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Causa C-10/10

Commissione europea

contro

Repubblica d’Austria

«Inadempimento di uno Stato — Libera circolazione dei capitali — Deducibilità di donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento — Limitazione della deducibilità alle sole donazioni effettuate in favore di istituti stabiliti nel territorio nazionale»

Massime della sentenza

Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sul reddito — Deducibilità di donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento limitata a quelle concesse ad istituti nazionali

(Artt. 56 CE e 58 CE; Accordo SEE, art. 40)

Viola gli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo uno Stato membro che autorizzi la deduzione fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento unicamente nel caso in cui questi siano stabiliti nel territorio dello Stato suddetto.

Infatti, perché una normativa fiscale nazionale che opera una distinzione tra le donazioni effettuate in favore degli istituti nazionali e quelle effettuate in favore degli istituti stabiliti in un altro Stato membro possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, occorre che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Inoltre, per essere giustificata, tale differenza di trattamento non deve eccedere quanto è necessario perché sia raggiunto l’obiettivo perseguito dalla normativa in questione.

Orbene, da un lato un criterio di distinzione tra i contribuenti fondato esclusivamente sul luogo in cui è stabilito il beneficiario della donazione non può, per definizione, costituire un criterio valido per valutare l’oggettiva comparabilità delle situazioni e, quindi, per stabilire una differenza oggettiva tra le stesse. Dall’altro lato, se è vero che la promozione della ricerca e dello sviluppo può costituire un motivo imperativo di interesse generale, una normativa nazionale che riservi il beneficio di un credito d’imposta soltanto alle attività di ricerca realizzate nello Stato membro interessato è direttamente contraria allo scopo della politica dell’Unione nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Infatti, ai sensi dell’art. 163, n. 2, CE, tale politica è volta, in particolare, all’eliminazione degli ostacoli fiscali alla cooperazione nel settore della ricerca e non può pertanto essere attuata attraverso la promozione della ricerca e dello sviluppo a livello nazionale.

(v. punti 29, 35, 37, 44 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 giugno 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Libera circolazione dei capitali – Deducibilità di donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento – Limitazione della deducibilità alle sole donazioni effettuate in favore di istituti stabiliti nel territorio nazionale»

Nella causa C-10/10,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proposto l’8 gennaio 2010,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica d’Austria, rappresentata dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dal sig. K. Schiemann, dalle sig.re C. Toader, A. Prechal (relatore) e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 marzo 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica d’Austria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’Accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»), per aver consentito la deduzione fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento unicamente nel caso in cui tali istituti siano stabiliti in Austria.

 Contesto normativo

 L’Accordo SEE

2        L’art. 40 dell’Accordo SEE dispone quanto segue:

«Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono fra le Parti contraenti restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri [dell’Unione europea] o negli Stati [dell’Associazione europea per il libero scambio (AELS/EFTA)] né discriminazioni di trattamento fondate sulla nazionalità o sulla residenza delle parti o sul luogo del collocamento dei capitali. L’allegato XII contiene le disposizioni necessarie ai fini dell’applicazione del presente articolo».

3        L’allegato XII dell’Accordo SEE, intitolato «Libera circolazione dei capitali», fa riferimento alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). Ai sensi dell’art. 1, n. 1, di tale direttiva, i movimenti di capitali sono classificati in base alla nomenclatura riportata nell’allegato I della direttiva medesima.

 Il diritto nazionale

4        L’art. 4 della legge 7 luglio 1988 relativa all’imposta sul reddito (Einkommensteuergesetz, BGBl. 400/1988; in prosieguo: l’«EStG») assume l’ammontare dell’utile come base per il calcolo dell’imposta sul reddito. Tale articolo dispone che i costi di gestione vengano dedotti dall’utile. Il n. 4 del medesimo articolo precisa, in particolare, che determinate voci di spesa specificamente menzionate «sono in ogni caso» costi di gestione.

5        L’art. 4a, punto 1, della citata legge, come modificato dalla legge di riforma tributaria del 2009 (BGBl. I, 26/2009; in prosieguo: l’«EStG modificato») e riguardante le donazioni effettuate con il capitale di gestione, elenca una serie di donazioni che devono essere parimenti considerate come costi di gestione. In tale contesto, l’art. 4a dell’EStG modificato riprende l’elenco dei costi di gestione che fino al 31 marzo 2009 era contenuto nell’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG.

6        L’art. 4a dell’EstG modificato così recita:

«Devono essere considerati costi di gestione anche:

1.       le donazioni che vengono effettuate con il capitale di gestione per consentire lo svolgimento di:

–        attività di ricerca o

–        attività di insegnamento intese alla formazione degli adulti, relative a materie scientifiche o artistiche e conformi alla legge sull’Università del 2002,

nonché per permettere l’elaborazione delle relative pubblicazioni e documentazioni scientifiche, e che vengono erogate a favore dei seguenti istituti:

a)      università, istituti artistici superiori e l’Accademia delle Belle Arti, nonché facoltà, dipartimenti e istituti speciali degli stessi;

b)       fondi istituiti con legge federale o regionale ai quali siano affidati compiti di promozione della ricerca;

c)       Accademia austriaca delle scienze;

d)       organismi appartenenti ad enti locali territoriali e privi di autonomia giuridica, i quali siano dediti essenzialmente ad attività di ricerca o di insegnamento del tipo summenzionato per la scienza o l’economia austriaca e all’elaborazione delle relative pubblicazioni e documentazioni scientifiche;

e)       persone giuridiche che siano dedite essenzialmente ad attività di ricerca o di insegnamento del tipo summenzionato nell’interesse della scienza o dell’economia austriaca e all’elaborazione delle relative pubblicazioni e documentazioni scientifiche. È inoltre necessario che un ente locale territoriale detenga quantomeno la partecipazione di maggioranza in tali persone giuridiche oppure che la persona giuridica, quale ente associativo ai sensi degli artt. 34 e segg. del codice federale delle imposte, persegua esclusivamente scopi scientifici.

La sussistenza dei requisiti di cui alle lett. d) ed e) deve essere dimostrata dall’istituto interessato mediante un attestato rilasciato dal Finanzamt Wien 1/23 [Ufficio delle imposte di Vienna], il quale si riserva di revocarlo in qualsiasi momento. L’elenco di tutti gli istituti per i quali è stato rilasciato un siffatto attestato deve essere pubblicato almeno una volta l’anno, in un formato elettronico adeguato, sulla home page del sito del Ministero federale delle Finanze. Il valore venale delle donazioni è deducibile nella misura in cui esso, sommato al valore venale delle donazioni di cui al punto 2, non superi il 10% dell’utile dell’esercizio immediatamente precedente.

(…)».

 Fatti e procedimento precontenzioso

7        Con lettera del 12 maggio 2005 la Commissione ha chiesto al Ministero federale delle Finanze della Repubblica d’Austria di precisare se beneficiari delle donazioni ai sensi dell’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG (divenuto art. 4a, punto 1, dell’EStG modificato) potessero essere soltanto gli istituti stabiliti in Austria, oppure se potesse trattarsi anche di analoghi istituti stabiliti in altri Stati membri dell’Unione o dello Spazio economico europeo (SEE).

8        Il Ministero federale delle Finanze ha risposto con una lettera del 5 settembre 2005 in cui confermava che beneficiari delle donazioni di cui all’art. 4, n. 4, punto 5, lett. a)-d), dell’EStG potevano essere soltanto gli istituti austriaci. Al contrario, l’applicazione dell’art. 4, n. 4, punto 5, lett. e), dell’EStG, in base al suo tenore letterale, non sarebbe stata limitata agli istituti nazionali.

9        Il 4 aprile 2007 la Commissione ha inviato una prima lettera di diffida alla Repubblica d’Austria, nella quale concludeva che l’art. 4, n. 4, punto 5, lett. a)-e), dell’EStG violava l’art. 49 CE nonché l’art. 36 dell’Accordo SEE e invitava tale Stato membro a presentare le proprie osservazioni al riguardo entro due mesi dalla notifica di tale lettera.

10      Nella sua risposta del 5 giugno 2007 la Repubblica d’Austria ha contestato l’applicazione delle disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi, argomentando che le donazioni disciplinate dalla disposizione controversa non costituivano il corrispettivo di una prestazione. Essa ha altresì negato l’esistenza di qualsivoglia violazione della libera circolazione dei capitali.

11      In una lettera di diffida complementare del 6 maggio 2008, trasmessa alla Repubblica d’Austria l’8 maggio 2008, la Commissione ha completato la valutazione in diritto formulata nella prima lettera di diffida, dichiarando che essa basava la propria valutazione – oltre che sulle disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi – anche su quelle attinenti alla libera circolazione dei capitali, vale a dire l’art. 56 CE e l’art. 40 dell’Accordo SEE, in quanto il regime fiscale in questione rendeva meno interessanti le donazioni effettuate in favore di istituti stabiliti in altri Stati membri dell’Unione o del SEE.

12      Con lettera del 9 luglio 2008 la Repubblica d’Austria ha replicato rinviando sostanzialmente alla propria risposta del 5 giugno 2007, secondo la quale non risultavano violate né la libera prestazione dei servizi né la libera circolazione dei capitali.

13      Non trovando soddisfacente tale risposta, il 19 marzo 2009 la Commissione ha adottato un parere motivato nel quale giungeva alla conclusione che la Repubblica d’Austria era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’Accordo SEE, avendo consentito la deduzione fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento unicamente nel caso in cui questi fossero stabiliti in Austria. Nella sua analisi giuridica dell’art. 4, n. 4, punto 5, dell’EStG, la Commissione ha operato una distinzione tra le disposizioni di tale punto 5, lett. a)-d), da un lato, e quella del medesimo punto 5, lett. e), dall’altro. Secondo la Commissione, le prime introducevano una differenziazione in funzione della sede dell’istituto interessato. A suo dire, il riconoscimento delle donazioni quali costi di gestione deducibili veniva accordato solo qualora le stesse fossero effettuate in favore degli istituti menzionati nel citato punto 5, lett. a)-d), e stabiliti in Austria. Per contro, sebbene l’art. 4, n. 4, punto 5, lett. e), dell’EStG non operasse alcuna distinzione fondata sulla sede del beneficiario delle donazioni, il riconoscimento di queste ultime quali costi di gestione veniva accordato solo qualora la persona giuridica interessata esercitasse essenzialmente le proprie attività per la scienza o l’economia austriaca.

14      Con lettera del 25 maggio 2009 la Repubblica d’Austria ha ribadito e completato gli argomenti esposti in precedenza nelle sue risposte alla lettera di diffida e alla lettera di diffida complementare. Alla luce di tali fatti, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

15      Secondo la Commissione, l’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato, consentendo unicamente la deducibilità fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento con sede in Austria ed escludendo le donazioni effettuate in favore di istituti paragonabili stabiliti in altri Stati membri dell’Unione o del SEE, è in contrasto con la libera circolazione dei capitali quale garantita dall’art. 56 CE e dall’art. 40 dell’Accordo SEE.

16      Una tale disposizione della normativa austriaca sarebbe vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE e non potrebbe trovare giustificazione. Emergerebbe chiaramente dal tenore letterale della disposizione nazionale sopra citata, nonché dagli argomenti esposti dalla Repubblica d’Austria nel corso del procedimento precontenzioso, che la disposizione in questione opera una distinzione basata su criteri puramente geografici, vale a dire sul fatto che il beneficiario delle donazioni abbia o meno la propria sede in Austria. Tutte queste considerazioni relative all’art. 56 CE varrebbero, mutatis mutandis, per l’art. 40 dell’Accordo SEE.

17      La Repubblica d’Austria ammette che l’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato distingue, in una certa misura, tra gli istituti stabiliti in Austria e quelli stabiliti in altri Stati membri, ma essa non ritiene che tale disposizione costituisca una restrizione alla libera circolazione dei capitali. In primo luogo, essa ritiene che gli istituti di ricerca e di insegnamento menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato non siano oggettivamente comparabili agli analoghi istituti stabiliti in altri Stati membri, a motivo del fatto che soltanto i primi sono esposti all’influenza dei pubblici poteri da parte della Repubblica d’Austria.

18      In secondo luogo, la Repubblica d’Austria ritiene che, nei limiti in cui venga dimostrata una restrizione alla libera circolazione dei capitali, questa sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. In particolare, la limitazione della deducibilità fiscale alle sole donazioni in favore degli istituti menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato corrisponderebbe all’obiettivo, nell’interesse generale della collettività nazionale, di mantenere e promuovere il ruolo dell’Austria quale polo culturale e scientifico. Gli istituti che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato possono tuttavia, al pari degli istituti paragonabili stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica d’Austria, beneficiare della deducibilità fiscale delle donazioni ai sensi dell’art. 4a, punto 1, lett. e), dell’EStG modificato, qualora perseguano obiettivi di interesse generale nel settore delle scienze e dell’economia.

19      La rinuncia a introiti tributari per effetto della deducibilità fiscale delle donazioni effettuate in favore degli istituti di ricerca e di insegnamento menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato sarebbe giustificata dal fatto che tali istituti forniscono il loro contributo all’interesse generale mediante prestazioni materiali e che tali donazioni possono sostituirsi al pagamento delle imposte. La deducibilità fiscale delle donazioni in base a tale disposizione consentirebbe dunque di mettere a disposizione risorse supplementari per la realizzazione delle funzioni pubbliche.

20      La limitazione della deducibilità fiscale alle donazioni effettuate in favore degli istituti di ricerca e di insegnamento citati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato sarebbe idonea e necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito. L’estensione di tale deducibilità agli istituti stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica d’Austria non potrebbe garantire gli stessi obiettivi, poiché essa avrebbe la conseguenza che una parte delle donazioni in questione, deducibili per un importo fino al 10% degli utili del donatore, andrebbe a vantaggio di istituti che perseguono obiettivi non rientranti nell’interesse generale della Repubblica d’Austria, con una conseguente diminuzione delle risorse a disposizione degli istituti stabiliti in tale Stato membro.

 Giudizio della Corte

21      Nel presente procedimento occorre osservare, anzitutto, che la Commissione, come emerge dal suo ricorso, si riferisce soltanto all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato e non anche al citato punto 1, lett. e).

22      In sostanza, la Commissione sostiene che l’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato, consentendo la deducibilità fiscale delle donazioni effettuate in favore degli istituti menzionati in tale disposizione, opera una distinzione basata soltanto sul criterio della sede del beneficiario della donazione, il che sarebbe incompatibile con le prescrizioni tanto dell’art. 56 CE quanto dell’art. 40 dell’Accordo SEE.

23      È opportuno ricordare che, per giurisprudenza costante, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenza 28 ottobre 2010, causa C-72/09, Établissements Rimbaud, Racc. pag. I-10659, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).

24      L’art. 56, n. 1, CE vieta tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. Se invero il Trattato CE non definisce la nozione di movimenti di capitali, è comunque pacifico che la direttiva 88/361, unitamente alla nomenclatura ad essa allegata, ha un valore indicativo per definire tale nozione (v. sentenza 28 settembre 2006, cause riunite C-282/04 e C-283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-9141, punto 19). Orbene, le donazioni e le dotazioni figurano nella sezione XI, dal titolo «Movimenti di capitali a carattere personale», dell’allegato I della direttiva 88/361.

25      Nel caso di specie, l’EStG modificato prevede la deduzione fiscale delle donazioni effettuate con il capitale di gestione a vantaggio degli istituti di ricerca e di insegnamento menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-e), della medesima legge. Come riconosciuto dalla Repubblica d’Austria nel corso del procedimento precontenzioso, beneficiari delle donazioni di cui a tale art. 4a, punto 1, lett. a)-d), possono essere soltanto gli istituti aventi sede in tale Stato.

26      Di conseguenza, occorre rilevare che il regime delle deduzioni fiscali in questione comporta, per i contribuenti che effettuano donazioni agli istituti di ricerca e di insegnamento stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica d’Austria, un onere fiscale più gravoso rispetto a quello in cui incorrono coloro che effettuano donazioni agli istituti menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato. Poiché la possibilità di ottenere una deduzione fiscale può incidere in misura considerevole sulla generosità del donatore, la non deducibilità delle donazioni accordate ad istituti di ricerca e di insegnamento stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica d’Austria può dissuadere i contribuenti dall’effettuare donazioni a loro vantaggio (v., in tal senso, sentenza 27 gennaio 2009, causa C-318/07, Persche, Racc. pag. I-359, punto 38).

27      L’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato costituisce dunque una restrizione ai movimenti di capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 56, n. 1, CE.

28      Tuttavia, ai sensi dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE, l’art. 56 CE non pregiudica il diritto degli Stati membri «di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda (…) il luogo di collocamento del loro capitale». Tale deroga subisce a sua volta una limitazione per effetto dell’art. 58, n. 3, CE, il quale prevede che le disposizioni nazionali di cui al n. 1 di tale articolo «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56». Le differenze di trattamento autorizzate dall’art. 58, n. 1, lett. a), CE devono pertanto essere mantenute distinte dalle discriminazioni vietate dal n. 3 del medesimo articolo.

29      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, perché una normativa fiscale nazionale quale quella in esame, che opera una distinzione tra le donazioni effettuate in favore degli istituti nazionali e quelle effettuate in favore degli istituti stabiliti in un altro Stato membro, possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, occorre che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Inoltre, per essere giustificata, tale differenza di trattamento non deve eccedere quanto è necessario perché sia raggiunto l’obiettivo perseguito dalla normativa in questione (v., in tal senso, sentenze 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer, Racc. pag. I-8203, punto 32, e Persche, cit., punto 41).

30      La Repubblica d’Austria sostiene, in primo luogo, che gli istituti menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato non sono oggettivamente paragonabili ai corrispondenti istituti di ricerca e di insegnamento stabiliti in altri Stati membri. Infatti, nella misura in cui il regime fiscale associato alle donazioni in questione conduce ad un trattamento diversificato dei contribuenti in funzione del luogo di collocamento del loro capitale, la Repubblica d’Austria considera lecita la differenza di trattamento tra, da un lato, i contribuenti austriaci che effettuano donazioni in favore degli istituti menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato e, dall’altro, quelli che effettuano donazioni in favore dei corrispondenti istituti stabiliti in altri Stati membri, tenuto conto delle differenze tra i beneficiari di tali donazioni.

31      Secondo la Repubblica d’Austria, tale differenza è giustificata dall’influenza esercitata in Austria dai pubblici poteri sugli istituti menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato, influenza che sarebbe assente nel caso degli istituti stabiliti in altri Stati membri. Tale influenza consentirebbe ai pubblici poteri di definire gli obiettivi di interesse generale assegnati agli istituti menzionati nella disposizione suddetta, di guidarli attivamente nel perseguimento di tali obiettivi e di intervenire in caso di mancato raggiungimento degli stessi.

32      A tal riguardo occorre rilevare che, se certo gli Stati membri sono liberi di decidere quali siano gli obiettivi di interesse generale che vogliono promuovere, concedendo agevolazioni fiscali agli enti privati o pubblici che se ne occupano in modo disinteressato e soddisfano le condizioni imposte per l’attuazione di detti obiettivi, essi devono però esercitare tale potere discrezionale in conformità al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Persche, cit., punto 48). Se è vero che le autorità nazionali dispongono di mezzi aggiuntivi che consentono loro di controllare e di influire sulla condotta degli istituti stabiliti nel territorio austriaco in modo più incisivo che non nei confronti degli istituti stabiliti in un altro Stato membro, resta nondimeno il fatto che la Repubblica d’Austria non ha dimostrato che un siffatto intervento nella gestione degli istituti in questione sia necessario per garantire il raggiungimento degli obiettivi di interesse generale che tale Stato membro intende promuovere.

33      Del resto, se è legittimo che uno Stato membro riservi la concessione di agevolazioni fiscali agli organismi che perseguono alcuni obiettivi di interesse generale, esso non può però circoscrivere tale beneficio ai soli organismi stabiliti nel suo territorio (v., in tal senso, sentenza Persche, cit., punto 44).

34      Nel caso di specie, la Repubblica d’Austria dichiara che l’obiettivo di interesse generale perseguito dall’art. 4a, punto 1, dell’EStG modificato è la promozione del ruolo dell’Austria quale polo scientifico e formativo. Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, tale obiettivo è definito in maniera tale che vi rispondono quasi tutti gli istituti di ricerca e di insegnamento che hanno la loro sede in Austria, mentre qualsiasi istituto corrispondente stabilito in un altro Stato membro è automaticamente escluso dal beneficio dell’agevolazione fiscale in questione.

35      Ne consegue che l’unico criterio idoneo a determinare una distinzione tra i contribuenti che effettuano donazioni agli istituti con sede in Austria e quelli che effettuano donazioni agli istituti corrispondenti stabiliti in un altro Stato membro è in realtà costituito dal luogo in cui è stabilito il beneficiario della donazione. Per definizione, un tale criterio non può costituire un criterio valido per valutare l’oggettiva comparabilità delle situazioni e, quindi, per stabilire una differenza oggettiva tra le stesse (v., per analogia, per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi, sentenza 11 settembre 2007, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz, Racc. pag. I-6849, punti 72 e 73).

36      Deve essere pertanto respinta l’argomentazione della Repubblica d’Austria, secondo la quale gli istituti menzionati all’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato, da un lato, e i corrispondenti istituti di ricerca e di insegnamento stabiliti in altri Stati membri, dall’altro, non si trovano in una situazione oggettivamente paragonabile e secondo la quale è dunque giustificata la differenza di trattamento dei contribuenti soggetti all’imposta sul reddito in Austria in funzione del luogo di collocamento del loro capitale.

37      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento vertente sull’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale, se è vero che la Corte ha dichiarato, al punto 23 della sentenza 10 marzo 2005, causa C-39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I-2057), che la promozione della ricerca e dello sviluppo può costituire un siffatto motivo, essa ha tuttavia ritenuto che una normativa nazionale che riservi il beneficio di un credito d’imposta soltanto alle attività di ricerca realizzate nello Stato membro interessato sia direttamente contraria allo scopo della politica dell’Unione nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Conformemente all’art. 163, n. 2, CE, tale politica è volta, in particolare, all’eliminazione degli ostacoli fiscali alla cooperazione nel settore della ricerca e non può pertanto essere attuata attraverso la promozione della ricerca e dello sviluppo a livello nazionale. Altrettanto dicasi per il regime fiscale associato alle donazioni controverso nel caso di specie, nella misura in cui la Repubblica d’Austria invoca il medesimo obiettivo per limitare la deducibilità delle donazioni accordate ai centri di ricerca ed alle università austriache.

38      Là dove invece la Repubblica d’Austria invoca l’obiettivo della promozione della formazione nazionale, anche ammettendo che un tale obiettivo possa costituire un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, resta il fatto che una misura restrittiva, per poter essere giustificata, deve rispettare il principio di proporzionalità. A tal proposito, si deve necessariamente constatare che la Repubblica d’Austria non ha fornito alcun argomento che consenta di dimostrare che l’obiettivo da essa perseguito in tale settore non potrebbe essere realizzato senza la disposizione controversa e con l’utilizzo di mezzi meno restrittivi sotto il profilo della possibilità per i contribuenti austriaci di scegliere i beneficiari delle donazioni che essi intendono effettuare.

39      La Repubblica d’Austria si limita infatti a sostenere, per giunta in termini generali, che l’estensione del beneficio della deducibilità fiscale delle donazioni agli istituti stabiliti in altri Stati membri avrebbe l’effetto di spostare parzialmente le donazioni attualmente destinate agli istituti austriaci e, di conseguenza, di diminuire le risorse messe a disposizione di questi ultimi grazie ai proventi delle donazioni. Secondo tale Stato membro, le risorse provenienti dalle donazioni private integrano il bilancio di tali istituti, di modo che la deducibilità fiscale delle donazioni in oggetto consente di mettere a disposizione per tali funzioni pubbliche risorse finanziarie supplementari senza aumentare le spese di bilancio.

40      Relativamente a tale argomento, da una giurisprudenza costante risulta che l’esigenza di prevenire riduzioni del gettito fiscale non rientra né tra gli obiettivi enunciati all’art. 58 CE né tra i motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione ad una libertà sancita dal Trattato (v., in tal senso, sentenza Persche, cit., punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

41      Ne consegue che la restrizione alla libera circolazione dei capitali risultante dal regime controverso non può essere giustificata dai motivi dedotti dalla Repubblica d’Austria.

42      Poiché quanto stipulato all’art. 40 dell’Accordo SEE ha la stessa portata giuridica delle disposizioni, sostanzialmente identiche, di cui all’art. 56 CE (v. sentenze 11 giugno 2009, causa C-521/07, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-4873, punto 33, e Établissements Rimbaud, cit., punto 22), tutte le considerazioni sopra svolte possono, in circostanze come quelle di cui al presente ricorso, essere trasposte mutatis mutandis al citato art. 40.

43      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’art. 4a, punto 1, lett. a)-d), dell’EStG modificato, nella parte in cui limita la deducibilità delle donazioni ai fini dell’imposta sul reddito a quelle versate agli istituti con sede in Austria, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali sancita dall’art. 56 CE e dall’art. 40 dell’Accordo SEE.

44      Occorre pertanto constatare che la Repubblica d’Austria, consentendo la deduzione fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento unicamente nel caso in cui questi siano stabiliti in Austria, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’Accordo SEE.

 Sulle spese

45      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica d’Austria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica d’Austria, consentendo la deduzione fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento unicamente nel caso in cui questi siano stabiliti in Austria, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’Accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo.

2)      La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco