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Causa C-27/07

Banque Fédérative du Crédit Mutuel

contro

Ministre de l’Économie, des Finances et de l’Industrie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Imposta sulle società — Direttiva 90/435/CEE — Utile imponibile della società controllante — Non deducibilità delle spese e degli oneri relativi alla partecipazione nella società controllata — Fissazione forfettaria dell’importo di tali spese — Limite massimo del 5% degli utili distribuiti dalla società controllata — Inclusione di crediti di imposta»

Massime della sentenza

Ravvicinamento delle legislazioni — Regime fiscale comune applicabile alle società controllanti e controllate di Stati membri diversi — Direttiva 90/435

(Direttiva del Consiglio 90/435, art. 4, n. 2)

La nozione di «utili distribuiti dalla società figlia», ai sensi dell’art. 4, n. 2, ultima frase, della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, deve essere interpretata nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro che include, nei suddetti utili, crediti d’imposta concessi al fine di compensare una ritenuta alla fonte applicata a carico della controllante dallo Stato membro della società controllata.

In primo luogo, il testo dell’art. 4, n. 2, della direttiva non osta all’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione della controllante nella controllata. Invero, l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, garantisce che sia effettivamente l’importo totale degli utili distribuiti, conformemente alla medesima disposizione, ad essere percepito dalla società controllante e al quale sarà applicata l’aliquota del 5%. In secondo luogo, i detti crediti mirano a evitare una doppia imposizione in senso giuridico degli utili distribuiti da una società controllata alla sua controllante. Di conseguenza, il fatto di prendere in considerazione i crediti d’imposta concessi alla controllante ai fini del calcolo della quota di spese ed oneri relativi alla partecipazione nella controllata consente di rispecchiare l’importo degli utili distribuiti da quest’ultima e l’importo equivalente delle somme di cui la controllante alla fine effettivamente dispone a tale titolo, annullando l’effetto della ritenuta alla fonte applicata a carico della controllante dallo Stato membro della controllata. Pertanto, l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, è conforme all’obiettivo di neutralità, sotto il profilo fiscale, della distribuzione transfrontaliera dei dividendi di una società controllata alla sua controllante stabilita in un altro Stato membro.

Nell’ambito del regime istituito dalla direttiva, quando una società controllante detiene una partecipazione di almeno il 25% nel capitale di una controllata stabilita in un altro Stato membro, le ritenute alla fonte in tale ultimo Stato sono in linea di principio vietate in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva. Alcuni Stati membri hanno tuttavia potuto applicare tali ritenute alla fonte durante il periodo transitorio di cui essi beneficiavano, in conformità all’art. 5, nn. 2-4, della direttiva. Orbene, la direttiva non obbliga uno Stato membro a prevedere il computo di tali ritenute alla fonte, qualora tale Stato membro abbia optato, conformemente all’art. 4, n. 1, della direttiva, per un sistema di esenzione. In tale contesto, non si può esigere da uno Stato membro che ha optato per un sistema di esenzione di compensare l’imposta trattenuta alla fonte nello Stato membro della società controllata con la concessione di un credito d’imposta, limitando nel contempo la possibilità di computare il detto credito d’imposta ai casi in cui la società controllante beneficiaria ridistribuisca ai suoi azionisti, entro cinque anni, i dividendi percepiti. Inoltre, l’art. 4, n. 2, della direttiva consente ad uno Stato membro di fissare l’ammontare delle spese di gestione non deducibili ad un importo forfettario non superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società controllata, senza distinguere tra la situazione in cui tale Stato membro ha optato per un sistema di esenzione e quella in cui ha optato per un sistema di imputazione. Ne consegue che, per quanto concerne la nozione di utili distribuiti, tale disposizione non distingue a seconda che il detto Stato sia o no soggetto all’obbligo di prevedere il computo delle ritenute alla fonte applicate nello Stato membro della società controllata. Pertanto, qualora uno Stato membro abbia scelto di esercitare la facoltà prevista dall’art. 4, n. 2, della direttiva comprendendo i crediti d’imposta nell’importo degli utili distribuiti al quale sarà applicato il tasso del 5%, non può essergli addebitato di non avere operato una distinzione a seconda che si tratti o no di crediti d’imposta computabili sull’imposta dovuta.

(v. punti 36-40, 42-46, 50 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

3 aprile 2008 (*)

«Imposta sulle società – Direttiva 90/435/CEE – Utile imponibile della società controllante – Non deducibilità delle spese e degli oneri relativi alla partecipazione nella società controllata – Fissazione forfettaria dell’importo di tali spese – Limite massimo del 5% degli utili distribuiti dalla società controllata – Inclusione di crediti di imposta»

Nel procedimento C-27/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État (Francia) con decisione 17 gennaio 2007, pervenuta in cancelleria il 26 gennaio 2007, nella causa tra

Banque Fédérative du Crédit Mutuel

e

Ministre de l’Économie, des Finances et de l’Industrie,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), presidente di sezione, dal sig. G. Arestis, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 novembre 2007,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Banque Fédérative du Crédit Mutuel, dagli avv.ti Y. Mercier e A. Gerardin, avocats;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J. Ch. Gracia, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e J.-P. Keppenne, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 gennaio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 4, n. 2, e 7, n. 2, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6, in prosieguo: la «direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Banque Fédérative du Crédit Mutuel (in prosieguo: la «BFCM») e il ministre de l’Économie, des Finances et de l’Industrie (Ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria).

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        L’art. 4 della direttiva così prevede:

«1.      Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest’ultima, lo Stato della società madre:

–        si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;

–        o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell’articolo 5, nel limite dell’importo dell’imposta nazionale corrispondente.

2.      Ogni Stato membro ha tuttavia la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia.

(…)».

4        L’art. 5 della direttiva recita quanto segue:

«1.      Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, almeno quando quest’ultima detiene una partecipazione minima del 25% nel capitale della società figlia, sono esenti dalla ritenuta alla fonte.

2.      In deroga al paragrafo 1, la Repubblica ellenica può, fino a quando non applicherà agli utili distribuiti un’imposta sulle società, prelevare una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti a società madri di altri Stati membri (…).

3.      In deroga al paragrafo 1, la Repubblica federale di Germania può, fino a quando applica agli utili distribuiti un’aliquota d’imposta sulle società inferiore di almeno 11 punti a quella applicata agli utili non distribuiti e comunque non oltre la metà del 1996, prelevare, a titolo d’imposta compensativa, una ritenuta alla fonte pari al 5% sugli utili distribuiti dalle sue società figlie.

4.      In deroga al paragrafo 1, la Repubblica portoghese può prelevare una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da società figlie a società madri di altri Stati membri, sino e non oltre la fine dell’ottavo anno successivo alla data di attuazione della presente direttiva.

(…)».

5        L’art. 7 della direttiva precisa che:

«1.      L’espressione “ritenuta alla fonte” utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell’imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.

2.      La presente direttiva lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi».

 La normativa nazionale

6        Il regime fiscale dei dividendi versati a società controllanti stabilite in Francia è disciplinato dall’art. 216 del code général des impôts (codice tributario generale; in prosieguo: il «CGI»), il quale, nella sua versione applicabile ai fatti della causa principale, così prevede:

«1.      I ricavi netti delle partecipazioni, che danno diritto all’applicazione del regime delle società controllanti e di cui all’art. 145, riscossi nel corso di un esercizio da una società controllante, possono essere esclusi dall’utile netto totale di quest’ultima, con detrazione di una quota per spese ed oneri.

La quota per spese ed oneri di cui al primo comma è fissata forfettariamente al 5% del ricavo totale delle partecipazioni, compreso il credito d’imposta. Detta quota non può tuttavia superare, per ogni periodo d’imposta, l’importo totale delle spese e degli oneri di qualsiasi genere sostenuti dalla società partecipante nel corso del medesimo periodo».

7        L’art. 145 del CGI, nella versione applicabile ai fatti della causa principale, precisa che il regime delle società controllanti si applica, in particolare, alle società soggette all’imposta sulle società al tasso normale di partecipazione di almeno il 5% del capitale della società emittente.

8        La circolare del Ministero dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria 31 gennaio 2000, n. 4H1-00 [Bulletin officiel des impôts (bollettino ufficiale delle imposte) del 16 febbraio 2000], precisa, tramite un rinvio alla circolare dello stesso ministero 25 giugno 1999, n. 4H4-99 (Bulletin officiel des impôts del 5 luglio 1999), le modalità di applicazione della quota per spese ed oneri di cui all’art. 216 del CGI. La suddetta circolare dispone in particolare che i crediti d’imposta di cui trattasi «comprendono tanto il credito d’imposta nazionale per i redditi prodotti in Francia (…) quanto i crediti d’imposta estera per i redditi delle controllate aventi sede in uno Stato con il quale la Francia ha stipulato una convenzione».

9        Secondo il Conseil d’État, in forza di convenzioni internazionali stipulate dalla Repubblica francese con altri Stati membri, si attribuisce un credito d’imposta alla controllante stabilita in Francia al momento della distribuzione di dividendi da parte di una controllata stabilita in un altro Stato membro, nel caso in cui tale distribuzione di dividendi sia stata soggetta ad una ritenuta alla fonte nell’altro Stato membro. Il suddetto credito d’imposta equivale all’importo della ritenuta alla fonte così riscossa.

10      In forza dell’art. 146, n. 2, del CGI, nella versione applicabile ai fatti della causa principale, quando la distribuzione da parte della controllante ai propri azionisti dei dividendi ricevuti dà luogo all’applicazione del «précompte mobilier» (imposta alla fonte francese sui beni mobili societari) di cui all’art. 223 sexies del CGI, i crediti d’imposta connessi ai dividendi percepiti da un massimo di cinque anni sono detratti dal «précompte mobilier». Inoltre, secondo il Conseil d’État, conformemente ad una circolare del Ministero dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, tali crediti d’imposta sono altresì detraibili dalla ritenuta alla fonte da versare al momento della ridistribuzione dei dividendi da parte della controllante a soggetti che non hanno domicilio fiscale o sede in Francia.

 Causa principale e questione pregiudiziale

11      Dalla decisione di rinvio emerge che, in applicazione del regime fiscale delle società controllanti previsto all’art. 216 del CGI, la BFCM ha escluso dal proprio utile netto totale i dividendi ad essa distribuiti dalle sue controllate, ma ha dovuto reintegrare nella propria base imponibile una quota per spese ed oneri fissata in conformità al suddetto articolo.

12      Nella causa principale la BFCM chiede al Conseil d’État l’annullamento delle circolari nn. 4H1-00 e 4H4-99 citate supra.

13      A tal fine, essa sostiene che le suddette circolari sono contrarie all’art. 4 della direttiva, in quanto l’importo della quota per spese ed oneri, fissato forfettariamente al 5% del ricavo totale delle partecipazioni, comprende i crediti d’imposta versati in applicazione delle convenzioni fiscali stipulate dalla Repubblica francese con altri Stati membri, mentre la direttiva prevede che l’importo delle spese non deducibili dall’imponibile della società controllante, qualora sia fissato forfettariamente, non può superare il 5% dei soli utili distribuiti dalla controllata.

14      A tale proposito il Conseil d’État si chiede se la reintegrazione nell’imponibile di una società controllante di una quota forfettaria per spese ed oneri nella misura del 5% dei ricavi delle partecipazioni, crediti d’imposta compresi, rappresenti un prelievo eccedente il 5% dei dividendi distribuiti, consentito dall’art. 4, n. 2, della direttiva, e incida sulla neutralità della distribuzione transfrontaliera dei dividendi, oppure se costituisca un prelievo con l’unico effetto di ridurre parzialmente il credito d’imposta attribuito alla controllante in occasione della distribuzione dei dividendi e, di conseguenza, possa essere considerato rientrante in un insieme di disposizioni relative al pagamento di crediti d’imposta ai beneficiari di dividendi e diretto, per ciò stesso, ad attenuare la doppia imposizione.

15      A tale titolo, da un lato, il Conseil d’État rimanda alla sentenza 25 settembre 2003, causa C-58/01, Océ Van der Grinten (Racc. pag. I-9809), in cui la Corte ha dichiarato che il credito d’imposta rappresenta uno strumento fiscale diretto a evitare una doppia imposizione economica degli utili distribuiti sotto forma di dividendi, e non costituisce un rendimento da titoli.

16      Dall’altro, il Conseil d’État precisa che il reintegro del 5% dei dividendi netti distribuiti e del credito d’imposta nell’imponibile della controllante a titolo di quota per spese e oneri pone la controllante nella medesima situazione in cui detta società si sarebbe trovata, in assenza di qualsiasi ritenuta alla fonte, a seguito della reintegrazione di una quota per spese ed oneri del 5% dei dividendi distribuiti. Ciò varrebbe tuttavia solo a condizione che il credito d’imposta possa essere interamente detratto dall’imposta dovuta dalla controllante.

17      Orbene, secondo il Conseil d’État, dall’art. 146, n. 2, del CGI, nella versione applicabile ai fatti della causa principale, nonché dalla pratica amministrativa così come illustrata nella circolare n. 4K-1121 emerge che i crediti d’imposta attribuiti ad una controllante dalla sua controllata stabilita in un altro Stato membro in occasione della distribuzione di dividendi possono essere detratti dall’imposta dovuta dalla controllante solamente nel caso in cui tali dividendi siano ridistribuiti nei cinque anni seguenti. In siffatta circostanza, il reintegro del 5% dei crediti d’imposta nell’imponibile della controllante a titolo di quota per spese e oneri non incide sulla neutralità fiscale della distribuzione transfrontaliera di dividendi.

18      Per contro, ad avviso del Conseil d’État, quando la controllante decide di non ridistribuire i propri dividendi nel termine citato, il reintegro nell’imponibile, a titolo di quota per spese e oneri, del 5% di crediti d’imposta, non più detratti dall’imposta che quest’ultima deve versare, ha come conseguenza un aumento dell’imponibile oltre il limite del 5% dei dividendi distribuiti ed effettivamente ricevuti stabilito all’art. 4, n. 2, della direttiva e incide, in tale misura, sulla neutralità fiscale della distribuzione transfrontaliera dei dividendi.

19      In tale ultima ipotesi, sempre secondo il Conseil d’État, si pone la questione di decidere se la maggiorazione dell’imposta sulle società, corrisposta dalla controllante proporzionalmente alla maggiorazione del suo imponibile a seguito del reintegro in tale imponibile del 5% dei crediti d’imposta, costituisca un prelievo che, tenuto conto del suo importo contenuto e della circostanza che è stato instaurato in diretta connessione con il pagamento di crediti d’imposta istituiti al fine di attenuare la doppia imposizione economica sui dividendi, si possa ritenere fissato ad un’aliquota tale da non poter annullare gli effetti di tale attenuazione della doppia imposizione economica dei dividendi, e dunque consentito dall’art. 7, n. 2, della direttiva.

20      Il Conseil d’État ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Il reintegro nell’imponibile di una società controllante stabilita in Francia del 5% dei crediti d’imposta attribuiti al momento della distribuzione di dividendi da parte di una controllata stabilita in un altro Stato membro (…), quando tali dividendi distribuiti sono stati soggetti a ritenuta alla fonte in detto altro Stato, non incide sul livello dell’imposta gravante sulla controllante quando quest’ultima può detrarre la totalità di detti crediti d’imposta dall’imposta dovuta. Risulta dubbio se, nel caso in cui la controllante non abbia deciso di ridistribuire i dividendi in questione ai propri azionisti entro cinque anni, e quindi non abbia diritto all’agevolazione fiscale costituita da siffatti crediti d’imposta, l’aggravio tributario risultante, per l’imposta sulle società, dal reintegro del 5% dei crediti d’imposta nel suo imponibile possa ritenersi consentito dalle disposizioni di cui all’art. 7, n. 2, della [direttiva], in considerazione dell’importo contenuto di tale prelievo e della circostanza che esso è stato instaurato in diretta connessione con il pagamento di crediti d’imposta istituiti al fine di attenuare la doppia imposizione economica sui dividendi, oppure vada considerato in contrasto con gli obiettivi risultanti dall’art. 4 della [direttiva]».

 Sulla questione pregiudiziale

21      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se l’interpretazione della nozione di «utili distribuiti dalla società figlia», ai sensi dell’art. 4, n. 2, ultima frase, della direttiva, osti alla normativa di uno Stato membro che include crediti d’imposta nei detti utili e, eventualmente, se tale inclusione rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 2, della direttiva.

22      Per rispondere a tale quesito occorre tenere conto del tenore letterale della disposizione di cui si chiede l’interpretazione e altresì degli obiettivi e del sistema istituito dalla direttiva (v., in tal senso, sentenze 17 ottobre 1996, cause riunite C-283/94, C-291/94 e C-292/94, Denkavit e a., Racc. pag. I-5063, punti 24 e 26, nonché 8 giugno 2000, causa C-375/98, Epson Europe, Racc. pag. I-4243, punti 22 e 24).

23      A tale proposito, occorre rammentare che la direttiva, come risulta in particolare dal suo terzo ‘considerando’, mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro, facilitando così il raggruppamento di società su scala comunitaria (sentenze Denkavit e a., cit., punto 22; Epson Europe, cit., punto 20; 4 ottobre 2001, causa C-294/99, Athinaïki Zythopoiia, Racc. pag. I-6797, punto 25; Océ Van der Grinten, cit., punto 45, e 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 103).

24      La direttiva tende così ad assicurare, sotto il profilo fiscale, la neutralità della distribuzione di utili da parte di una società controllata con sede in uno Stato membro alla sua controllante stabilita in un altro Stato membro.

25      Per raggiungere tali obiettivi, al fine di evitare una doppia imposizione, l’art. 4, n. 1, della direttiva prevede che, quando una società controllante, in veste di socio, riceve dalla controllata utili distribuiti, lo Stato membro della controllante si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione o autorizza detta controllante a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla controllata a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui ha sede la controllata, nel limite dell’importo dell’imposta nazionale corrispondente (sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 102).

26      Parimenti, al fine di evitare una doppia imposizione, l’art. 5, n. 1, della direttiva prevede l’esenzione della ritenuta alla fonte nello Stato membro della controllata al momento della distribuzione degli utili alla sua controllante, almeno quando quest’ultima detiene una partecipazione minima del 25 % nel capitale della controllata (citate sentenze Denkavit e a., punto 22; Epson Europe, punto 20; Athinaïki Zythopoiia, punto 25 e Océ Van der Grinten, punto 45).

27      La direttiva mira in tal modo ad evitare una doppia imposizione, in termini economici, degli utili distribuiti da una controllata con sede in uno Stato membro alla sua controllante stabilita in un altro Stato membro, ossia ad evitare che gli utili distribuiti siano colpiti una prima volta a carico della società controllata, e una seconda volta a carico della controllante (v., in tal senso, sentenza Athinaïki Zythopoiia, cit., punto 5).

28      Tuttavia, in forza dell’art. 4, n. 2, della direttiva, ogni Stato membro ha la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione nella società controllata non siano deducibili dall’utile imponibile della controllante, tenendo presente, nella fattispecie, che, se le spese di gestione relative alla detta partecipazione sono fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla controllata.

29      Inoltre, in forza dell’art. 5, nn. 2-4, della direttiva, taluni Stati membri sono stati autorizzati, per un periodo transitorio, a prelevare ritenute alla fonte sugli utili distribuiti da società controllate residenti alla loro controllante stabilita in un altro Stato membro.

30      Ai sensi della normativa nazionale applicabile nella causa principale, l’importo forfettario di spese e oneri non deducibili, di cui all’art. 4, n. 2, della direttiva, è fissato al 5% degli utili distribuiti, ivi inclusi i crediti d’imposta.

31      Per quanto attiene alla nozione di credito d’imposta, occorre osservare che sia il giudice del rinvio nella motivazione della propria decisione sia la BFCM e la Commissione delle Comunità europee nelle osservazioni presentate alla Corte adducono la citata sentenza Océ Van der Grinten, in cui la Corte ha dichiarato che il credito d’imposta oggetto di tale causa, ossia un credito fiscale, rappresenta uno strumento fiscale diretto ad evitare una doppia imposizione economica degli utili distribuiti sotto forma di dividendi, e non costituisce un rendimento da titoli (v. sentenza Océ Van der Grinten, cit., punto 56).

32      Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 33 delle sue conclusioni, la citata sentenza Océ Van der Grinten si riferiva ad un prelievo applicato al credito fiscale, privo delle caratteristiche di una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti (v. sentenza Océ Van der Grinten, cit., punto 55).

33      Nella suddetta causa si trattava di un credito fiscale inteso a compensare l’imposta versata dalla società distributrice, e non di un credito d’imposta diretto a compensare un’imposta già versata dall’azionista.

34      Orbene, dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni formulate dalla BFCM e dal governo francese durante l’udienza dinanzi alla Corte emerge che i crediti d’imposta oggetto della causa principale sono crediti d’imposta autorizzati per compensare ritenute alla fonte che colpiscono la società controllante nello Stato membro della controllata.

35      Tali crediti d’imposta sono dunque diretti alla compensazione di un’imposta già versata dall’azionista, con la conseguenza che la citata sentenza Océ Van der Grinten non può fornire una risposta atta a risolvere la presente questione pregiudiziale.

36      Ciò precisato, si deve in primo luogo rilevare che il testo dell’art. 4, n. 2, della direttiva non osta all’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione della controllante nella controllata.

37      Invero, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 34 delle sue conclusioni, l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, garantisce che sia effettivamente l’importo totale degli utili distribuiti, conformemente alla medesima disposizione, ad essere percepito dalla società controllante, al quale sarà applicata l’aliquota del 5%.

38      In secondo luogo, occorre considerare che i detti crediti mirano a evitare una doppia imposizione in senso giuridico degli utili distribuiti da una società controllata alla sua controllante, ossia ad evitare che essi siano colpiti una prima volta a carico della società controllante, tramite ritenute alla fonte, nello Stato membro della società controllata, e una seconda volta nello Stato membro in cui è stabilita la controllante.

39      Di conseguenza, il fatto di prendere in considerazione i crediti d’imposta concessi alla controllante ai fini del calcolo della quota di spese ed oneri relativi alla partecipazione nella controllata consente di rispecchiare l’importo degli utili distribuiti da quest’ultima e l’importo equivalente delle somme di cui la controllante alla fine effettivamente dispone a tale titolo, annullando l’effetto della ritenuta alla fonte applicata a carico della controllante dallo Stato membro della controllata.

40      Come giustamente sostenuto dai governi francese e tedesco nelle rispettive osservazioni presentate alla Corte, l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, è in tal modo conforme all’obiettivo di neutralità, sotto il profilo fiscale, della distribuzione transfrontaliera dei dividendi di una società controllata alla sua controllante stabilita in un altro Stato membro.

41      Alla luce di quanto esposto, il giudice del rinvio desidera tuttavia sapere se la neutralità fiscale non sia pregiudicata dal fatto che i detti crediti d’imposta non sono sempre detraibili dall’imposta dovuta dalla società controllante, come emerge dal punto 17 della presente sentenza.

42      A tale proposito è d’uopo rammentare, da un lato, che nell’ambito del regime istituito dalla direttiva, quando una società controllante detiene una partecipazione di almeno il 25% nel capitale di una controllata stabilita in un altro Stato membro, le ritenute alla fonte in tale ultimo Stato sono in linea di principio vietate in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva.

43      In circostanze come quelle che caratterizzano la fattispecie in esame nella causa principale, alcuni Stati membri hanno tuttavia potuto applicare tali ritenute alla fonte durante il periodo transitorio di cui essi beneficiavano, in conformità all’art. 5, nn. 2-4, della direttiva.

44      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, la direttiva non obbliga uno Stato membro a prevedere il computo di tali ritenute alla fonte, qualora tale Stato membro abbia optato, conformemente all’art. 4, n. 1, della direttiva, per un sistema di esenzione. In tale contesto, non si può esigere da uno Stato membro che ha optato per un sistema di esenzione di compensare l’imposta trattenuta alla fonte nello Stato membro della società controllata con la concessione di un credito d’imposta, limitando nel contempo la possibilità di computare il detto credito d’imposta ai casi in cui la società controllante beneficiaria ridistribuisca ai suoi azionisti, entro cinque anni, i dividendi percepiti.

45      D’altro lato, occorre osservare che l’art. 4, n. 2, della direttiva consente ad uno Stato membro di fissare l’ammontare delle spese di gestione non deducibili ad un importo forfettario non superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società controllata, senza distinguere tra la situazione in cui tale Stato membro ha optato per un sistema di esenzione e quella in cui esso ha optato per un sistema di imputazione. Ne consegue che, per quanto concerne la nozione di utili distribuiti, tale disposizione non distingue a seconda che il detto Stato sia o meno soggetto all’obbligo di prevedere il computo delle ritenute alla fonte applicate nello Stato membro della società controllata.

46      Pertanto, qualora uno Stato membro abbia scelto di esercitare la facoltà prevista dall’art. 4, n. 2, della direttiva comprendendo i crediti d’imposta nell’importo degli utili distribuiti al quale sarà applicato il tasso del 5%, non può essergli addebitato di non avere operato una distinzione a seconda che si tratti o meno di crediti d’imposta computabili sull’imposta dovuta.

47      Infatti, se è vero che nell’ambito di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, in mancanza di una ridistribuzione degli utili percepiti dalla società controllante ai propri azionisti nel termine di cinque anni, l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, contribuisce certamente ad un aggravio dell’onere fiscale della controllante, un tale effetto risulta dalle ritenute alla fonte applicate dallo Stato membro della controllata in conformità all’art. 5, nn. 1, e 2-4, della direttiva e per le quali l’art. 4, n. 1, della direttiva non prevede, nell’ambito di un sistema di esenzione, alcun obbligo di garantire la detrazione di tali ritenute dall’importo dell’imposta dovuta.

48      Di conseguenza, non è tanto l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, a pregiudicare la neutralità fiscale delle distribuzioni transfrontaliere degli utili di una società controllata alla sua controllante stabilita in un altro Stato membro, ma piuttosto la possibilità, ammessa dalla direttiva, di procedere, nello Stato membro della controllata, all’applicazione di ritenute alla fonte che colpiscono la controllante.

49      In ogni caso, l’inclusione dei crediti d’imposta nell’importo forfettario delle spese di gestione relative alla partecipazione, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva, quale meccanismo destinato a evitare una doppia imposizione giuridica, non può rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 2, della direttiva, il quale non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali dirette ad eliminare o ad attenuare la sola doppia imposizione economica dei dividendi.

50      Di conseguenza, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che la nozione di «utili distribuiti dalla società figlia», ai sensi dell’art. 4, n. 2, ultima frase, della direttiva, deve essere interpretata nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro che include, nei suddetti utili, crediti d’imposta concessi al fine di compensare una ritenuta alla fonte applicata a carico della controllante dallo Stato membro della società controllata.

 Sulle spese

51      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

La nozione di «utili distribuiti dalla società figlia», ai sensi dell’art. 4, n. 2, ultima frase, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, deve essere interpretata nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro che include, nei suddetti utili, crediti d’imposta concessi al fine di compensare una ritenuta alla fonte applicata a carico della controllante dallo Stato membro della società controllata.

Firme


* Lingua processuale: il francese.