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Causa C-126/10

Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais SA

contro

Secretário de Estado dos Assuntos Fiscais

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta

dal Supremo Tribunal Administrativo)

«Ravvicinamento delle legislazioni — Direttiva 90/434/CEE — Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi — Art. 11, n. 1, lett. a) — Valide ragioni economiche — Ristrutturazione o razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione — Nozioni»

Massime della sentenza

1.        Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Interpretazione chiesta a causa dell’applicabilità, alle situazioni puramente interne, di disposizioni di una direttiva trasposta nell’ordinamento nazionale, derivante da un allineamento del trattamento delle situazioni interne a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione

(Art. 267 TFUE)

2.        Ravvicinamento delle legislazioni — Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi — Direttiva 90/434 — Operazione finalizzata all’evasione o all’elusione fiscale

[Direttiva del Consiglio 90/434, art. 11, n. 1, lett. a)]

1.        Quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto dell’Unione al fine, in particolare, di evitare che vi siano discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o eventuali distorsioni della concorrenza, esiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate.

Pertanto, quando una normativa nazionale prevede che le ristrutturazioni nazionali e transfrontaliere sono soggette allo stesso regime fiscale per quanto riguarda le fusioni e la regola che consente di negare il beneficio di tale regime fiscale in caso di mancanza di valide ragioni economiche, prevista all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, ha vocazione ad applicarsi altresì alle situazioni puramente interne, la Corte è competente a risolvere le questioni sollevate dal giudice nazionale relative all’interpretazione delle disposizioni della direttiva 90/434, anche se queste ultime non disciplinano direttamente la situazione oggetto della causa principale.

(v. punti 20-21, 23)

2.        L’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, deve essere interpretato nel senso che, nel caso di un’operazione di fusione tra due società di uno stesso gruppo, può costituire una presunzione che tale operazione non è stata effettuata per «valide ragioni economiche» ai sensi di tale disposizione il fatto che, al momento dell’operazione di fusione, la società incorporata non esercita alcuna attività, non detiene alcuna partecipazione finanziaria e si limita a trasferire alla società incorporante solo perdite fiscali di importo elevato e di origine indeterminata, anche se tale operazione ha un effetto positivo in termini di economia di costi strutturali per tale gruppo. Spetta al giudice nazionale verificare se, alla luce dell’insieme delle circostanze che caratterizzano la controversia di cui è investito, nell’ambito di detta controversia sussistano gli elementi costitutivi della presunzione di frode o di evasione fiscali ai sensi di detta disposizione.

A tal riguardo, le nozioni di ristrutturazione e di razionalizzazione previste all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 devono essere comprese nel senso che trascendono la mera ricerca di un’agevolazione puramente fiscale e qualsiasi operazione di ristrutturazione e di razionalizzazione che fosse intesa solo a realizzare un obiettivo siffatto non potrebbe costituire una valida ragione economica ai sensi di detta disposizione. Pertanto, nulla osta, in linea di principio, a che un’operazione di fusione che proceda ad una ristrutturazione o a una razionalizzazione di un gruppo che consentono di ridurre le spese amministrative e di gestione di quest’ultimo possa perseguire valide ragioni economiche. Tuttavia, non sarebbe questo il caso di un’operazione di incorporazione da cui sembra emergere che, rispetto all’entità dell’agevolazione fiscale prevista, il risparmio realizzato dal gruppo in questione in termini di costi strutturali è del tutto marginale.

Inoltre, se si ammettesse in via sistematica che l’economia dei costi strutturali derivante dalla riduzione delle spese amministrative e di gestione costituisce una valida ragione economica, senza tener conto degli altri obiettivi dell’operazione prevista, e più in particolare delle agevolazioni fiscali, la regola stabilita all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 sarebbe privata di tutta la sua finalità, che consiste nel salvaguardare gli interessi finanziari degli Stati membri prevedendo, conformemente al nono ‘considerando’ di tale direttiva, la facoltà per questi ultimi di negare il beneficio delle disposizioni previste dalla direttiva in caso di frode o di evasione fiscali.

(v. punti 46-47, 49, 52 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

10 novembre 2011 (*)

«Ravvicinamento delle legislazioni – Direttiva 90/434/CEE – Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi – Art. 11, n. 1, lett. a) – Valide ragioni economiche – Ristrutturazione o razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione – Nozioni»

Nel procedimento C-126/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Supremo Tribunal Administrativo (Portogallo), con decisione 3 febbraio 2010, pervenuta in cancelleria il 10 marzo 2010, nella causa

Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais SA

contro

Secretário de Estado dos Assuntos Fiscais,

con l’intervento di:

Ministério Público,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dal sig. M. Safjan, presidente di sezione, dal sig. J.-J. Kasel (relatore) e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 luglio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais SA, dall’avv. F. Castro Silva, advogado;

–        per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandes e J. Menezes Leitão, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, dal sig. M. Muñoz Pérez, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. de Ree, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra F. Penlington, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte sull’interpretazione dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1).

2        Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais SA (in prosieguo: la «Foggia – SGPS») ed il Secretário de Estado dos Assuntos Fiscais (segretario di Stato degli affari fiscali; in prosieguo: il «Secretário de Estado») in merito al rifiuto di quest’ultimo di autorizzarla ad effettuare un trasferimento di perdite fiscali in seguito ad un’operazione di fusione di imprese facenti parte dello stesso gruppo.

 Contesto normativo

 Le diritto dell’Unione

3        Secondo il nono ‘considerando’ della direttiva 90/434, «occorre prevedere la facoltà per gli Stati membri di rifiutare il beneficio dell’applicazione della presente direttiva allorché l’operazione di fusione, di scissione, di conferimento di attivo o di scambio di azioni ha come obiettivo la frode o l’evasione fiscale (...)».

4        L’art. 6 della direttiva 90/434, che fa parte del titolo II di quest’ultima, relativo alle regole applicabili alle fusioni, scissioni e scambi di azioni, recita:

«Se gli Stati membri applicano, per le operazioni di cui all’articolo 1 effettuate tra società dello Stato della società conferente, disposizioni che consentono la presa a carico, da parte della società beneficiaria, delle perdite della società conferente non ancora ammortizzate dal punto di vista fiscale, essi estendono il beneficio di tali disposizioni alla presa a carico, da parte delle stabili organizzazioni della società beneficiaria situate sul loro territorio, delle perdite della società conferente non ancora ammortizzate dal punto di vista fiscale».

5        L’art. 11 della direttiva 90/434, nel titolo V di quest’ultima, intitolato «Disposizioni finali», prevede al suo n. 1:

«Uno Stato membro può rifiutare di applicare in tutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III e IV o revocarne il beneficio qualora risulti che l’operazione di fusione, di scissione, di conferimento d’attivo o di scambio di azioni:

a)      ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale; il fatto che una delle operazioni di cui all’articolo 1 non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può costituire la presunzione che quest’ultima abbia come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali;

(...)».

 La normativa nazionale

6        Il codice delle imposte sulle società (Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Colectivas), nella sua versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo il «CIRC»), contiene un art. 67, relativo alla trasferibilità delle perdite fiscali, i cui nn. 6, 7 e 10 hanno il seguente tenore letterale:

«6.      Ai fini dell’applicazione degli artt. 68 e 70 [del CIRC], nella parte relativa alle funzioni e alle cessioni di società di diversi Stati membri dell’Unione europea, l’espressione “società” ha il significato menzionato all’allegato della direttiva 90/434.

7.      Il regime speciale istituito nella presente sezione si applica alle operazioni di fusione e di scissione di società e di conferimento di attivo, come definite ai nn. 1-3, in cui intervengono:

a)      società aventi la loro sede o la loro direzione effettiva sul territorio portoghese, assoggettate all’imposta sulle società e non esonerate, il cui utile imponibile non è determinato dal regime semplificato;

b)      una o più società di altri Stati membri dell’Unione europea, purché tutte le società soddisfino le condizioni previste dall’art. 3 della direttiva 90/434;

(...)

10.      Il regime speciale istituito non si applica né totalmente né parzialmente allorché appare che le operazioni rientranti in detto regime hanno come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali l’evasione fiscale, il che si può considerare dimostrato, in particolare, nel caso in cui gli utili delle società di cui trattasi non sono assoggettati totalmente al medesimo regime di imposta sulle società o allorché le operazioni non sono state realizzate per valide ragioni economiche, come la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società che vi partecipano, nel qual caso si procede, eventualmente, alle liquidazioni aggiuntive corrispondenti all’imposta».

7        L’art. 69, nn. 1 e 2, del CIRC così dispone:

«1.      Le perdite fiscali delle società che procedono alla fusione possono essere dedotte dagli utili imponibili della nuova società o della società incorporante sino alla fine del termine previsto all’art. 47, n. 1, che decorre a partire dall’esercizio cui essi si riferiscono, a condizione che sia accordata l’autorizzazione del Ministro delle Finanze, su domanda degli interessati presentata alla direzione generale delle imposte prima della fine del mese successivo a quello della registrazione della fusione nel registro di commercio.

2.      L’autorizzazione è concessa solo se si dimostra che la fusione è realizzata per valide ragioni economiche, come la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti, e che essa si inserisce in una strategia di riorganizzazione e di sviluppo dell’impresa a medio o a lungo termine, con effetti positivi sulla struttura produttiva; tutti gli elementi necessari o opportuni devono essere forniti a tal fine, per ottenere una perfetta conoscenza dell’operazione in questione, sotto il profilo tanto economico quanto giuridico».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

8        Con un’operazione di fusione del 29 settembre 2003, la Foggia – SGPS, una società di diritto portoghese attiva nel settore della gestione di partecipazioni sociali, ha incorporato altre tre società di gestione di partecipazioni sociali appartenenti allo stesso gruppo.

9        Con una domanda pervenuta al Secretário de Estado il 28 novembre 2003, la Foggia – SGPS ha chiesto, conformemente all’art. 69, n. 1, del CIRC, l’autorizzazione a dedurre dai suoi eventuali utili imponibili le perdite fiscali constatate, ma non ancora ammortizzate, dalle società incorporate negli esercizi dal 1997 al 2002 incluso.

10      Il Secretário de Estado ha accolto tale domanda per quanto riguarda due delle tre società, ma, con una decisione del 6 ottobre 2004, ha negato il trasferimento delle perdite fiscali della Riguadiana – SGPS SA (in prosieguo: la «Riguadiana»), in quanto l’operazione di fusione di quest’ultima con la Foggia – SGPS non presentava alcun interesse economico per quest’ultima.

11      A tale riguardo, i servizi del Secretário de Estado hanno sottolineato che, per gli anni considerati, la Riguadiana aveva cessato di detenere un portafoglio di partecipazioni, non aveva praticamente realizzato utili con la sua attività e aveva solo investito in titoli. Peraltro, non sarebbe chiara l’origine delle perdite fiscali di tale società, per un importo di circa EUR 2 milioni, iscritte nella dichiarazione fiscale del 2002. Se è vero che l’eliminazione della Riguadiana dalla struttura del gruppo può sicuramente condurre ad una riduzione delle spese amministrative e di gestione di quest’ultimo, non si può considerare, secondo il Secretário de Estado, che tale effetto positivo in termini di costi strutturali di tale gruppo presenta un interesse economico per la Foggia – SGPS.

12      Il 24 gennaio 2005, la Foggia – SGPS ha proposto un ricorso amministrativo speciale dinanzi al Tribunal Central Administrativo Sul per ottenere l’annullamento di detta decisione di rifiuto e l’adozione di un atto amministrativo che autorizzi il trasferimento delle perdite fiscali di cui trattasi; tale ricorso è stato respinto da detto giudice.

13      Il 3 dicembre 2008, la Foggia – SGPS ha proposto un’impugnazione dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo, giudice di ultimo grado.

14      Nella sua decisione di rinvio, tale giudice rammenta che l’esistenza di «valide ragioni economiche» costituisce uno dei due requisiti cumulativi previsti dall’art. 69, n. 2, del CIRC e che spetta al potere discrezionale del Secretário de Estado valutare se tale requisito sia soddisfatto. Il giudice del rinvio dubita tuttavia della compatibilità della valutazione svolta dal Secretário de Estado dell’espressione «valide ragioni economiche» rispetto alla stessa nozione, riportata all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434.

15      In tali circostanze, il Supremo Tribunal Administrativo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Quale sia il significato e la portata dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva [90/434], con particolare riferimento al contenuto delle espressioni “valide ragioni economiche” e “ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività” delle società partecipanti ad operazioni rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva [90/434].

2)      Se risulti compatibile con la citata disposizione comunitaria il criterio applicato dall’amministrazione tributaria, secondo cui non esistevano serie ragioni economiche che potessero giustificare la domanda presentata dalla società incorporante affinché le fosse riconosciuta la trasferibilità delle perdite fiscali, e in merito alla quale l’amministrazione tributaria ha ritenuto che se da un lato la fusione poteva certamente produrre un effetto positivo in termini di struttura di costi del gruppo, dall’altro l’esistenza di un interesse economico alla fusione da parte della società incorporante non era evidente, tenuto conto del fatto che la società incorporata non aveva svolto alcuna attività in qualità di società di gestione di partecipazioni sociali, non possedeva alcuna partecipazione finanziaria e trasferiva solo perdite elevate».

 Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

16      Nelle sue osservazioni scritte, il governo portoghese, da un lato, conclude nel senso dell’incompetenza della Corte a pronunciarsi sulla domanda di pronuncia pregiudiziale e, dall’altro, deduce l’irricevibilità di quest’ultima, contestando la rilevanza delle questioni sollevate dal giudice del rinvio.

17      In primo luogo, detto governo fa valere che la controversia principale si situa in un contesto puramente nazionale. Sarebbe lecito dubitare che tale controversia rientri nella sfera di applicazione della direttiva 90/434 e, di conseguenza, della competenza della Corte, atteso che il diritto dell’Unione non disciplina direttamente, né indirettamente, la situazione di cui trattasi dinanzi al giudice del rinvio.

18      In proposito va rammentato che, in forza dell’art. 267, primo comma, TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, in particolare «sull’interpretazione dei Trattati», nonché sull’«interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni (...) dell’Unione».

19      Orbene, è certo che la controversia principale verte su una disposizione di diritto nazionale che si applica in un contesto puramente nazionale.

20      Tuttavia, emerge dal fascicolo di cui dispone la Corte che le ristrutturazioni nazionali e transfrontaliere sono soggette, conformemente all’art. 67 del CIRC, allo stesso regime fiscale per quanto riguarda le fusioni e che la regola che consente di negare il beneficio di tale regime fiscale in caso di mancanza di valide ragioni economiche, prevista all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, ha vocazione ad applicarsi altresì alle situazioni puramente interne.

21      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto dell’Unione al fine, in particolare, di evitare che vi siano discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o eventuali distorsioni della concorrenza, esiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate (sentenze 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem, Racc. pag. I-4161, punto 32; 15 gennaio 2002, causa C-43/00, Andersen og Jensen, Racc. pag. I-379, punto 18, nonché 20 maggio 2010, causa C-352/08, Modehuis A. Zwijnenburg, Racc. pag. I-4303, punto 33).

22      Va aggiunto che spetta solo al giudice nazionale valutare la portata esatta di tale rinvio al diritto dell’Unione, in quanto la competenza della Corte è limitata unicamente all’esame e all’interpretazione delle disposizioni di tale diritto (citate sentenze Leur-Bloem, punto 33, e Modehuis A. Zwijnenburg, punto 34).

23      Dalle precedenti considerazioni risulta che la Corte è competente a risolvere le questioni sollevate dal Supremo Tribunal Administrativo relative all’interpretazione delle disposizioni della direttiva 90/434, anche se queste ultime non disciplinano direttamente la situazione oggetto della causa principale.

24      In secondo luogo, il governo portoghese sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, in quanto manca un nesso tra la richiesta interpretazione dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, il cui tenore letterale è ripreso all’art. 67, n. 10, del CIRC, e l’oggetto della controversia principale, che riguarda l’art. 69, n. 2, dello stesso codice, relativo alla trasferibilità delle perdite fiscali, di cui all’art. 6 di detta direttiva.

25      Conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali prevista dall’art. 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze Leur-Bloem, cit., punto 24; 22 dicembre 2008, causa C-48/07, Les Vergers du Vieux Tauves, pag. I-10627, punto 16, nonché 8 settembre 2011, cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30).

26      Infatti, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di pertinenza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico, oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v. sentenze 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I-4233, punto 22; Les Vergers du Vieux Tauves, cit., punto 17, nonché Paint Graphos e a., cit., punto 31).

27      Orbene, nel caso di specie non si può validamente sostenere che l’interpretazione della direttiva 90/434 non abbia alcuna relazione con la realtà o l’oggetto della causa principale o che il problema sia di natura ipotetica, in quanto la domanda del giudice del rinvio è diretta precisamente a permettere a quest’ultimo di rispondere ad una questione relativa alla compatibilità della tesi sostenuta dal Secretário de Estado per quanto riguarda la nozione di «valide ragioni economiche» con la stessa nozione contenuta all’art. 11, n. 1, lett. a), di tale direttiva.

28      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene il governo portoghese la domanda di pronuncia pregiudiziale dev’essere dichiarata ricevibile.

29      Tuttavia, considerata la formulazione della seconda questione, occorre ricordare la giurisprudenza costante secondo cui, benché non spetti alla Corte pronunciarsi, nell’ambito di un procedimento ex art. 267 TFUE, sulla compatibilità di norme di diritto interno con il diritto dell’Unione né interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali, essa, tuttavia, è competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto dell’Unione che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la definizione della causa sottoposta alla sua cognizione (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1993, causa C-292/92, Hünermund e a., Racc. pag. I-6787, punto 8, nonché 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a., Racc. pag. I-1891, punto 36).

30      Alla luce di quanto precede, occorre considerare che con le sue due questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 debba essere interpretato nel senso che un’operazione di fusione tra due società di uno stesso gruppo può essere considerata effettuata per «valide ragioni economiche», ai sensi di tale disposizione allorché essa ha un effetto positivo in termini di costi strutturali per tale gruppo, sebbene la società incorporata non eserciti alcuna attività, non detenga alcuna partecipazione finanziaria e trasferisca solo perdite di importo elevato alla società incorporante.

 Sulle questioni pregiudiziali

31      Va anzitutto rilevato che il regime tributario comune istituito dalla direttiva 90/434 comprende diverse agevolazioni fiscali e si applica indistintamente a tutte le operazioni di fusione, scissione, conferimento di attivo e scambio di azioni, a prescindere dai loro motivi, siano essi finanziari, economici o puramente fiscali (v. sentenze Leur-Bloem, cit., punto 36, e 5 luglio 2007, causa C-321/05, Kofoed, Racc. pag. I-5795, punto 30).

32      Tuttavia, le ragioni dell’operazione prevista ritrovano la loro importanza in occasione dell’esercizio della facoltà, riconosciuta dall’art. 11, n. 1, di detta direttiva agli Stati membri, di non accordare il beneficio delle disposizioni di tale direttiva (sentenza Modehuis A. Zwijnenburg, cit., punto 42).

33      Più in particolare, in forza dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, gli Stati membri, eccezionalmente e in casi particolari, possono rifiutare di applicare in tutto o in parte le disposizioni di tale direttiva o revocarne il beneficio qualora l’operazione di scambio di azioni abbia, in particolare, come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali. La stessa disposizione precisa inoltre che il fatto che l’operazione non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può comportare una presunzione nel senso che la detta operazione abbia tale obiettivo (v., in tal senso, citate sentenze Leur-Bloem, punti 38 e 39, nonché Kofoed, punto 37).

34      Per quanto riguarda la nozione di «valide ragioni economiche» ai sensi di detto art. 11, n. 1, lett. a), la Corte ha già avuto occasione di precisare che dalla formulazione e dagli obiettivi di tale art. 11, come da quelli della direttiva 90/434 in generale, risulta che tale nozione trascende la mera ricerca di un’agevolazione puramente fiscale. Pertanto, un’operazione di fusione per scambio di azioni unicamente volta a raggiungere tale scopo non può costituire una valida ragione economica ai sensi di detta disposizione (sentenza Leur-Bloem, cit., punto 47).

35      Di conseguenza, può costituire una valida ragione economica un’operazione di fusione fondata su più obiettivi, tra i quali possono anche figurare considerazioni di natura tributaria, a condizione tuttavia che queste ultime non siano preponderanti nell’ambito dell’operazione prevista.

36      Infatti, conformemente all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, la constatazione che un’operazione di fusione è diretta esclusivamente ad ottenere un’agevolazione fiscale, e non è quindi effettuata per valide ragioni economiche, può costituire una presunzione che tale operazione ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali.

37      Risulta dalla giurisprudenza della Corte che, per accertare se l’operazione prevista abbia un tale obiettivo, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, ad un esame globale dell’operazione di cui trattasi. Infatti, l’istituzione di una norma di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di operazioni dall’agevolazione fiscale, a prescindere da un’effettiva evasione o frode fiscale, eccederebbe quanto è necessario per evitare una tale frode o evasione fiscale e pregiudicherebbe l’obiettivo perseguito dalla direttiva 90/434 (sentenza Leur-Bloem, cit., punti 41 e 44).

38      È nell’ambito di tale esame globale che devono essere presi in considerazione gli elementi menzionati dal giudice del rinvio, ossia il fatto che al momento dell’operazione di fusione la società incorporata non esercitava più alcuna attività di gestione propria e non deteneva più alcuna partecipazione finanziaria, e che la società incorporante intendeva assumere le perdite della società incorporata non ancora ammortizzate dal punto di vista fiscale.

39      Tuttavia, nessuno di tali elementi, di per sé, può essere considerato decisivo.

40      Infatti, una fusione o una ristrutturazione effettuata sotto forma di incorporazione di una società che non esercita attività e che non conferisce attivi propri alla società incorporante può comunque essere considerata, nella prospettiva di quest’ultima, effettuata per valide ragioni economiche.

41      Analogamente, non è escluso neanche che una fusione per incorporazione di una società che detiene perdite siffatte possa perseguire valide ragioni economiche, in quanto l’art. 6 della direttiva 90/434 fa espressamente riferimento alle disposizioni legislative che autorizzano la presa a carico delle perdite della società incorporata non ancora ammortizzate dal punto di vista fiscale.

42      Per contro, la circostanza che tali perdite fiscali siano di importo molto elevato e che la loro origine non sia chiaramente determinata può costituire un indizio di frode o di evasione fiscale, dato che l’operazione di fusione per incorporazione di una società senza conferimento di attivi sarebbe diretta ad ottenere un’agevolazione meramente fiscale.

43      Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede, fondandosi sulle espressioni «ristrutturazione» e «razionalizzazione» impiegate all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, se l’effetto positivo in termini di costi strutturali, derivante dalla riduzione dei costi amministrativi e di gestione del gruppo a seguito della fusione per incorporazione, possa costituire una valida ragione economica ai sensi di tale articolo.

44      Al fine di rispondere a tale interrogativo, occorre precisare che l’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, in quanto disposizione derogatoria rispetto alle norme tributarie stabilite dalla direttiva 90/434, dev’essere interpretato restrittivamente tenendo conto del suo testo, del suo obiettivo, nonché del contesto di cui fa parte (sentenza Modehuis A. Zwijnenburg, cit., punto 46).

45      Risulta dal tenore letterale di detto art. 11, n. 1, lett. a), e più in particolare dalle espressioni «quali la ristrutturazione o la razionalizzazione» che le operazioni così previste costituiscono esempi di valide ragioni economiche e che essi devono essere interpretati conformemente a tale ultima nozione.

46      Come la Corte ha già dichiarato al punto 47 della citata sentenza Leur-Bloem, le nozioni di ristrutturazione e di razionalizzazione devono quindi essere comprese nel senso che trascendono la mera ricerca di un’agevolazione puramente fiscale e qualsiasi operazione di ristrutturazione e di razionalizzazione che fosse intesa solo a realizzare un obiettivo siffatto non potrebbe costituire una valida ragione economica ai sensi di detta disposizione.

47      Pertanto, nulla osta, in linea di principio, a che un’operazione di fusione che proceda ad una ristrutturazione o a una razionalizzazione di un gruppo che consentono di ridurre le spese amministrative e di gestione di quest’ultimo possa perseguire valide ragioni economiche. Tuttavia, non sarebbe questo il caso di un’operazione di incorporazione come quella di cui trattasi nella causa principale, da cui sembra emergere che, rispetto all’entità dell’agevolazione fiscale prevista, ossia più di EUR 2 milioni, il risparmio realizzato dal gruppo in questione in termini di costi strutturali è del tutto marginale.

48      A tal riguardo, va aggiunto che l’economia dei costi derivanti dalla riduzione delle spese amministrative e di gestione al momento della scomparsa della società incorporata caratterizza qualsiasi operazione di fusione per incorporazione, nei limiti in cui quest’ultima comporta per definizione una semplificazione della struttura del gruppo.

49      Orbene, se si ammettesse in via sistematica che l’economia dei costi strutturali derivante dalla riduzione delle spese amministrative e di gestione costituisce una valida ragione economica, senza tener conto degli altri obiettivi dell’operazione prevista, e più in particolare delle agevolazioni fiscali, la regola stabilita all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 sarebbe privata di tutta la sua finalità, che consiste nel salvaguardare gli interessi finanziari degli Stati membri prevedendo, conformemente al nono ‘considerando’ di tale direttiva, la facoltà per questi ultimi di negare il beneficio delle disposizioni previste dalla direttiva in caso di frode o di evasione fiscali.

50      Va peraltro ricordato che l’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 riflette il principio generale di diritto dell’Unione secondo il quale l’abuso del diritto è vietato. L’applicazione delle norme di tale diritto non può essere estesa sino a comprendere pratiche abusive, ossia operazioni effettuate non nell’ambito di normali transazioni commerciali, ma unicamente allo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti da detto diritto (v., in questo senso, sentenze 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros, Racc. pag. I-1459, punto 24; 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punti 68 e 69; nonché Kofoed, cit., punto 38).

51      A tal riguardo, spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce del complesso delle circostanze che caratterizzano la controversia di cui è investito, se nell’ambito di detta controversia, in funzione dei criteri di cui ai punti 39-51 della presente sentenza, sussistano gli elementi costitutivi della presunzione di frode o evasione fiscali ai sensi dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434.

52      Occorre quindi risolvere le questioni sollevate, come riformulate al punto 30 della presente sentenza, dichiarando che l’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 deve essere interpretato nel senso che, nel caso di un’operazione di fusione tra due società di uno stesso gruppo, può costituire una presunzione che tale operazione non è stata effettuata per «valide ragioni economiche» ai sensi di tale disposizione il fatto che, al momento dell’operazione di fusione, la società incorporata non esercita alcuna attività, non detiene alcuna partecipazione finanziaria e si limita a trasferire alla società incorporante solo perdite fiscali di importo elevato e di origine indeterminata, anche se tale operazione ha un effetto positivo in termini di economia di costi strutturali per tale gruppo. Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce dell’insieme delle circostanze che caratterizzano la controversia di cui è investito, nell’ambito di detta controversia sussistano gli elementi costitutivi della presunzione di frode o di evasione fiscali ai sensi di detta disposizione.

 Sulle spese

53      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, deve essere interpretato nel senso che, nel caso di un’operazione di fusione tra due società di uno stesso gruppo, può costituire una presunzione che tale operazione non è stata effettuata per «valide ragioni economiche» ai sensi di tale disposizione il fatto che, al momento dell’operazione di fusione, la società incorporata non esercita alcuna attività, non detiene alcuna partecipazione finanziaria e si limita a trasferire alla società incorporante solo perdite fiscali di importo elevato e di origine indeterminata, anche se tale operazione ha un effetto positivo in termini di economia di costi strutturali per tale gruppo. Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce dell’insieme delle circostanze che caratterizzano la controversia di cui è investito, nell’ambito di detta controversia sussistano gli elementi costitutivi della presunzione di frode o di evasione fiscali ai sensi di detta disposizione.

Firme


* Lingua processuale: il portoghese.