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Cause riunite C-439/04 e C-440/04

Axel Kittel

contro

Stato belga

e

Stato belga

contro

Recolta Recycling SPRL

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Cour de cassation (Belgio)]

«Sesta direttiva IVA — Detrazione dell’IVA pagata a monte — Frode mediante operazioni “carosello” — Contratto di vendita inficiato da nullità assoluta nel diritto interno»

Conclusioni dell’avvocato generale D. Ruiz-Jarabo Colomer, presentate il 14 marzo 2006 

Sentenza della Corte (Terza Sezione) 6 luglio 2006 

Massime della sentenza

Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17)

Qualora una cessione sia operata nei confronti di un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in una frode commessa dal venditore, l’art. 17 della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma di diritto nazionale secondo cui l’annullamento del contratto di vendita – per effetto di una disposizione di diritto civile che sanziona tale contratto con la nullità assoluta in quanto contrario all’ordine pubblico per una causa illecita perseguita dall’alienante – comporta per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. Al riguardo, è irrilevante la questione se la detta nullità derivi da una frode all’imposta sul valore aggiunto ovvero da altre frodi.

Per contro, qualora risulti acclarato, alla luce degli elementi oggettivi, che la cessione è stata effettuata nei confronti di un soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, con il proprio acquisto, ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’imposta sul valore aggiunto, spetta al giudice nazionale negare al detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione.

(v. punti 52, 59-61 e dispositivo)




SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

6 luglio 2006 (*)

«Sesta direttiva IVA – Deduzione dell’IVA pagata a monte – Frodi mediante operazioni “carosello” – Contratto di vendita inficiato da nullità assoluta nel diritto interno»

Nei procedimenti riuniti C-439/04 e C-440/04,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Belgio), con decisioni 7 ottobre 2004, pervenute in cancelleria il 19 ottobre 2004, nelle cause

Axel Kittel (procedimento C-439/04)

contro

Stato belga,

e

Stato belga (procedimento C-440/04)

contro

Recolta Recycling SPRL,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J.-P. Puissochet, S. von Bahr (relatore), U. Lõhmus e A.Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 febbraio 2006,

considerate le osservazioni presentate:

–       per il sig. Axel Kittel, dall’avv. J. Bublot, avocat (procedimento C-439/04);

–       per la Recolta Recycling SPRL, dagli avv.ti T. Afschrift e A. Rayet, avocats (procedimento C-440/04);

–       per lo Stato belga, dalla sig.ra E. Dominkovits, successivamente dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agenti, assistite dall’avv. B. van de Walle de Ghelcke, avocat;

–       per il governo italiano, dall’avv. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dall’avv. G. De Bellis, avvocato dello Stato;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.-P. Keppenne e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 marzo 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2       Tali domande sono state sottoposte alla Corte nell’ambito di due controversie tra, rispettivamente, il sig. Kittel e la Recolta Recycling SPRL (in prosieguo: la «Recolta»), da una parte, e lo Stato belga, dall’altra, controversie entrambe vertenti sul diniego dell’Amministrazione tributaria belga di riconoscere il diritto di dedurre l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») versata a monte su operazioni connesse con frodi realizzate mediante operazioni di tipo «carosello».

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       L’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU n. 71, pag. 1301), come modificata dalla sesta direttiva (in prosieguo: la «prima direttiva»), così recita:

«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso».

4       L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva prevede quanto segue:

«Sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

5       Ai termini dell’art. 4, nn. 1 e 2, della detta direttiva:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.      Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

6       Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva medesima, «[s]i considera «cessione di bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

7       L’art. 17, nn. 1 e 2, lett. a), della sesta direttiva prevede quanto segue:

«1.      Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovut[a] o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

 La normativa nazionale

8       Ai sensi dell’art. 1131 del Codice civile belga, «le obbligazioni prive di causa o aventi una causa fittizia o illecita non producono effetto».

9       A termini del successivo art. 1133, «la causa è illecita quando è vietata dalla legge, contraria al buon costume o all’ordine pubblico».

 La causa principale

 Procedimento C-439/04

10     Il giudice del rinvio rileva che la società anonima Ang Computime Belgium (in prosieguo: la «Computime») ha acquistato e rivenduto componenti informatici e che, secondo il processo verbale redatto dall’Amministrazione tributaria, quest’ultima ha accertato che la Computime aveva scientemente partecipato ad una frode all’IVA del tipo «carosello», il cui fine consisteva nel recupero, una o più volte, dell’importo IVA fatturato da fornitori per una sola e medesima merce, e che le cessioni alla Computime erano fittizie. Su tale base, l’Amministrazione tributaria ha negato alla Computime il diritto alla deduzione dell’IVA versata sulle dette cessioni.

11     Dagli atti di causa risulta che l’esattoria dell’IVA di Verviers emanava avviso di liquidazione nei confronti della Computime in data 13 ottobre 1997. Gli importi liquidati erano pari a circa 240 milioni di BEF a titolo di imposte e a circa 480 milioni di BEF a titolo di ammende (per un totale di circa EUR 18 milioni).

12     La Computime si opponeva a tale ingiunzione dinanzi al Tribunal de première instance di Verviers. Con decisione 28 luglio 1999 il detto giudice dichiarava l’azione infondata. Tale decisione veniva confermata con sentenza della Cour d’appel di Liegi del 29 maggio 2002.

13     Avverso tale sentenza il sig. Kittel, in qualità di curatore fallimentare della Computime, proponeva allora ricorso dinanzi alla Cour de cassation.

 Procedimento C-440/04

14     Il giudice del rinvio rileva che la Recolta ha acquistato da un certo sig. Ailliaud sedici autoveicoli di lusso, acquistati dal medesimo presso la società Auto-Mail. Sugli acquisti del sig. Ailliaud non è stata riscossa l’IVA da parte dell’Erario e il sig. Ailliaud non ha trasferito allo Stato belga l’IVA versata dalla Recolta. Quest’ultima ha rivenduto gli autoveicoli in esenzione IVA alla medesima società Auto-Mail, in forza di un’autorizzazione di vendita all’esportazione.

15     Dagli atti di causa risulta che, secondo un’indagine dell’Ispettorato speciale delle imposte, il sig. Ailliaud e la Auto-Mail avevano costituito un meccanismo di frode fiscale mediante operazioni di tipo «carosello», nel quale si sarebbero inserite le operazioni concluse con la Recolta.

16     Il 26 ottobre 1989 l’esattoria dell’IVA di Verviers emanava avviso di liquidazione nei confronti della Recolta per un importo superiore a 4,8 milioni di BEF a titolo di imposte e di poco più di 9,7 milioni di BEF a titolo di ammende (per un totale di circa EUR 360 000).

17     La Recolta si opponeva a tale ingiunzione dinanzi al Tribunal de première instance di Verviers. Con decisione 1° ottobre 1996 il detto giudice, dopo aver rilevato che nessun elemento consentiva di ritenere che la Recolta e i suoi dirigenti fossero a conoscenza ovvero fossero consapevoli del fatto di essere implicati in un ampio meccanismo di frode, dichiarava l’avviso di liquidazione emanato dall’esattoria privo di fondamento e, pertanto, nullo e privo di effetti. La causa dava luogo parimenti ad un procedimento penale, nel corso del quale il Tribunal correctionnel di Bruxelles emanava, il 7 gennaio 1994, un’ordinanza di non luogo a procedere nei confronti dell’amministratore della Recolta.

18     Avverso tale decisione lo Stato belga interponeva appello dinanzi alla Cour d’appel di Liegi, deducendo che i contratti posti alla base delle fatture erano inficiati da nullità assoluta secondo l’ordinamento interno, in considerazione del fatto che la ragione decisiva che aveva indotto il sig. Ailliaud a contrattare con la Recolta era costituita dalla realizzazione di operazioni contrarie al meccanismo dell’IVA. Poiché la causa di tali operazioni era illecita ai sensi dell’art. 1131 del codice civile, i requisiti necessari per il diritto alla deduzione, in particolare l’esistenza di cessioni di beni, non sarebbero pertanto soddisfatti.

19     Poiché la Cour d’appel di Liegi confermava la sentenza impugnata, lo Stato belga proponeva ricorso dinanzi alla Cour de cassation.

 Le questioni pregiudiziali

20     Il giudice del rinvio osserva, anzitutto, che le disposizioni del codice belga sull’IVA oggetto delle cause principali costituiscono la trasposizione nell’ordinamento interno dell’art. 2, dell’art. 4, n. 1, dell’art. 5, n. 1, e dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva.

21     Il detto giudice ricorda quindi che, secondo costante giurisprudenza della Corte, la sesta direttiva si fonda sul principio di neutralità fiscale, che tale principio osta, in materia di riscossione dell’IVA, ad una differenziazione generalizzata tra le transazioni lecite e quelle illecite, ad eccezione dei casi, estranei alla fattispecie in oggetto, nei quali, a causa di caratteristiche particolari di talune merci, sia esclusa qualsivoglia concorrenza tra un settore economico lecito ed uno illecito.

22     Il giudice del rinvio rileva inoltre che, nel diritto interno, un accordo finalizzato all’organizzazione di una frode nei confronti di terzi, nella specie lo Stato belga, i cui diritti sono tutelati da una normativa di ordine pubblico, presenta una causa illecita ed è colpito da nullità assoluta. Riguardo all’interesse generale, è sufficiente che una delle parti abbia contrattato per fini illeciti e non occorre che tali fini siano noti all’altro contraente.

23     Nella causa C-439/04 la Cour de cassation ricorda che la Cour d’appel di Liegi ha dichiarato che da un accordo nullo non possono derivare effetti giuridici, quali la deduzione dell’IVA, quando la causa illecita è la frode all’imposta stessa, e che il sig. Kittel fa valere, a sostegno del suo motivo di ricorso per cassazione, che l’IVA fatturata dal soggetto passivo per una cessione di beni può essere portata in deduzione, anche laddove sia operata in occasione di un accordo viziato, secondo l’ordinamento interno, da nullità assoluta, e che il diritto alla deduzione permane, ancorché la causa illecita consista in una frode alla stessa IVA.

24     Nella causa C-440/04, lo Stato belga afferma, a sostegno del proprio motivo di ricorso per cassazione, che l’IVA fatturata da un soggetto passivo per una cessione di beni non può essere portata in detrazione quando la cessione, ancorché materialmente operata, sia stata effettuata in virtù di un accordo viziato, secondo l’ordinamento interno, da nullità assoluta, malgrado la buona fede dell’acquirente.

25     Ciò premesso, la Cour de cassation decideva di sospendere il procedimento e di sollevare dinanzi alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

 Nella causa C-439/04:

«1)      Se, quando la cessione di beni sia destinata ad un soggetto passivo che abbia stipulato in buona fede un contratto ignorando la frode commessa dal venditore, il principio di neutralità fiscale dell’[IVA] osti a che la declaratoria di nullità del contratto di compravendita, in virtù di una norma di diritto civile interno che sanziona questo contratto con la nullità assoluta perché contrario all’ordine pubblico per una causa illecita in capo all’alienante, comporti per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’imposta.

2)      Se la soluzione da dare sia diversa qualora la nullità assoluta derivi da una frode alla stessa [IVA].

3)      Se la soluzione da dare sia diversa qualora la causa illecita del contratto di compravendita, che ne comporta la nullità assoluta per il diritto interno, sia una frode all’[IVA] nota ad entrambi i contraenti».

 Nella causa C-440/04:

«1)      Se, quando la cessione di beni sia destinata ad un soggetto passivo che abbia stipulato in buona fede un contratto ignorando la frode commessa dal venditore, il principio di neutralità fiscale dell’[IVA] osti a che la declaratoria di nullità del contratto di compravendita, in virtù di una norma di diritto civile interno che sanziona questo contratto con la nullità assoluta perché contrario all’ordine pubblico per una causa illecita in capo all’alienante, comporti per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’imposta.

2)      Se la soluzione da dare sia diversa qualora la nullità assoluta derivi da una frode alla stessa [IVA]».

26     Con ordinanza 28 gennaio 2005 il presidente della Corte di giustizia ha riunito le cause C-439/04 e C-440/04 ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza definitiva.

 Sulle questioni pregiudiziali

27     Con le questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, qualora una cessione sia operata nei confronti di un soggetto passivo che non sapeva e non poteva sapere che l’operazione interessata si iscrivesse in una frode commessa dal venditore, l’art. 17 della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che osta ad una norma di diritto nazionale in virtù della quale l’annullamento del contratto di vendita – per effetto di una disposizione di diritto civile che sanziona tale contratto con la nullità assoluta perché contrario all’ordine pubblico per causa illecita perseguita dall’alienante – comporta per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’IVA. Il detto giudice si chiede se la soluzione a tale quesito sia diversa quando la nullità assoluta deriva da una frode all’IVA.

28     Il giudice del rinvio intende parimenti chiarire se la soluzione al detto quesito sia diversa quando il soggetto passivo sapeva ovvero avrebbe dovuto sapere che, con il suo acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA.

 Osservazioni sottoposte alla Corte

29     Secondo il sig. Kittel, il principio di neutralità fiscale, che deriva, segnatamente, dall’art. 2 della prima direttiva e dall’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, osta a che la mera nullità di una transazione nel diritto interno comporti, per il soggetto passivo, la perdita del proprio diritto alla deduzione.

30     Inoltre, l’art. 5 della sesta direttiva non osterebbe a che sia considerata quale cessione di un bene un’operazione che, per le sue particolari caratteristiche, si colloca nel circuito economico della concorrenza, anche se parte di tale cessione viene effettuata al fine di commettere una frode all’IVA. Ciò premesso, l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva dovrebbe essere interpretato nel senso che consente il diritto alla deduzione all’acquirente che non agisca al fine di commettere una frode all’IVA.

31     Del pari, la detta disposizione riconoscerebbe il diritto alla deduzione dell’acquirente che non agisca al fine di commettere una frode all’IVA, ancorché sia al corrente del fine fraudolento del suo dante causa, indipendente dal fatto che tragga o meno giovamento dalla frode medesima. L’art. 17, n. 2, della sesta direttiva dovrebbe, pertanto, essere interpretato nel senso che consente il diritto alla deduzione dell’acquirente, ancorché sia al corrente del fine fraudolento del suo dante causa, indipendente dal fatto che tragga o meno giovamento dalla frode medesima.

32     Secondo lo Stato belga, qualora il trasferimento di beni avvenga a favore di un soggetto passivo che ha stipulato in buona fede un contratto ignorando la frode commessa dal venditore, il principio di neutralità fiscale dell’IVA non osta a che venga negato al detto soggetto passivo il diritto alla deduzione, laddove risulti dimostrata l’insussistenza dei requisiti sostanziali richiesti per beneficiare di tale diritto.

33     Ciò si verificherebbe, segnatamente, quando il soggetto passivo partecipa a sua insaputa ad una frode mediante operazioni di tipo «carosello», in quanto non potrebbe essere considerato quale beneficiario di una cessione di beni ai sensi dell’art. 5 della sesta direttiva ovvero quale utente dei beni in oggetto ai fini delle proprie operazioni imponibili, o ancora quando il soggetto passivo non sia in possesso di una fattura conforme alle disposizioni di cui agli artt. 18, n. 1 e 22, n. 3, della detta direttiva.

34     L’esercizio del diritto alla deduzione potrebbe parimenti essere negato qualora risulti acclarato che tale diritto viene invocato fraudolentemente o abusivamente.

35     La Recolta, al pari del governo italiano, ritiene che occorra risolvere in senso affermativo la prima questione, in senso negativo la seconda.

36     Tuttavia, quando la causa illecita del contratto di vendita consiste in una frode all’IVA nota ad entrambi i contraenti, il governo italiano ritiene che il principio che vieta di invocare l’applicazione del diritto comunitario a fini illeciti osta a che al cessionario venga riconosciuto il diritto alla deduzione dell’imposta versata.

37     A parere della Commissione delle Comunità europee, la cessione di beni a favore di un soggetto passivo che abbia stipulato il contratto in buona fede, ignorando la frode commessa dal dante causa, costituisce una cessione di beni ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva, da cui sorge il diritto alla deduzione ai sensi dell’art. 17, n. 2, della direttiva medesima, e il principio di neutralità della detta imposta osta a che venga negato al detto soggetto passivo il diritto alla deduzione dell’IVA, a causa di una norma di diritto nazionale che sanziona tale contratto con la nullità assoluta in quanto contrario all’ordine pubblico per causa illecita perseguita dall’alienante.

38     Secondo la Commissione, la soluzione delle questioni sollevate dal giudice del rinvio non è diversa qualora la causa illecita del contratto di compravendita, che ne comporta la nullità assoluta secondo l’ordinamento interno, sia una frode all’IVA nota ad entrambi i contraenti, a meno che non risulti acclarato che l’esercizio del diritto alla deduzione costituisce un uso illecito del detto diritto da parte dell’acquirente.

 Giudizio della Corte

39     La sesta direttiva stabilisce un sistema comune dell’IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (v., in particolare, sentenze 26 giugno 2003, causa C-305/01, MKG-Kraftfahrzeuge-Factoring, Racc. pag. I-6729, punto 38, e 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen e a., Racc. pag. I-483, punto 36).

40     La detta direttiva attribuisce un’amplissima sfera di applicazione all’IVA, ricomprendendo, all’art. 2, relativo alle operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (sentenza Optigen e a., cit., punto 37).

41     L’analisi delle nozioni di cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e di attività economiche dimostra che tali nozioni, che definiscono le operazioni imponibili ai sensi della sesta direttiva, hanno un carattere obiettivo e si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Optigen e a., cit., punti 43 e 44).

42     Come rilevato dalla Corte al punto 24 della sentenza 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP Group (Racc. pag. I-983), l’obbligo, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di effettuare indagini per accertare la volontà del soggetto passivo sarebbe contrario agli scopi del sistema comune dell’IVA di garantire la certezza del diritto e di agevolare le operazioni inerenti all’applicazione dell’imposta dando rilevanza, salvo in casi eccezionali, alla natura oggettiva dell’operazione di cui trattasi.

43     Sarebbe a maggior ragione in contrasto con i detti obiettivi l’obbligo dell’Amministrazione tributaria – allorché deve accertare se una data operazione costituisca una cessione effettuata da un soggetto passivo, che agisce in quanto tale, e un’attività economica – di tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso dal soggetto passivo di cui trattasi, che intervenga nella stessa catena di cessioni e/o dell’eventuale natura fraudolenta, della quale il detto soggetto passivo non aveva né poteva avere conoscenza, di un’altra operazione facente parte di tale catena, precedente o successiva all’operazione compiuta dal detto soggetto passivo (sentenza Optigen e a., cit., punto 46).

44     La Corte, al punto 51 della citata sentenza Optigen e a., ne ha tratto la conseguenza che operazioni che non siano di per sé inficiate da frodi all’IVA costituiscono cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e un’attività economica ai sensi degli artt. 2, punto 1, 4 e 5, n. 1, della sesta direttiva, in quanto soddisfano i criteri oggettivi sui quali sono fondate le dette nozioni, indipendentemente dall’intenzione di un operatore, diverso dal soggetto passivo di cui trattasi, che intervenga nella medesima catena di cessioni e/o dall’eventuale natura fraudolenta, della quale il detto soggetto passivo non aveva e non poteva avere conoscenza, di un’altra operazione che faceva parte della detta catena di cessioni, precedente o successiva all’operazione compiuta, dal detto soggetto passivo.

45     La Corte ha precisato che il diritto di dedurre l’IVA pagata a monte da parte di un soggetto passivo che effettua simili operazioni non può neanche essere compromesso dalla circostanza che, nella catena di cessioni in cui si inscrivono le dette operazioni, un’altra operazione, precedente o successiva a quella da esso realizzata, sia inficiata da frode all’IVA senza che tale soggetto passivo lo sappia o possa saperlo (sentenza Optigen e a., cit., punto 52).

46     Tale conclusione non può variare allorché siffatte operazioni, senza che il soggetto passivo lo sappia o possa saperlo, vengono compiute nel contesto di una frode commessa dal venditore.

47     Infatti, il diritto a deduzione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte (v., in particolare, sentenze 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 18, e 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 43).

48     Il sistema delle deduzioni è inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v., in particolare, sentenze 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National, Racc. pag. I-1361, punto 24, e 21 aprile 2005, causa C-25/03, HE, Racc. pag. I-3123, punto 70).

49     È irrilevante, ai fini del diritto del soggetto passivo di dedurre l’IVA pagata a monte, stabilire se l’IVA dovuta sulle operazioni di vendita precedenti o successive riguardanti i beni interessati sia stata versata o meno all’Erario (v., in questo senso, ordinanza 3 marzo 2004, causa C-395/02, Transport Service, Racc. pag. I-1991, punto 26). In base al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’IVA e risultante dagli artt. 2 della prima e sesta direttiva, l’IVA si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo (v., in particolare, sentenze 8 giugno 2000, causa C-98/98, Midland Bank, Racc. pag. I-4177, punto 29; 27 novembre 2003, causa C-497/01, Zita Modes, Racc. pag. I-14393, punto 37, e Optigen e a., cit., punto 54).

50     In tale contesto, come rilevato dal giudice del rinvio, risulta dalla costante giurisprudenza che il principio della neutralità fiscale non consente una distinzione generale fra le operazioni lecite e le operazioni illecite. Ne deriva che la qualificazione di un comportamento come riprovevole non comporta, di per sé, una deroga all’imposizione, ma di una tale deroga si tiene conto solo in situazioni specifiche nelle quali, a causa delle caratteristiche particolari di talune merci o di talune prestazioni, è esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito e un settore illecito (v., segnatamente, 29 giugno 1999, causa C-158/98, Coffeeshop «Siberië», Racc. pag. I-3971, punti 14 e 21, nonché 29 giugno 2000, causa C-455/98, Salumets e a., Racc. pag. I-4993, punto 19). Orbene, è pacifico che ciò non si verifica né con i componenti informatici né con gli autoveicoli di cui alla causa principale.

51     Alla luce delle suesposte considerazioni, risulta che gli operatori che adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte di una frode, che si tratti di frode all’IVA o di altre frodi, devono poter fare affidamento sulla liceità di tali operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla deduzione dell’IVA pagata a monte (v., in tal senso, sentenza 11 maggio 2006, causa C-384/04, Federation of Technological Industries, Racc. pag. I-0000, punto 33).

52     Ne consegue che, qualora una cessione sia operata nei confronti di un soggetto passivo che non sapeva e non poteva sapere che l’operazione interessata si iscriveva in una frode commessa dal venditore, l’art. 17 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma di diritto nazionale secondo cui l’annullamento del contratto di vendita – per effetto di una disposizione di diritto civile che sanziona tale contratto con la nullità assoluta in quanto contrario all’ordine pubblico per una causa illecita perseguita dall’alienante – comporta per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’IVA. Al riguardo, è irrilevante la questione se detta nullità derivi da una frode all’IVA o da altre frodi.

53     Per contro, i criteri oggettivi su cui si fondano le nozioni di cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo in quanto tale e di attività economica non sono soddisfatti in caso di frode fiscale perpetrata dallo stesso soggetto passivo (v. sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-0000, punto 59).

54     Infatti, come la Corte ha già dichiarato, la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli eventuali abusi è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva (v., sentenza 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep, Racc. pag. I-5337, punto 76). Gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 12 maggio 1998, causa C-367/96, Kefalas e a., Racc. pag. I-2843, punto 20; 23 marzo 2000, causa C-373/97, Diamantis, Racc. pag. I-1705, punto 33, e 3 marzo 2005, causa C-32/03, Fini H, Racc. pag. I-1599, punto 32).

55      Se l’Amministrazione tributaria accerta che il diritto alla detrazione è stato esercitato in modo fraudolento, può chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso degli importi detratti (v., segnatamente, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman, Racc. pag. 655, punto 24; 29 febbraio 1996, causa C-110/94, INZO, Racc. pag. I-857, punto 24, e Gabalfrisa e a., cit., punto 46) e spetta al giudice nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v. sentenza Fini H, cit., punto 34).

56     Del pari, un soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA, ai fini della sesta direttiva si deve considerarlo partecipante a tale frode, indipendentemente dalla circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni.

57     In una situazione del genere, infatti, il soggetto passivo collabora con gli autori della frode e ne diviene complice.

58     Peraltro, rendendone più difficile la realizzazione, un’interpretazione siffatta è tale da ostacolare le operazioni fraudolente.

59     Pertanto, spetta al giudice nazionale negare il beneficio del diritto alla deduzione qualora risulti acclarato, alla luce degli elementi oggettivi, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA, anche se l’operazione in oggetto soddisfaceva i criteri oggettivi sui quali si fondano le nozioni di cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e di attività economica.

60     Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni sollevate devono essere risolte nel senso che, qualora una cessione sia operata nei confronti di un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in una frode commessa dal venditore, l’art. 17 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma di diritto nazionale secondo cui l’annullamento del contratto di vendita – in virtù di una disposizione di diritto civile che sanziona tale contratto con la nullità assoluta in quanto contrario all’ordine pubblico per una causa illecita perseguita dall’alienante – comporta per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’IVA. Al riguardo, è irrilevante la questione se detta nullità derivi da una frode all’IVA o da altre frodi.

61     Per contro, qualora risulti acclarato, alla luce di elementi oggettivi, che la cessione è stata effettuata nei confronti di un soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare con il proprio acquisto ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA, spetta al giudice nazionale negare al detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla deduzione.

 Sulle spese

62     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Qualora una cessione sia operata nei confronti di un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in una frode commessa dal venditore, l’art. 17 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma di diritto nazionale secondo cui l’annullamento del contratto di vendita – per effetto di una disposizione di diritto civile che sanzioni tale contratto con la nullità assoluta in quanto contrario all’ordine pubblico per una causa illecita perseguita dall’alienante – comporta per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’imposta sul valore aggiunto. Al riguardo, è irrilevante la questione se tale nullità derivi da una frode all’imposta sul valore aggiunto o da altre frodi.

Per contro, qualora risulti acclarato, alla luce degli elementi oggettivi, che la cessione è stata effettuata nei confronti di un soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare con il proprio acquisto ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’imposta sul valore aggiunto, spetta al giudice nazionale negare al detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla deduzione.

Firme


* Lingua processuale: il francese.