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Causa C-562/07

Commissione delle Comunità europee

contro

Regno di Spagna

«Inadempimento di uno Stato — Libera circolazione dei capitali — Artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE — Fiscalità diretta — Persone fisiche — Tassazione delle plusvalenze — Disparità di trattamento tra residenti e non residenti»

Massime della sentenza

1.        Stati membri — Obblighi — Inadempimento — Giustificazione — Principio della tutela del legittimo affidamento — Principio di leale collaborazione

(Art. 226 CE)

2.        Ricorso per inadempimento — Procedimento precontenzioso — Durata eccessiva

(Art. 226 CE)

3.        Ricorso per inadempimento — Esame della fondatezza da parte della Corte — Situazione da prendere in considerazione — Situazione alla scadenza del termine fissato dal parere motivato

(Art. 226 CE)

4.        Ricorso per inadempimento — Termine impartito allo Stato membro nel parere motivato — Cessazione posteriore dell’inadempimento — Interesse al proseguimento dell’azione

(Art. 226 CE)

5.        Ricorso per inadempimento — Diritto di azione della Commissione

(Art. 226 CE)

6.        Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sul reddito

(Artt. 56 CE e 58, n. 1; accordo SEE, art. 40)

1.        Il procedimento per inadempimento si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza da parte di uno Stato membro degli obblighi impostigli dal diritto comunitario. I principi del rispetto del legittimo affidamento e di leale collaborazione non possono essere fatti valere da uno Stato membro per ostacolare l’accertamento oggettivo del mancato rispetto da parte sua degli obblighi impostigli dal Trattato, poiché l’ammissione di tale giustificazione contrasta con l’obiettivo perseguito dal procedimento di cui all’art. 226 CE. Il fatto che la Commissione abbia rinunciato a proporre un ricorso che accerti l’inadempimento nei confronti di uno Stato membro quando quest’ultimo aveva posto fine all’asserito inadempimento dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato non può dunque creare, in capo a questo o ad altri Stati membri, un legittimo affidamento in grado di pregiudicare la ricevibilità di un’azione intentata dalla Commissione. Inoltre, neanche il fatto che la Commissione non proponga un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE immediatamente dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato può creare in capo allo Stato membro interessato un legittimo affidamento quanto al fatto che il procedimento per inadempimento sia stato chiuso.

(v. punti 18-20)

2.        È vero che la durata eccessiva della fase precontenziosa del procedimento può costituire un vizio che rende irricevibile un ricorso per inadempimento. Tuttavia, una siffatta conclusione s’impone solo nei casi in cui la Commissione, con il suo comportamento, abbia reso difficile confutare i suoi argomenti, violando così i diritti della difesa dello Stato membro interessato cui spetta addurre la prova di una simile difficoltà.

(v. punto 21)

3.        Nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine menzionato nel parere motivato.

(v. punto 23)

4.        L’interesse della Commissione a presentare un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE sussiste anche se la violazione contestata è stata rimossa dopo il termine stabilito nel parere motivato. Di conseguenza, uno Stato membro, qualora tramite il procedimento precontenzioso sia stato informato che la Commissione gli addebitava di essere venuto meno agli obblighi incombentigli in forza del Trattato, non può validamente sostenere, in assenza di un’esplicita presa di posizione da parte della Commissione in ordine al fatto che avrebbe chiuso il procedimento per inadempimento avviato, che detta istituzione ha violato il principio di certezza del diritto.

(v. punti 23-24)

5.        La Commissione non è tenuta a dimostrare l’esistenza di un interesse ad agire né a indicare i motivi che l’hanno indotta a proporre un ricorso per inadempimento. Qualora l’oggetto del ricorso quale si evince dall’atto introduttivo corrisponda all’oggetto della controversia come definito nella lettera di diffida e nel parere motivato, non può essere validamente sostenuto che la Commissione ha commesso uno sviamento di potere.

(v. punto 25)

6.        Viene meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, uno Stato membro che assoggetta a imposizione in maniera diversa le plusvalenze realizzate in tale Stato membro a seconda che siano ottenute da residenti o da non residenti mentre tali contribuenti sono in una situazione oggettivamente equiparabile rispetto a tale imposizione.

Non si riferisce a situazioni distinte, ai sensi dell’art. 58, n. 1, CE, in base al luogo di residenza dei contribuenti, una normativa che riguardi soltanto le plusvalenze derivanti da cessioni di beni posseduti nello Stato membro interessato, che non persegua, tramite un trattamento fiscale vantaggioso accordato ai residenti, un fine sociale e di cui non sia accertato che sia intesa a tener conto della situazione personale del contribuente per la liquidazione dell’imposta.

L’esistenza di convenzioni preventive sulla doppia imposizione non è idonea a rimettere in discussione tale conclusione qualora le suddette neutralizzino solo in parte l’onere fiscale assolto dai non residenti nello Stato membro interessato. Peraltro, l’esistenza di una convenzione preventiva sulla doppia imposizione non esclude che il reddito che un contribuente percepisce in uno Stato senza risiedervi e che è assoggettato ad imposta esclusivamente in tale Stato sia però preso in considerazione dallo Stato di residenza per calcolare l’importo dell’imposta sul restante reddito di detto contribuente al fine, in particolare, di applicare la regola della progressività dell’imposta. Il fatto di essere non residente non consente quindi di sottrarsi all’applicazione di tale regola. Di conseguenza, in una simile fattispecie, la situazione delle due categorie di contribuenti rispetto a detta regola è paragonabile.

La restrizione derivante da una simile normativa non può essere giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema tributario nazionale, qualora non esista alcun nesso diretto tra i benefici concessi ai contribuenti residenti e una compensazione derivante da un prelievo fiscale determinato.

(v. punti 50-59, 65-66, 69 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

6 ottobre 2009 (*)

«Inadempimento di uno Stato − Libera circolazione dei capitali − Artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE − Fiscalità diretta − Persone fisiche − Tassazione delle plusvalenze − Disparità di trattamento tra residenti e non residenti»

Nella causa C-562/07,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 19 dicembre 2007,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra I. Martínez del Peral, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Spagna, rappresentato dal sig. M. Muñoz Pérez, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

sostenuto da:

Regno del Belgio, rappresentato dal sig. T. Materne, in qualità di agente,

Repubblica di Lettonia, rappresentata dalla sig.ra E. Balode-Buraka, in qualità di agente,

Repubblica d’Austria, rappresentata dal sig. E. Riedl e dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agenti,

intervenienti,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. M. Ilešič, presidente della Quinta Sezione, dai sigg. A. Tizzano, A. Borg Barthet, E. Levits e J.-J. Kasel (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che il Regno di Spagna, avendo differenziato, fino al 31 dicembre 2006, il trattamento delle plusvalenze realizzate in Spagna a seconda che fossero ottenute da residenti o da non residenti, è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza degli artt. 39 CE e 56 CE e degli artt. 28 e 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»).

 Contesto normativo

2        In Spagna, la tassazione dei redditi dei residenti, fino al 31 dicembre 2006, era disciplinata dal testo codificato della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche (Texto Refundido de la Ley del Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas), adottato con regio decreto legislativo 5 marzo 2004, n. 3, (BOE n. 60 del 10 marzo 2004, pag. 10670, e – rettifica – BOE n. 61 dell’11 marzo 2004, pag. 11014; in prosieguo: il «TRLIRPF»). Ai sensi degli artt. 67 e 77 del TRLIRPF, le plusvalenze derivanti dalla cessione di elementi patrimoniali posseduti da più di un anno dal contribuente erano tassate con un’aliquota forfettaria del 15%. Le altre plusvalenze erano tassate secondo un regime progressivo previsto agli artt. 64 e 75 del TRLIRPF e la cui aliquota era compresa tra il 15% e il 45%.

3        Fino a questa stessa data, la tassazione dei redditi dei non residenti era disciplinata dal testo codificato della legge relativa all’imposta sul reddito dei non residenti (Texto Refundido de la Ley del Impuesto sobre la Renta de no Residentes; in prosieguo: il «TRLIRNR»), adottato con regio decreto legislativo 5 marzo 2004, n. 5 (BOE n. 62 del 12 marzo 2004, pag. 11176; in prosieguo: il «TRLIRNR»), il cui art. 25, n. 1, lett. f), assoggettava le plusvalenze ad un’aliquota impositiva forfettaria del 35%.

4        Ai sensi dell’art. 46 del TRLIRNR, i non residenti i cui redditi totali, relativamente allo stesso esercizio, provenivano almeno per il 75% da un lavoro o da un’attività economica in Spagna potevano scegliere di essere assoggettati come contribuenti all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il n. 3 di tale articolo prevedeva che fossero prese in considerazione le circostanze personali e familiari di tali lavoratori.

5        Tale sistema è stato abrogato a partire dal 1° gennaio 2007 con l’entrata in vigore della legge 35/2006 relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche che reca parziale modifica delle leggi relative all’imposta sulle società, all’imposta sul reddito dei non residenti e all’imposta sul patrimonio (Ley 35/2006 del Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas y de modificación parcial de las leyes de los Impuestos sobre Sociedades, sobre la Renta de no Residentes y sobre el Patrimonio, BOE n. 285 del 29 novembre 2006, pag. 41734, e – rettifica – BOE n. 57 del 7 marzo 2007, pag. 9634).

 La fase precontenziosa del procedimento

6        Il 18 ottobre 2004 la Commissione ha inviato una lettera di diffida al Regno di Spagna, attirando l’attenzione di tale Stato membro sul fatto che il trattamento fiscale a cui erano allora assoggettati i redditi da lavoro e le plusvalenze d’origine spagnola delle persone fisiche non residenti, a parere di questa istituzione, era contrario agli artt. 39 CE e 56 CE nonché agli artt. 28 e 40 dell’accordo SEE, in quanto l’applicazione ai redditi dei non residenti di un’aliquota impositiva più elevata di quella applicabile ai redditi dei residenti poteva costituire una discriminazione ai sensi del Trattato CE se non esisteva alcuna differenza oggettiva tale da fondare una disparità di trattamento tra le due situazioni.

7        Poiché la risposta del Regno di Spagna non ha convinto la Commissione, il 13 luglio 2005 quest’ultima ha inviato un parere motivato a tale Stato membro, invitandolo a adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi entro due mesi dalla sua ricezione. 

8        Il 7 febbraio 2006 il Regno di Spagna ha risposto a tale parere motivato affermando che le modifiche necessarie per porre fine agli inadempimenti addebitatigli erano in corso d’adozione. Risulta dalle osservazioni delle parti che dette modifiche sono state adottate il 28 novembre 2006 e sono entrate in vigore il 1° gennaio 2007.

9        La Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso anche se considera che, con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, sia stato posto fine alle violazioni denunciate.

10      Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la Commissione ha rinunciato al ricorso nella parte in cui esso è diretto a far dichiarare la violazione degli artt. 39 CE e 28 dell’accordo SEE.

11      Con ordinanza del presidente della Corte 2 giugno 2008, sono stati autorizzati gli interventi del Regno del Belgio, della Repubblica di Lettonia e della Repubblica d’Austria a sostegno delle conclusioni del Regno di Spagna.

 Sul ricorso

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

12      Il Regno di Spagna, il quale riconosce che spetta alla Commissione decidere sull’opportunità di avviare o meno un ricorso per inadempimento, mette tuttavia in discussione la ricevibilità del presente ricorso, facendo valere che la Commissione, nel caso di specie, ha violato i principi del rispetto del legittimo affidamento, della leale collaborazione con gli Stati membri nonché della certezza del diritto e ha commesso uno sviamento di potere.

13      Per quanto riguarda, in primo luogo, la violazione dei principi del rispetto del legittimo affidamento e di leale collaborazione, il Regno di Spagna ricorda che gli Stati membri possono invocare questi principi nei confronti di un’istituzione comunitaria qualora questa, con una prassi reiterata e continua, abbia suscitato in loro una fondata speranza quanto al fatto che essa adotti un comportamento concreto in circostanze precise, senza che sussista alcun indizio che consenta di supporre che essa modifichi tale prassi. Orbene, in materia di ricorsi per inadempimento, sussisterebbe una prassi ben consolidata della Commissione la quale consiste nel non avviare un simile ricorso se lo Stato membro che ha violato il diritto comunitario ha posto fine all’inadempimento dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ma prima della proposizione del ricorso, e ciò anche quando il procedimento può ancora presentare interesse. Nel caso di specie, la Commissione avrebbe violato i principi suddetti in quanto ha proposto il suo ricorso circa un anno dopo che era stato posto fine all’inadempimento contestato, senza avere preventivamente informato lo Stato membro interessato che essa intendeva discostarsi dalla sua prassi abituale e senza disporre di validi motivi.

14      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il principio della certezza del diritto, il Regno di Spagna sostiene che il diritto riconosciuto alla Commissione di scegliere liberamente il momento in cui avviare il procedimento per inadempimento contro uno Stato membro dovrebbe limitarsi, per non mettere gli Stati membri in una «grave situazione di incertezza giuridica», ai casi in cui lo Stato membro contravventore persiste nell’inadempimento contestato. Poiché, nel caso di specie, la Commissione ha lasciato decorrere quasi un intero anno tra il momento in cui è stato posto fine all’asserito inadempimento e la proposizione del presente ricorso, il principio di certezza del diritto sarebbe stato violato.

15      Per quanto attiene, in terzo luogo, allo sviamento di potere, il Regno di Spagna sostiene che la Commissione snatura lo scopo del ricorso per inadempimento in quanto essa utilizza tale procedimento per raggiungere due obiettivi estranei a tale scopo. Da un lato, infatti, la Commissione intenderebbe sanzionare tale Stato membro perché i giudici spagnoli non hanno sottoposto alla Corte domande di pronuncia pregiudiziale in materia di imposte dirette. Dall’altro, la Commissione vorrebbe indurre la Corte a pronunciarsi sul presente ricorso per garantire ai cittadini una corretta applicazione del diritto comunitario, accostando così l’oggetto del ricorso per inadempimento a quello del procedimento pregiudiziale.

16      Il Regno del Belgio e la Repubblica d’Austria, i cui interventi a sostegno delle conclusioni che Regno di Spagna si limitano alla questione della ricevibilità del ricorso, sostengono che spetta alla Commissione accertare la sussistenza di un interesse sufficiente a proseguire l’azione. Orbene, nella specie, la gravità dell’asserito inadempimento non sarebbe tale da giustificare la proposizione di un ricorso, poiché la circostanza che giudici spagnoli non hanno sottoposto domande di pronuncia pregiudiziale in materia di imposte dirette non dimostra la sussistenza di un sufficiente interesse a proporre il presente ricorso. D’altra parte, la Commissione potrebbe proporre un ricorso per inadempimento solo al preciso scopo di porre fine all’asserito inadempimento. Poiché il Regno di Spagna ha posto fine all’inadempimento che gli era contestato, la Commissione non avrebbe più la libertà di valutare se sia opportuno proporre un ricorso.

17      Quanto alla ricevibilità dei ricorsi per inadempimento in generale, la Commissione sostiene, principalmente, che il potere discrezionale che il Trattato e la giurisprudenza della Corte le riconoscono in materia di procedimenti per inadempimento suppone, da un lato, che essa possa decidere se occorra o non occorra presentare ricorso senza dover indicare i motivi che fondano la sua decisione e, dall’altro, che essa non sia tenuta ad osservare un termine preciso per quanto riguarda le varie fasi del procedimento. Pertanto, a suo parere, nessuno dei motivi di irricevibilità dedotti dal Regno di Spagna può essere accolto.

 Giudizio della Corte

18      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’asserita violazione del principio del rispetto del legittimo affidamento, corollario del principio di certezza del diritto, e del principio di leale collaborazione, occorre rammentare che il procedimento per inadempimento si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza da parte di uno Stato membro degli obblighi impostigli dal diritto comunitario e che i principi del rispetto del legittimo affidamento e di leale collaborazione, in un caso come quello di specie, non possono essere fatti valere da uno Stato membro per ostacolare l’accertamento oggettivo del mancato rispetto da parte sua degli obblighi impostigli dal Trattato, poiché l’ammissione di tale giustificazione contrasterebbe con l’obiettivo perseguito dal procedimento di cui all’art. 226 CE (sentenza 24 aprile 2007, causa C-523/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3267, punto 28).

19      Il fatto che la Commissione abbia, eventualmente, rinunciato a proporre un ricorso che accerti l’inadempimento nei confronti di uno Stato membro quando quest’ultimo aveva posto fine all’asserito inadempimento dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato non può dunque creare, in capo a questo o ad altri Stati membri, un legittimo affidamento in grado di pregiudicare la ricevibilità di un’azione intentata dalla Commissione.

20      Va aggiunto che neanche il fatto che la Commissione non proponga un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE immediatamente dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato può creare in capo allo Stato membro interessato un legittimo affidamento quanto al fatto che il procedimento per inadempimento sia stato chiuso.

21      È vero che la durata eccessiva della fase precontenziosa del procedimento può costituire un vizio che rende irricevibile un ricorso per inadempimento. Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta che una siffatta conclusione s’impone solo nel caso in cui la Commissione, con il suo comportamento, abbia reso difficile confutare i suoi argomenti, violando così i diritti della difesa, e che spetta allo Stato membro interessato addurre la prova di una simile difficoltà. (v., in tal senso, sentenza 8 dicembre 2005, causa C-33/04, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-10629, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

22      Si deve tuttavia necessariamente constatare che, nella specie, il Regno di Spagna non ha presentato alcun argomento specifico quanto al fatto che la lunghezza della fase precontenziosa del procedimento, in particolare il termine trascorso tra la sua risposta al parere motivato e la proposizione del presente ricorso, avrebbe compromesso l’esercizio dei suoi diritti di difesa. Tale Stato membro si limita infatti a contestare, nel caso di specie, la discrezionalità, di cui dispone la Commissione, dell’esercizio del diritto di proporre e di mantenere un ricorso per inadempimento.

23      Per quel che riguarda, in secondo luogo, il principio della certezza del diritto, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, da un lato, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6129, punto 7, e 14 aprile 2005, causa C-519/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-3067, punto 18) e, dall’altro, l’interesse della Commissione a presentare un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE sussiste anche ove la violazione contestata sia stata eliminata dopo il termine stabilito nel parere motivato (sentenza 14 aprile 2005, Commissione/Lussemburgo, cit., punto 19).

24      Di conseguenza, il Regno di Spagna, dal momento che tramite il procedimento precontenzioso è stato informato del fatto che la Commissione gli addebitava di essere venuto meno agli obblighi incombentigli in forza del Trattato, non può validamente sostenere, in assenza di un’esplicita presa di posizione da parte della Commissione in ordine al fatto che avrebbe chiuso il procedimento per inadempimento avviato, che quest’ultima ha violato il principio di certezza del diritto.

25      Per quanto riguarda, in terzo luogo, il motivo relativo all’asserito sviamento di potere, è sufficiente ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la Commissione non è tenuta a dimostrare l’esistenza di un interesse ad agire né a indicare i motivi che l’hanno indotta a proporre un ricorso per inadempimento (v., in particolare, sentenze 1° febbraio 2001, causa C-333/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1025, punto 24; 13 giugno 2002, causa C-474/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5293, punto 25, nonché 8 dicembre 2005, Commissione/Lussemburgo, cit., punti 65 e 66). Dal momento che l’oggetto del ricorso quale si evince dall’atto introduttivo corrisponde all’oggetto della controversia come definito nella lettera di diffida e nel parere motivato, non può essere validamente sostenuto che la Commissione avrebbe commesso uno sviamento di potere.

26      Risulta dalle considerazioni che precedono che il presente ricorso deve essere dichiarato ricevibile.

 Nel merito

 Argomenti delle parti

27      La Commissione sottolinea che, conformemente alla normativa spagnola applicabile fino al 31 dicembre 2006, le plusvalenze realizzate in Spagna da contribuenti non residenti in seguito alla cessione di beni erano tassate con un’aliquota forfettaria del 35%, mentre quelle realizzate dai residenti erano tassate secondo un regime progressivo, quando gli elementi patrimoniali ceduti erano detenuti da un anno o meno, e con l’aliquota forfettaria del 15%, quando detti elementi erano detenuti da oltre un anno. Pertanto, l’onere fiscale sostenuto dai non residenti sarebbe sempre stato superiore allorché questi ultimi vendevano i loro beni un anno o più dopo l’acquisto degli stessi. Anche in caso di cessione di un bene detenuto per un anno o meno di un anno, i non residenti sarebbero stati assoggettati ad un onere fiscale più gravoso, salvo allorché l’aliquota impositiva media applicata ai contribuenti residenti raggiungeva o superava il 35%, ipotesi che supponeva l’esistenza di redditi molto consistenti.

28      Secondo la Commissione, poiché, nella specie, non esiste alcuna differenza oggettiva tra i contribuenti residenti e i contribuenti non residenti, qualsiasi disparità di trattamento che si traduce in un onere fiscale maggiore per i non residenti rispetto ai residenti costituirebbe una discriminazione ai sensi del Trattato.

29      Quanto alle giustificazioni addotte dal Regno di Spagna, la Commissione sostiene che, nel caso di specie, il perseguimento di un obiettivo di coerenza fiscale non può essere validamente invocato. Secondo la giurisprudenza della Corte, infatti, tale giustificazione potrebbe essere ammessa soltanto qualora esista un nesso diretto tra la concessione di un beneficio tributario e la compensazione di tale beneficio mediante un prelievo fiscale. Orbene, nella specie, l’onere fiscale più gravoso sostenuto dai non residenti non sarebbe accompagnato da alcun beneficio tributario per questi ultimi.

30      La Commissione ritiene, in aggiunta, che il ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher (Racc. pag. I-3089), sia applicabile al caso di specie, dal momento che le norme tributarie spagnole al centro del presente ricorso, alla stregua delle disposizioni nazionali controverse nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, prevedevano l’applicazione alle plusvalenze realizzate dai non residenti di un’aliquota impositiva più elevata di quella applicabile alle plusvalenze percepite dai residenti. Alla luce della giurisprudenza della Corte, la circostanza che detta sentenza riguardi la libertà di stabilimento non osterebbe a che la soluzione scelta in quel caso sia applicata alle disposizioni spagnole di cui trattasi nel caso di specie.

31      Il Regno di Spagna, che contesta l’esistenza dell’asserito inadempimento, sottolinea innanzitutto che la plusvalenza che un non residente realizza al momento della vendita di un elemento patrimoniale posseduto nel territorio spagnolo rappresenta soltanto una parte dei suoi redditi, i quali di solito sono composti principalmente dai redditi derivanti dalle sue attività professionali. Inoltre, per stabilire se contribuenti residenti e contribuenti non residenti siano in una situazione oggettivamente paragonabile, occorrerebbe tener conto dell’insieme delle attività di tali contribuenti e dei redditi che essi ne derivano, e non esaminare soltanto un tipo di operazione.

32      Orbene, il luogo in cui si potrebbe più facilmente valutare la capacità contributiva individuale di un non residente sarebbe quello in cui si situa il centro dei suoi interessi personali ed economici, che, in linea di principio, coinciderebbe con la sua residenza abituale. Per quanto riguarda le eccezioni, il Regno di Spagna precisa che i contribuenti che non risiedono nel territorio spagnolo, ma che ivi hanno percepito, dal loro lavoro e dalle altre loro attività economiche, redditi che rappresentano almeno il 75% del totale dei loro redditi, possono optare, in forza del regime previsto all’art. 46 del TRLIRNR, e purché sia accertato che hanno il loro domicilio o la loro residenza abituale un altro Stato membro, per la tassazione dei loro redditi in base alle norme applicabili ai residenti. La normativa spagnola sarebbe dunque conforme alla giurisprudenza della Corte e a tal proposito il Regno di Spagna ricorda la sentenza 12 giugno 2003, causa C-234/01, Gerritse (Racc. pag. I-5933).

33      Ad ogni modo, dal momento che la situazione dei contribuenti residenti e dei contribuenti non residenti non sarebbe paragonabile per quanto riguarda la tassazione delle plusvalenze, il fatto di non applicare a queste due categorie di contribuenti una regolamentazione identica non costituirebbe una discriminazione. Pertanto, nella specie, non vi sarebbe alcuna violazione della libera circolazione dei capitali.

34      Il Regno di Spagna fa inoltre presente che, secondo la giurisprudenza della Corte, uno Stato membro è libero di garantire il rispetto degli obblighi che gli incombono in forza del Trattato stipulando una convenzione preventiva sulla doppia imposizione (in prosieguo: la «CDI») con un altro Stato membro. Poiché il Regno di Spagna ha stipulato una CDI con quasi tutti gli Stati membri, gli effetti della tassazione spagnola sarebbero in parte neutralizzati cosicché quest’ultima non costituirebbe una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

35      Infine, il Regno di Spagna ricorda che, al punto 43 della sentenza 5 luglio 2005, causa C-376/03, D. (Racc. pag. I-5821), la Corte ha statuito che gli artt. 56 CE e 58 CE non ostano a una regolamentazione nazionale che nega ai contribuenti non residenti, che possiedono la maggior parte del loro patrimonio nello Stato in cui risiedono, il beneficio degli abbattimenti accordati da tale normativa ai contribuenti residenti. La normativa fiscale spagnola di cui trattasi nel caso di specie si limiterebbe ad applicare tale giurisprudenza introducendo, nel regime impositivo, una distinzione fondata sulla situazione oggettivamente differente in cui si trovano i contribuenti residenti rispetto ai contribuenti non residenti.

36      In subordine, nel caso in cui la normativa controversa fosse considerata rappresentare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, il Regno di Spagna fa valere che tale restrizione era giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema tributario spagnolo.

37      A questo proposito, tale Stato membro precisa che, quanto alle plusvalenze a breve termine (un anno o meno di un anno), quelle realizzate dai non residenti erano tassate operazione per operazione, mentre quelle realizzate dai residenti erano tassate in base al regime progressivo applicabile all’imposta sul reddito, le cui aliquote erano comprese tra il 15% e il 45%. Non si può quindi ritenere che i residenti beneficiassero sistematicamente di un trattamento fiscale più favorevole di quello di cui beneficiavano i non residenti.

38      Comunque, l’esistenza di aliquote distinte per l’imposta dei residenti e quella dei non residenti sarebbe giustificata dalla natura stessa di ognuna di tali imposte. L’imposta sul reddito delle persone fisiche residenti costituirebbe un onere periodico, adeguato alla capacità contributiva della persona interessata mediante applicazione di un regime progressivo al reddito globale percepito dalla stessa durante il periodo impositivo.

39      L’imposta sul reddito dei non residenti costituirebbe, invece, un’imposta immediata cui sarebbero assoggettati i contribuenti che percepiscono redditi in Spagna senza avervi una sede permanente. Tali contribuenti sarebbero tassati unicamente sui redditi che percepiscono nel territorio spagnolo, redditi i quali, per definizione, sarebbero isolati e sporadici. Sarebbe pertanto impossibile tassare tali redditi in base ad un regime progressivo. L’unico modo di tassare tali redditi sarebbe quello di prelevare un’imposta operazione per operazione applicando un’aliquota forfettaria.

40      In base alla normativa applicabile alle persone fisiche residenti, le plusvalenze ottenute nel lungo periodo (oltre un anno) erano tassate con aliquote pari o inferiori a quelle gravanti sulle plusvalenze ottenute nel breve periodo (un anno o meno di un anno). Lo scopo perseguito sarebbe stato quello di evitare gli effetti cumulativi di un regime progressivo sulle plusvalenze generate nel corso degli anni, le quali, in luogo di essere assoggettate ad un’imposta annuale man mano che si producono, sono tassate al momento in cui vengono realizzate. Vi era quindi un nesso economico diretto tra la concessione di un beneficio tributario ai contribuenti residenti – la tassazione ad un’aliquota ridotta – ed il pregiudizio che sarebbe stato loro causato se non ci fosse stato questo meccanismo di eliminazione dell’eccessiva progressività o un altro con i medesimi effetti. Orbene, non vi sarebbe alcun motivo di applicare ai contribuenti non residenti un’aliquota impositiva più favorevole nel caso in cui questi realizzino plusvalenze nel lungo periodo. Infatti, applicando l’aliquota forfettaria del 15%, essi avrebbero beneficiato di un trattamento favorevole destinato a compensare gli effetti di un regime progressivo che non è loro applicabile.

 Giudizio della Corte

41      In via preliminare, occorre ricordare che l’art. 56 CE vieta le restrizioni ai movimenti di capitali, fatto salvo il disposto dell’art. 58 CE. Dai nn. 1 e 3 di quest’ultimo articolo risulta che gli Stati membri, nella loro normativa tributaria, possono stabilire una distinzione tra i contribuenti residenti e i contribuenti non residenti, purché tale distinzione non costituisca né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali.

42      Occorre aggiungere che l’art. 58, n. 1, CE, il quale, in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve costituire oggetto di un’interpretazione restrittiva, non può essere interpretato nel senso che qualsiasi normativa tributaria che operi una distinzione tra i contribuenti in base al luogo in cui essi investono i loro capitali sia automaticamente compatibile con il Trattato (v., in tal senso, sentenza 15 luglio 2004, causa C-315/02, Lenz, Racc. pag. I-7063, punto 26).

43      Nella fattispecie è evidente che, fino al 31 dicembre 2006, la normativa spagnola prevedeva una disparità di trattamento tra i contribuenti residenti e i contribuenti non residenti per quel che riguarda l’aliquota impositiva cui erano assoggettate le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni, immobiliari o di altro tipo, posseduti nel territorio spagnolo.

44      Per quanto riguarda le plusvalenze realizzate in seguito a cessione di elementi patrimoniali posseduti da più di un anno, i non residenti erano sistematicamente sottoposti ad un onere fiscale maggiore di quello sostenuto dai residenti, poiché le plusvalenze realizzate da questi ultimi erano tassate con un’aliquota forfettaria del 15%, mentre quelle realizzate dai non residenti subivano una tassazione del 35%.

45      È vero che i residenti, per il fatto di applicare nei loro confronti un regime progressivo, non beneficiavano sistematicamente di un’aliquota impositiva più favorevole rispetto ai non residenti quanto alla tassazione delle plusvalenze realizzate in occasione della vendita di beni posseduti da un anno o meno di un anno. Tuttavia, ciò non toglie che, essendo assoggettati ad un’aliquota forfettaria del 35% indipendentemente dall’importo della plusvalenza realizzata, mentre i residenti erano assoggettati a quest’aliquota soltanto a partire dal momento in cui il loro reddito globale raggiungeva una certa soglia, i non residenti erano assoggettati, almeno in taluni casi, a un onere fiscale superiore rispetto a quello sostenuto dai residenti.

46      Come in precedenza statuito dalla Corte, in materia di imposte dirette la situazione dei residenti e quella dei non residenti in uno Stato non sono di regola comparabili, in quanto il reddito percepito nel territorio di uno Stato da un non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel suo luogo di residenza, e in quanto la capacità contributiva personale del non residente, derivante dalla presa in considerazione di tutti i suoi redditi e della sua situazione personale e familiare, può essere valutata più agevolmente nel luogo in cui egli ha il centro dei suoi interessi personali ed economici, che corrisponde in genere alla sua residenza abituale (sentenze 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, Racc. pag. I-225, punti 31 e 32, nonché Gerritse, cit., punto 43).

47      Quindi, il fatto che uno Stato membro non faccia fruire i non residenti di talune agevolazioni fiscali che concede ai residenti non è di regola discriminatorio, tenuto conto delle differenze obiettive tra la situazione dei residenti e quella dei non residenti per quanto attiene sia alla fonte dei redditi, sia alla capacità contributiva personale, sia ancora alla situazione personale e familiare (citate sentenze Schumacker, punto 34, e Gerritse, punto 44).

48      Nel caso di specie, bisogna dunque esaminare se esista una differenza oggettiva tra la situazione dei residenti e quella dei non residenti idonea ad escludere il carattere discriminatorio della normativa controversa e in grado di far rientrare la detta normativa nell’ambito dell’eccezione prevista dall’art. 58, n. 1, CE.

49      Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la disparità di trattamento fiscale derivante dall’applicazione di tale normativa ai non residenti deve essere valutata in collegamento con il sistema generale dell’imposta sul reddito applicabile ai residenti e ai non residenti, e i non residenti non possono essere paragonati ai residenti, perché nel loro stato di residenza dispongono di altri redditi i quali, a differenza di quanto vale per i residenti, non potrebbero essere presi in considerazione in Spagna, occorre sottolineare, da un lato, che, almeno per la tassazione delle plusvalenze derivanti da cessioni di beni posseduti per oltre un anno, la detta normativa riguarda soltanto tale categoria di redditi, che si tratti dei contribuenti residenti o dei contribuenti non residenti.

50      Dall’altro lato, lo Stato in cui è situata la fonte del reddito è in entrambi i casi il Regno di Spagna, in quanto la normativa controversa riguarda soltanto le plusvalenze derivanti da cessioni di beni posseduti in Spagna.

51      Quanto all’argomento secondo il quale, per quanto riguarda le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni posseduti da oltre un anno, la normativa di cui trattasi è intesa a tener conto della situazione personale del contribuente per la liquidazione dell’imposta, è sufficiente constatare che tale normativa non presenta alcun elemento in grado di corroborare questa tesi, in quanto si tratta di una tassazione forfettaria in base ad un’aliquota che era legata unicamente alla qualità di residente o di non residente del contribuente.

52      Questa tesi non può essere confortata neppure mediante un’applicazione per analogia della citata sentenza Gerritse, richiamata dal Regno di Spagna. Infatti, non è stato dimostrato e nemmeno affermato che la normativa in esame nel presente ricorso, a differenza di quella controversa in tale sentenza, perseguiva, tramite il trattamento fiscale vantaggioso accordato ai residenti, una finalità sociale. Ne consegue che, diversamente da quanto la Corte ha deciso al punto 48 di detta sentenza, nel caso di specie non si può considerare legittimo il fatto di riservare la concessione di tale trattamento vantaggioso alle persone che hanno percepito la parte essenziale delle loro risorse imponibili nello Stato d’imposizione, vale a dire, in linea generale, ai residenti.

53      Quanto alle CDI fatte valere dal Regno di Spagna, occorre rilevare, innanzitutto, che tale Stato membro non ha riferito di alcuna CDI stipulata con Stati parti contraenti dell’accordo SEE. Inoltre, come riconosciuto da tale Stato membro stesso, non è stata stipulata una CDI con tutti gli altri Stati membri. Infine, è pacifico che le CDI esistenti neutralizzano solo in parte l’onere fiscale assolto in Spagna dai non residenti.

54      Risulta peraltro dalla giurisprudenza della Corte che l’esistenza di una CDI non esclude che il reddito che un contribuente percepisce in uno Stato senza risiedervi e che è assoggettato ad imposta esclusivamente in tale Stato sia però preso in considerazione dallo Stato di residenza per calcolare l’importo dell’imposta sul restante reddito di detto contribuente al fine, in particolare, di applicare la regola della progressività dell’imposta. Non si può quindi validamente sostenere che il fatto di essere non residente consente di sottrarsi all’applicazione di tale regola. Di conseguenza, in una simile fattispecie, la situazione delle due categorie di contribuenti rispetto a detta regola è paragonabile (v., in tal senso, sentenza Asscher, cit., punti 47 e 48).

55      Date queste circostanze, occorre concludere che, per quanto riguarda la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni posseduti da oltre un anno, la normativa controversa non si riferisce a situazioni distinte, ai sensi dell’art. 58, n. 1, CE, in base al luogo di residenza dei contribuenti (v., in tal senso, sentenza Lenz, cit., punto 33).

56      La stessa conclusione s’impone anche per quel che riguarda la tassazione delle plusvalenze realizzate dopo un anno o più.

57      Infatti, da un lato, le considerazioni svolte ai punti 50 e 52-54 della presente sentenza sono pertinenti anche per tale tassazione.

58      Dall’altro, sebbene non si possa escludere che la tassazione in base ad un regime progressivo è idonea a tener conto della capacità contributiva dei contribuenti, il Regno di Spagna non ha addotto alcun elemento di prova in grado di dimostrare che, nel caso di specie, si terrebbe effettivamente conto della situazione personale dei contribuenti residenti nell’ambito della tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni posseduti da un anno o meno di un anno.

59      Ne consegue che, a prescindere dal fatto che si tratti di plusvalenze realizzate nel breve o nel lungo periodo, la tesi di tale Stato membro secondo la quale, relativamente all’imposta di cui trattasi, i residenti e i non residenti non sono in una situazione oggettivamente paragonabile non è fondata e dunque non può essere accolta.

60      Resta tuttavia ancora da esaminare se, come sostiene in subordine il Regno di Spagna, la disparità di trattamento esistente tra queste due categorie di contribuenti possa essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, quale la necessità di salvaguardare la coerenza del sistema tributario.

61      Al riguardo, occorre rammentare che risulta dalla giurisprudenza della Corte che un obiettivo del genere può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato. Tuttavia, perché un argomento fondato su tale giustificazione sia efficace, occorre che sussista un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio tramite un prelievo fiscale determinato (sentenza 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 42).

62      Secondo il Regno di Spagna, la normativa controversa avrebbe lo scopo di evitare di penalizzare i residenti nell’ambito della tassazione delle plusvalenze, in conseguenza dell’applicazione di un regime progressivo. Per quanto riguarda la tassazione delle plusvalenze che derivano dalla cessione di beni posseduti per più di un anno, esisterebbe un nesso diretto, per i residenti, tra il beneficio tributario derivante dalla tassazione di tali plusvalenze con un’aliquota forfettaria del 15% ed il regime impositivo progressivo applicabile all’integralità dei loro redditi. Per quanto riguarda le plusvalenze realizzate in un anno o meno di un anno, il vantaggio di non essere assoggettate ad un’aliquota forfettaria del 35% sarebbe compensato dal fatto che i residenti sono assoggettati ad un’imposta sull’integralità dei redditi secondo un regime progressivo.

63      Per quanto riguarda la prima di tali fattispecie, va rilevato che i redditi cui si applica l’aliquota forfettaria del 15% non sono assoggettati all’imposta sul reddito secondo un regime progressivo. Pertanto non si può validamente affermare che la concessione ai residenti del beneficio tributario controverso, ossia la tassazione di detti redditi con un’aliquota forfettaria del 15%, sia compensato dall’applicazione di un regime progressivo per la tassazione dei redditi.

64      Per quanto riguarda la seconda fattispecie, il vantaggio, per il contribuente residente, di non essere assoggettato ad un’aliquota forfettaria del 35% è, in linea di principio, certamente compensato dallo svantaggio di vedersi le plusvalenze di cui trattasi sommate ai suoi redditi globali e quindi assoggettate ad un’imposta secondo un regime progressivo. Tuttavia non è escluso che, sebbene tassate in questo modo, le plusvalenze realizzate dai residenti lo siano in maniera meno gravosa di quelle realizzate dai non residenti.

65      Alla luce di tali considerazioni, occorre giungere alla conclusione che non esiste un nesso diretto tra i benefici concessi ai contribuenti residenti e una compensazione derivante da un prelievo fiscale determinato.

66      Di conseguenza, occorre respingere l’argomento del Regno di Spagna secondo cui la restrizione derivante dalla normativa controversa sarebbe giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema tributario nazionale.

67      Poiché quanto stipulato all’art. 40 dell’accordo SEE ha stessa portata giuridica di quella delle disposizioni, sostanzialmente identiche, dell’art. 56 CE (v. sentenza 11 giugno 2009, causa C-521/07, Commissione/Paesi Bassi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33), le considerazioni che precedono si possono trasporre mutatis mutandis a detto art. 40.

68      Alla luce delle precedenti considerazioni, il ricorso della Commissione dev’essere considerato fondato.

69      Ciò premesso, occorre dichiarare che il Regno di Spagna, avendo differenziato, fino al 31 dicembre 2006, il trattamento delle plusvalenze realizzate in Spagna a seconda che fossero ottenute da residenti o da non residenti, è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo SEE.

 Sulle spese

70      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno di Spagna, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il Regno di Spagna, avendo differenziato, fino al 31 dicembre 2006, il trattamento delle plusvalenze realizzate in Spagna a seconda che fossero ottenute da residenti o da non residenti, è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 56  CE e dell’art. 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992.

2)      Il Regno di Spagna è condannato alle spese.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.