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Cause riunite C-89/10 e C-96/10

Q-Beef NV

contro

Belgische Staat

e

Frans Bosschaert

contro

Belgische Staat e altri

(domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Rechtbank van eerste aanleg te Brussel)

«Tributi nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione — Tributi versati in forza di un sistema di sostegno finanziario e di prelievi dichiarato contrario al diritto dell’Unione — Sistema sostituito con un nuovo sistema giudicato compatibile — Restituzione dei tributi indebitamente riscossi — Principi di equivalenza e di effettività — Durata del termine di prescrizione — Dies a quo — Crediti da recuperare nei confronti dello Stato e dei privati — Termini diversi»

Massime della sentenza

1.        Diritto dell’Unione — Effetto diretto — Tributi nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione — Restituzione — Modalità — Applicazione del diritto nazionale — Previsione, da parte di quest’ultimo, di termini di prescrizione o di decadenza

2.        Diritto dell’Unione — Effetto diretto — Tributi nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione — Restituzione — Modalità — Applicazione del diritto nazionale — Previsione, da parte di quest’ultimo, di un termine di prescrizione più lungo per ottenere la restituzione dei tributi da un intermediario privato rispetto al termine applicabile allo Stato — Ammissibilità — Presupposto

3.        Questioni pregiudiziali — Interpretazione — Effetti nel tempo delle sentenze interpretative — Effetto retroattivo — Sentenza che dichiara l’incompatibilità con il diritto dell’Unione della retroattività di una normativa nazionale

(Art. 267 TFUE)

1.        Il diritto dell’Unione non osta all’applicazione di un termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’ordinamento giuridico interno di uno Stato membro per i crediti nei confronti dello Stato, alle azioni di recupero di tributi che sono stati corrisposti in violazione di tale diritto in forza di un «sistema misto di aiuti e tributi».

Infatti, in assenza di regole armonizzate concernenti il rimborso di tributi imposti in violazione del diritto dell’Unione, gli Stati membri mantengono il diritto di applicare le modalità procedurali previste dal proprio ordinamento giuridico interno, in particolare, in materia di termini di decadenza, fermo restando il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

Orbene, il principio di equivalenza è rispettato a condizione che il termine di prescrizione di cinque anni si applichi a tutti i crediti nei confronti dello Stato membro di cui trattasi e che la sua applicabilità non dipenda dalla questione di stabilire se tali crediti derivino da una violazione del diritto nazionale o del diritto dell’Unione, circostanza che spetta ai giudici nazionali verificare. Per quanto concerne il principio di effettività, la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell’amministrazione interessata, è compatibile con il diritto dell’Unione. Infatti, siffatti termini non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, anche se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale, dell’azione esperita.

(v. punti 34-36, 38, dispositivo 1)

2.        Il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale che concede a un privato un termine più lungo per ottenere la restituzione di tributi da un altro privato intervenuto in qualità di intermediario, al quale li ha indebitamente versati e che li ha assolti per conto del primo a beneficio dello Stato, mentre, se avesse versato tali tributi direttamente allo Stato, l’azione di tale privato sarebbe stata soggetta a un termine più breve per ottenere la restituzione, in deroga al regime di diritto comune dell’azione di ripetizione dell’indebito, purché i privati che agiscono in qualità di intermediari possano effettivamente rivalersi sullo Stato per gli importi eventualmente assolti a beneficio di altri privati.

(v. punto 45, dispositivo 2)

3.        La constatazione da parte della Corte, in una sentenza pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale, dell’incompatibilità del carattere retroattivo della normativa nazionale con il diritto dell’Unione non incide sul momento di inizio del termine di prescrizione previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato membro di cui trattasi.

Infatti, da un lato, la questione della determinazione del momento iniziale del termine di prescrizione rientra in linea di principio nell’ambito del diritto nazionale. Dall’altro, una sentenza pronunciata su rinvio pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata. Di conseguenza, il diritto dell’Unione osta a che un’autorità nazionale eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole soltanto se il comportamento delle autorità nazionali, in combinazione con l’esistenza di un termine di decadenza, hanno la conseguenza di privare totalmente un soggetto della possibilità di far valere i suoi diritti dinanzi ai giudici nazionali.

(v. punti 47-48, 51, 53, dispositivo 3)







SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

8 settembre 2011 (*)

«Tributi nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione – Tributi versati in forza di un sistema di sostegno finanziario e di prelievi dichiarato contrario al diritto dell’Unione – Sistema sostituito con un nuovo sistema giudicato compatibile – Restituzione dei tributi indebitamente riscossi – Principi di equivalenza e di effettività – Durata del termine di prescrizione – Dies a quo – Crediti da recuperare nei confronti dello Stato e dei privati – Termini diversi»

Nei procedimenti riuniti C-89/10 e C-96/10,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte dal Rechtbank van eerste aanleg te Brussel (Belgio), con decisioni, rispettivamente, 29 e 12 gennaio 2010, pervenute in cancelleria il 17 e 22 febbraio 2010, nelle cause

Q–Beef NV (C-89/10)

contro

Stato belga,

e

Frans Bosschaert (C-96/10)

contro

Stato belga,

Vleesgroothandel Georges Goossens en Zonen NV,

Slachthuizen Goossens NV,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dal sig. L. Bay Larsen, dalle sig.re C. Toader (relatore), A. Prechal e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 febbraio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Q–Beef NV e il sig. Bosschaert, dall’avv. J. Arnauts–Smeets, advocaat,

–        per la Vleesgroothandel Georges Goossens en Zonen NV e la Slachthuizen Goossens NV, dagli avv.ti A. D’Halluin e F. van Remoortel, advocaten,

–        per il governo belga, dal sig. J.–C. Halleux, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti Y. Vastersavendts e E. Jacubowitz, advocaten,

–        per la Commissione europea, dai sigg. S. Thomas e H. van Vliet, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 maggio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sulla conformità con i principi di equivalenza e di effettività derivanti dal diritto dell’Unione di un termine speciale di prescrizione di cinque anni previsto dal diritto interno del Regno del Belgio, nonché sulla determinazione del momento iniziale di tale termine.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra la Q-Beef NV (in prosieguo: la «Q–Beef») e lo Stato belga nel procedimento C-89/10, e il sig. Bosschaert, da un lato, e lo Stato belga, la Vleesgroothandel Georges Goossens en Zonen NV e la Slachthuizen Goossens NV (in prosieguo: le «società Goossens»), dall’altro, nel procedimento C-96/10, in merito alla possibilità di applicare un termine di prescrizione quinquennale ai ricorsi proposti contro lo Stato belga per ottenere il rimborso dei contributi prelevati al fine di alimentare il Fondo per la sanità e la produzione degli animali (in prosieguo: il «Fondo»).

 Contesto normativo

 La normativa nazionale relativa al Fondo

 La normativa del 1987

3        La legge 24 marzo 1987, in materia di sanità degli animali (Moniteur belge del 17 aprile 1987, pag. 5788; in prosieguo: la «legge del 1987»), istituiva un regime di finanziamento delle prestazioni relative alla lotta contro le malattie degli animali nonché al miglioramento dell’igiene, della sanità e della qualità degli animali e dei prodotti animali (in prosieguo: il «regime del 1987»). Ai sensi del suo art. 2, tale legge si proponeva l’obiettivo di «lottare contro le malattie degli animali allo scopo di promuovere la pubblica salute e la prosperità economica dei detentori di animali».

4        L’art. 32, n. 2, della legge del 1987 disponeva quanto segue:

«Presso il Ministero dell’Agricoltura è istituito [il Fondo] (...). Tale Fondo ha lo scopo di intervenire nel finanziamento degli indennizzi, delle sovvenzioni e di altre prestazioni relative alla lotta contro le malattie degli animali e al miglioramento delle condizioni di igiene, di sanità e di qualità degli animali e dei prodotti animali. Il Fondo è alimentato da:

1°      i contributi obbligatori a carico delle persone fisiche o giuridiche che producono, trasformano, trasportano, trattano, vendono o commercializzano animali;

(...)

Qualora il contributo obbligatorio venga corrisposto da soggetti che trasformano, trasportano, trattano, vendono o commercializzano animali o prodotti animali, l’onere economico corrispondente viene trasferito, all’atto di ciascuna transazione, sino al livello del produttore».

5        La legge del 1987 autorizzava il Re a stabilire con decreto l’importo di tali contributi obbligatori, nonché le modalità della loro riscossione. Con il regio decreto 11 dicembre 1987, relativo ai contributi obbligatori a favore del Fondo per la sanità e la produzione degli animali (Moniteur belge del 23 dicembre 1987, pag. 19317; in prosieguo: il «decreto del 1987»), è stato posto a carico delle aziende di macellazione e degli esportatori, a partire dal 1° gennaio 1988, un contributo obbligatorio per ogni vitello, manzo o suino macellato o esportato vivo. I contributi obbligatori imposti alle aziende di macellazione e agli esportatori dovevano essere trasferiti da questi ultimi ai fornitori degli animali che, se del caso, li trasferivano al venditore, risalendo così la catena fino al produttore. La legge e il decreto del 1987 sono stati in seguito più volte modificati. Nessuno di tali atti normativi è stato notificato alla Commissione ai sensi dell’art. 93, n. 3, del Trattato CEE (divenuto art. 93, n. 3, del Trattato CE, a sua volta divenuto art. 88, n. 3, CE).

 La legge del 1998

6        In seguito alla decisione della Commissione 7 maggio 1991, 91/538/CEE, relativa al Fondo per la salute e la produzione animale in Belgio (GU L 294, pag. 43), che dichiara il regime del 1987 incompatibile con il mercato comune, e in forza della legge 23 marzo 1998, relativa alla creazione di un Fondo di esercizio per la sanità e la qualità degli animali e dei prodotti animali (Moniteur belge del 30 aprile 1998, pag. 13469; in prosieguo: la «legge del 1998»), tale regime è stato abolito e sostituito da un nuovo regime (in prosieguo: il «regime del 1998»), comportante un nuovo sistema di contributi obbligatori applicabile retroattivamente a partire dal 1° gennaio 1988, nonché da un nuovo fondo, il Fondo di esercizio per la sanità e la qualità degli animali e dei prodotti animali (in prosieguo, congiuntamente al fondo del regime del 1987: il «Fondo»). Il regime del 1998 differisce da quello del 1987 essenzialmente per il fatto che non prevede alcun contributo per gli animali importati e in quanto i contributi per gli animali esportati non sono più dovuti a partire dal 1° gennaio 1997.

7        L’art. 5 della legge del 1998 prevede che il Fondo sia finanziato, in particolare, mediante i contributi imposti dal Re a carico delle persone fisiche o giuridiche che producono, trasformano, trasportano, trattano, vendono o commercializzano animali o prodotti animali.

8        L’art. 14 della legge del 1998 impone contributi alle aziende di macellazione e agli esportatori. Gli importi di tali contributi variano a seconda del periodo per il quale sono dovuti. Ai sensi di tale articolo:

«Sono posti a carico delle aziende di macellazione e degli esportatori i seguenti contributi obbligatori a favore del Fondo:

(…).

L’onere relativo a tali contributi obbligatori viene traslato verso il produttore.

Detti contributi sono dovuti solo per gli animali nazionali. Essi non sono dovuti per gli animali importati e non sono più dovuti per gli animali esportati a partire dal 1° gennaio 1997.

Quanto agli animali importati, i contributi obbligatori pagati, a partire dal 1° gennaio 1988, in applicazione del [decreto del 1987], come modificato dai regi decreti 8 aprile 1989, 23 novembre 1990, 19 aprile 1993, 15 maggio 1995, 25 febbraio 1996 e 13 marzo 1997, vengono rimborsati ai creditori i quali dimostrino che i contributi obbligatori da loro pagati si riferivano ad animali importati, che l’onere di tali contributi non è stato da essi traslato verso il produttore o che tale traslazione dell’onere impositivo è stata annullata, e dimostrino altresì di avere pagato tutti i contributi obbligatori per gli animali nazionali, compresi gli animali da macello esportati e gli animali da allevamento e da reddito esportati».

9        Gli artt. 15 e 16 della legge del 1998 impongono contributi a carico dei responsabili delle aziende nelle quali vengono tenuti suini, nonché a carico degli stabilimenti lattiero–caseari e dei titolari di licenze di vendita di prodotti lattiero–caseari.

10      L’art. 17, secondo comma, della legge del 1998 prevede una compensazione ex lege tra i crediti per i contributi versati in applicazione del regime del 1987 e i contributi dovuti in base al regime del 1998.

 La normativa nazionale relativa alla ripetizione dell’indebito e alla prescrizione

11      L’art. 1376 del codice civile è così formulato:

«Chi riceve per errore o volontariamente quanto non gli è dovuto, si obbliga a restituirlo a colui dal quale l’ha indebitamente ricevuto».

12      L’art. 2262 bis, n. 1, primo comma, del codice civile, come modificato dalla legge 10 giugno 1998, entrata in vigore il 27 luglio 1998, prevede quanto segue:

«Tutte le azioni personali si prescrivono nel termine di dieci anni».

13      L’art. 2244 del codice civile, che elenca le principali cause d’interruzione della prescrizione, al primo e secondo comma così prevede:

«Una citazione in giudizio, un’ingiunzione o un sequestro, notificati a colui a cui si vuole impedire di avvalersi della prescrizione, costituiscono l’interruzione civile.

Una citazione in giudizio interrompe la prescrizione sino alla pronuncia di una decisione definitiva».

14      L’art. 100, 1°, delle leggi coordinate 17 luglio 1991 sulla contabilità dello Stato (Moniteur belge del 21 agosto 1991, pag. 17960; in prosieguo: le «leggi coordinate sulla contabilità»), così dispone:

«Si considerano prescritti e definitivamente scaduti a beneficio dello Stato, fatte salve le dichiarazioni di prescrizione ai sensi di altre disposizioni legislative, regolamentari o concordate al riguardo:

1°      i crediti la cui presentazione stabilita per legge o per regolamento non è avvenuta entro un termine di cinque anni a partire dal primo gennaio dell’anno finanziario nel corso del quale sono sorti;

(...)»

15      L’art. 101 delle leggi coordinate sulla contabilità così dispone:

«(...) L’avvio di un’azione giudiziaria sospende la prescrizione sino alla pronuncia di una decisione definitiva».

16      Per quanto riguarda la prescrizione di un’azione di garanzia, l’art. 2257 del codice civile prevede quanto segue:

«La prescrizione può cominciare a decorrere:

(…)

rispetto a un’azione in garanzia, soltanto dal momento del rigetto della domanda principale;

(…)».

 Il procedimento dinanzi alla Commissione

17      In osservanza della procedura prevista dall’art. 93 del Trattato, la Commissione constatava, con la decisione 91/538, che il regime del 1987 era incompatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 92 del Trattato CEE (divenuto art. 92 del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE) e, quindi, non poteva più trovare applicazione, in quanto i contributi obbligatori erano dovuti anche – nella fase della macellazione – per animali e prodotti provenienti da altri Stati membri.

18      Con lettere in data 7 dicembre 1995 e 20 maggio 1996, il Regno del Belgio notificava, ai sensi dell’art. 93, n. 3, del Trattato, un progetto di misure legislative intese all’abrogazione del regime del 1987 e alla sua sostituzione con un nuovo regime.

19      Tale progetto di legge, che sarebbe poi divenuto la legge del 1998, prevedeva, in particolare, una soluzione al problema dell’imposizione di un tributo sugli animali importati, che aveva portato la Commissione, nella sua decisione 91/538, a dichiarare il regime del 1987 incompatibile con il mercato comune.

20      Il suddetto progetto di legge veniva dichiarato compatibile con il mercato comune dalla decisione della Commissione 30 luglio 1996 recante autorizzazione degli aiuti di Stato sulla base degli articoli [87] e [88] del Trattato CE (GU 1997, C 1, pag. 2).

 Cause principali e questioni pregiudiziali

 Il procedimento C-89/10

21      La Q–Beef è un’impresa belga che pratica il commercio di animali e, in particolare, li esporta. Nell’ambito di tali esportazioni, essa ha versato diversi contributi allo Stato belga in forza della normativa applicabile al Fondo. Essa afferma infatti di aver versato, tra gennaio 1993 e aprile 1998, un importo complessivo di EUR 137 164, di cui chiede il rimborso alla Stato belga.

22      In seguito alla sentenza 21 ottobre 2003, cause riunite C-261/01 e C-262/01, van Calster e a. (Racc. pag. I-12249), in cui è stato dichiarato che non era possibile ammettere l’effetto retroattivo della legge del 1998 per il periodo precedente alla decisione con cui la Commissione aveva dichiarato compatibile con il mercato comune il progetto di legge che ha dato luogo alla legge in discorso, il 2 aprile 2007 la Q–Beef ha citato lo Stato belga dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Brussel per ottenere il rimborso dei contributi in questione.

23      Secondo il giudice del rinvio, in virtù dell’art. 100, 1°, delle leggi coordinate sulla contabilità, il termine di prescrizione quinquennale cominciava a decorrere, per il credito della Q–Beef nei confronti dello Stato belga, il 1° gennaio dell’anno finanziario nel corso del quale esso era sorto, nella fattispecie l’anno dell’entrata in vigore della legge del 1998, ossia il 1° gennaio 1998, in ragione della compensazione disposta da tale testo tra i crediti dovuti a titolo del nuovo regime e quello relativo ai contributi versati in forza del regime del 1987; detto termine scadeva il 31 dicembre 2002 a mezzanotte. Posto che l’atto di citazione nei confronti dello Stato belga è stato notificato il 2 aprile 2007, il credito della Q–Beef nei confronti dello Stato belga sarebbe stato prescritto in base al diritto belga. Secondo tale giudice, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Q–Beef, la citata sentenza van Calster e a. avrebbe avuto solo effetto dichiarativo rispetto al diritto nazionale e non avrebbe fatto decorrere la prescrizione.

24      In tali circostanze il Rechtbank van eerste aanleg te Brussel ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto comunitario osti a che il giudice nazionale applichi il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’ordinamento giuridico nazionale per i crediti nei confronti dello Stato, alle azioni di recupero di tributi che sono stati corrisposti ad uno Stato membro in forza di un sistema misto di aiuti e tributi che è risultato essere non solo in parte illegittimo, ma anche in parte incompatibile con il diritto comunitario, e che sono stati versati prima dell’entrata in vigore di un nuovo sistema di aiuti e contributi obbligatori che sostituisce il primo sistema, e che, nella decisione finale della Commissione, è stato dichiarato compatibile con il diritto comunitario, ma non nella misura in cui detti contributi vengono imposti con efficacia retroattiva per un periodo precedente la data di detta decisione.

2)      Se il diritto comunitario osti a che uno Stato membro possa invocare con successo termini di prescrizione nazionali favorevoli allo Stato membro stesso rispetto al diritto nazionale comune, per difendersi da un procedimento intentato da un privato nei suoi confronti a tutela dei diritti conferiti al privato dal Trattato CE, in un caso come quello presentato dal giudice nazionale, in cui questi specifici termini di prescrizione nazionali particolarmente favorevoli hanno l’effetto che la restituzione di tributi, pagati allo Stato membro in forza di un sistema misto di aiuti e tributi che è risultato essere non solo in parte illegittimo, ma anche in parte incompatibile con il diritto comunitario, viene resa impossibile, mentre l’incompatibilità con il diritto comunitario è stata dichiarata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee solo dopo la scadenza di detti specifici termini di prescrizione nazionali particolarmente favorevoli, anche se l’illegittimità esisteva già in precedenza».

 Il procedimento C-96/10

25      Il sig. Bosschaert è un agricoltore che, nel periodo compreso tra il 1989 e il 1996, ha versato alle società Goossens i contributi destinati al Fondo per gli animali macellati per suo conto. Egli versava i contributi alla Vleesgroothandel Georges Goossens en Zonen NV che, a sua volta, li trasmetteva alla Slachthuizen Goossens NV, che li versava al Fondo. Il sig. Bosschaert chiede il rimborso di tali contributi, per un totale di EUR 38 842,46, in quanto essi gli sono stati imposti illegittimamente, essendo la legislazione in materia contraria al diritto dell’Unione.

26      Il 31 luglio 2007, in seguito alla citata sentenza van Calster e a., il sig. Bosschaert ha citato in giudizio dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Brussel, in via principale, lo Stato belga, per ottenere il rimborso dei contributi che egli aveva indebitamente versato e, in subordine, le società Goossens, nell’eventualità in cui il suo ricorso diretto contro lo Stato belga non fosse accolto.

27      Con le memorie depositate il 21 novembre 2007, nell’ambito di detto procedimento, le società Goossens hanno proposto due domande incidentali contro lo Stato belga, ossia, da un lato, un’azione di garanzia per il caso in cui fossero state condannate a rimborsare i contributi versati dal sig. Bosschaert e, dall’altro, una domanda di rimborso dei contributi da esse stesse versati al Fondo.

28      Come nel procedimento C-89/10, il giudice del rinvio osserva che, secondo il diritto interno belga, le domande di rimborso del sig. Bosschaert e delle società Goossens contro lo Stato belga sono prescritte. Tale giudice rileva altresì che, contrariamente a quanto sostenuto dal sig. Bosschaert e dalle società Goossens, la citata sentenza van–Calster e a. è puramente dichiarativa, posto che non è costitutiva del carattere indebito dei pagamenti effettuati, poiché si limiterebbe a constatare che i prelievi erano illegittimi in quanto erano imposti con efficacia retroattiva.

29      Per contro, atteso che i ricorsi proposti dal sig. Bosschaert avverso le società Goossens sono qualificati come «azioni personali», esse si prescrivono in dieci anni. Tale termine è stato introdotto, per le vertenze tra privati, dalla legge 10 giugno 1998, che ha modificato il codice civile; esso avrebbe quindi iniziato a decorrere solo il 27 luglio 1998, data di entrata in vigore di tale legge. Di conseguenza, il 31 luglio 2007, data di detti ricorsi, la prescrizione non era ancora intervenuta. Per quanto concerne i ricorsi in garanzia proposti il 21 novembre 2007 dalle società Goossens contro lo Stato belga, questi non sarebbero a fortiori prescritti, in quanto fanno seguito ai ricorsi avviati dal sig. Bosschaert nel luglio 2007.

30      Stanti tali premesse, il Rechtbank van eerste aanleg te Brussel ha deciso di sospendere il procedimento e di presentare alla Corte tre questioni pregiudiziali di cui la prima e la terza sono formulate in termini identici, rispettivamente, alla prima e alla seconda questione del procedimento C-89/10, come riportate al punto 24 della presente sentenza, mentre la seconda è formulata nella maniera seguente:

«Se il diritto comunitario osti a che, quando uno Stato membro impone oneri ad un privato, che a sua volta è tenuto a traslare detti oneri ad altri privati con cui egli esercita un’attività commerciale in un settore per cui lo Stato membro ha imposto un sistema misto di aiuti e tributi, ma detto sistema successivamente è risultato essere non solo in parte illegittimo, ma anche in parte incompatibile con il diritto comunitario, detti privati, in forza di disposizioni nazionali, siano assoggettati ad un termine di prescrizione più breve per la restituzione degli importi contrari al diritto comunitario, rispetto allo Stato membro, mentre essi dispongono di un termine di prescrizione più lungo nei confronti di un intermediario privato per la restituzione dei medesimi importi, per cui detto intermediario potrebbe trovarsi nella situazione in cui il credito nei suoi confronti non è prescritto ma quello nei confronti dello Stato membro lo è, e detto intermediario può pertanto essere chiamato a rispondere da altri attori, e in tal caso può eventualmente chiamare in garanzia lo Stato membro, ma egli non può chiedere allo Stato membro la restituzione degli importi che ha corrisposto direttamente allo Stato membro stesso».

31      Con ordinanza del presidente della Corte 6 aprile 2010, i procedimenti C-89/10 e C-96/10 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazione preliminare

32      In ossequio a costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la piena tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, purché dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano ricorsi analoghi fondati sul diritto interno (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in particolare, sentenza 19 maggio 2011, causa C-452/09, Iaia e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 16 e giurisprudenza citata).

 Sulla prima questione nei procedimenti C-89/10 e C-96/10

33      Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in circostanze come quelle della causa principale, il diritto dell’Unione osti all’applicazione di un termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato, alle azioni di recupero di tributi che sono stati corrisposti in violazione del diritto dell’Unione in forza di un «sistema misto di aiuti e tributi».

34      A tale proposito è opportuno rammentare che, in assenza di regole armonizzate concernenti il rimborso di tributi imposti in violazione del diritto dell’Unione, gli Stati membri mantengono il diritto di applicare le modalità procedurali previste dal proprio ordinamento giuridico interno, in particolare, in materia di termini di decadenza, fermo restando il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

35      Nella fattispecie risulta che il principio di equivalenza è rispettato a condizione che il termine di prescrizione di cinque anni si applichi a tutti i crediti nei confronti dello Stato belga e che la sua applicabilità non dipenda dalla questione di stabilire se tali crediti derivino da una violazione del diritto nazionale o del diritto dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

36      Per quanto concerne il principio di effettività, la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto dell’Unione la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell’amministrazione interessata. Infatti, siffatti termini non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, anche se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale, dell’azione esperita (v. sentenza Iaia e a., cit., punto 17 e giurisprudenza citata). A tale proposito, a titolo di esempio, un termine nazionale di decadenza di tre anni è stato ritenuto ragionevole (v., in tal senso, sentenza 15 aprile 2010, causa C-542/08, Barth, Racc. pag. I-3189, punto 29).

37      Nelle cause principali, come emerge dalle decisioni di rinvio, è pacifico che il termine di prescrizione applicabile è un termine di cinque anni, il quale, in difetto di circostanze particolari portate a conoscenza della Corte, non può essere considerato contrario al principio di effettività.

38      Occorre pertanto risolvere la prima questione nei procedimenti riuniti C-89/10 e C-96/10 dichiarando che, in circostanze come quelle della causa principale, il diritto dell’Unione non osta all’applicazione di un termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato, alle azioni di recupero di tributi che sono stati corrisposti in violazione di tale diritto in forza di un «sistema misto di aiuti e tributi».

 Sulla seconda questione nel procedimento C-96/10

39      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione osti a una normativa nazionale che, in circostanze come quelle della causa principale, concede a un privato un termine più lungo per ottenere la restituzione di tributi da un altro privato intervenuto in qualità di intermediario, al quale li ha versati e che li ha assolti per conto del primo a beneficio dello Stato, mentre, se avesse versato tali tributi direttamente a quest’ultimo, l’azione del primo privato sarebbe stata soggetta a un termine più breve.

40      Nella fattispecie, secondo il giudice del rinvio, le azioni di recupero del sig. Bosschaert e delle società Goossens nei confronti dello Stato sono prescritte in forza del termine di prescrizione specifico di cinque anni previsto per i crediti nei confronti dello Stato, mentre l’azione del sig. Bosschaert nei confronti di tali società non è prescritta, essendo stata esperita entro il termine di prescrizione di dieci anni applicabile alla ripetizione dell’indebito tra privati.

41      In tale contesto, si deve altresì ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il diritto dell’Unione non vieta a uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione di detto diritto un termine nazionale di decadenza triennale che deroga al regime ordinario dell’azione di ripetizione dell’indebito tra privati, assoggettata a un termine più favorevole, purché detto termine di decadenza si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione dei tributi basate sul diritto dell’Unione e a quelle basate sul diritto nazionale (v. sentenze 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis, Racc. pag. I-4951, punto 39, causa C-260/96, Spac, Racc. pag. I-4997, punto 23, nonché 10 settembre 2002, cause riunite C-216/99 e C-222/99, Prisco et CASER, Racc. pag. I-6761, punto 70).

42      Inoltre, i termini di prescrizione assolvono generalmente alla funzione di assicurare la certezza del diritto, che protegge nel contempo il contribuente e l’amministrazione interessati (v., in tal senso, sentenze Edis, cit., punto 35, e 28 ottobre 2010, causa C-367/09, SGS Belgium e a., Racc. pag. I-10761, punto 68). La Corte ha altresì dichiarato che il principio di effettività è rispettato nel caso di un termine nazionale di prescrizione asseritamente più favorevole all’amministrazione fiscale rispetto al termine di prescrizione in vigore per i privati (v., in tal senso, sentenza 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade, Racc. pag. I-3457, punti 49–54).

43      Per contro, il principio di effettività sarebbe violato nell’ipotesi in cui le società Goossens non avessero avuto né il diritto di ottenere il rimborso del tributo in questione durante il termine di cinque anni, né, in seguito a un’azione di ripetizione dell’indebito esperita successivamente alla scadenza di detto termine dal sig. Bosschaert contro dette società, la possibilità di rivalersi contro lo Stato, in modo tale che le conseguenze dei pagamenti indebiti dei tributi allo Stato sarebbero sostenute esclusivamente da tali società intermediarie.

44      Ciononostante, nella causa principale, secondo il giudice del rinvio e contrariamente a quanto dichiarato dal governo belga nelle sue osservazioni scritte, se le società Goossens fossero condannate a rimborsare al sig. Bosschaert i contributi che esse hanno indebitamente percepito, esse potrebbero recuperare queste somme dallo Stato, avviando non un’azione di recupero contro quest’ultimo, essendo tale azione già prescritta in forza del termine specifico di decadenza di cinque anni, ma un’azione di garanzia relativa ad un’obbligazione personale. Invero, secondo il giudice del rinvio, i ricorsi in garanzia proposti dalle società Goossens il 21 novembre 2007 avverso lo Stato belga non sono prescritti.

45      Occorre di conseguenza risolvere la seconda questione nel procedimento C-96/10 dichiarando che il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale che, in circostanze come quelle della causa principale, concede a un privato un termine più lungo per ottenere la restituzione di tributi da un altro privato intervenuto in qualità di intermediario, al quale li ha indebitamenti versati e che li ha assolti per conto del primo a beneficio dello Stato, mentre, se avesse versato tali tributi direttamente allo Stato, l’azione di tale privato sarebbe stata soggetta a un termine più breve per ottenere la restituzione, in deroga al regime di diritto comune dell’azione di ripetizione dell’indebito, purché i privati che agiscono in qualità di intermediari possano effettivamente rivalersi sullo Stato per gli importi eventualmente assolti a beneficio di altri privati.

 Sulla seconda questione nel procedimento C-89/10 e sulla terza questione nel procedimento C-96/10

46      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in circostanze come quelle della causa principale, la constatazione da parte della Corte, in una sentenza pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale, dell’incompatibilità del carattere retroattivo della normativa nazionale in questione con il diritto dell’Unione, incida sul momento di inizio del termine di prescrizione previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato.

47      In primo luogo, occorre precisare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, la questione della determinazione del momento iniziale del termine di prescrizione rientra in linea di principio nell’ambito del diritto nazionale. Infatti, secondo costante giurisprudenza, l’eventuale accertamento da parte della Corte di una violazione del diritto dell’Unione è in linea di massima ininfluente sul dies a quo del termine di prescrizione (v. sentenza Iaia e a., cit., punto 22, e giurisprudenza citata).

48      In secondo luogo, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti nella causa principale e secondo una giurisprudenza consolidata, una sentenza pronunciata su rinvio pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata (v. sentenza 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter, Racc. pag. I-411, punto 35 e giurisprudenza citata).

49      Quanto al dies a quo del termine di prescrizione, la Corte ha effettivamente dichiarato che, fino alla data della trasposizione corretta di una direttiva, lo Stato membro inadempiente non può eccepire la tardività di un’azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni della direttiva, e che un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a decorrere solo da tale data (v. sentenza 25 luglio 1991, causa C-208/90, Emmott, Racc. pag. I-4269, punto 23).

50      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante posteriore alla citata sentenza Emmott, la Corte ha ammesso che lo Stato membro inadempiente potesse opporre la decadenza ad un’azione giudiziaria anche qualora, alla data di proposizione delle domande, esso non avesse ancora correttamente trasposto la direttiva di cui trattasi, dichiarando che la soluzione elaborata nella sentenza Emmott era giustificata dalle circostanze proprie della controversia che aveva dato origine a tale sentenza, nelle quali la decadenza aveva avuto la conseguenza di privare totalmente la ricorrente nella causa principale della possibilità di far valere il suo diritto in forza di una direttiva (v. sentenza Iaia e a., cit., punto 19, e giurisprudenza citata).

51      A tale proposito, la Corte ha precisato che il diritto dell’Unione osta a che un’autorità nazionale eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole soltanto se il comportamento delle autorità nazionali, in combinazione con l’esistenza di un termine di decadenza, hanno come conseguenza di privare totalmente un soggetto della possibilità di far valere i suoi diritti dinanzi ai giudici nazionali (v., in tal senso, citate sentenze Barth, punto 33, nonché Iaia e a., punto 21).

52      Nelle cause principali, secondo il giudice del rinvio, il termine di prescrizione ha iniziato a decorrere il 1° gennaio 1998, per scadere il 31 dicembre 2002, mentre la citata sentenza van Calster e a. è stata pronunciata solo il 21 ottobre 2003, ossia ben oltre la scadenza del termine specifico di prescrizione quinquennale. Tuttavia, il fatto che il dies a quo di detto termine sia stato fissato al 1° gennaio 1998 non priva totalmente gli interessati della possibilità di invocare dinanzi ai giudici nazionali i diritti di cui essi godono in forza del diritto dell’Unione, come dimostrato dai ricorsi giurisdizionali avviati dinanzi ai giudici belgi nella causa che ha dato origine alla citata sentenza van Calster e a.

53      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la seconda questione nel procedimento C-89/10 e la terza questione nel procedimento C-96/10 dichiarando che, in circostanze come quelle della causa principale, la constatazione da parte della Corte, in una sentenza pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale, dell’incompatibilità del carattere retroattivo della normativa nazionale in questione con il diritto dell’Unione non incide sul momento di inizio del termine di prescrizione previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato.

 Sulle spese

54      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      Il diritto dell’Unione non osta, in circostanze come quelle della causa principale, all’applicazione di un termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato, alle azioni di recupero di tributi che sono stati corrisposti in violazione di tale diritto in forza di un «sistema misto di aiuti e tributi».

2)      Il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale che, in circostanze come quelle della causa principale, concede a un privato un termine più lungo per ottenere la restituzione di tributi da un altro privato intervenuto in qualità di intermediario, al quale li ha indebitamente versati e che li ha assolti per conto del primo a beneficio dello Stato, mentre, se avesse versato tali tributi direttamente allo Stato, l’azione di tale privato sarebbe stata soggetta a un termine più breve per ottenere la restituzione, in deroga al regime di diritto comune dell’azione di ripetizione dell’indebito, purché i privati che agiscono in qualità di intermediari possano effettivamente rivalersi sullo Stato per gli importi eventualmente assolti a beneficio di altri privati.

3)      In circostanze come quelle della causa principale, la constatazione da parte della Corte, in una sentenza pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale, dell’incompatibilità del carattere retroattivo della normativa nazionale in questione con il diritto dell’Unione non incide sul momento di inizio del termine di prescrizione previsto dall’ordinamento giuridico interno per i crediti nei confronti dello Stato.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.