suoi ‘considerando’ primo, quarto e sesto, la direttiva 77/799 intende combattere la frode e l’evasione fiscali transfrontaliere rafforzando la collaborazione tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri in modo che possano accertare più correttamente le imposte sui redditi e sul patrimonio.

71     A tal fine l’art. 1, n. 1, della direttiva 77/799 fa obbligo alle autorità competenti degli Stati membri di scambiarsi tutte le informazioni atte a permettere un accertamento corretto delle dette imposte. Come è stato precisato al punto 3 della presente sentenza, la detta direttiva prevede inoltre, agli artt. 2-4, le modalità di scambio di tali informazioni, scambio che può avvenire o su richiesta o automaticamente oppure ancora spontaneamente.

72     Se è vero che l’obbligo di far eseguire ricerche e di trasmettere le informazioni di cui trattasi non è illimitato, poiché l’art. 8, n. 1, della direttiva 77/799 prevede che non si applichi alle autorità competenti allorché la legislazione o la prassi amministrativa nazionali non le autorizzano ad eseguire ricerche, né a raccogliere o ad utilizzare tali informazioni per le necessità dello Stato membro interessato, nondimeno, data l’esistenza di tale obbligo, il gruppo di persone aventi accesso a tali informazioni è notevolmente ampliato al fine di consentire il corretto accertamento delle imposte sui redditi e sul patrimonio.

73     È dunque evidente che lo scopo e il contenuto della direttiva 77/799 sono in larga misura analoghi, se non identici, a quelli del regolamento n. 1798/2003 e che, considerate le sue caratteristiche, tale direttiva rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 95, n. 2, CE.

74     Ne consegue che anche la direttiva 2003/93 rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 95, n. 2, CE e che non si può validamente sostenere che avrebbe dovuto essere adottata sul fondamento dell’art. 95, n. 1, CE.

75     Il ricorso della Commissione deve pertanto essere respinto anche nella parte in cui è diretto all’annullamento della direttiva 2003/93.

76     Il ricorso della Commissione deve dunque essere respinto in toto, ragion per cui non è più necessario che la Corte si pronunci sulla domanda relativa al mantenimento degli effetti degli atti impugnati.

 Sulle spese

77     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. A norma del n. 4, primo comma, del medesimo articolo, l’Irlanda, la Repubblica portoghese ed il Regno Unito, intervenuti nella causa, sopportano le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

3)      L’Irlanda, la Repubblica portoghese ed il Regno unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l'inglese.