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Causa C-440/08

F. Gielen

contro

Staatssecretaris van Financiën

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Fiscalità diretta — Art. 43 CE — Contribuente non residente — Imprenditore — Diritto a deduzione a favore di lavoratori autonomi — Criterio orario — Discriminazione tra i contribuenti residenti e non residenti — Opzione di equiparazione»

Massime della sentenza

Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria — Imposte sul reddito

(Art. 49 TFUE)

L’art. 49 TFUE si oppone ad una normativa nazionale che, relativamente alla concessione di un beneficio fiscale, quale una deduzione a favore dei lavoratori autonomi che abbiano svolto un certo numero di ore di lavoro in quanto imprenditori, ha effetti discriminatori nei confronti dei contribuenti non residenti, le cui ore effettuate per una struttura situata in un altro Stato membro non vengono prese in considerazione a tal fine anche se questi contribuenti possono, relativamente a tale beneficio, optare per il regime che si applica ai contribuenti residenti.

Infatti, tale normativa nazionale che, ai fini di un siffatto beneficio fiscale, utilizza un «criterio orario» in modo da impedire ai contribuenti non residenti di contabilizzare le ore di lavoro effettuate in un altro Stato membro, rischia di operare principalmente a scapito di questi contribuenti. Pertanto, una tale normativa costituisce una discriminazione indiretta in ragione della cittadinanza ai sensi dell’art. 49 TFUE. Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla circostanza che sia offerta ai contribuenti non residenti un’opzione di equiparazione, che consente loro di scegliere tra il regime fiscale discriminatorio e quello applicato ai residenti, in quanto una tale scelta non può escludere gli effetti discriminatori del primo di questi due regimi fiscali. Infatti, nel caso in cui fosse riconosciuto un siffatto effetto a tale scelta, questo avrebbe come conseguenza di convalidare un regime fiscale che rimane, di per sé, una violazione dell’art. 49 TFUE a causa del suo carattere discriminatorio. Peraltro, un regime nazionale restrittivo delle libertà di stabilimento rimane comunque incompatibile con il diritto dell’Unione, quand’anche la sua applicazione sia facoltativa. Ne consegue che la scelta consentita al contribuente non residente dall’opzione di equiparazione è priva di effetto neutralizzante relativamente alla discriminazione constatata.

(v. punti 48-55 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

18 marzo 2010 (*)

«Fiscalità diretta – Art. 43 CE – Contribuente non residente – Imprenditore – Diritto a deduzione a favore di lavoratori autonomi – Criterio orario – Discriminazione tra i contribuenti residenti e non residenti – Opzione di equiparazione»

Nel procedimento C-440/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione 12 settembre 2008, pervenuta alla Corte il 6 ottobre 2008, nel procedimento di

F. Gielen

contro

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, facente funzione di presidente della Prima Sezione, dai sigg. E. Levits, A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore) e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 settembre 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Gielen, dagli avv.ti F.A. Engelen e S.C.W. Douma, belastingadviseurs;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels, C. ten Dam e M. Noort, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;

–        per il governo estone, dal sig. L. Uibo, in qualità di agente;

–        per il governo portoghese, dalla sig.ra C. Guerra Santos nonché dai sigg. L. Inez Fernandes e J. Menezes Leitão, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 ottobre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 43 CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Gielen e lo Staatssecretaris van Financiën relativamente all’imposta sul reddito per l’anno 2001.

 La normativa nazionale

3        La legge del 2001 relativa all’imposta sul reddito (Wet op de Inkomstenbelastingen 2001; in prosieguo: la «legge del 2001») prevede all’art. 2.1, lett. b), che sono assoggettate all’imposta sul reddito le persone fisiche che non risiedono nei Paesi Bassi, ma percepiscono redditi olandesi.

4        Conformemente all’art. 3.2 della legge 2001, l’utile imponibile è costituito dall’utile ottenuto dal contribuente in qualità di imprenditore di una o più imprese, ridotto della deduzione a favore dei lavoratori autonomi.

5        In forza dell’art. 3.76, n. 2, della legge del 2001, l’importo della detta deduzione dipende dall’importo dell’utile conformemente ad una scala decrescente contenuta in tale disposizione. Essa ammonta a EUR 6 084 per un utile inferiore a EUR 11 745 e diminuisce per gradi fino a raggiungere alla fine EUR 2 984 per un utile superiore a EUR 50 065.

6        Ai sensi del n. 1 dello stesso articolo, il diritto alla deduzione a favore dei lavoratori autonomi è assoggettato, in particolare, ad un «criterio orario».

7        Tale criterio corrisponde, ai sensi dell’art. 3.6 della legge del 2001, alla realizzazione durante l’anno civile di almeno 1 225 ore di lavoro a beneficio di una o più imprese da cui il contribuente realizza un utile in qualità di imprenditore.

8        Al fine di valutare se un contribuente non residente soddisfi tale criterio, vengono prese in considerazione solo le ore che sono dedicate ad attività di una parte di impresa gestita in una struttura stabile nei Paesi Bassi.

9        Tuttavia, un contribuente non residente che è assoggettato al sistema impositivo di un altro Stato membro dove risiede può optare, ai sensi dell’art. 2.5, n. 1, della legge del 2001, per il regime applicabile ai contribuenti residenti (in prosieguo: l’«opzione di equiparazione»). Detta disposizione non richiede che il reddito del contribuente non residente sia interamente o quasi interamente realizzato nei Paesi Bassi. Essa è così formulata:

«Il soggetto passivo residente che non rimanga nei Paesi Bassi durante l’anno completo dell’esercizio e il soggetto passivo non residente, in quanto residente in un altro Stato dell’Unione europea o in uno Stato terzo stabilito con decisione ministeriale, con il quale [il Regno de]i Paesi Bassi [ha] concluso un accordo per evitare la doppia imposizione e incentivare le scambio di informazioni, assoggettabile a imposta in uno Stato europeo o in uno Stato terzo, possono scegliere di essere assoggettati alle norme della presente legge vigente per i soggetti passivi residenti (…)».

10      In forza degli artt. 2-10 del decreto di esecuzione della legge del 2001 (Het Uitvoeringsbesluit inkomenstbelasting 2001), una riduzione dell’imposta sul reddito viene concessa a colui che sceglie di essere equiparato ad un contribuente residente per l’imposta relativa agli elementi del reddito che non sono assoggettabili ad imposta nei Paesi Bassi o che lo sono solo ad un’aliquota ridotta.

11      Ai sensi dell’art. 3 del detto decreto:

«1. L’importo della riduzione in ragione della presenza di elementi non assoggettabili ad imposta nei Paesi Bassi (…) nel reddito derivante da lavoro e da un alloggio presenterà con l’imposta, che sarebbe dovuta senza l’applicazione degli artt. 2-10 in base alla legge sul reddito imponibile derivante dal lavoro e da un alloggio, lo stesso rapporto che l’importo complessivo degli elementi del reddito, che figurano al denominatore, non assoggettabili ad imposta nei Paesi Bassi, presenta (...) con il reddito che figura al denominatore.

(…)

5. Si intende per “reddito che figura al denominatore” il reddito derivante dal lavoro e dall’alloggio (…)».

12      L’art. 9, n. 1, del decreto del 2001 sulla prevenzione della doppia imposta (Besluit voorkoming dubbele belasting 2001) prevede:

«1. Il reddito estero derivante dal lavoro o da un alloggio proveniente da un altro Stato è costituito dall’importo cumulato degli elementi del reddito che il contribuente deriva dal lavoro o da un alloggio in tale Stato in quanto:

a) utile realizzato in un’impresa estera, ossia un’impresa o una parte di impresa che è gestita mediante una struttura stabile o un rappresentante stabile nel territorio dell’altro Stato;

(…)».

 Causa principale e questione pregiudiziale

13      Il sig. Gielen è un residente tedesco che gestisce in Germania, unitamente ad altre due persone, un’impresa nel settore della serricoltura. Egli ha costituito nei Paesi Bassi una struttura stabile in cui vengono coltivate piante ornamentali sulla base di contratti.

14      Nel corso del 2001 egli ha effettuato per la detta impresa più di 1 225 ore di lavoro in Germania, mentre nei Paesi Bassi ha realizzato per la detta struttura meno di 1 225 ore di lavoro.

15      Pertanto, l’amministrazione fiscale dei Paesi Bassi ha ritenuto che il sig. Gielen non abbia soddisfatto il «criterio orario». Il Rechtbank Breda (Tribunale di Breda) ha confermato questa interpretazione.

16      Per contro, il Gerechtshof te ’s-Hertogenbosch (Corte di appello di Hertogenbosch) ha ritenuto che una tale applicazione del detto criterio comporterebbe una discriminazione vietata dall’art. 43 CE, poiché creerebbe una distinzione tra i contribuenti residenti e i contribuenti non residenti. Infatti, secondo il Gerechtshof te ’s-Hertogenbosch, applicando questo criterio, i contribuenti residenti possono essere assoggettati ad imposta in funzione dei loro utili, qualunque sia il luogo nel mondo in cui essi siano stati realizzati.

17      Il Gerechtshof te ’s-Hertogenbosch ha ritenuto che questa distinzione e questo ostacolo non fossero giustificati da una diversità di situazione obiettiva tra i contribuenti non residenti ed i contribuenti residenti, in particolare perché la deduzione a favore dei lavoratori autonomi è direttamente collegata all’attività dei contribuenti.

18      Il sig. Gielen ha presentato un ricorso per cassazione contro la decisione del Gerechtshof te ’s-Hertogenbosch dinanzi all’Hoge Raad der Nederlanden. Egli ritiene che il fatto di rifiutargli, in quanto contribuente non residente, il diritto a deduzione a favore dei lavoratori autonomi, costituisca una discriminazione che è vietata dall’art. 43 CE.

19      Lo Hoge Raad der Nederlanden osserva che la discriminazione ai sensi dell’art. 43 CE risulta dal fatto che, per il contribuente non residente, non si è tenuto conto di tutte le ore che quest’ultimo ha dedicato alla sua impresa, comprese le ore dedicate ad attività per un’impresa o una struttura situata in un altro Stato membro.

20      Esso si chiede tuttavia se una tale discriminazione possa essere evitata con l’opzione di equiparazione. In forza di quest’ultima, il sistema in base al quale il contribuente non residente viene assoggettato ad imposta nei Paesi Bassi, qualora opti per l’imposizione dei contribuenti residenti, comporta l’applicazione della progressività.

21      In tale contesto, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 43 CE debba essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di una disposizione del diritto tributario di uno Stato membro ai profitti realizzati da un cittadino di un altro Stato membro (soggetto passivo straniero) in una parte della sua impresa situata nel primo Stato membro, qualora siffatta disposizione, interpretata in un determinato modo, operi – considerata di per sé – una distinzione incompatibile con l’art. 43 CE tra i soggetti passivi nazionali e quelli stranieri, ma abbia conferito al soggetto passivo straniero la possibilità di scegliere di essere trattato come un soggetto passivo nazionale, possibilità di cui questi non si è avvalso per motivi personali».

 Sulla questione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

22      I governi tedesco e portoghese nutrono dubbi circa la possibilità per la Corte di statuire sulla questione sottoposta dal giudice nazionale.

23      Secondo il governo tedesco, il regime fiscale di cui trattasi nella causa principale non comporta in sostanza nessuna discriminazione vietata ai sensi dell’art. 43 CE, di modo che non occorre chiedersi se la discriminazione potesse essere esclusa mediante l’opzione di equiparazione. Di conseguenza, la risposta della Corte alla questione pregiudiziale sarebbe priva di qualsiasi utilità per la soluzione della causa principale.

24      Il governo portoghese fa valere principalmente che la questione pregiudiziale dipende da una certa interpretazione della normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale.

25      Infatti, dalla decisione di rinvio deriverebbe che l’art. 3.6 della legge del 2001 potrebbe essere interpretato anche nel senso che, ai fini della deduzione di cui trattasi nella causa principale, possono essere prese in considerazione per un contribuente non residente le ore effettuate a beneficio di una struttura situata nei Paesi Bassi nonché quelle effettuate a beneficio di una struttura situata in un altro Stato membro, il che renderebbe questa disposizione compatibile con l’art. 43 CE e renderebbe superflua la soluzione della questione pregiudiziale.

26      Poiché il giudice del rinvio avrebbe la possibilità di interpretare il regime fiscale di cui trattasi nella causa principale nel senso che non contiene alcuna discriminazione incompatibile con l’art. 43 CE, il governo portoghese ritiene che la questione pregiudiziale sia ipotetica e, di conseguenza, la soluzione della Corte non sarebbe vincolante per il giudice del rinvio.

27      A tal riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della collaborazione istituita dall’art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze 23 aprile 2009, causa C-544/07, Rüffler, Racc. pag. I-3389, punto 36, e 19 novembre 2009, causa C-314/08, Filipiak, Racc. pag. I-11049, punto 40).

28      Tuttavia, la Corte ha anche affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (v., in questo senso, sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 21; Rüffler, cit., punto 37, e Filipiak, cit., punto 41).

29      La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. citate sentenze Rüffler, punto 38, e Filipiak, punto 42).

30      Occorre constatare a tal riguardo che dalla decisione di rinvio risulta che la causa principale nonché la questione pregiudiziale riguardano essenzialmente l’interpretazione dell’art. 49 TFUE relativamente ad una normativa nazionale che ha effetti potenzialmente discriminatori nei confronti dei contribuenti non residenti per quanto riguarda un beneficio fiscale, quale la deduzione consentita ai lavoratori autonomi, anche se tali contribuenti possono, per quanto riguarda tale beneficio, esercitare secondo la detta normativa l’opzione di equiparazione.

31      Peraltro, al fine di poter risolvere tale questione, occorre innanzitutto verificare se la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale produca effetti discriminatori ai sensi dell’art. 49 TFUE, il che costituisce una questione di diritto dell’Unione la cui interpretazione rientra nella competenza della Corte.

32      In considerazione di queste constatazioni, non risulta in maniera manifesta che l’interpretazione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività e con l’oggetto della causa principale, di modo che le eccezioni di ricevibilità sollevate dai governi tedesco e portoghese devono essere respinte.

33      Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sul merito

34      Con la sua questione, che occorre esaminare suddividendola in due parti, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 49 TFUE si opponga ad una normativa nazionale la quale, trattandosi della concessione di un beneficio fiscale, quale la deduzione a favore dei lavoratori autonomi, ha effetti potenzialmente discriminatori nei confronti dei contribuenti non residenti, anche se questi ultimi possono, relativamente a tale beneficio, esercitare secondo la detta normativa l’opzione di equiparazione.

 Sugli effetti discriminatori della normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale ai sensi dell’art. 49 TFUE

35      Al fine di risolvere la questione sottoposta, occorre verificare innanzitutto, come risulta anche dal punto 31 della presente sentenza, se la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale comporti effettivamente una discriminazione incompatibile con l’art. 49 TFUE.

36      Occorre ricordare che, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenza 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

37      Occorre anche ricordare che le norme relative alla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga al medesimo risultato (v., in particolare, sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, Racc. pag. I-225, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

38      Peraltro, una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (v., in particolare, sentenza Schumacker, cit., punto 30, e 14 settembre 1999, causa C-391/97, Gschwind, Racc. pag. I-5451, punto 21).

39      Nella fattispecie, risulta innanzitutto dal fascicolo che, nel corso del 2001, il sig. Gielen, che risiede in Germania, ha effettuato a beneficio della sua struttura nei Paesi Bassi meno di 1 225 ore di lavoro, mentre ha effettuato più di 1 225 ore di lavoro a favore della sua struttura in Germania.

40      Il giudice del rinvio indica che, secondo la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, un contribuente imprenditore residente può includere, ai fini del calcolo del criterio orario che dà diritto alla deduzione a favore dei lavoratori autonomi, sia le ore di lavoro effettuate in un altro Stato membro, sia quelle effettuate nei Paesi Bassi, mentre un contribuente imprenditore non residente può includere, ai fini di tale calcolo, solo le ore di lavoro effettuate nei Paesi Bassi.

41      Inoltre, il governo dei Paesi Bassi riconosce nelle sue osservazioni scritte che si tratta a tale riguardo di una discriminazione in ragione del luogo di residenza.

42      Occorre pertanto constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, per quanto riguarda il soddisfacimento del «criterio orario» ai fini della deduzione a favore dei lavoratori autonomi, tratta in maniera diversa i contribuenti a seconda che essi siano o meno residenti nei Paesi Bassi. Un tale trattamento differenziato rischia di operare principalmente a scapito dei cittadini di altri Stati membri, poiché i non residenti nella maggior parte dei casi non sono neanche cittadini nazionali.

43      Certo, per quanto riguarda più in particolare la cause relative alla tassazione dei redditi delle persone fisiche, la Corte ha ammesso che la situazione dei residenti e quella dei non residenti in un dato Stato membro non sono di regola analoghe, in quanto presentano differenze oggettive per quanto attiene sia alla fonte dei redditi sia alla capacità contributiva personale o alla presa in considerazione della situazione personale e familiare (v., in particolare, sentenza 22 marzo 2007, causa C-383/05, Talotta, Racc. pag. I-2555, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata, e 16 ottobre 2008, causa C-527/06, Renneberg, Racc. pag. I-7735, punto 59).

44      La Corte ha tuttavia precisato che, in presenza di un vantaggio fiscale il cui il godimento venga rifiutato ai non residenti, una disparità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti può essere qualificata come una discriminazione ai sensi del Trattato FUE quando non sussiste alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento su tale punto tra le due categorie di contribuenti (citate sentenze Talotta, punto 19 nonché la giurisprudenza citata, e Renneberg, punto 60).

45      Ora, il giudice del rinvio indica che la deduzione a favore dei lavoratori autonomi è collegata non alla capacità personale dei contribuenti ma piuttosto alla natura dell’attività di questi ultimi. Infatti, questa deduzione viene concessa agli imprenditori la cui attività imprenditoriale costituisce l’attività principale, il che è dimostrato, in particolare, soddisfacendo il «criterio orario».

46      In quanto detta deduzione viene concessa a tutti i contribuenti imprenditori che hanno soddisfatto, in particolare, tale criterio, occorre constatare che non è rilevante a tal riguardo distinguere se i detti contribuenti abbiano effettuato ore di lavoro nei Paesi Bassi o in un altro Stato membro.

47      Ne consegue che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, i contribuenti residenti ed i contribuenti non residenti si trovano, ai fini della deduzione a favore dei lavoratori autonomi, in una situazione comparabile (v., in questo senso, sentenze 12 giugno 2003, causa C-234/01, Gerritse, Racc. pag. I-5933, punto 27, e 6 luglio 2006, causa C-346/04, Conijn, Racc. pag. I-6137, punto 20).

48      In tale contesto, occorre concludere che una normativa nazionale che, ai fini di un beneficio fiscale, quale la deduzione a favore dei lavoratori autonomi di cui trattasi nella causa principale, utilizza un «criterio orario» in modo da impedire ai contribuenti non residenti di contabilizzare le ore di lavoro effettuate in un altro Stato membro, rischia di operare principalmente a scapito di questi contribuenti. Pertanto, una tale normativa costituisce una discriminazione indiretta in ragione della cittadinanza ai sensi dell’art. 49 TFUE.

 Sull’opzione di equiparazione

49      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento secondo cui l’opzione di equiparazione può escludere la discriminazione di cui trattasi.

50      Occorre innanzitutto rilevare che l’opzione di equiparazione consente ad un contribuente non residente, quale il sig. Gielen, una scelta tra un regime fiscale discriminatorio e un altro che asseritamente non lo è.

51      Ora, occorre al riguardo sottolineare che una tale scelta non può, nella fattispecie, escludere gli effetti discriminatori del primo di questi due regimi fiscali.

52      Infatti, nel caso in cui fosse riconosciuto un siffatto effetto a tale scelta, questo avrebbe come conseguenza, come ha rilevato in sostanza l’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, di convalidare un regime fiscale che rimane, di per sé, una violazione dell’art. 49 TFUE a causa del suo carattere discriminatorio.

53      Peraltro, come la Corte ha già avuto occasione di precisare, un regime nazionale restrittivo delle libertà di stabilimento rimane comunque incompatibile con il diritto dell’Unione, quand’anche la sua applicazione sia facoltativa (v., in questo senso, sentenza 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 162).

54      Ne consegue che la scelta consentita, nella controversia di cui alla causa principale, al contribuente non residente dall’opzione di equiparazione è priva di effetto neutralizzante relativamente alla discriminazione constatata al punto 48 della presente sentenza.

55      Da tutto quanto precede risulta che l’art. 49 TFUE si oppone ad una normativa nazionale che, relativamente alla concessione di un beneficio fiscale, quale la deduzione a favore dei lavoratori autonomi di cui trattasi nella causa principale, ha effetti discriminatori nei confronti dei contribuenti non residenti, anche se questi contribuenti possono, relativamente a tale beneficio, optare per il regime che si applica ai contribuenti residenti.

 Sulle spese

56      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per sottoporre osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 49 TFUE si oppone ad una normativa nazionale che, relativamente alla concessione di un beneficio fiscale, quale la deduzione a favore dei lavoratori autonomi di cui trattasi nella causa principale, ha effetti discriminatori nei confronti dei contribuenti non residenti, anche se questi contribuenti possono, relativamente a tale beneficio, optare per il regime applicabile ai contribuenti residenti.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.