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Causa C-148/04

Unicredito Italiano SpA

contro

Agenzia delle Entrate, Ufficio Genova 1

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria provinciale di Genova)

«Aiuti concessi dagli Stati — Decisione 2002/581/CE — Agevolazioni fiscali concesse alle banche — Motivazione della decisione — Qualificazione come aiuto di Stato — Presupposti — Compatibilità con il mercato comune — Presupposti — Art. 87, n. 3, lett. b) e c), CE — Importante progetto di comune interesse europeo — Sviluppo di talune attività — Agevolazioni fiscali precedentemente concesse — Recupero dell’aiuto — Principio di tutela del legittimo affidamento — Principio di certezza del diritto — Principio di proporzionalità»

Conclusioni dell’avvocato generale sig.ra C. Stix-Hackl, presentate l’8 settembre 2005 

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 15 dicembre 2005 

Massime della sentenza

1.     Aiuti concessi dagli Stati — Nozione — Carattere selettivo del provvedimento — Provvedimento fiscale che avvantaggia unicamente imprese del settore bancario che effettuano talune operazioni — Inclusione

(Art. 87, n. 1, CE)

2.     Aiuti concessi dagli Stati — Pregiudizio per gli scambi tra Stati membri — Pregiudizio per la concorrenza — Criteri di valutazione

(Art. 87, n. 1, CE)

3.     Aiuti concessi dagli Stati — Esame da parte della Commissione — Esame di un regime di aiuti considerato globalmente — Ammissibilità — Conseguenze

(Comunicazione della Commissione 96/C 68/06)

4.     Aiuti concessi dagli Stati — Divieto — Deroghe — Aiuti che contribuiscono alla realizzazione di un progetto importante di interesse comune — Aiuti miranti allo sviluppo di un settore di attività economica — Potere discrezionale della Commissione — Sindacato giurisdizionale — Limiti

(Art. 87, n. 3, lett.  b) e c), CE)

5.     Aiuti concessi dagli Stati — Progetti di aiuti — Attuazione senza previa notifica alla Commissione — Decisione della Commissione che ordina la restituzione dell’aiuto — Obbligo di motivazione — Portata

(Artt. 88, n. 3, CE e 253 CE)

6.     Aiuti concessi dagli Stati — Recupero di un aiuto illegittimo — Aiuto concesso in violazione delle norme procedurali di cui all’art. 88, n. 3, CE — Eventuale legittimo affidamento dei beneficiari — Certezza del diritto — Tutela — Condizioni e limiti

(Art. 88, n.  3, CE)

7.     Aiuti concessi dagli Stati — Recupero di un aiuto illegittimo — Violazione del principio di proporzionalità — Assenza — Importi da restituire — Elementi da prendere in considerazione

(Art. 88, n. 3, CE)

8.     Aiuti concessi dagli Stati — Decisione della Commissione con cui viene constatata l’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune — Provvedimento nazionale che ordina la restituzione dell’aiuto — Messa in discussione della validità del provvedimento nazionale di esecuzione in relazione alle norme di diritto comunitario in assenza di elementi idonei ad incidere sulla validità della decisione della Commissione — Esclusione

(Art. 87 CE; regolamento del Consiglio n. 659/1999, art. 14)

1.     L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che «favoriscono talune imprese o talune produzioni», vale a dire gli aiuti selettivi. Un aiuto può essere selettivo alla luce della detta disposizione anche se riguardi tutto un settore economico.

Tale è il caso di una riduzione di imposta che si applica solo al settore bancario e, nell’ambito del settore bancario, avvantaggia unicamente le imprese che svolgono talune operazioni. Non applicandosi a tutti gli operatori economici e derogando, in realtà, al regime fiscale di diritto comune, essa non può essere considerata come una misura generale di politica fiscale o economica.

Una tale riduzione di imposta deve quindi essere vietata in forza dell’art. 87, n. 1, CE, in quanto non costituisce un adattamento del sistema generale a caratteristiche specifiche delle imprese bancarie, ma è stata concepita come un mezzo per migliorare la competitività di talune imprese in un dato momento dell’evoluzione del settore.

(v. punti 44-51)

2.     L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che incidano sugli scambi tra gli Stati membri e falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Nell’ambito della sua valutazione di tali due condizioni, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza.

L’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune, in definitiva, va rilevata qualora l’aiuto abbia ovvero possa avere un’incidenza sugli scambi intracomunitari e un effetto distorsivo della concorrenza ivi esistente. In particolare, qualora un aiuto concesso da uno Stato membro rafforzi la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto. A tal riguardo, la circostanza che un settore economico sia stato oggetto di una liberalizzazione a livello comunitario è tale da evidenziare l’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza, nonché gli effetti di tali aiuti sugli scambi tra Stati membri. Peraltro, non è necessario che l’impresa beneficiaria dell’aiuto partecipi direttamente agli scambi intracomunitari. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le possibilità delle imprese con sede in altri Stati membri di inserirsi nel mercato di questo Stato membro ne sono diminuite. Inoltre, il rafforzamento di un’impresa che, sino a quel momento, non abbia partecipato a scambi intracomunitari può collocare l’impresa medesima in una situazione che le consente di inserirsi nel mercato di un altro Stato membro.

Deve perciò essere vietata una riduzione di imposta che rafforza la posizione delle imprese beneficiarie rispetto alle imprese attive negli scambi intracomunitari, specialmente nel contesto di un rilevante processo di liberalizzazione a livello comunitario nel settore dei servizi finanziari che ha accentuato la concorrenza già eventualmente risultante dalla libera circolazione dei capitali prevista dal Trattato.

(v. punti 53-60)

3.     Nel caso di un regime di aiuti, la Commissione può, al fine di verificare se tale regime contenga elementi di aiuto, limitarsi a studiarne le caratteristiche generali, senza essere tenuta ad esaminare ogni singolo caso di applicazione, in particolare per verificare che esso non può comportare il superamento dell’importo massimo di aiuto fissato nella comunicazione 96/C 68/06.

(v. punti 67, 69)

4.     La Commissione, ai fini dell’applicazione dell’art. 87, n. 3, CE, dispone di un ampio potere discrezionale il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario. Il giudice comunitario, nell’effettuare il sindacato di legittimità sull’esercizio di tale libertà, non può sostituire la propria valutazione in materia a quella dell’autorità competente, ma deve limitarsi a stabilire se quest’ultima non sia viziata da errore manifesto o da sviamento di potere.

Escludendo la qualifica di «progetto di comune interesse europeo» ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE, relativamente ad un provvedimento di riduzione di imposta da cui risulta che esso mira essenzialmente a migliorare la competitività degli operatori stabiliti in uno Stato membro per rafforzare solo la loro posizione concorrenziale nel mercato interno, la Commissione non commette un manifesto errore di valutazione. Non le si può utilmente contestare che il detto provvedimento rientra nel contesto della conclusione di un processo di privatizzazione, in quanto un tale processo avviato da uno Stato membro non può essere considerato, di per sé, costitutivo di un progetto comune di interesse europeo.

Essa non commette inoltre un manifesto errore di valutazione ritenendo che un provvedimento che produce essenzialmente l’effetto di migliorare la competitività dei beneficiari in un settore caratterizzato da un’intensa concorrenza internazionale ed è di fatto destinato a rafforzare la posizione dei beneficiari dell’aiuto rispetto ai concorrenti che non ne beneficiano non soddisfi la condizione di non alterare le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune, condizione che devono soddisfare gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

(v. punti 71-72, 74-77, 79, 82-83)

5.     L’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE deve essere valutato, in linea di principio, alla luce delle circostanze del caso concreto, segnatamente del contenuto dell’atto, della natura dei motivi invocati e dell’interesse che il suo destinatario può avere a ricevere chiarimenti. Tuttavia, in materia di aiuti di Stato, quando, contrariamente alle disposizioni dell’art. 88, n. 3, CE, l’aiuto sia già stato corrisposto, la Commissione, che ha il potere di ingiungere alle autorità nazionali di ordinarne la restituzione, non è tenuta ad esporre specifici motivi per giustificare il suo esercizio.

Pertanto, dato che lo Stato membro non le ha notificato, prima della sua attuazione, il regime che prevedeva la riduzione di imposta, la Commissione non è tenuta ad indicare specifici motivi per giustificare l’ordine di recupero.

(v. punti 99-101)

6.     Tenuto conto del carattere imperativo del controllo sugli aiuti statali operato dalla Commissione ai sensi dell’art. 88 CE, da un lato, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato articolo, e, dall’altro, un operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata.

In particolare, quando un aiuto è stato versato senza previa notifica alla Commissione, ed è pertanto illegittimo in forza dell’art. 88, n. 3, CE, il beneficiario dell’aiuto non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento nella regolarità della concessione dello stesso. Né lo Stato membro de quo né l’operatore interessato possono tantomeno invocare poi il principio di certezza del diritto al fine di impedire la restituzione dell’aiuto, essendo prevedibile sin dall’esecuzione dell’aiuto il rischio di un contenzioso interno.

Il recupero di un aiuto concesso in violazione della procedura prevista dall’art. 88, n. 3, CE costituisce un rischio prevedibile per l’operatore che ne trae beneficio, e quest’ultimo non può quindi far valere la tutela del legittimo affidamento per sottrarvisi.

Inoltre, le imprese beneficiarie di un aiuto illegittimo, in genere, tengono conto dell’importo di tale aiuto nelle loro scelte economiche ed il successivo recupero dell’aiuto medesimo, di regola, produce effetti negativi sulla loro situazione economica. Se una tale situazione dovesse essere di ostacolo al recupero, gli aiuti resterebbero definitivamente acquisiti dai beneficiari nella quasi totalità dei casi e il controllo comunitario degli aiuti di Stato sarebbe svuotato della propria efficacia.

Alla luce di tali considerazioni, il beneficiario di un aiuto illegittimo non può quindi rivendicare la possibilità di invocare circostanze eccezionali sulle quali esso abbia potuto fondare il proprio legittimo affidamento nella natura regolare di tale aiuto.

(v. punti 104, 108-111)

7.     La soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità. Tale recupero al fine di ripristinare lo status quo ante non può, in linea di principio, ritenersi un provvedimento sproporzionato rispetto alle finalità delle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato. Per effetto della restituzione dell’aiuto, il beneficiario è privato del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e la situazione esistente prima della corresponsione dell’aiuto è ripristinata. Gli importi da restituire non possono essere determinati in considerazione di operazioni diverse che le imprese avrebbero potuto effettuare se non avessero optato per la forma di operazione a cui si accompagnava l’aiuto. Infatti, tale scelta è stata compiuta nella consapevolezza del rischio di recupero degli aiuti concessi in violazione del procedimento previsto dall’art. 88, n. 3. Le dette imprese avrebbero potuto evitare tale rischio optando immediatamente per operazioni diversamente strutturate.

Per quanto riguarda un provvedimento di aiuto concesso sotto forma di una riduzione di imposta, il ripristino dello status quo ante consente unicamente di tener conto, nella fase del recupero dell’aiuto da parte delle autorità nazionali, del trattamento fiscale eventualmente più favorevole di quello di diritto comune che, in mancanza dell’aiuto illegittimo e in forza di norme interne compatibili con il diritto comunitario, sarebbe stato concesso per l’operazione effettivamente realizzata.

(v. punti 113-116, 119)

8.     Gli artt. 87 CE e seguenti, l’art. 14 del regolamento n. 659/1999, nonché i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità non possono ostare ad una misura nazionale che disponga la restituzione di un aiuto in esecuzione di una decisione della Commissione che abbia qualificato il detto aiuto incompatibile con il mercato comune, e il cui esame, alla luce delle disposizioni e dei principi generali medesimi, non abbia rivelato elementi tali da inficiarne la validità.

(v. punto 125, dispositivo 2)




SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

15 dicembre 2005 (*)

«Aiuti concessi dagli Stati – Decisione 2002/581/CE – Agevolazioni fiscali concesse alle banche – Motivazione della decisione – Qualificazione come aiuto di Stato – Presupposti – Compatibilità con il mercato comune – Presupposti –Art. 87, n. 3, lett. b) e c), CE – Importante progetto di comune interesse europeo – Sviluppo di talune attività – Agevolazioni fiscali precedentemente concesse – Recupero dell’aiuto – Principio di tutela del legittimo affidamento – Principio di certezza del diritto – Principio di proporzionalità»

Nel procedimento C-148/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, con ordinanza 11 febbraio 2004, pervenuta in cancelleria il 23 marzo 2004, nella causa

Unicredito Italiano SpA

contro

Agenzia delle Entrate, Ufficio Genova 1,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann (relatore), R. Schintgen, G. Arestis e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 febbraio 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Unicredito Italiano SpA, dagli avv.ti A. Santa Maria, C. Biscaretti di Ruffia e G. Pizzonia;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e V. Di Bucci, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità della decisione della Commissione 11 dicembre 2001, 2002/581/CE, relativa al regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle banche (GU 2002, L 184, pag. 27; in prosieguo: la «decisione controversa»), nonché sull’interpretazione degli artt. 87 CE e seguenti, dell’art. 14 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), e dei principi generali del diritto comunitario.

2       La detta domanda è stata sottoposta alla Corte nell’ambito di una controversia tra la Unicredito Italiano SpA (in prosieguo: la «Unicredito»), con sede in Genova, e l’Agenzia delle Entrate, Ufficio Genova 1, con riguardo ad un’agevolazione fiscale di cui la Unicredito ha beneficiato durante gli esercizi 1998, 1999 e 2000.

 I – Contesto normativo nazionale

3       In Italia è stata intrapresa una riforma del sistema bancario con la legge 30 luglio 1990, n. 218, recante disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico (GURI n. 182 del 6 agosto 1990, pag. 8; in prosieguo: la «legge n. 218/90»).

4       La detta legge ha reso possibile la trasformazione degli istituti di credito di diritto pubblico in società per azioni. A tal fine, una banca pubblica era autorizzata a cedere l’istituto di credito ad una società per azioni, in modo tale da separare la persona giuridica cedente, chiamata nella prassi «fondazione bancaria» (in prosieguo: la «fondazione bancaria»), proprietaria delle partecipazioni, dalla società per azioni cessionaria, unica titolare dell’attività bancaria. La fondazione bancaria amministrava la partecipazione nella banca cessionaria e utilizzava le relative entrate per perseguire finalità sociali.

5       L’art. 2 della legge 26 novembre 1993, n. 489, recante, segnatamente, proroga del termine previsto dall’art. 7, n. 6, della legge n. 218/90 (GURI n. 284 del 3 dicembre 1993, pag. 4), ha reso obbligatoria, entro e non oltre il 30 giugno 1994, la trasformazione degli istituti bancari pubblici in società per azioni.

6       La legge 23 dicembre 1998, n. 461, recante delega al Governo per il riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all’art. 11, n. 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria (GURI n. 4 del 7 gennaio 1999, pag. 4; in prosieguo: la «legge n. 461/98»), ha delegato il governo italiano al fine di procedere ad una nuova riforma della normativa applicabile al settore bancario, in particolare in materia di ristrutturazione.

7       Il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, recante la disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all’articolo 11, n. 1, del D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461 (GURI n. 125 del 31 maggio 1999, pag. 4; in prosieguo: il «decreto n. 153/99»), ha dato attuazione alla delega prevista dalla legge n. 461/98.

8       Tale decreto ha introdotto, in particolare, agli artt. 22, n. 1, e 23, n. 1, un’agevolazione fiscale consistente in una riduzione al 12,5% dell’aliquota dell’imposta sul reddito (IRPEG) (in prosieguo: la «riduzione d’imposta») per le banche che effettuino fusioni o analoghe operazioni di ristrutturazione per cinque periodi di imposta consecutivi, a condizione che gli utili siano destinati ad una riserva speciale non distribuita per un periodo di tre anni. Il detto decreto ha previsto che gli utili destinabili alla riserva speciale non possono superare l’1,2% della differenza tra la consistenza complessiva dei crediti e debiti delle banche che hanno partecipato alla fusione e l’analogo aggregato della maggiore banca che ha partecipato a tale operazione.

 II – Fatti

9       A seguito di una interrogazione parlamentare, con lettera 24 marzo 1999 la Commissione delle Comunità europee, nell’ambito delle proprie competenze in materia di aiuti di Stato, chiedeva alle autorità italiane di fornirle informazioni ai fini della valutazione della portata e degli effetti della legge n. 461/98.

10     Con lettere 24 giugno e 2 luglio 1999, le autorità italiane le fornivano informazioni relative alla detta legge nonché al decreto n. 153/99.

11     Con lettera 23 marzo 2000, la Commissione avvisava le autorità italiane che, a suo parere, la legge n. 461/98 e il decreto n. 153/99 potevano contenere elementi propri dell’aiuto di Stato, e le invitava a non dare esecuzione alle misure in questione. Con lettera 12 aprile 2000, le autorità italiane comunicavano alla detta istituzione che avevano sospeso l’applicazione di queste ultime e, il 14 giugno 2000, le fornivano ulteriori informazioni.

12     L’importo massimo teorico delle agevolazioni fiscali ottenute con la riduzione d’imposta è stato valutato dalle autorità italiane in ITL 5 358 miliardi, vale a dire EUR 2 767 milioni, per 76 operazioni compiute durante gli anni 1998, 1999 e 2000.

13     Con lettera 25 ottobre 2000, la Commissione notificava al governo italiano la propria decisione di avviare il procedimento previsto dall’art. 88, n. 2, CE. Tale decisione veniva pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 2001, C 44, pag. 2).

14     In esito al procedimento, la Commissione concludeva che la Repubblica italiana aveva illegittimamente dato esecuzione alla legge n. 461/98 e al decreto n. 153/99, in violazione dell’art. 88, n. 3, CE. Essa considerava che, ad eccezione di una misura prevista all’art. 27, n. 2, del decreto n. 153/99, le misure fiscali attuate, tra cui la riduzione d’imposta, costituivano un regime di aiuti di Stato incompatibile con il mercato comune. Misure siffatte concedevano un’agevolazione alle banche, consentendo loro di aumentare le proprie dimensioni e di beneficiare di economie di scala a un costo ridotto.

15     Conseguentemente, la Commissione adottava la decisione controversa, precisando che la legge n. 461/98 e il decreto n. 153/99 introducevano agevolazioni fiscali anche a favore delle fondazioni bancarie, ma che tali agevolazioni non venivano esaminate nella detta decisione.

16     La decisione controversa prevede quanto segue:

 «Articolo 1

(…) il regime d’aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione a favore delle banche in base alla legge [n. 461/98] ed al decreto [n. 153/99], in particolare in base (…) all’articolo 22, comma 1, all’articolo 23, comma 1, (…) del decreto [n. 153/99], è incompatibile con il mercato comune.

(…)

 Articolo 3

L’Italia sopprime il regime di aiuti di cui all’articolo 1.

 Articolo 4

1.       L’Italia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare dai beneficiari l’aiuto concesso in base al regime di cui all’articolo 1 e già posto illegalmente a loro disposizione.

2.       Il recupero viene eseguito senza indugio secondo le procedure del diritto interno, a condizione che queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione. L’aiuto da recuperare comprende gli interessi, che decorrono dalla data in cui l’aiuto è divenuto disponibile per i beneficiari fino a quella del suo effettivo recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale.

(…)»

17     In esecuzione della detta decisione, l’art. 5 del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63, recante disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture (GURI n. 90 del 17 aprile 2002, pag. 5), convertito in legge 15 giugno 2002, n. 112 (GURI n. 139 del 15 giugno 2002, pag. 3), disponeva la sospensione delle agevolazioni fiscali istituite a favore delle banche in forza della legge n. 461/98 e, in particolare, della riduzione d’imposta.

18     Con decreto legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità (GURI n. 301 del 24 dicembre 2002; in prosieguo: il «decreto n. 282/02»), convertito in legge 21 febbraio 2003, n. 27 (Supplemento ordinario alla GURI n. 44 del 22 febbraio 2003), è stato imposto alle banche beneficiarie degli aiuti di versare, entro il 31 dicembre 2002, un importo corrispondente alle imposte non versate in conseguenza del regime di aiuti, oltre ad interessi nella misura del 5,5% annuo.

 III – Causa principale e questioni pregiudiziali

19     In applicazione del decreto n. 282/02, la Unicredito ha versato un importo di EUR 244 712 646,05 per imposte ed interessi dovuti in ragione delle agevolazioni fiscali di cui aveva beneficiato, in base alla riduzione di imposta, negli esercizi 1998, 1999 e 2000.

20     Il 4 febbraio 2003, essa ha poi proposto tre domande di rimborso delle somme versate con riguardo ai detti esercizi. Tali domande hanno costituito oggetto di silenzio-rifiuto da parte dell’Agenzia delle Entrate, Ufficio Genova 1.

21     Avverso tale silenzio rifiuto, la Unicredito ha presentato ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova deducendo, segnatamente, l’illegittimità della decisione controversa.

22     Il giudice del rinvio considera che una pronuncia pregiudiziale è giustificata, in particolare, sotto il profilo della conformità del decreto n. 282/02 ai principi comunitari di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità.

23     Per quanto riguarda i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, esso ritiene che la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito si inserisse in una logica di continuità e di estensione rispetto ad un dispositivo istituito precedentemente dalla legge n. 218/90 nell’ambito del processo di privatizzazione del sistema bancario italiano.

24     Il giudice del rinvio fa valere che la legge n. 218/90 conteneva, all’art. 7, n. 3, una misura concepita in termini sostanzialmente analoghi a quelli di cui agli artt. 22, n. 1, e 23, n. 1, del decreto n. 153/99.

25     Il giudice del rinvio rileva che il carattere maggiormente vantaggioso di questa precedente misura rispetto alla riduzione d’imposta in questione nella decisione controversa consisteva nel fatto che gli importi accantonati in una riserva speciale erano puramente e semplicemente deducibili e detassati, e non solo tassati con aliquota ridotta. Esso rileva parimenti che gli accantonamenti nella riserva speciale potevano essere effettuati nell’arco di cinque anni entro il limite complessivo per l’intero quinquennio dell’1,2% della differenza tra la consistenza complessiva degli impieghi e dei depositi della clientela degli enti creditizi che avevano partecipato alla fusione ovvero alle operazioni di conferimento, da un lato, e, dall’altro, l’analogo importo risultante dall’ultimo bilancio del maggiore fra gli enti creditizi che avevano partecipato alla fusione o alle operazioni di conferimento.

26     Orbene, la Commissione avrebbe già compiuto una valutazione esplicita della legge n. 218/90 nell’ambito delle proprie decisioni 29 luglio 1998, 99/288/CE, recante approvazione condizionata dell’aiuto concesso dall’Italia al Banco di Napoli (GU 1999, L 116, pag. 36), e 10 novembre 1999, 2000/600/CE, recante approvazione condizionata dell’aiuto accordato dall’Italia alle banche pubbliche siciliane Banco di Sicilia e Sicilcassa (GU 2000, L 256, pag. 21). Nelle dette decisioni, essa avrebbe dato un chiaro segno quanto al riconoscimento di una generale compatibilità della legge n. 218/90 con l’art. 87 CE.

27     La possibilità di beneficiare delle agevolazioni fiscali concesse con la legge n. 461/98 e con il decreto n. 153/99 avrebbe peraltro costituito uno dei presupposti sui quali le varie banche avrebbero basato la loro valutazione circa la fattibilità economica di loro operazioni di concentrazione. La soppressione retroattiva di tali agevolazioni comprometterebbe la loro stabilità finanziaria, tenuto conto dell’importo del pagamento richiesto, e comporterebbe una iniqua modificazione a posteriori dei parametri di valutazione che sono stati alla base di scelte strategiche già eseguite. Il principio di tutela del legittimo affidamento escluderebbe, quindi, la retroattività della decisione controversa.

28     Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, il giudice del rinvio sottolinea che le banche avrebbero potuto applicare norme fiscali di diritto comune nell’ambito di operazioni strutturate diversamente, al fine di derivarne effetti di economia fiscale. Ai fini di un ordine di recupero degli aiuti, il principio di proporzionalità imporrebbe quindi la comparazione fra la disciplina agevolativa del diritto comune e quella della legge n. 461/98 e del decreto n. 153/99.

29     In questo contesto, la Commissione tributaria provinciale di Genova decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la [decisione controversa] sia invalida ed incompatibile con il diritto comunitario, in quanto le disposizioni della legge [n. 461/98 e del decreto n. 153/99] riguardante le banche, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione CE, sono compatibili con il mercato comune o, comunque, rientrano nelle deroghe di cui all’art. 87, par. 3, lett. b) e c) del Trattato CE;

2.      se, in particolare, l’art. 4 della citata decisione sia invalido ed incompatibile con il diritto comunitario, in quanto la Commissione:

a)      ha violato il dovere di fornire adeguata motivazione ai sensi dell’art. 253 del Trattato CE; e/o

b)      ha violato il principio del legittimo affidamento; e/o

c)      ha violato il principio di proporzionalità;

3.      in ogni caso se la corretta interpretazione degli art. 87 ss. del Trattato CE, dell’art. 14 del [regolamento n. 659/1999] e dei principi generali del diritto comunitario e segnatamente di quelli [di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità] osti all’applicazione dell’art. 1 del [decreto n. 282/02]».

 IV – Altri procedimenti pendenti dinanzi a giudici comunitari

30     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte in data 21 febbraio 2002 (causa C-66/02), la Repubblica italiana ha proposto contro la Commissione ricorso di annullamento della decisione controversa, sul quale la Corte decide con sentenza separata in data odierna.

31     Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale di primo grado in data 21 febbraio 2002 e 11 aprile 2002, l’Associazione bancaria italiana (ABI) (causa T-36/02), la Banca Sanpaolo IMI SpA (causa T-37/02), la Banca Intesa Banca Commerciale italiana SpA (causa T-39/02), la Banca di Roma SpA (causa T-40/02), la Mediocredito Centrale SpA (causa T-41/02), la Banca Monte dei Paschi di Siena SpA (causa T-42/02), nonché la Compagnia di San Paolo Srl (causa T-121/02) hanno parimenti proposto contro la Commissione ricorso di annullamento della decisione medesima. La Commissione ha sollevato dinanzi al Tribunale un’eccezione di irricevibilità dei ricorsi per carenza di interesse individuale delle ricorrenti, dal momento che gli aiuti in questione non costituirebbero, a suo avviso, aiuti individuali, ma farebbero parte di un regime di aiuti. Con ordinanze 9 luglio 2003, il Tribunale ha sospeso i sette procedimenti nelle more della decisione della Corte da emanare nella causa C-66/02. Le ricorrenti proponevano ricorso avverso le ordinanze di sospensione nelle cause T-36/02, T-37/02, T-39/02, T-40/02, T-41/02 e T-42/02. Con ordinanza della Corte 26 novembre 2003, cause riunite da C-366/03 P a C-368/03 P, C-390/03 P, C-391/03 P e C-394/03 P, ABI e a./Commissione (non pubblicata nella Raccolta), i detti ricorsi sono stati dichiarati manifestamente irricevibili.

 V – Sulle questioni pregiudiziali

32     In limine, deve rilevarsi che, pur se la Commissione affronta nelle proprie osservazioni scritte la questione della ricevibilità di un rinvio pregiudiziale operato su domanda della Unicredito, beneficiaria di una delle misure esaminate nella decisione controversa e rappresentata dinanzi al Tribunale dall’ABI nel contesto del procedimento T-36/02, essa riconosce che il rinvio pregiudiziale in esame è ricevibile alla luce della situazione della banca interessata. Per contro, essa fa valere l’irricevibilità della prima questione sottoposta alla Corte (v. punto 42 della presente sentenza).

33     Si deve inoltre rilevare che il ricorso nella causa principale è diretto avverso tre decisioni implicite di rigetto di istanze di rimborso di somme in relazione con l’agevolazione fiscale di cui la Unicredito aveva beneficiato, durante gli esercizi 1998, 1999 e 2000, per effetto della riduzione d’imposta.

34     Come sottolineato dalla Commissione, il detto ricorso non riguarda le altre misure, previste dal decreto n. 153/99, parimenti esaminate dalla decisione controversa e ritenute incompatibili con il mercato comune.

35     Pertanto, le prime due questioni pregiudiziali devono essere intese come dirette a far esaminare la validità, rispettivamente, degli artt. 1 e 4 della decisione controversa, nei limiti in cui si riferiscono alla sola riduzione d’imposta. Con riguardo alla terza questione, essa deve essere intesa come volta a far precisare se gli artt. 87 CE e segg., l’art. 14 del regolamento n. 659/1999, nonché i principi generali di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che ostano ad un provvedimento nazionale quale il decreto n. 282/02.

 A – Sulla prima questione

36     Con la prima questione che, a differenza dalla seconda, non riguarda l’art. 253 CE, il giudice del rinvio chiede, nel merito, se l’art. 1 della decisione controversa sia illegittimo alla luce dell’art. 87 CE, nella misura in cui la Commissione ritiene la riduzione d’imposta incompatibile con il mercato comune.

 1. Osservazioni presentate alla Corte

37     La Unicredito sostiene che la legge n. 461/98 e il decreto n. 153/99 rappresentano la continuità storica ed il completamento del processo di ristrutturazione e di privatizzazione del sistema bancario avviato nel 1990 con la legge n. 218/90.

38     A suo avviso, la decisione controversa viola l’art. 87, nn. 1 e 3, lett. b) e c), CE in quanto la riduzione d’imposta:

–       non costituisce una misura selettiva, bensì una misura di carattere generale, e, in ogni caso, la differenziazione che essa opera si giustifica per la natura e l’economia del sistema fiscale;

–       non pregiudica gli scambi tra Stati membri e non falsa né minaccia di falsare la concorrenza;

–       avrebbe dovuto costituire oggetto di un esame concreto in ciascuna delle operazioni svolte;

–       avrebbe dovuto essere esaminata alla luce della nozione di «aiuto de minimis», possibilità che la Commissione ha scartato già in partenza, in assenza di qualsiasi istruttoria;

–       è compatibile con il mercato comune, nella misura in cui può essere considerata quale aiuto destinato a promuovere un importante progetto di comune interesse europeo, nella misura in cui rientra nel contesto della privatizzazione del sistema bancario italiano, ovvero quale aiuto destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività.

39     Anche il governo italiano ritiene che la decisione controversa sia invalida. A parere del detto governo, l’agevolazione fiscale concessa non costituisce un aiuto di Stato vietato.

40     Tale agevolazione rientrerebbe in una logica di continuità ed estensione temporale rispetto all’antecedente storico rappresentato dalla legge n. 218/90, che prevedeva agevolazioni più vantaggiose in termini sostanzialmente simili. Il suo obiettivo sarebbe stato il completamento del processo di privatizzazione delle banche pubbliche, ponendo fine alla eccessiva segmentazione del sistema bancario italiano, che sarebbe stata la diretta conseguenza dell’origine pubblica delle banche e che sarebbe stata solo parzialmente eliminata a seguito della legge n. 218/90.

41     Il governo italiano sottolinea che la riduzione d’imposta è parimenti applicabile alle operazioni coinvolgenti le succursali italiane di banche comunitarie.

42     La Commissione ritiene la prima questione irricevibile, in quanto il giudice del rinvio chiede alla Corte di sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, la valutazione della compatibilità con il mercato comune di misure di aiuto o di un regime di aiuti rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che opera sotto il controllo del giudice comunitario. Di conseguenza, un giudice nazionale non può, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE, interrogare la Corte sulla compatibilità con il mercato comune di un aiuto di Stato o di un regime di aiuti (ordinanza 24 luglio 2003, causa C-297/01, Sicilcassa e a., Racc. pag. I-7849, punto 47).

 2. Giudizio della Corte

43     Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il giudice del rinvio non chiede alla Corte di valutare in luogo e vece della Commissione la compatibilità della riduzione d’imposta con il mercato comune. La questione sollevata concerne esclusivamente il controllo della validità di una decisione effettivamente presa dalla Commissione su tale compatibilità. Essa è, pertanto, ricevibile.

a) Sulla selettività della riduzione d’imposta

44     L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che «favor[iscano] talune imprese o talune produzioni», vale a dire gli aiuti selettivi.

45     Un aiuto può essere selettivo alla luce della detta disposizione anche se riguardi tutto un settore economico (v., segnatamente, sentenza 17 giugno 1999, causa C-75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-3671, punto 33).

46     Nella specie, la riduzione d’imposta si applica al settore bancario e non avvantaggia le imprese di altri settori economici.

47     Inoltre, nell’ambito del settore bancario, essa avvantaggia unicamente le imprese che svolgano le operazioni in esame.

48     Senza che occorra verificare se, come sostenuto dalla Commissione al punto 33 della motivazione della decisione controversa, la riduzione d’imposta conferisca inoltre un maggiore vantaggio alle imprese di grandi dimensioni, deve pertanto rilevarsi che tale misura è selettiva rispetto agli altri settori economici e nello stesso ambito del settore bancario.

49     Non applicandosi a tutti gli operatori economici, essa non può essere considerata come una misura generale di politica fiscale o economica.

50     La detta misura deroga, in realtà, al regime fiscale di diritto comune. Le imprese beneficiarie godono di uno sgravio fiscale al quale esse non avrebbero diritto nell’ambito della normale applicazione di tale regime, sgravio che non potrebbero pretendere imprese di altri settori che svolgano operazioni analoghe o imprese del settore bancario che non svolgano operazioni del genere di quelle considerate.

51     La riduzione d’imposta non è giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema fiscale in esame (v., per analogia, sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione, Racc. pag. 709, punto 33). Essa non costituisce un adattamento del sistema generale a caratteristiche specifiche delle imprese bancarie. Dagli atti di causa risulta che la detta riduzione è stata espressamente presentata dalle autorità nazionali come un mezzo per migliorare la competitività di talune imprese in un dato momento dell’evoluzione del settore.

52     La censura relativa ad una mancanza di selettività della riduzione d’imposta, pertanto, non è fondata.

b) Sull’incidenza sugli scambi tra Stati membri e sulla distorsione della concorrenza

53     L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che incidano sugli scambi tra Stati membri e falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

54     Nell’ambito della sua valutazione di tali due condizioni, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (sentenza 29 aprile 2004, causa C-372/97, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3679, punto 44).

55     L’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune, in definitiva, va rilevata qualora l’aiuto abbia ovvero possa avere un’incidenza sugli scambi intracomunitari e un effetto distorsivo della concorrenza ivi esistente.

56     In particolare, qualora un aiuto concesso da uno Stato membro rafforzi la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto (v., segnatamente, sentenze 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 11; 22 novembre 2001, causa C-53/00, Ferring, Racc. pag. I-9067, punto 21, e 29 aprile 2004, Italia/Commissione, cit., punto 52).

57     A tal riguardo, la circostanza che un settore economico sia stato oggetto di una liberalizzazione a livello comunitario è tale da evidenziare l’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza, nonché gli effetti di tali aiuti sugli scambi fra Stati membri (v. sentenza 13 febbraio 2003, causa C-409/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-1487, punto 75).

58     Peraltro, non è necessario che l’impresa beneficiaria dell’aiuto partecipi direttamente agli scambi intracomunitari. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le possibilità delle imprese con sede in altri Stati membri di inserirsi nel mercato di questo Stato membro ne sono diminuite (v., in tal senso, segnatamente, sentenza 7 marzo 2002, causa C-310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I-2289, punto 84). Inoltre, il rafforzamento di un’impresa che, sino a quel momento, non abbia partecipato a scambi intracomunitari può collocare l’impresa medesima in una situazione che le consente di inserirsi nel mercato di un altro Stato membro.

59     Nella presente controversia, si deve rilevare che la riduzione d’imposta rafforza la posizione delle imprese beneficiarie rispetto alle imprese attive negli scambi intracomunitari.

60     Si deve parimenti rilevare che il settore dei servizi finanziari è stato oggetto, a livello comunitario, di un rilevante processo di liberalizzazione che ha accentuato la concorrenza già eventualmente risultante dalla libera circolazione dei capitali prevista dal Trattato CE.

61     Orbene, dagli atti di causa risulta che, all’epoca della sua adozione, la riduzione d’imposta è stata presentata, nella relazione di accompagnamento del progetto di legge da cui è scaturita la legge n. 461/98, quale strumento per evitare che, a seguito di un considerevole ritardo del sistema bancario italiano rispetto ai suoi concorrenti europei, la realizzazione dell’Unione monetaria si traducesse, di fatto, nella disgregazione del sistema italiano a vantaggio delle banche europee più solide.

62     Il vantaggio, in termini di competitività, conferito dalla riduzione d’imposta agli operatori stabiliti in Italia è tale da rendere più difficile l’inserimento nel mercato italiano da parte di operatori di altri Stati membri, o addirittura da facilitare l’inserimento in altri mercati da parte di operatori stabiliti in Italia.

63     La circostanza, dedotta dal governo italiano, che, in Italia, anche le succursali di banche di altri Stati membri possono usufruire della riduzione d’imposta non è tale da impedire i detti effetti.

64     Si deve pertanto concludere che le censure relative alla ininfluenza sugli scambi tra Stati membri ed alla mancanza di distorsioni della concorrenza non sono fondate.

c) Sul mancato concreto esame, da parte della Commissione, delle singole operazioni compiute

65     È pacifico che la Repubblica italiana non ha notificato alla Commissione:

–       taluni aiuti individuali relativi a determinate banche;

–       la legge n. 461/98 e il decreto n. 153/99, in quanto regimi di aiuti.

66     La Commissione ha avviato, d’ufficio, il procedimento previsto dall’art. 88, n. 2, CE con riguardo alla legge n. 461/98 e al decreto n. 153/99, esaminati in quanto regimi di aiuti.

67     Nel caso di un regime di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiarne le caratteristiche generali, senza essere tenuta ad esaminare ogni singolo caso di applicazione (v., segnatamente, sentenze 19 ottobre 2000, cause riunite C-15/98 e C-105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione, Racc. pag. I-8855, punto 51, e 29 aprile 2004, causa C-278/00, Grecia/Commissione, Racc. pag. I-3997, punto 24), al fine di verificare se il detto regime comporti elementi di aiuto.

68     La censura relativa al mancato esame di ogni singola operazione implicante la riduzione d’imposta, pertanto, non è fondata.

d) Sull’esame della riduzione d’imposta sotto il profilo della nozione di «aiuto de minimis»

69     Esaminando un regime di aiuti e non aiuti individuali, la Commissione non era tenuta ad esaminare ogni singolo caso di applicazione del regime che non avesse comportato il superamento dell’importo massimo di aiuto de minimis fissato nella propria comunicazione 96/C 68/06, relativa agli aiuti de minimis (GU 1996, C 68, pag. 9).

70     La censura relativa al mancato esame della riduzione d’imposta sotto il profilo della nozione di «aiuto de minimis», pertanto, non è fondata.

e) Sull’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. b) e c), CE

71     In limine, si deve ricordare che la Commissione, ai fini dell’applicazione dell’art. 87, n. 3, CE, dispone di un ampio potere discrezionale il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario. La Corte, nell’effettuare il sindacato di legittimità sull’esercizio di tale libertà, non può sostituire la propria valutazione in materia a quella dell’autorità competente, ma deve limitarsi a stabilire se quest’ultima non sia viziata da errore manifesto o da sviamento di potere (v. sentenza 12 dicembre 2002, causa C-456/00, Francia/Commissione, Racc. pag. I-11949, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

i) Sulla nozione di «aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo»

72     L’art. 87, n. 3, lett. b), CE consente alla Commissione di dichiarare compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo.

73     Al punto 45 della motivazione della decisione controversa, la Commissione rileva che le misure in questione mirano al rafforzamento del sistema bancario italiano, avvantaggiando principalmente gli operatori economici di uno Stato membro e non la Comunità nel suo complesso.

74     A tal riguardo, è sufficiente constatare che dalla relazione di accompagnamento del progetto di legge da cui è scaturita la legge n. 461/98 risulta che, in particolare, la riduzione d’imposta è volta essenzialmente a migliorare la competitività degli operatori stabiliti in Italia per rafforzare solo la loro posizione concorrenziale nel mercato interno.

75     Pertanto, escludendo la qualifica di «progetto di comune interesse europeo», la Commissione non ha commesso un errore manifesto di valutazione.

76     La Unicredito e il governo italiano non possono utilmente sostenere che le misure controverse rientrano nel contesto della conclusione di un processo di privatizzazione, che potrebbe costituire un progetto di comune interesse europeo.

77     Infatti, un processo di privatizzazione avviato da uno Stato membro non può essere considerato, di per sé, costitutivo di un progetto di comune interesse europeo.

78     Conseguentemente, la censura relativa alla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE non è fondata.

ii) Sulla nozione di «aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività»

79     L’art. 87, n. 3, lett. c), CE consente alla Commissione di dichiarare compatibili con il mercato comune aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività.

80     Al punto 47 della motivazione della decisione controversa, la Commissione rileva che nessuna caratteristica del regime di aiuti esaminato consente di considerarlo compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

81     Essa sottolinea che, a suo parere, non è soddisfatta la condizione, fissata dalla detta disposizione, in forza della quale gli aiuti di cui trattasi non devono alterare le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune.

82     La Commissione, nel rilevare, su tale ultimo punto, che, in particolare, la riduzione d’imposta produce essenzialmente l’effetto di migliorare la competitività dei beneficiari in un settore caratterizzato da un’intensa concorrenza internazionale, avendo sottolineato, precedentemente, che essa è destinata, di fatto, a rafforzare la posizione dei beneficiari dell’aiuto rispetto ai concorrenti che non ne beneficiano, esclude implicitamente che la riduzione d’imposta miri allo «sviluppo» dell’attività bancaria in genere.

83     Alla luce degli argomenti esposti nell’ambito dell’esame delle precedenti censure, per quanto attiene alle caratteristiche della riduzione d’imposta, si deve riconoscere che tale analisi della Commissione non procede da un manifesto errore di valutazione.

84     Conseguentemente, la censura relativa alla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), non è fondata.

 B – Sulla seconda questione

85     Con la seconda questione, letta alla luce della motivazione della decisione di rinvio, il giudice nazionale chiede, in sostanza, se l’art. 4 della decisione controversa sia invalido in quanto l’ordine di recupero degli aiuti ivi disposto non sarebbe sorretto da una motivazione conforme all’art. 253 CE e violerebbe i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità.

1. Osservazioni presentate alla Corte

86     Secondo la Unicredito, la Commissione non ha sufficientemente motivato la propria decisione di non avvalersi della facoltà, attribuitale dall’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, di non imporre il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con il principio generale del diritto comunitario di tutela del legittimo affidamento.

87     Essa afferma che la Commissione ha ritenuto legittima la legge n. 218/90 e che il contenuto della legge n. 461/98 è assolutamente conforme a quello della detta legge. La Repubblica italiana, pertanto, avrebbe dovuto beneficiare di una presunzione di legittimità quanto alla legge n. 461/98.

88     La ricorrente nella causa principale invoca il termine decorso successivamente all’adozione della legge n. 218/90.

89     Il comportamento della Commissione con riguardo alla detta legge avrebbe costituito un’ipotesi «eccezionale» di legittimo affidamento, che esonererebbe i beneficiari privati dalla restituzione dell’aiuto.

90     L’esistenza di un legittimo affidamento discenderebbe dal provvedimento previsto dall’art. 7, n. 3, della legge n. 218/90, che comporterebbe un meccanismo di applicazione sostanzialmente identico a quello della riduzione d’imposta.

91     Un legittimo affidamento, peraltro, avrebbe potuto essere suffragato dalla circostanza che, con riguardo alle banche, tutte le operazioni realizzate che avevano beneficiato dei provvedimenti fiscali in questione nella decisione controversa avevano formato oggetto di autorizzazioni della Banca d’Italia, autorità specificamente incaricata del controllo del rispetto delle regole della concorrenza nel settore bancario.

92     Nella situazione in esame, la Commissione avrebbe parimenti violato il principio di certezza del diritto non tenendo conto del rischio concreto di un notevole contenzioso interno.

93     La Unicredito sostiene, alla luce dell’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, che la Commissione avrebbe dovuto garantire il rispetto del principio di proporzionalità nella fase dell’ordine di recupero degli aiuti.

94     Nel disporre il recupero non graduale, bensì integrale, perentorio e immediato degli aiuti, la Commissione non avrebbe operato una regolarizzazione conforme al detto principio.

95     La Commissione avrebbe dovuto porre a confronto la riduzione d’imposta con le agevolazioni che le banche, procedendo ad operazioni strutturate in modo diverso, avrebbero potuto trarre dal regime fiscale di diritto comune.

96     Secondo il governo italiano, precedentemente alla riduzione d’imposta, la legittimità, rispetto all’art. 87 CE, delle analoghe disposizioni della legge n. 218/90, vale a dire l’art. 7, n. 3, della legge medesima, non era stata contestata.

97     La Commissione ritiene di aver esaminato in modo approfondito, nella decisione controversa, la questione del recupero degli aiuti. Essa aggiunge di non essere, in ogni caso, tenuta, secondo la giurisprudenza, a motivare in modo specifico l’esercizio del suo potere di ingiungere alle autorità nazionali il recupero degli aiuti.

98     Per il resto, secondo la Commissione, le censure relative alla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità non sono fondate.

2. Giudizio della Corte

a) Sulla motivazione dell’ordine di recupero

99     L’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE deve essere valutato, in linea di principio, alla luce delle circostanze del caso concreto, segnatamente del contenuto dell’atto, della natura dei motivi invocati e dell’interesse che il suo destinatario può avere a ricevere chiarimenti. Tuttavia, in materia di aiuti di Stato, quando, contrariamente alle disposizioni dell’art. 88, n. 3, CE, l’aiuto sia già stato corrisposto, la Commissione, che ha il potere di ingiungere alle autorità nazionali di ordinarne la restituzione, non è tenuta ad esporre specifici motivi per giustificare il suo esercizio (citate sentenze Belgio/Commissione, punti 81 e 82, 7 marzo 2002, Italia/Commissione, punto 106, e 29 aprile 2004, Italia/Commissione, punto 129).

100   È pacifico che la Repubblica italiana non ha notificato alla Commissione, prima della sua attuazione, il regime che prevedeva la riduzione d’imposta.

101   La Commissione, pertanto, non era tenuta ad indicare specifici motivi per giustificare l’ordine di recupero.

102   In ogni caso, è chiaro che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente nella causa principale, la decisione controversa contiene, ai suoi ‘considerando’ 49-57 e 62, una motivazione approfondita, con riguardo all’art. 14 del regolamento n. 659/1999 e del principio di tutela del legittimo affidamento, della decisione della Commissione di imporre la restituzione degli aiuti di cui trattasi.

103   La censura relativa alla insufficiente motivazione dell’ordine di recupero non può dunque essere accolta.

b) Sulla censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto

104   Tenuto conto del carattere imperativo del controllo sugli aiuti statali operato dalla Commissione ai sensi dell’art. 88 CE, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato articolo, e d’altro lato, un operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata. In particolare, quando un aiuto è stato versato senza previa notifica alla Commissione, ed è pertanto illegittimo in forza dell’art. 88, n. 3, CE, il beneficiario dell’aiuto non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento nella regolarità della concessione dello stesso (sentenza 11 novembre 2004, cause riunite C-183/02 P e C-187/02 P, Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, Racc. pag. I-10609, punti 44 e 45 nonché giurisprudenza ivi richiamata). Né lo Stato membro de quo né l’operatore interessato possono tantomeno invocare poi il principio di certezza del diritto al fine di impedire la restituzione dell’aiuto, essendo prevedibile sin dall’esecuzione dell’aiuto il rischio di un contenzioso interno, menzionato dalla Unicredito.

105   È pacifico che le misure previste dalla legge n. 218/90 non sono mai state notificate alla Commissione. Pertanto, con riguardo all’affermazione secondo cui la misura prevista dall’art. 7, n. 3, della detta legge avrebbe presentato una stretta analogia con la riduzione d’imposta, è sufficiente rilevare che la misura invocata non è stata esaminata dalla Commissione. In tale contesto, il periodo trascorso successivamente all’adozione della detta legge, fatto valere dalla Unicredito, non è pertinente. Per giunta, anche a voler ritenere che le due misure successive si inseriscano, come suggerito dal giudice del rinvio, in una logica di continuità e di estensione temporale l’una rispetto all’altra, la circostanza che la Commissione non sia intervenuta nei confronti della prima è irrilevante, dal momento che il sistema in esame nella presente controversia, esaminato indipendentemente da quello precedente, favorisce talune imprese (v., in tal senso, sentenza 7 giugno 1988, causa 57/86, Grecia/Commissione, Racc. pag. 2855, punto 10).

106   Per quanto attiene alle decisioni 1999/288 e 2000/600, menzionate dal giudice del rinvio (v. punto 26 della presente sentenza), si deve rilevare che esse riguardano aiuti concessi a banche beneficiarie identificate e si riferiscono a misure diverse da quelle oggetto della presente controversia, vale a dire aumenti di capitale sociale, anticipi concessi dalla Banca d’Italia, il conferimento ad una banca di una partecipazione del Tesoro, nonché sgravi fiscali per atti concernenti, principalmente, operazioni di cessione d’azienda, di parti di azienda e di beni. La circostanza che, eventualmente, la Commissione non abbia ritenuto incompatibili con il mercato comune talune misure contenute nella legge n. 218/90 non può implicare, di per sé, una decisione positiva nei confronti di tutte le misure previste dalla detta legge.

107   Quanto alle autorizzazioni che, secondo la ricorrente nella causa principale, sarebbero state accordate dalla Banca d’Italia per ogni singola operazione implicante la riduzione d’imposta a beneficio di banche, è sufficiente ricordare che la valutazione della compatibilità di un aiuto con il mercato comune ricade nella competenza esclusiva della Commissione, sicché un operatore economico diligente non può riporre legittimo affidamento in una decisione che non provenga dalla detta istituzione.

108   Infine, non si può utilmente sostenere che, avendo le banche interessate preso in considerazione l’aiuto concesso a titolo di riduzione d’imposta nella loro valutazione circa la realizzabilità delle operazioni da esse compiute, il recupero di tale aiuto leda il principio di tutela del legittimo affidamento.

109   Infatti, il recupero di un aiuto concesso in violazione della procedura prevista dall’art. 88, n. 3, CE costituisce un rischio prevedibile per l’operatore che ne trae beneficio.

110   Inoltre, come rilevato dalla Commissione, le imprese beneficiarie di un aiuto illegittimo, in genere, tengono conto dell’importo di tale aiuto nelle loro scelte economiche ed il successivo recupero dell’aiuto medesimo, di regola, produce effetti negativi sulla loro situazione economica. Se una tale situazione dovesse essere di ostacolo al recupero, gli aiuti resterebbero definitivamente acquisiti dai beneficiari nella quasi totalità dei casi e il controllo comunitario degli aiuti di Stato sarebbe svuotato della propria efficacia.

111   Alla luce delle suesposte considerazioni, la Unicredito non può quindi rivendicare la possibilità, per il beneficiario di un aiuto illegittimo, di invocare circostanze eccezionali sulle quali questi abbia potuto fondare il proprio affidamento nella natura regolare dell’aiuto medesimo (v. citata sentenza Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, punto 51).

112   In definitiva, si deve rilevare che la censura relativa alla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto è infondata.

c) Sulla censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità

113   La soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità. Tale recupero al fine di ripristinare lo status quo ante non può, in linea di principio, ritenersi un provvedimento sproporzionato rispetto alle finalità delle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato. Per effetto della restituzione dell’aiuto, il beneficiario è privato del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e la situazione esistente prima della corresponsione dell’aiuto è ripristinata (v. citata sentenza 29 aprile 2004, Italia/Commissione, punti 103 e 104 nonché giurisprudenza ivi richiamata).

114   Gli importi da restituire non possono essere determinati in considerazione di operazioni diverse che le imprese avrebbero potuto effettuare se non avessero optato per la forma di operazione a cui si accompagnava l’aiuto.

115   Tale scelta, infatti, è stata compiuta nella consapevolezza del rischio di recupero degli aiuti concessi in violazione del procedimento previsto dall’art. 88, n. 3, CE.

116   Le dette imprese avrebbero potuto evitare tale rischio optando immediatamente per operazioni diversamente strutturate.

117   Per giunta, in circostanze come quelle della causa principale, il ripristino dello status quo ante implica il ritorno, per quanto possibile, alla situazione che si sarebbe verificata se le operazioni in esame si fossero realizzate senza concessione della riduzione d’imposta.

118   Tale ripristino non implica una differente ricostruzione del passato in funzione di elementi ipotetici quali le scelte, spesso molteplici, che avrebbero potuto essere compiute dagli operatori interessati, tanto più che le scelte effettivamente compiute con il beneficio dell’aiuto possono risultare irreversibili.

119   Il ripristino dello status quo ante consente unicamente di tener conto, nella fase del recupero dell’aiuto da parte delle autorità nazionali, del trattamento fiscale eventualmente più favorevole di quello di diritto comune che, in mancanza dell’aiuto illegittimo e in forza di norme interne compatibili con il diritto comunitario, sarebbe stato concesso per l’operazione effettivamente realizzata.

120   La censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità è quindi infondata.

121   Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che dall’esame delle prime due questioni sollevate non sono emersi elementi tali da inficiare la validità della decisione controversa.

 C – Sulla terza questione

122   Con la terza questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli artt. 87 CE e segg., l’art. 14 del regolamento n. 659/1999 nonché i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità ostino ad una misura nazionale che disponga la restituzione di un aiuto in esecuzione di una decisione della Commissione che abbia qualificato il detto aiuto incompatibile con il mercato comune e il cui esame, alla luce delle disposizioni e dei principi generali medesimi, non abbia rivelato elementi tali da inficiarne la validità.

123   A tal riguardo, è sufficiente rilevare che una misura nazionale che prescriva la restituzione di un aiuto in esecuzione di una decisione della Commissione è illegittima se la detta decisione è in contrasto con una norma di diritto comunitario.

124   Ne consegue, a contrario, che, se dall’esame di una decisione negativa della Commissione, con riferimento alle norme di diritto comunitario, non emerge alcun elemento tale da inficiarne la validità, le dette norme non possono ostare ad una misura nazionale adottata in esecuzione della controversa decisione della Commissione.

125   La terza questione deve pertanto essere risolta nel senso che gli artt. 87 CE e segg., l’art. 14 del regolamento n. 659/1999 nonché i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità non possono ostare ad una misura nazionale che disponga la restituzione di un aiuto in esecuzione di una decisione della Commissione che abbia qualificato il detto aiuto incompatibile con il mercato comune, e il cui esame, alla luce delle disposizioni e dei principi generali medesimi, non abbia rivelato elementi tali da inficiarne la validità.

 Sulle spese

126   Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’esame delle questioni sollevate non ha rivelato elementi tali da inficiare la validità della decisione della Commissione 11 dicembre 2001, 2002/581/CE, relativa al regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle banche.

2)      Gli artt. 87 CE e seguenti, l’art. 14 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del Trattato CE, nonché i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità non possono ostare ad una misura nazionale che disponga la restituzione di un aiuto in esecuzione di una decisione della Commissione che abbia qualificato il detto aiuto incompatibile con il mercato comune, e il cui esame, alla luce delle disposizioni e dei principi generali medesimi, non abbia rivelato elementi tali da inficiarne la validità.

Firme


* Lingua processuale: l'italiano.