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Causa C-40/09

Astra Zeneca UK Ltd

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal VAT and Duties Tribunal, Manchester)

«Sesta direttiva IVA — Art. 2, punto 1 — Nozione di “prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso” — Buoni acquisto forniti da una società ai propri dipendenti nell’ambito della retribuzione di questi ultimi»

Massime della sentenza

Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni imponibili — Prestazioni di servizi a titolo oneroso

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 2, punto 1)

L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretato nel senso che la fornitura di un buono acquisto, da parte di una società che ha acquistato tale buono ad un prezzo che include l’imposta sul valore aggiunto, ai propri dipendenti in cambio della rinuncia, da parte di questi ultimi, ad una quota della loro retribuzione in denaro costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi di tale disposizione.

Esiste infatti un nesso diretto fra la fornitura dei buoni acquisto in questione ai dipendenti e la quota di retribuzione in denaro alla quale questi ultimi devono rinunciare in cambio di tale fornitura, dal momento che, invece di percepire in contanti l’intera loro retribuzione, i dipendenti che hanno scelto di ricevere detti buoni devono rinunciare ad una parte di tale retribuzione in cambio dei buoni; tale operazione si traduce in un prelievo specifico dal fondo dei dipendenti che hanno optato in tal senso. Peraltro, il datore di lavoro riceve effettivamente un corrispettivo, espresso in denaro, per la fornitura dei buoni acquisto, dato che esso corrisponde ad una quota della retribuzione in denaro dei suoi dipendenti. Inoltre, l’onere dell’imposta sul valore aggiunto attinente alla fornitura di tali buoni grava sui dipendenti che li ricevono, poiché il prelievo dalla retribuzione di detti dipendenti, cui tale fornitura dà luogo, comprende il prezzo dei buoni in questione nonché l’intera imposta sul valore aggiunto ad essi attinente.

(v. punti 29-32, 35 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

29 luglio 2010 (*)

«Sesta direttiva IVA – Art. 2, punto 1 – Nozione di “prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso” – Buoni acquisto forniti da una società ai propri dipendenti nell’ambito della retribuzione di questi ultimi»

Nel procedimento C-40/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal VAT and Duties Tribunal, Manchester (Regno Unito), con decisione 16 gennaio 2009, pervenuta in cancelleria il 29 gennaio 2009, nella causa

Astra Zeneca UK Ltd

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E. Juhász, T. von Danwitz e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. N. Nanchev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 marzo 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Astra Zeneca UK Ltd, dal sig. M. Conlon, QC, e dal sig. D. Southern, barrister, su mandato del sig. G. Salmond, solicitor;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra H. Walker, in qualità di agente, assistita dal sig. N. Pleming, QC;

–        per il governo greco, dai sigg. K. Georgiadis e I. Bakopoulos nonché dalla sig.ra V. Karra, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 aprile 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, punto 1, 6, n. 2, primo comma, lett. b), e 17, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Astra Zeneca UK Ltd (in prosieguo: la «Astra Zeneca») ed i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (commissione tributaria; in prosieguo: i «Commissioners») in merito all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») dovuta da tale società per la fornitura di buoni acquisto ai suoi dipendenti nell’ambito della retribuzione di questi ultimi.

 Contesto normativo

3        L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva così recita:

«Sono soggette all’[IVA]:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

4        L’art. 4, nn. 1 e 2, di tale direttiva ha il seguente tenore letterale:

«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.      Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

5        Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della stessa direttiva:

«Si considera “cessione di bene” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

6        L’art. 6, n. 1, primo comma, di detta direttiva così dispone:

«Si considera “prestazion[e] di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5».

7        L’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, nella versione risultante dall’art. 28 septies di quest’ultima, recita quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

8        La Astra Zeneca è una società che svolge le sue attività nel settore dell’industria farmaceutica.

9        Tale società propone ai propri dipendenti, che non sono assoggettati all’IVA, un sistema retributivo che consiste in una quota fissa annua, denominata «fondo vantaggio» («Advantage Fund»; in prosieguo: il «fondo»), la quale comprende un importo in contanti e, eventualmente, taluni vantaggi previamente scelti dai dipendenti, fermo restando che ciascun vantaggio scelto da un dipendente darà luogo ad uno specifico prelievo dal fondo di tale dipendente.

10      Fra tali vantaggi, la Astra Zeneca propone ai suoi dipendenti buoni acquisto da spendere presso taluni negozi.

11      Detti buoni hanno un valore nominale di GBP 10, ma danno luogo ad un prelievo di importo inferiore (tra GBP 9,25 e GBP 9,55) dal fondo dei dipendenti.

12      La Astra Zeneca ha redatto le proprie dichiarazioni IVA basandosi sul principio secondo cui non era tenuta a fatturare a valle l’IVA sulla fornitura di buoni acquisto ai propri dipendenti e non era autorizzata a detrarre l’IVA assolta a monte al momento dell’acquisto di tali buoni.

13      Tuttavia, la Astra Zeneca ha poi sostenuto che, poiché il costo di acquisto di detti buoni faceva parte dei costi generali dell’impresa, essa avrebbe dovuto essere autorizzata a detrarre l’IVA attinente a tale acquisto senza essere tenuta a fatturare a valle l’IVA sulla fornitura dei buoni in questione ai propri dipendenti, dato che tale fornitura non era effettuata a titolo oneroso.

14      Di conseguenza, la Astra Zeneca ha chiesto ai Commissioners, a titolo cautelare, il rimborso dell’IVA da essa assolta a monte per acquistare i buoni acquisto di cui trattasi.

15      A tal riguardo, i Commissioners hanno deciso, in primo luogo, che la Astra Zeneca non era autorizzata a detrarre l’IVA assolta a monte al momento dell’acquisto di tali buoni, in quanto essa non li utilizzava ai fini di un’operazione imponibile.

16      In secondo luogo, i Commissioners hanno deciso che, in via subordinata, la Astra Zeneca era autorizzata a detrarre l’IVA assolta a monte al momento dell’acquisto dei buoni, ma che essa era tenuta a contabilizzare l’IVA attinente alla fornitura di detti buoni ai propri dipendenti, poiché i buoni erano o forniti a titolo oneroso, a fronte del prelievo effettuato sul fondo dei dipendenti, o messi a disposizione dei dipendenti per fini estranei all’impresa. In quest’ultimo caso, poiché il valore della prestazione di servizi corrispondeva al costo della fornitura dei buoni acquisto, la Astra Zeneca era tenuta a dichiarare a valle l’IVA attinente a tale importo.

17      Di conseguenza, i Commissioners hanno respinto la domanda di rimborso della Astra Zeneca ed hanno emesso, a titolo cautelare, avvisi di riscossione dell’IVA dovuta a valle, per l’ipotesi in cui i buoni acquisto fossero forniti a titolo oneroso dalla Astra Zeneca ai propri dipendenti.

18      La Astra Zeneca ha proposto un ricorso contro dette decisioni dei Commissioners dinanzi al giudice del rinvio.

19      In tale contesto, il VAT and Duties Tribunal (organo giurisdizionale competente in materia di IVA), Manchester, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Nelle circostanze del caso di specie, in cui un dipendente ha il diritto, nel quadro del suo contratto di lavoro, di scegliere di ricevere parte della propria retribuzione sotto forma di buono di valore nominale, se l’art. 2, punto 1, della sesta direttiva (...) debba essere interpretato nel senso che la cessione di tale buono al dipendente da parte del datore di lavoro costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’art. 6, n. 2, lett. b, [della sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che esso impone che la cessione del buono al dipendente da parte del datore di lavoro conformemente al contratto di lavoro debba essere trattata come prestazione di servizi in circostanze in cui il buono è utilizzabile dal dipendente per scopi personali.

3)      Ove la cessione del buono non costituisca prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, punto 1, [della sesta direttiva] né debba essere trattata come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. b), [di tale direttiva], se l’art. 17, n. 2 [della stessa direttiva], debba essere interpretato nel senso che esso consente al datore di lavoro di recuperare l’[IVA] sostenuta per l’acquisto e la cessione del buono al dipendente, conformemente al contratto di lavoro, in circostanze in cui il buono è utilizzabile dal dipendente per scopi personali».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

20      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 2, punto 1, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la fornitura di un buono acquisto da parte di una società ai propri dipendenti nell’ambito della retribuzione di questi ultimi costituisca una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso.

21      A tal riguardo, va ricordato che la sesta direttiva attribuisce un’amplissima sfera d’applicazione all’IVA, elencando, nell’art. 2, che concerne le operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese e definendo, nell’art. 4, n. 1, come «soggetto passivo» chiunque esercita in modo indipendente un’attività economica, a prescindere dagli scopi o dai risultati di questa attività (v. sentenze 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1471, punto 6; 12 settembre 2000, causa C-260/98, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6537, punto 24, e 12 novembre 2009, causa C-154/08, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-187, punto 87).

22      La nozione di attività economiche è definita nell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva come comprendente tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi (v. sentenze citate Commissione/Paesi Bassi, punto 7; Commissione/Grecia, punto 25, e Commissione/Spagna, punto 88).

23      L’analisi di queste definizioni mette in rilievo l’ampiezza della sfera d’applicazione della nozione di attività economiche e il suo carattere obiettivo, nel senso che l’attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati (v. sentenze citate Commissione/Paesi Bassi, punto 8; Commissione/Grecia, punto 26, e Commissione/Spagna, punto 89).

24      Data l’ampiezza della sfera d’applicazione dell’IVA, si deve rilevare che una società come la Astra Zeneca, fornendo buoni acquisto ai propri dipendenti in cambio della rinuncia, da parte di questi ultimi, ad una quota della loro retribuzione in denaro, svolge un’attività economica ai sensi della sesta direttiva.

25      I buoni acquisto di cui trattasi nella causa principale consentono ai dipendenti che li ricevono di acquistare un bene o un servizio in determinati negozi, di modo che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 31 delle sue conclusioni, tali buoni attribuiscono loro un diritto futuro, e indeterminato nell’oggetto, su beni e/o servizi.

26      Pertanto, poiché tali buoni non trasferiscono immediatamente il potere di disposizione su un bene, la loro fornitura non costituisce, ai fini dell’IVA, una «cessione di bene» ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva, bensì una «prestazione di servizi» ai sensi dell’art. 6, n. 1, di detta direttiva, in quanto, conformemente a tale ultima disposizione, è considerata una prestazione di servizi qualsiasi operazione che non costituisca cessione di un bene ai sensi del citato art. 5.

27      Ai fini dell’accertamento se una prestazione di servizi come quella di cui trattasi nella causa principale sia effettuata a titolo oneroso, va rammentato che, secondo una giurisprudenza consolidata, la nozione di «prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso», ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, presuppone l’esistenza di un nesso diretto fra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto (v. sentenze 8 marzo 1988, causa 102/86, Apple and Pear Development Council, Racc. pag. 1443, punto 12; 16 ottobre 1997, causa C-258/95, Fillibeck, Racc. pag. I-5577, punto 12; Commissione/Grecia, cit., punto 29, e Commissione/Spagna, cit., punto 92).

28      È altresì giurisprudenza costante che la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto a tal fine. Tale corrispettivo costituisce quindi il valore soggettivo, ossia realmente percepito, e non un valore stimato secondo criteri oggettivi. Inoltre, tale corrispettivo deve poter essere espresso in denaro (v. sentenza Fillibeck, cit., punti 13 e 14 nonché la giurisprudenza ivi citata).

29      Orbene, nel caso dell’operazione di cui trattasi nella causa principale è giocoforza constatare che esiste un nesso diretto fra la fornitura dei buoni acquisto in questione da parte della Astra Zeneca ai propri dipendenti e la quota di retribuzione in denaro alla quale questi ultimi devono rinunciare in cambio di tale fornitura.

30      Infatti, invece di percepire l’intera loro retribuzione in denaro, i dipendenti della Astra Zeneca che hanno scelto di ricevere detti buoni devono rinunciare ad una parte di tale retribuzione in cambio dei buoni; tale operazione si traduce in un prelievo specifico dal fondo dei dipendenti che hanno optato in tal senso.

31      Peraltro, non vi è dubbio che la Astra Zeneca riceva effettivamente un corrispettivo per la fornitura dei buoni acquisto di cui trattasi e che tale corrispettivo sia espresso in denaro, dato che esso corrisponde ad una quota della retribuzione in denaro dei suoi dipendenti.

32      Inoltre, come è emerso in udienza, l’onere dell’IVA attinente alla fornitura di tali buoni grava sul consumatore finale dei beni e/o servizi che possono essere acquistati con detti buoni, cioè sui dipendenti della Astra Zeneca che li ricevono, poiché il prelievo dalla retribuzione di detti dipendenti, cui tale fornitura dà luogo, comprende il prezzo dei buoni in questione nonché l’intera IVA ad essi attinente.

33      Pertanto, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, nel momento in cui un dipendente vorrà utilizzare buoni del genere, dovrà semplicemente consegnare questi ultimi, che includono l’IVA, al rivenditore o al prestatore di servizi di cui trattasi per ricevere, in cambio, i beni o i servizi di sua scelta, fermo restando che il prezzo di tali beni o servizi, IVA inclusa, è stato pagato dal dipendente nel momento in cui ha scelto di ricevere i buoni acquisto in questione in cambio della rinuncia ad una parte della sua retribuzione ed è solo al momento dell’utilizzo di tali buoni da parte del dipendente che il rivenditore o il prestatore di servizi verserà al fisco l’IVA attinente a detti beni o servizi.

34      Pertanto, l’operazione di cui trattasi nella causa principale costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva.

35      Di conseguenza, la prima questione deve essere risolta dichiarando che l’art. 2, punto 1, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che la fornitura di un buono acquisto, da parte di una società che ha acquistato tale buono ad un prezzo che include l’IVA, ai propri dipendenti in cambio della rinuncia, da parte di questi ultimi, ad una quota della loro retribuzione in denaro costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi di tale disposizione.

 Sulla seconda e sulla terza questione

36      Tenuto conto della soluzione data alla prima questione, non occorre risolvere la seconda e la terza.

 Sulle spese

37      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, deve essere interpretato nel senso che la fornitura di un buono acquisto, da parte di una società che ha acquistato tale buono ad un prezzo che include l’imposta sul valore aggiunto, ai propri dipendenti in cambio della rinuncia, da parte di questi ultimi, ad una quota della loro retribuzione in denaro costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi di tale disposizione.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.