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Causa C-184/04

Procedimento promosso da

Uudenkaupungin kaupunki

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus)

«IVA — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Beni d’investimento — Beni immobili — Rettifica delle detrazioni»

Conclusioni dell’avvocato generale C. Stix-Hackl, presentate il 15 settembre 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 30 marzo 2006 

Massime della sentenza

1.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 20, nn. 2 e 5)

2.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte

(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 13,parte C, 17 e 20)

3.     Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva

(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 13, parte C, e 17, n. 6)

1.     L’art. 20 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che, fatto salvo il disposto del n. 5 del medesimo articolo, esso impone agli Stati membri di prevedere una rettifica delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda i beni di investimento.

(v. punto 35, dispositivo 1)

2.     L’art. 20 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari dev’essere interpretato nel senso che la rettifica da esso prevista è applicabile anche ad una situazione in cui un bene di investimento venga destinato in un primo tempo ad un’attività esente da imposta, che non dava diritto a detrazione, e successivamente, nel corso del periodo di rettifica, è stato impiegato nel contesto di un’attività assoggettata all’imposta sul valore aggiunto.

Infatti, l’applicazione del meccanismo di rettifica dipende dalla questione se sia sorto un diritto a detrazione basato sull’art. 17 della sesta direttiva. Orbene, l’uso che viene fatto del bene di investimento determina solo la portata della detrazione iniziale e la portata delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, ma non incide sulla nascita del diritto alla detrazione. Di conseguenza, l’uso immediato del bene per operazioni soggette ad imposta non costituisce, di per sé, una condizione di applicazione del sistema di rettifica delle detrazioni. Inoltre, la rettifica della detrazione si applica necessariamente anche quando la modifica del diritto a detrazione dipenda da una scelta volontaria del contribuente, come ad esempio dall’esercizio dell’opzione prevista dall’art. 13, parte C, della sesta direttiva.

(v. punti 37, 39-40, 42, dispositivo 2)

3.     Gli artt. 13, parte C, secondo comma, e 17, n. 6, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile non è autorizzato, in virtù di tali disposizioni, ad escludere la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto di opzione, quando la domanda presentata ai fini di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

Infatti, in quanto i soggetti passivi, in virtù dell’art. 13, parte C, primo comma, della sesta direttiva, hanno la possibilità di optare per l’imposizione della locazione di un immobile, l’esercizio di tale opzione deve comportare non solo l’imposizione della locazione, ma anche la detrazione delle imposte pertinenti che hanno gravato sul detto immobile a monte. Inoltre, una restrizione delle detrazioni legate alle operazioni imponibili successiva all’esercizio del diritto di opzione riguarderebbe non la «portata» del diritto di opzione che gli Stati membri possono limitare in forza del secondo comma dell’art. 13, parte C, della sesta direttiva, ma le conseguenze dell’esercizio di tale diritto. Tale disposizione non autorizza, di conseguenza, gli Stati membri a limitare il diritto di operare detrazioni previsto dall’art. 17 della sesta direttiva, né la necessità di rettificare tali detrazioni in virtù dell’art. 20 della medesima direttiva.

Per quanto riguarda la facoltà concessa agli Stati membri dall’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva, essa si applica solo al mantenimento delle esclusioni della detrazione per quanto riguarda talune categorie di spese definite con riferimento alla natura del bene o del servizio acquistato e non con riferimento alla destinazione impressagli o alle modalità di tale destinazione.

(v. punti 44, 46-47, 49, 51, dispositivo 3-4)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

30 marzo 2006 (*)

«IVA – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Beni d’investimento – Beni immobili – Rettifica delle detrazioni»

Nel procedimento C-184/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia) con decisione 16 aprile 2004, pervenuta in cancelleria il 19 aprile 2004, nel procedimento promosso da:

Uudenkaupungin kaupunki,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dal sig. K. Schiemann (relatore), dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J. N. Cunha Rodrigues ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl

cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 22 giugno 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per l’Uudenkaupungin kaupunki, dall’avv. M. Pikkujämsä, asianajaja;

–       per il governo finlandese, dalle sig.re T. Pynnä e E. Bygglin, in qualità di agenti;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra L. Ström van Lier e dal sig. I. Koskinen, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 13, parte C, secondo comma, e 17, n. 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2       Essa pone sostanzialmente la questione se, alla luce della sesta direttiva, una rettifica della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») pagata a monte per i beni d’investimento debba essere accordata nel caso in cui un bene immobile sia stato inizialmente destinato ad un’attività esente, per poi essere destinato ad un’attività imponibile, in seguito all’esercizio del diritto d’opzione ai sensi dell’art. 13, parte C, della sesta direttiva.

3       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un’impugnazione proposta dall’Uudenkaupungin kaupunki (il Comune di Uusikaupunki; in prosieguo: «Uusikaupunki») avverso una decisione dello Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki), con cui quest’ultimo ha respinto il ricorso proposto da Uusikaupunki contro due decisioni adottate dal Lounais-Suomen verovirasto (Amministrazione tributaria per la Finlandia sudoccidentale) sulle domande di rettifica di detrazioni e di rimborso dell’IVA presentate da Uusikaupunki.

 Contesto normativo

 La sesta direttiva

4       L’art. 5, nn. 6 e 7, della Sesta direttiva è formulato come segue:

«6.      È assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all’uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto. Tuttavia, i prelievi eseguiti ad uso dell’impresa per effettuare regali di scarso valore e campioni non sono considerati come cessioni a titolo oneroso.

7.      Gli Stati membri possono assimilare ad una cessione a titolo oneroso:

a)      l’impiego da parte di un soggetto passivo, per i bisogni della sua impresa, di un bene prodotto, costruito, estratto, lavorato, acquistato o importato nel quadro di detta impresa, qualora l’acquisto del bene in questione presso un altro soggetto passivo non gli dia diritto alla deduzione completa dell’imposta sul valore aggiunto;

b)      la destinazione di un bene da parte di un soggetto passivo ad un settore di attività non assoggettato, quando detto bene ha consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto nel corso dell’acquisto o dell’impiego di cui alla lettera a);

c)      ad eccezione dei casi di cui al paragrafo 8, il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa, in caso di cessazione della sua attività economica tassabile, quando detti beni hanno consentito una deduzione parziale o totale al momento dell’acquisto o della loro destinazione conformemente alla lettera a)».

5       L’art. 6, nn. 2 e 3, della medesima direttiva dispone che:

«2.      Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

a)      l’uso di un bene destinato all’impresa per l’uso privato del soggetto passivo o per l’uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto;

b)      le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

Gli Stati membri hanno la facoltà di derogare alle disposizioni del presente paragrafo a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni di concorrenza.

3.      Per prevenire distorsioni di concorrenza e salva la consultazione di cui all’articolo 29, gli Stati membri possono assimilare a una prestazione di servizi a titolo oneroso l’esecuzione, da parte di un soggetto passivo, di un servizio, per i bisogni della sua impresa, qualora l’esecuzione di detto servizio da parte di un altro soggetto passivo non gli dia diritto alla deduzione totale dell’imposta sul valore aggiunto».

6       In applicazione dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, gli Stati membri esonerano dall’IVA la locazione di beni immobili. In virtù dell’art. 13, parte C, di questa direttiva, gli Stati membri possono accordare ai loro soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di beni immobili. Tuttavia, ai sensi del secondo comma di tale articolo, gli Stati membri possono restringere la portata del diritto di opzione e stabilirne le modalità di esercizio.

7       L’art. 17 della sesta direttiva, intitolato «Origine e portata del diritto a deduzione», dispone quanto segue:

«1.      Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovut[a] o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)

6.      Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all’entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva».

8       Attualmente le regole comunitarie dettate dall’art. 17, n. 6, primo comma, della sesta direttiva non sono state ancora adottate, in assenza di accordo in seno al Consiglio in ordine alle spese per le quali possa essere prevista l’esclusione del diritto alla detrazione dell’IVA.

9       L’art. 18, nn. 1 e 2, della sesta direttiva precisa taluni requisiti relativi alle modalità di esercizio del diritto a detrazione. Il n. 3 di tale articolo prevede a tal riguardo che le condizioni e le modalità secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una detrazione cui non ha proceduto conformemente ai nn. 1 e 2 del detto articolo siano fissate dagli Stati membri.

10     L’art. 20 della sesta direttiva, intitolato «Rettifica delle deduzioni», contiene le seguenti disposizioni:

«1.      La rettifica della deduzione iniziale è effettuata secondo le modalità fissate dagli Stati membri, in particolare:

a)      quando la deduzione è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto;

b)       quando, successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle deduzion[i], in particolare in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo; tuttavia, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non retribuite, in caso di distribuzione, perdita o furto dei beni, debitamente provati e confermati, nonché in caso di prelievi effettuati per concedere omaggi di valore ridotto e campioni di cui all’articolo 5, paragrafo 6. Gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica in caso di operazioni totalmente o parzialmente non retribuite e in caso di furto.

2.      Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell’imposta che grava sui beni in questione. Essa è eseguita secondo la variazioni del diritto a deduzione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

In deroga al comma precedente, gli Stati membri possono basare la rettifica su un periodo di cinque anni interi a decorrere dalla prima utilizzazione dei beni.

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobiliari, la durata del periodo che funge da base al calcolo delle rettifiche può essere elevata sino a vent’anni.

(…)

4.      Ai fini dell’applicazione dei paragrafi 2 e 3, gli Stati membri possono:

–       definire il concetto di beni d’investimento,

–       indicare l’ammontare di imposta che deve essere presa in considerazione per la rettifica,

–       adottare tutte le opportune disposizioni per evitare che la rettifica procuri un vantaggio ingiustificato,

–       consentire semplificazioni amministrative.

5.      Qualora in uno Stato membro gli effetti pratici dell’applicazione dei paragrafi 2 e 3 siano irrilevanti, tenuto conto dell’incidenza globale dell’imposta nello Stato membro in questione e della necessità di semplificazioni a livello amministrativo, tale Stato può, previo espletamento della consultazione di cui all’articolo 29, rinunciare all’applicazione di questi paragrafi purché non ne risultino distorsioni di concorrenza.

(…)».

11     L’art. 29 della sesta direttiva ha istituito un «comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto», composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, avente la facoltà di esaminare i problemi concernenti l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di IVA.

 La normativa nazionale

12     Le disposizioni relative al trattamento fiscale della locazione di immobili sono contenute negli artt. 27-30 della legge sull’IVA (arvonlisäverolaki, legge 30 dicembre 1993, n. 1501; in prosieguo: l’«AVL»). Ai termini dell’art. 27, primo comma, di questa legge, la locazione di immobili è esentata dall’IVA. L’art. 30, primo comma, della detta legge accorda ai soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di immobili a condizione che l’immobile venga usato dallo Stato o in modo costante per attività che danno diritto alla detrazione, vale a dire nell’ambito di attività imponibili.

13     Secondo l’art. 33 dell’AVL, una prestazione di lavori relativi ad una nuova costruzione o alla ristrutturazione di un immobile si considera fornita per uso personale anche quando un operatore economico venda l’immobile o lo destini ad un uso diverso da quello che dà diritto alla detrazione, se in occasione della prestazione di servizi o dell’acquisto dell’immobile è stato possibile effettuare la detrazione o se la prestazione del servizio è stata essa stessa effettuata in vista di un’attività che conferisce il diritto a detrazione.

14     Le disposizioni concernenti il diritto a detrazione sono oggetto degli artt. 102-118 dell’AVL. In virtù dell’art. 102, n. 1, primo comma, di questa legge, relativo al diritto generale a detrazione, il soggetto passivo può dedurre, nell’ambito di un’attività imponibile, l’imposta gravante su un bene acquistato o servizio ricevuto da un altro soggetto passivo. Conformemente all’art. 106 dell’AVL, concernente le detrazioni nell’ambito delle prestazioni dei lavori di costruzione, il proprietario di un immobile, allorché chiede di essere assoggettato all’IVA a titolo dell’art. 30 di questa legge, può effettuare, in linea di principio, la detrazione di cui all’art. 102 della detta legge sui servizi o beni che ha acquistato ai fini della locazione imponibile del detto immobile.

15     La detrazione dell’IVA per gli investimenti immobiliari effettuati anteriormente all’esercizio dell’opzione per l’assoggettamento all’imposta è tuttavia possibile solo se tale opzione sia stata esercitata entro un termine di sei mesi dalla messa in servizio dell’immobile interessato. L’AVL non consente la revisione o la rettifica delle detrazioni relative ad una ristrutturazione, ad una nuova costruzione, o all’acquisto di un immobile a favore del soggetto passivo allorché la domanda di assoggettamento all’imposta è stata presentata dopo la scadenza del termine citato, quando invece l’immobile era stato messo in servizio in un primo tempo nell’ambito di un’attività esente da IVA e successivamente di un’attività imponibile.

 Controversia principale e questioni pregiudiziali

16     Uusikaupunki ha ristrutturato un immobile di cui era proprietaria e ha dato in locazione allo Stato finlandese taluni locali di tale immobile, in parte dal 1° giugno 1995 e in parte dal 1° settembre 1995. Uusikaupunki ha anche dato in locazione, a decorrere dal 31 agosto 1995, un sito industriale che essa aveva fatto costruire ad un’impresa assoggettata ad IVA. I costi di tali due progetti includevano un’IVA dell’importo di FIM 2 206 224.

17     Il 4 aprile 1996, Uusikaupunki, ha depositato, in base all’art. 30 dell’AVL, presso il Turun lääninverovirasto (Amministrazione tributaria della provincia di Turku) una domanda per il suo assoggettamento all’IVA per la locazione dei due immobili in questione nel procedimento principale. L’amministrazione fiscale ha accolto tale domanda per il periodo decorrente dalla data del deposito della detta domanda in quanto essa non era stata presentata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla messa in servizio dell’immobile, previsto dall’art. 106 dell’AVL.

18     Con due domande dell’8 settembre 1998 e del 30 marzo 2000, Uusikaupunki, in base all’art. 20 della sesta direttiva, ha chiesto al Lounais-Suomen verovirasto la rettifica delle detrazioni di imposta ed il rimborso di una parte dell’IVA pagata nell’ambito dei lavori di costruzione e di ristrutturazione per gli anni 1996-1999. La somma richiesta ammontava a FIM 1 651 653, maggiorata degli interessi legali.

19     Con decisioni del 3 maggio 2000, il Lounais-Suomen verovirasto ha respinto tali domande in quanto una detrazione dell’IVA pagata nell’ambito di lavori di costruzione e di ristrutturazione, in applicazione dell’art. 106 dell’AVL, sarebbe stata possibile solo se l’opzione per l’assoggettamento a tale imposta fosse stata esercitata entro un termine di sei mesi a decorrere dalla messa in servizio degli immobili.

20     Uusikaupunki ha proposto dinanzi allo Helsingin hallinto-oikeus un ricorso diretto all’annullamento di queste decisioni, il quale è stato respinto. La ricorrente nella controversia principale ha quindi proposto un’impugnazione contro tale sentenza dinanzi al Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa).

21     Il Korkein hallinto-oikeus si chiede se le condizioni a cui l’AVL subordina il diritto alla detrazione dell’IVA siano in contrasto con la sesta direttiva in quanto è impossibile, per il diritto finlandese, rettificare le detrazioni dell’IVA nell’ambito della locazione di un immobile se l’immobile era stato inizialmente messo in servizio nell’ambito di un’attività esente da IVA prima di essere destinato ad un’attività imponibile a meno che la domanda d’assoggettamento all’imposta della locazione fosse stata presentata entro un termine di sei mesi dalla messa in servizio dell’immobile.

22     Secondo il giudice del rinvio, è incontestabile che Uusikaupunki, nell’ambito degli acquisti effettuati per la ristrutturazione e la nuova costruzione in questione, ha agito in qualità di soggetto passivo e che tali acquisti sono stati effettuati ai fini di un’attività economica della ricorrente.

23     È in queste circostanze che il Korkein hallinto-oikeus ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 20 della [sesta direttiva] vada interpretato nel senso che la rettifica delle detrazioni di cui a tale articolo sia, trattandosi di beni di investimento, obbligatoria per gli Stati membri, fatto salvo il disposto del n. 5 del medesimo articolo.

2)      Se l’art. 20 della [sesta direttiva] vada interpretato nel senso che la rettifica delle detrazioni prevista in tale articolo è applicabile anche quando il bene di investimento, nel caso di specie un immobile, venga impiegato in un primo tempo nell’ambito di un’attività esente da imposta, per la quale non sussiste alcun diritto a detrazione, ma solo successivamente nel contesto di un’attività imponibile.

3)      Se l’art. 13, parte C, secondo comma, della [sesta] direttiva possa essere interpretato nel senso che uno Stato membro può restringere il diritto a detrazione per gli acquisti relativi ad investimenti immobiliari secondo le modalità previste dalla legge finlandese sull’imposta sul valore aggiunto, nel qual caso il diritto a detrazione è del tutto escluso in situazioni analoghe al caso di specie.

4)      Se l’art. 17, n. 6, secondo comma, della [sesta] direttiva possa essere interpretato nel senso che uno Stato membro può restringere il diritto a detrazione per gli acquisti relativi ad investimenti immobiliari secondo le modalità previste dalla legge finlandese sull’imposta sul valore aggiunto, nel qual caso il diritto a deduzione è del tutto escluso in situazioni analoghe al caso di specie».

 Sulla prima questione

24     Va ricordato, in via preliminare, che, secondo la logica del sistema introdotto dalla sesta direttiva, le imposte che hanno gravato a monte sui beni o sui servizi impiegati da un soggetto passivo per le sue operazioni soggette ad imposta possono essere dedotte. La detrazione delle tasse a monte è legata alla riscossione delle tasse a valle. Quando beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono usati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte. Invece, in quanto i beni o servizi sono usati ai fini di operazioni imponibili a valle, una detrazione dell’imposta che ha gravato sulla stessa a monte si impone per evitare una doppia imposizione.

25     Il periodo di rettifica delle detrazioni previsto all’art. 20 della sesta direttiva consente di evitare le inesattezze nel calcolo delle detrazioni e dei vantaggi o svantaggi ingiustificati per il soggetto passivo quando, in particolare, i mutamenti degli elementi inizialmente presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni intervengono successivamente alla dichiarazione. Tali mutamenti sono probabili specialmente nel caso dei beni d’investimento, che vengono spesso utilizzati per un certo numero di anni, nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui essi sono destinati. La sesta direttiva prevede un periodo in cui è possibile effettuare rettifiche di cinque anni, prorogabile a venti anni nel caso di beni immobili, periodo in cui si possono susseguire detrazioni variabili.

26     Il sistema di rettifica delle detrazioni costituisce un elemento essenziale del sistema introdotto dalla sesta direttiva in quanto ha la vocazione di garantire l’esattezza delle detrazioni e quindi la neutralità dell’imposizione fiscale. L’art. 20, n. 2, della sesta direttiva, che riguarda i beni d’investimento, pertinenti nella controversia principale, è peraltro redatto in termini che non lasciano alcun dubbio sul suo carattere vincolante.

27     Risulta, inoltre, da una costante giurisprudenza che, poiché i limiti del diritto a detrazione, e quindi le rettifiche delle detrazioni, devono essere applicati in modo simile in tutti gli Stati membri, le deroghe sono consentite solo nei casi espressamente previsti dalla sesta direttiva (v., in tal senso, sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz, Racc. pag. I-3795, punto 27). Il fatto che l’art. 20, n. 5, della sesta direttiva preveda condizioni molto precise che devono essere soddisfatte affinché uno Stato membro possa, a titolo di deroga, rinunciare all’applicazione del n. 2 di questo medesimo articolo rafforza il carattere vincolante di quest’ultima disposizione. Va rilevato, in tale contesto, che in udienza è stato espresso un disaccordo tra il governo finlandese e la Commissione sulla questione se vi fosse stata una consultazione del comitato istituito dall’art. 29 della sesta direttiva, come previsto dall’art. 20, n. 5, di questa stessa direttiva, e quale ne fosse stato l’esito. Tuttavia, le questioni proposte dal giudice nazionale non hanno manifestamente l’oggetto di verificare se siano soddisfatte nella fattispecie le condizioni d’applicazione di tale disposizione derogatoria.

28     Per quanto riguarda l’argomento del governo finlandese secondo cui l’art. 20, n. 4, della sesta direttiva consente agli Stati membri di definire la nozione di «beni d’investimento» e secondo cui le prestazioni di servizi di costruzione non dovrebbero necessariamente essere incluse in tale nozione, basti constatare che tale governo ammette che nel diritto finlandese non è stata adottata alcuna definizione di tale espressione, in quanto il procedimento previsto dall’art. 20, nn. 2-5, della sesta direttiva non è stato trasposto nel diritto nazionale. Orbene, risulta dalla giurisprudenza della Corte che uno Stato membro che non ha recepito le disposizioni di una direttiva nel proprio ordinamento giuridico non può imporre ai cittadini comunitari i limiti derivanti da tali disposizioni (v., in tal senso, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357, punto 21, e 14 luglio 2005, causa C-142/04, Aslanidou, Racc. pag. I-7181, punto 35).

29     Inoltre, contrariamente a quanto fa valere il governo finlandese, la rettifica delle detrazioni dell’imposta a monte in applicazione dell’art. 20 della sesta direttiva non costituisce una semplice alternativa all’applicazione degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della medesima direttiva, relativi all’imposizione dei prelievi e delle prestazioni di servizi effettuati da un soggetto passivo per i propri fini privati, e gli Stati membri non hanno dunque alcuna scelta da operare tra la trasposizione del meccanismo di rettifica e di quello relativo all’assoggettamento dei prelievi effettuati per fini privati, in quanto entrambi sono obbligatori.

30     Benché sia l’art. 20 sia gli artt. 5 e 6, per la loro formulazione, siano idonei, in linea di principio, ad essere applicati ad una situazione in cui un bene il cui uso dà diritto a detrazione viene successivamente destinato ad un uso che non attribuisce tale diritto, e benché tali due meccanismi abbiano il medesimo effetto economico in tale situazione (v., in tal senso, sentenza 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep, Racc. pag. I-5337, punto 90), ciò non avviene tuttavia nel caso inverso, pertinente nella controversia principale, in cui un bene il cui uso non dà diritto a detrazione viene successivamente destinato ad un uso che vi dà diritto. Infatti, un diritto a rettifica delle detrazioni a favore del soggetto passivo, pertinente nella seconda situazione, può essere basato solo sulle disposizioni dell’art. 20 della sesta direttiva e non su quelle degli artt. 5 e 6 della medesima. In situazioni di tale tipo, un’applicazione delle disposizioni dell’art. 20 della detta direttiva è dunque indispensabile, indipendentemente dall’applicazione nel diritto nazionale degli artt. 5 e 6 della sesta direttiva.

31     Infatti, anche per quanto riguarda le situazioni in cui un bene è stato oggetto di una nuova destinazione, da un uso che dà diritto a detrazione ad un uso che non vi dà diritto, e in cui, di conseguenza, esiste un rischio di sovrapposizione delle dette disposizioni, non ne risulta, contrariamente a quanto fa valere il governo finlandese, alcuna contraddizione idonea a giustificare la non attuazione del procedimento di rettifica delle detrazioni previsto all’art. 20 della sesta direttiva.

32     In udienza, il governo finlandese ha citato l’esempio di un immobile che è stato acquistato a titolo di attività assoggettate ad imposta e che, un anno dopo il suo acquisto, è stato destinato ad un’attività esente per i quattro anni successivi. Tale governo rileva che, in linea di principio, ad una tale situazione sarebbero applicabili sia l’art. 20 della sesta direttiva sia gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della medesima, ma che l’applicazione di tali articoli porterebbe a risultati diversi ed inconciliabili. In applicazione dell’art. 20, n. 2, della sesta direttiva, una rettifica della detrazione dell’IVA che ha gravato sul prezzo d’acquisto a partire dal secondo anno avrebbe la conseguenza di mantenere l’imposta detraibile ad 1/5 del suo importo, corrispondendo tale frazione al primo anno di uso dell’immobile. Invece, un’applicazione degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva condurrebbe all’imposizione del valore totale dell’immobile al momento del mutamento di destinazione del medesimo.

33     A tal riguardo va subito rilevato che gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, potrebbero essere applicati solo nel caso di una nuova destinazione del bene in questione ad un uso privato, ma non nel caso della nuova destinazione di tale bene ai fini di un’attività esente.

34     La rispettiva applicabilità delle disposizioni in questione dipenderà quindi dalla questione se il soggetto passivo abbia effettivamente deciso di destinare permanentemente l’immobile in questione al suo uso privato o se, invece, egli prenda in considerazione la possibilità di un uso futuro ai fini della sua impresa e decida, di conseguenza, di conservarlo nel patrimonio di quest’ultima. Nel primo caso, si applicheranno gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva e nel secondo caso si applicherà l’art. 20 della medesima direttiva. Il fatto che un soggetto passivo abbia la possibilità di scegliere, ai fini dell’applicazione della sesta direttiva, di integrare o meno nella sua impresa la parte di un bene destinato al suo uso privato risulta da una costante giurisprudenza (v., in particolare, sentenze 4 ottobre 1995, causa C-291/92, Armbrecht, Racc. pag. I-2775, punto 20, e 14 luglio 2005, causa C-434/03, Charles e Charles-Tijmens, Racc. pag. I-7037, punto 23). Nell’esempio citato dal governo finlandese non esiste dunque alcun conflitto reale.

35     Con riferimento alle considerazioni che precedono, la prima questione va risolta nel senso che l’art. 20 della sesta direttiva dev’ essere interpretato nel senso che, fatto salvo il disposto del n. 5 del medesimo articolo, esso impone agli Stati membri di prevedere una rettifica delle detrazioni dell’IVA per quanto riguarda i beni di investimento.

 Sulla seconda questione

36     La seconda questione è diretta a determinare se il fatto che l’attività pertinente era inizialmente esente e che le detrazioni erano, di conseguenza, totalmente escluse abbia un’incidenza su tale rettifica.

37     Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 36 e 37 delle sue conclusioni, l’applicazione del meccanismo di rettifica dipende dalla questione se sia sorto un diritto a detrazione basato sull’art. 17 della sesta direttiva.

38     In virtù dell’art. 17, n. 1, della sesta direttiva, intitolato «Origine e portata del diritto a deduzione», il diritto a detrazione dell’IVA sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile. Di conseguenza, solo la qualità in cui un soggetto agisce in tale momento può determinare l’esistenza di un diritto a detrazione (sentenza Lennartz, cit., punto 8).

39     La Corte ha inoltre affermato che l’uso che viene fatto del bene di investimento determina solo la portata della detrazione iniziale a cui il soggetto passivo ha diritto ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva e la portata delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, ma non incide sulla nascita del diritto alla detrazione. Di conseguenza, l’uso immediato del bene per operazioni soggette ad imposta non costituisce, di per sé, una condizione di applicazione del sistema di rettifica delle detrazioni (sentenza Lennartz, cit., punti 15 e 16).

40     Infine, e contrariamente a quanto fa valere il governo italiano, la rettifica della detrazione a titolo dell’art. 20 della sesta direttiva si applica necessariamente anche quando la modifica del diritto a detrazione dipenda da una scelta volontaria del contribuente, come ad esempio dall’esercizio dell’opzione prevista dall’art. 13, parte C, della sesta direttiva. L’esercizio di tale opzione non ha alcuna influenza sulla nascita del diritto a detrazione che è disciplinata, come è appena stato ricordato, dall’art. 17, n. 1, della sesta direttiva. Poiché la locazione di un immobile viene tassata successivamente all’esercizio dell’opzione a favore dell’imposizione, una rettifica delle detrazioni diventa necessaria per evitare una doppia imposizione delle spese a monte, indipendentemente dal fatto che l’imposizione sia la conseguenza della scelta volontaria del contribuente.

41     L’art. 18, n. 3, della sesta direttiva, citato dal governo italiano, non è pertinente in tale contesto poiché tale paragrafo si riferisce all’ipotesi in cui un contribuente abbia omesso di effettuare le detrazioni a cui avrebbe potuto procedere, cosa che non potrebbe avvenire prima dell’esercizio dell’opzione prevista dall’art. 13, parte C, della sesta direttiva. Infatti, poiché la portata della detrazione iniziale era nulla, solo dopo aver esercitato tale opzione il diritto a detrazione del contribuente acquista un valore reale che potrebbe essere oggetto di una detrazione.

42     Occorre dunque risolvere la seconda questione affermando che l’art. 20 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che la rettifica da esso prevista è applicabile anche ad una situazione in cui un bene di investimento venga destinato in un primo tempo ad un’attività esente da imposta, che non dava diritto a detrazione, e successivamente, nel corso del periodo di rettifica, è stato impiegato nel contesto un’attività assoggettata all’IVA.

 Sulla terza questione

43     Con la sua terza questione, il giudice del rinvio cerca sostanzialmente di sapere se l’art. 13, parte C, secondo comma, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile possa escludere la detrazione dell’IVA per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto d’opzione, quando la domanda presentata ai fini di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

44     Come è stato constatato al punto 24 della presente sentenza, secondo la logica del sistema istituito dalla sesta direttiva, le imposte che hanno gravato a monte sui beni o servizi usati da un soggetto passivo ai fini delle sue operazioni imponibili devono poter essere dedotte. Di conseguenza, dato che i soggetti passivi, in virtù dell’art. 13, parte C, primo comma, della sesta direttiva, hanno la possibilità di optare per l’imposizione della locazione, di un immobile, l’esercizio di tale opzione deve comportare non solo l’imposizione della locazione, ma anche la detrazione delle imposte pertinenti che hanno gravato sul detto immobile a monte.

45     Gli Stati membri possono benissimo definire le condizioni procedurali a cui può essere esercitato un diritto d’opzione, circostanza che include la possibilità di prevedere che l’imposizione sarà effettiva solo dopo il deposito della domanda e che, solo dopo tale data, sarà possibile la detrazione delle tasse versate a monte (sentenza 9 settembre 2004, causa C-269/03, Vermietungsgesellschaft Objekt Kirchberg, Racc. pag. I-8067, punto 23). Tuttavia, regole di tale tipo non potrebbero avere la conseguenza di limitare il diritto ad operare le detrazioni legate alle operazioni imponibili qualora il diritto d’opzione sia stato validamente esercitato, conformemente a tali norme. In particolare, l’applicazione delle norme procedurali nazionali non può avere la conseguenza di limitare il periodo in cui possono essere operate detrazioni ad un periodo più breve di quello previsto dalla sesta direttiva per la rettifica delle detrazioni.

46     Inoltre, una restrizione delle detrazioni legate alle operazioni imponibili successiva all’esercizio del diritto d’opzione riguarderebbe non la «portata» del diritto d’opzione, di cui al secondo comma dell’art. 13, parte C, della sesta direttiva, ma le conseguenze dell’esercizio di tale diritto. Tale disposizione non autorizza, di conseguenza, gli Stati membri a limitare il diritto di operare detrazioni previsto dall’art. 17 della sesta direttiva, né la necessità di rettificare tali detrazioni in virtù dell’art. 20 della medesima direttiva.

47     Occorre, di conseguenza, risolvere la terza questione affermando che l’art. 13, parte C, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile non è autorizzato, in virtù di tale disposizione, ad escludere la detrazione dell’IVA per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto d’opzione, quando la domanda presentata per l’esercizio di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

 Sulla quarta questione

48     Con quest’ultima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile sia autorizzato ad escludere la detrazione dell’IVA per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto d’opzione, quando la domanda presentata ai fini di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

49     Un’analisi della genesi dell’art. 17, n. 6, della sesta direttiva dimostra che la facoltà concessa agli Stati membri dal secondo comma di tale disposizione si applica solo al mantenimento delle esclusioni della detrazione per quanto riguarda talune categorie di spese definite con riferimento alla natura del bene o del servizio acquistato e non con riferimento alla destinazione impressagli o alle modalità di tale destinazione (v., in tal senso, sentenza 5 ottobre 1999, causa C-305/97, Royscot e a., Racc. pag. I-6671, punti 21-25).

50     Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, l’art. 102, n. 1, primo comma, dell’AVL prevede espressamente la possibilità di dedurre, a talune condizioni, l’IVA che ha gravato sugli investimenti relativi ad immobili, quali le spese di costruzione e di acquisto legate a tali immobili. L’esclusione in questione per quanto riguarda le spese sostenute prima dell’esercizio dell’opzione per l’assoggettamento all’IVA non rientra dunque nella deroga prevista dall’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva.

51     Occorre quindi risolvere la quarta questione affermando che l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile non è autorizzato, in virtù di tale disposizione, ad escludere la detrazione dell’IVA per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto d’opzione, quando la domanda presentata ai fini di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

 Sulla limitazione nel tempo degli effetti della presente sentenza

52     Il governo finlandese ha chiesto alla Corte, per il caso in cui essa non dovesse accogliere i suoi argomenti, di limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza al periodo successivo alla pronuncia della medesima.

53     Secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte fornisce di una norma di diritto comunitario, nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 234 CE, chiarisce e precisa, ove necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e sviluppatisi prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, sempreché, d’altro canto, sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di tale norma (v., in particolare, sentenze 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag. 379, punto 27, e 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 141).

54     Sempre secondo costante giurisprudenza, i singoli possono ottenere il rimborso delle imposte riscosse in violazione delle norme di diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12, e 14 gennaio 1997, cause riunite da C-192/95 a C-218/95, Comateb e a., Racc. pag. I-165, punto 20).

55     Solo in via eccezionale la Corte può, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico comunitario, essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere la disposizione così interpretata onde rimettere in questione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, e cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (v., in particolare, sentenze 28 settembre 1994, causa C-57/93, Vroege, Racc. pag. I-4541, punto 21, e 10 gennaio 2006, causa C-402/03, Skov e Bilka, Racc. pag. I-199, punto 51).

56     Nella fattispecie va constatato, come ha fatto correttamente l’avvocato generale al paragrafo 87 delle sue conclusioni, che il governo finlandese si basa unicamente sulle difficoltà pratiche di cui dovrebbe tener conto nel caso in cui gli effetti della presente sentenza non venissero limitati nel tempo.

57     Va peraltro rilevato, nel presente contesto, che il detto governo ha osservato di avere invocato la deroga prevista all’art. 20, n. 5, della sesta direttiva. Orbene, l’applicabilità di tale disposizione sarebbe stata, secondo la formulazione stessa di questa, assoggettata in particolare alla condizione che gli effetti pratici del sistema di rettifica delle detrazioni fossero «irrilevanti». Indipendentemente dalla questione se le consultazioni previste dall’art. 29 della sesta direttiva abbiano avuto luogo, può essere constatato che il fatto stesso che il governo finlandese ha invocato l’art. 20, n. 5, della detta direttiva può far dubitare della gravità delle ripercussioni che risulterebbero da un’applicazione retroattiva del sistema di rettifica delle detrazioni.

58     Inoltre, può essere rilevato, come è già stato constatato al punto 26 della presente sentenza, che l’art. 20, n. 2, della sesta direttiva, relativo alla rettifica delle detrazioni in questione, è redatto in termini che non lasciano alcun dubbio sul suo carattere vincolante. L’argomento del governo finlandese secondo cui le disposizioni pertinenti della sesta direttiva sarebbero oscure, comportando incertezze relative alla loro applicazione, deve quindi essere respinto.

59     Pertanto, non occorre limitare nel tempo l’efficacia della presente sentenza.

 Sulle spese

60     Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’art. 20 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che, fatto salvo il disposto del n. 5 del medesimo articolo, esso impone agli Stati membri di prevedere una rettifica delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda i beni di investimento.

2)      L’art. 20 della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che la rettifica da esso prevista è applicabile anche ad una situazione in cui un bene di investimento venga destinato in un primo tempo ad un’attività esente da imposta, che non dava diritto a detrazione, e successivamente, nel corso del periodo di rettifica, è stato impiegato nel contesto di un’attività assoggettata all’imposta sul valore aggiunto.

3)      L’art. 13, parte C, secondo comma, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile non è autorizzato, in virtù di tale disposizione, ad escludere la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto d’opzione, quando la domanda presentata ai fini di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

4)      L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro che accorda ai suoi soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione della locazione di un immobile non è autorizzato, in virtù di tale disposizione, ad escludere la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto per investimenti immobiliari effettuati prima dell’esercizio di tale diritto d’opzione, quando la domanda presentata ai fini di tale opzione non è stata presentata entro sei mesi a partire dalla messa in servizio di tale immobile.

Firme


* Lingua processuale: il finlandese.