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Causa C-383/05

Raffaele Talotta

contro

Stato belga

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Belgio)]

«Libertà di stabilimento — Art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) — Contribuente non residente che esercita un’attività autonoma — Fissazione di basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti — Giustificazione con motivi d’interesse generale — Efficacia dei controlli fiscali — Insussistenza»

Massime della sentenza

Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria

[Trattato CE, art. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE)]

L’art. 52 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) osta alla normativa di uno Stato membro in materia di imposta sul reddito che prevede, nell’ambito della valutazione della base imponibile in mancanza di elementi probanti forniti dal contribuente o dall’amministrazione, basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti.

Infatti, il reddito percepito nell’ambito di un’attività autonoma nel territorio dello Stato membro interessato, vuoi da un contribuente residente vuoi da un contribuente non residente, rientra nella stessa categoria di redditi. Inoltre, la situazione di un contribuente residente e quello di un contribuente non residente presentano per l’amministrazione fiscale interessata, nel caso in cui una parte delle operazioni di tali contribuenti fosse effettuata nel territorio di un altro Stato membro, le stesse difficoltà, di modo che tali due categorie di contribuenti si trovano in una situazione oggettivamente analoga. Di conseguenza, la distinzione fondata sul criterio della residenza costituisce una discriminazione indiretta in quanto rischia di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri dato che i non residenti sono il più delle volte cittadini non nazionali.

(v. punti 26, 28, 32, 38 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 marzo 2007 (*)

«Libertà di stabilimento – Art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) − Contribuente non residente che esercita un’attività autonoma − Fissazione di basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti − Giustificazione con motivi d’interesse generale − Efficacia dei controlli fiscali − Insussistenza»

Nel procedimento C-383/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Belgio), con ordinanza 7 ottobre 2005, pervenuta in cancelleria il 24 ottobre 2005, nella causa tra

Raffaele Talotta

e

Stato belga,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen, A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore) ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. R. Grass

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Talotta, dagli avv.ti X. Thiebaut e X. Pace, avocats;

–        per il governo belga, dal sig. M. Wimmer, in qualità di agente, assistito dall’avv. B. van de Walle de Ghelcke, avocat;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e D. Martin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 novembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Talotta e lo Stato belga in merito all’applicazione nei suoi confronti, nella sua qualità di contribuente non residente, di una base imponibile minima per il periodo d’imposta 1992.

 Contesto normativo

3        In Belgio l’imposta sul reddito delle persone fisiche e giuridiche è disciplinata dal codice delle imposte sui redditi 1992 (Moniteur belge del 30 luglio 1992) che, nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti della causa principale, prevede all’art. 341, primo comma, quanto segue:

«Salvo prova contraria, l’accertamento della base imponibile può essere operato, tanto per le persone fisiche quanto per le persone giuridiche, in base a segni o indizi dai quali risulti un’agiatezza superiore a quella che i redditi dichiarati attestano».

4        L’art. 342 del medesimo codice prevede che:

«1. In mancanza di elementi di prova forniti dagli interessati, o dall’amministrazione, gli utili o profitti di cui all’art. 23, n. 1, punti 1 e 2, vengono determinati, per ciascun contribuente, in considerazione degli utili o profitti normali di almeno tre contribuenti simili e tenendo conto, a seconda dei casi, del capitale investito, del fatturato, del numero di operai, della forza motrice utilizzata, del valore locativo dei terreni coltivati, nonché di ogni altra informazione utile.

(…)

2. Il Re stabilisce, alla luce degli elementi indicati al n. 1, primo comma, il minimo di utili imponibili delle ditte straniere operanti in Belgio».

5        L’art. 182 del regio decreto 27 agosto 1993, di esecuzione del codice delle imposte sui redditi 1992 (Moniteur belge del 13 settembre 1993; in prosieguo: il «regio decreto 27 agosto 1993»), dispone che:

«1. Il minimo di utili imponibili delle ditte straniere operanti in Belgio che sono tassabili secondo la procedura di confronto prevista all’art. 342, n. 1, primo comma, del codice delle imposte sui redditi 1992, è fissato come segue: (…)

3° imprese dei settori del commercio e della fornitura di servizi:

a)      (…) horeca [(alberghi, ristoranti, caffé)] (…): [BEF] 100 per [BEF] 1 000 di fatturato con un minimo di [BEF] 300 000 per dipendente (numero medio per l’anno considerato);

(…)

2. In nessun caso l’importo degli utili imponibili determinato conformemente al n. 1 può essere inferiore a [BEF] 400 000.

[…]».

6        Ai sensi dell’art. 24, n. 5, della convenzione tra il Belgio e il Granducato di Lussemburgo al fine di evitare le doppie imposizioni e di disciplinare alcune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, firmata a Lussemburgo il 17 settembre 1970 (in prosieguo: la «convenzione»):

«La tassazione di uno stabilimento permanente di un’impresa di uno Stato contraente nell’altro Stato contraente non è operata in tale altro Stato in maniera meno favorevole della tassazione delle imprese di tale altro Stato che esercitano la stessa attività».

 Controversia nella causa principale e questioni pregiudiziali

7        Il sig. Talotta, residente nel Granducato di Lussemburgo, gestisce, in qualità di persona fisica, un ristorante in Belgio.

8        Non avendo stabilito nel territorio belga il proprio domicilio fiscale, il sig. Talotta è assoggettato, in Belgio, all’imposta sulle persone fisiche non residenti limitatamente ai redditi percepiti in tale Stato membro.

9        Avendo il sig. Talotta presentato tardivamente la propria dichiarazione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche non residenti per il periodo d’imposta 1992, l’amministrazione fiscale belga gli ha reso noto la sua intenzione di assoggettarlo d’ufficio all’imposta, sulla base dell’art. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi 1992. Tale disposizione consente alla detta amministrazione, in mancanza di elementi di prova forniti dal contribuente o dall’amministrazione, di tassare, in relazione al fatturato e al numero di dipendenti, le ditte straniere che operano in Belgio, in riferimento al minimo di utili imponibili determinato con il regio decreto 27 agosto 1993, che non poteva essere, per quelle che operavano nel settore «horeca», inferiore a BEF 400 000 per il periodo d’imposta in questione nella causa principale.

10      Sul fondamento di tale normativa, l’amministrazione fiscale belga, per il periodo d’imposta 1992, ha posto a carico del sig. Talotta un tributo a titolo di imposta sulle persone fisiche non residenti, fissato sulla base di sei dipendenti.

11      La medesima amministrazione ha respinto, con decisione 23 giugno 1998, l’opposizione presentata dal sig. Talotta avverso il detto tributo.

12      Il ricorrente nella causa principale ha impugnato tale decisione dinanzi alla Cour d’appel di Liegi che, con sentenza 16 giugno 2004, ha respinto il ricorso presentato dall’interessato.

13      Nel ricorso presentato dinanzi alla Cour de cassation, il sig. Talotta ha sostenuto, con la prima parte della prima censura fatta valere, che la Cour d’appel di Liegi non aveva adeguatamente motivato la sentenza impugnata, violando l’art. 149 della Costituzione belga, dal momento che non aveva risposto al suo motivo relativo al fatto che l’imposta addebitatagli era stata determinata secondo modalità meno favorevoli di quelle applicate nei confronti delle imprese belghe che esercitano la stessa attività. Il sig. Talotta ha sostenuto, con la seconda parte della sua prima censura, che detta Cour d’appel, decidendo che l’imposizione controversa nella causa principale era stata legittimamente determinata in applicazione degli artt. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi 1992 e 182 del regio decreto 27 agosto 1993, aveva violato l’art. 24, n. 5, della convenzione e l’art. 52 del Trattato.

14      Dopo aver respinto la prima parte della prima censura fatta valere in quanto carente in fatto, la Cour de cassation ha deciso, per quanto riguarda la seconda parte della prima censura, di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se [l’articolo 52 del Trattato] debba essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione di diritto nazionale che, come l’art. 182 del regio decreto 27 agosto 1993, adottato in applicazione dell’art. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi 1992, applica basi imponibili minime ai soli non residenti».

Sulla questione pregiudiziale

15      Con la sua questione il giudice del rinvio vuole sapere se l’art. 52 del Trattato osti alla normativa di uno Stato membro, come quella risultante dall’art. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi nonché dell’art. 182 del regio decreto 27 agosto 1993, che prevede basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti.

16      In via preliminare occorre ricordare che, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (sentenza 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

17      Le norme relative alla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga al medesimo risultato (sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, Racc. pag. I-225, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

18      Una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (sentenza Schumacker, cit., punto 30, e 14 settembre 1999, causa C-391/97, Gschwind, Racc., pag. I-5451, punto 21).

19      Per quanto riguarda la materia delle imposte dirette, la Corte ha riconosciuto, nelle cause relative alla tassazione dei redditi delle persone fisiche, che la situazione dei residenti e quella dei non residenti in un dato Stato non sono di regola analoghe, in quanto presentano differenze oggettive per quanto attiene sia alla fonte dei redditi sia alla capacità contributiva personale o alla presa in considerazione della situazione personale e familiare (sentenze Schumacker, cit., punti 31-34; 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx, Racc. pag. I-2493, punto 18, e 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher, Racc. pag. I-3089, punto 41). Essa ha tuttavia precisato che, in presenza di un vantaggio fiscale il cui godimento venga rifiutato ai non residenti, una disparità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti poteva essere qualificata come una discriminazione ai sensi del Trattato quando non sussisteva alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento su tale punto tra le due categorie di contribuenti (sentenze citate Schumacker, punti 36-38, e Asscher, punto 42).

20      A tal riguardo, occorre rilevare che dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che l’art. 342, n. 1, del codice delle imposte sui redditi 1992 è volto a disciplinare le situazioni nelle quali il contribuente, residente o non residente, non ha fornito all’amministrazione fiscale elementi di prova relativi ai suoi utili o profitti.

21      Per quanto riguarda i contribuenti residenti, emerge ancora dal fascicolo sottoposto alla Corte che l’amministrazione fiscale belga può, conformemente ai criteri fissati dall’art. 342, n. 1, del codice delle imposte sui redditi 1992, determinare gli utili da prendere in considerazione attraverso un confronto con gli utili normali di almeno tre contribuenti residenti simili.

22      Nel caso in cui non fosse possibile ricorrere a tale metodo per determinare gli utili, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta altresì che la detta amministrazione può, conformemente all’art. 341, primo comma, di tale codice, applicare unicamente nei confronti dei contribuenti residenti il metodo forfettario di tassazione basato sui «segni o indizi dai quali risulti un’agiatezza superiore a quella che i redditi dichiarati attestano».

23      Per contro, il fatturato dei contribuenti non residenti è, in mancanza di elementi di prova, determinato attraverso l’applicazione di basi imponibili minime.

24      Pertanto, è giocoforza constatare che la normativa nazionale controversa nella causa principale tratta diversamente i contribuenti a seconda che essi siano o meno residenti in Belgio.

25      Orbene, non si può ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa applicare basi imponibili minime soltanto nei confronti dei contribuenti non residenti per il solo fatto che la loro residenza si trova in un altro Stato membro, a pena di svuotare di contenuto l’art. 52 del Trattato (v., per analogia, sentenza 28 gennaio 1986, causa C-270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 18).

26      Infatti, il reddito percepito da un contribuente residente nell’ambito di un’attività autonoma nel territorio dello Stato membro interessato e quello acquisito da un contribuente non residente nell’ambito di un’attività anch’essa autonoma esercitata nel territorio di tale Stato membro sono classificati nella stessa categoria di redditi provenienti da attività autonome esercitate nel territorio dello stesso Stato membro.

27      Il governo belga fa valere, a sostegno delle proprie affermazioni, che sussistono differenze oggettive tra le situazioni dei residenti e quelle dei non residenti per quanto riguarda i mezzi di prova di cui dispone l’amministrazione fiscale per determinare la base dei redditi imponibili, che, ove una parte delle operazioni di un contribuente non residente fosse effettuata nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui il contribuente esercita la sua attività autonoma, un eventuale scambio di informazioni con lo Stato membro di residenza attraverso il meccanismo previsto dalla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), non appare né realistica né efficace al fine di rimediare alle difficoltà pratiche ingenerate dall’applicazione della tassazione per confronto, poiché l’amministrazione fiscale belga non dispone in tal caso, da un lato, di informazioni comunicate dallo Stato di residenza nel contesto di scambi di informazioni spontanei o automatici e, dall’altro, di elementi precisi, di modo che la richiesta di uno scambio di informazioni non sarebbe ammissibile.

28      Orbene, così come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, un contribuente residente e un contribuente non residente presentano per l’amministrazione fiscale interessata, nel caso in cui una parte delle operazioni di tali contribuenti fosse effettuata nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui essi esercitano la loro attività autonoma, le stesse difficoltà, di modo che tali due categorie di contribuenti si trovano in una situazione oggettivamente analoga.

29      Inoltre, occorre ricordare che la direttiva 77/799, nell’ipotesi in cui una parte delle operazioni di un contribuente fosse effettuata nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui esso esercita la sua attività autonoma, può essere invocata da uno Stato membro per ottenere, da parte delle competenti autorità di un altro Stato membro, tutte le informazioni idonee a consentirgli di determinare correttamente l’ammontare delle imposte sul reddito o tutte le informazioni che esso ritenga necessarie per valutare l’ammontare esatto dell’imposta sul reddito dovuta da un soggetto passivo in relazione alla normativa che esso applica (sentenza 26 giugno 2003, causa C-422/01, Skandia e Ramstedt, Racc. pag. I-6817, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

30      Pertanto, è giocoforza constatare che, ai sensi della normativa nazionale controversa nella causa principale, i contribuenti residenti e i contribuenti non residenti si trovano in una situazione oggettivamente analoga.

31      Detta interpretazione non è in alcun modo inficiata dall’osservazione del governo belga secondo la quale le basi imponibili minime ai sensi della normativa nazionale controversa nella causa principale sono spesso più favorevoli ai contribuenti non residenti rispetto alla tassazione per confronto applicata ai contribuenti residenti. Infatti, anche supponendo che il regime fiscale belga sia più spesso favorevole ai contribuenti non residenti, ciò non toglie che, quando tale regime si rivela svantaggioso per i detti contribuenti, esso dà luogo ad una disparità di trattamento rispetto ai contribuenti residenti e crea così un ostacolo alla libertà di stabilimento garantita dall’art. 52 del Trattato (v., per analogia, sentenza 14 dicembre 2000, causa C-141/99, AMID, Racc. pag. I-11619, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

32      Di conseguenza, una normativa di uno Stato membro come quella risultante dall’art. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi 1992 nonché dall’art. 182 del regio decreto 27 agosto 1993, la quale prevede basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti, costituisce una discriminazione indiretta in base alla cittadinanza ai sensi dell’art. 52 del Trattato. Infatti, anche se la detta normativa prevede una distinzione fondata sul criterio della residenza nel senso che nega ai non residenti talune agevolazioni in materia fiscale concesse invece ai residenti nel territorio nazionale, essa rischia di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri in quanto i non residenti sono il più delle volte cittadini non nazionali (v., per analogia, sentenza Schumacker, cit., punto 28).

33      Occorre tuttavia chiedersi se vi sia un’eventuale giustificazione a detta discriminazione.

34      Il governo belga fa valere che l’applicazione delle basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti sarebbe giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e sarebbe conforme al principio di proporzionalità. Esso precisa che il metodo della tassazione per confronto prevista per i contribuenti residenti non si applica ai contribuenti non residenti a causa di difficoltà di ordine pratico, in particolare dell’impossibilità di richiamare la direttiva 77/799.

35      A tal proposito, occorre rilevare che l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale idoneo a giustificare una restrizione dell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v., in tal senso, sentenza 8 luglio 1999, causa C-254/97, Baxter e a., Racc. pag. I-4809, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

36      Orbene, occorre constatare che, da un lato, le difficoltà di ordine pratico invocate dal governo belga esistono, così come risulta dal punto 28 della presente sentenza, allo stesso modo nei confronti dei contribuenti residenti e che, dall’altro, dal punto 29 della stessa sentenza emerge che lo Stato membro interessato ha, in base alla direttiva 77/799, la possibilità di ricorrere a scambi di informazioni con gli altri Stati membri.

37      Pertanto, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali non giustifica l’esistenza di una differenza di trattamento per cui occorre applicare ai contribuenti non residenti un trattamento identico a quello previsto per i contribuenti residenti.

38      Alla luce di tutto quanto precede, occorre risolvere la questione proposta dichiarando che l’art. 52 del Trattato osta alla normativa di uno Stato membro, come quella che risulta dall’art. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi 1992 nonché dall’art. 182 del regio decreto 27 agosto 1993, che prevede basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti.

 Sulle spese

39      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) osta alla normativa di uno Stato membro, come quella che risulta dall’art. 342, n. 2, del codice delle imposte sui redditi 1992 nonché dall’art. 182 del regio decreto 27 agosto 1993 di esecuzione del codice delle imposte sui redditi 1992, che prevede basi imponibili minime solo nei confronti dei contribuenti non residenti.

Firme


* Lingua processuale: il francese.