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Cause riunite C-259/10 e C-260/10

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

contro

The Rank Group plc

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) e dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber)]

«Fiscalità — Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Art. 13, parte B, lett. f) — Scommesse, lotterie e altri giochi di azzardo con poste di denaro — Principio della neutralità fiscale — Bingo meccanico con vincite versate in contanti (“mechanised cash bingo”) — Slot machines — Prassi amministrativa che diverge dalle disposizioni legislative — Argomento in difesa basato sulla dovuta diligenza (“due diligence”)»

Massime della sentenza

1.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Disparità di trattamento di due prestazioni identiche o simili dal punto di vista del consumatore — Violazione del principio di neutralità fiscale

(Direttiva del Consiglio 77/388)

2.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)]

3.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)]

4.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)]

5.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)]

1.        Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio. Una violazione siffatta non esige quindi che sia dimostrata anche l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento.

(v. punto 36, dispositivo 1)

2.        In presenza di una differenza di trattamento di due giochi d’azzardo per quanto riguarda la concessione di un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che non occorre tenere conto del fatto che i due giochi rientrano in categorie di licenza diverse e sono assoggettati a regimi giuridici diversi per quanto riguarda il controllo e la regolamentazione.

Tale disposizione ha lasciato un ampio margine discrezionale agli Stati membri circa l’esenzione o la tassazione delle operazioni di cui trattasi dal momento che consente a detti Stati di fissare le condizioni e i limiti ai quali può essere subordinato il beneficio di tale esenzione, purché sia rispettato il principio della neutralità fiscale.

Ai fini della valutazione della comparabilità dei due giochi d’azzardo, la cui disparità di trattamento può comportare una violazione del principio di neutralità fiscale, sono irrilevanti elementi quali la liceità o illiceità della gestione dei giochi di azzardo, l’identità di coloro che gestiscono tali giochi e apparecchi e la forma giuridica sotto la quale essi svolgono le loro attività. Lo stesso dicasi per le differenze esistenti tra, da un lato, i pub/bar e le sale da gioco e, dall’altro, i casinò autorizzati per quanto riguarda il contesto nel quale i giochi d’azzardo sono in essi offerti, in particolare l’accessibilità da un punto di vista geografico e di orari nonché l’ambiente. Infine, nemmeno la circostanza che solo uno dei due tipi di gioco sia assoggettato ad un’imposta non armonizzata è idonea a giustificare la conclusione che detti tipi di gioco non siano comparabili.

(v. punti 40-41, 45-48, 51, dispositivo 2)

3.        Per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili e richiedano il medesimo trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, occorre verificare se l’utilizzo di detti tipi sia comparabile dal punto di vista del consumatore medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo, e in proposito gli elementi che possono essere presi in considerazione sono, in particolare, i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita nonché le probabilità di vincita.

(v. punto 58, dispositivo 3)

4.        Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto versata relativamente a talune prestazioni di servizi, adducendo una violazione di detto principio allorché le autorità fiscali dello Stato membro interessato hanno trattato, in pratica, come prestazioni esenti prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa nazionale pertinente, non siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

Infatti, benché un’amministrazione pubblica che segue una prassi generale possa essere vincolata da quest’ultima, resta pur sempre il fatto che il principio di parità di trattamento, il quale si estrinseca in materia d’imposta sul valore aggiunto nel principio di neutralità fiscale, deve conciliarsi con il rispetto della legalità, secondo cui nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri. Ne consegue che un soggetto passivo non può pretendere che una determinata prestazione debba essere assoggettata al medesimo trattamento fiscale di un’altra prestazione, laddove quest’ultimo trattamento non sia conforme alla normativa nazionale pertinente.

(v. punti 61-64, dispositivo 4)

5.        Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dall’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, ed abbia esentato dall’imposta sul valore aggiunto la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo da tale esenzione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre in risposta ad una domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, basata su una violazione di detto principio, il fatto di aver agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali criteri.

L’effetto diretto di una disposizione di una direttiva, quale l’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, non dipende né dall’esistenza di un errore intenzionale o di una negligenza commessi dallo Stato membro interessato all’atto della trasposizione della direttiva di cui trattasi né dall’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione. Pertanto, detta disposizione può essere invocata da un gestore di giochi o di apparecchi per giochi d’azzardo dinanzi ai giudici nazionali affinché siano disapplicate le norme di diritto interno incompatibili con tale disposizione.

(v. punti 69-70, 74, dispositivo 5)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

10 novembre 2011 (*)

«Fiscalità – Sesta direttiva IVA – Esenzioni – Art. 13, parte B, lett. f) – Scommesse, lotterie e altri giochi di azzardo con poste di denaro – Principio della neutralità fiscale – Bingo meccanici con vincite versate in contanti (“mechanised cash bingo”) – Slot machines – Prassi amministrativa che diverge dalle disposizioni legislative – Argomento in difesa basato sulla dovuta diligenza (“due diligence”)»

Nei procedimenti riuniti C-259/10 e C-260/10,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale presentate alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito) e dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) (Regno Unito) con decisioni 20 e 19 aprile 2010, pervenute in cancelleria il 26 maggio 2010, nelle cause

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

contro

The Rank Group plc,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. G. Arestis, T. von Danwitz (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 giugno 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la The Rank Group plc, dal sig. K. Lasok, QC, e dalla sig.ra V. Sloane, barrister, su incarico del sig. P. Drinkwater, solicitor,

–        per il governo del Regno Unito, dal sig. S. Hathaway, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Peretz, barrister,

–        per la Commissione europea, dal sig. R. Lyal, in qualità di agente,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del principio della neutralità fiscale nell’ambito dell’applicazione dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che oppongono i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») alla The Rank Group plc (in prosieguo: la «Rank») riguardo al rifiuto opposto dai Commissioners alla richiesta di rimborso presentata dalla Rank, riguardante l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») versata da quest’ultima per prestazioni fornite nell’ambito di taluni giochi nel corso degli anni 2002-2005.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        L’art. 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

4        L’art 13 di tale direttiva, intitolato «Esenzioni all’interno del paese», così dispone:

«(...)

B.      Altre esenzioni

Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

f)      le scommesse, le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste di denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro;

(…)».

 La normativa nazionale

 La normativa relativa all’IVA

5        Ai sensi dell’art. 31, n. 1, della legge 1994 sull’IVA (Value Added Tax Act 1994), nella versione in vigore all’epoca dei fatti della causa principale (in prosieguo: la «legge 1994 sull’IVA»), la fornitura di beni o servizi è esente qualora corrisponda ad una delle operazioni descritte nell’allegato 9 della stessa legge.

6        Il gruppo 4 di tale allegato 9, intitolato «Scommesse, giochi e lotterie» prevedeva, al punto 1, l’esenzione per la messa a disposizione di qualsiasi mezzo per effettuare scommesse o giocare a giochi d’azzardo.

7        Le note 1-3 di detto gruppo 4 così disponevano:

«(1)      Il punto 1 non comprende:

(...)

(b)      La concessione del diritto a partecipare ad un gioco per il quale può essere richiesto un pagamento ai sensi delle disposizioni dell’art. 14 [della legge 1968 sui giochi (Gaming Act 1968)] (...)

(...)

(d)      La messa a disposizione di un apparecchio per il gioco.

(...)

(2)      L’espressione “Gioco d’azzardo” ha il medesimo significato di quello di cui alla legge 1968 sui giochi (...)

(3)      Per “apparecchio per il gioco” si intende un apparecchio che risponda ai seguenti requisiti, segnatamente:

(a)      sia costruito o adattato per giocare con esso ad un gioco d’azzardo, e

(b)      un giocatore paghi per utilizzarlo (tranne il caso in cui gli sia data l’opportunità di giocare gratis per aver avuto successo in un gioco precedente) mediante l’inserimento di una moneta o un gettone [a partire da 2003: una moneta, un gettone o altro] nell’apparecchio o in altro modo; e

(c)      l’elemento aleatorio del gioco sia fornito mediante l’apparecchio».

 La normativa relativa ai giochi e alle scommesse

8        L’art. 52, n. 1, della legge 1968 su giochi, nella versione in vigore alla data dei fatti di cui alla causa principale (in prosieguo: la «legge 1968 sui giochi»), prevedeva che, ai fini della stessa legge, con il termine «giocare» (gaming) si intende partecipare ad un gioco d’azzardo per vincere danaro o premi aventi un valore pecuniario e che il termine «apparecchio» (machine) comprende qualsiasi apparecchiatura.

9        L’art. 26, nn. 1 e 2, della detta legge così disponeva:

«1.      La [parte III] della presente legge si applica a qualsiasi apparecchio che

(a)      sia costruito o adattato per giocare con esso ad un gioco d’azzardo, e

(b)      presenti una feritoia o altra apertura per l’inserimento di danaro o suo equivalente nella forma di contanti o gettoni.

2.      Il riferimento alla possibilità di giocare ad un gioco d’azzardo mediante l’apparecchio di cui al paragrafo precedente comprende la possibilità di giocare ad un gioco d’azzardo in parte mediante un apparecchio e in parte mediante altri mezzi se (ma solo se) l’elemento aleatorio del gioco è fornito dall’apparecchio».

10      Un apparecchio rispondente a tale definizione di «apparecchio per il gioco» poteva essere gestito solo nei locali che erano stati oggetto di autorizzazione e nel rispetto di talune condizioni riguardanti l’importo delle puntate e delle vincite nonché il numero di apparecchi presenti in un determinato luogo. Allorché l’attività svolta mediante un determinato apparecchio era un «gioco», ma l’apparecchio non rispondeva a tale definizione, il suo utilizzo era disciplinato da altre disposizioni normative che prevedono in particolare limiti per quanto riguarda la puntata e le vincite.

11      Per contro, le attività considerate come scommesse erano regolate dalla legge 1963 relativa alle scommesse, ai giochi e alle lotterie (Betting, Gaming and Lotteries Act 1963). Quando un cliente voleva effettuare una scommessa sul posto, doveva rivolgersi ad agenzie debitamente autorizzate per la raccolta delle scommesse (licensed betting offices in prosieguo: le «LBO»).

12      Un locale poteva ottenere una licenza solo per le scommesse o per i giochi. Inoltre, le condizioni per ottenere una licenza e il regime applicabile ai locali autorizzati erano diversi, per quanto riguarda in particolare la vendita di alcol e gli orari di apertura. Le scommesse erano riservate alle LBO, i giochi ai casinò, ai pub/bar, alle sale bingo e alle sale giochi.

 Cause principali e questioni pregiudiziali

13      La Rank è un membro rappresentativo di un gruppo IVA che gestisce club di bingo e casinò nel Regno Unito nei quali sono messi a disposizione della clientela, in particolare, tanto «bingo meccanici con vincite in contanti» (mechanised cash bingo; in prosieguo: i «mc-bingo») quanto slot machines.

14      Dopo aver dichiarato e pagato ai Commissioners l’IVA su servizi forniti con mc-bingo e slot machines, la Rank ha presentato due ricorsi dinanzi al Value Added Tax Tribunal, divenuto il First-tier Tribunal (Tax Chamber) (in prosieguo: il «Tribunal»), per ottenere il rimborso di tale imposta. Il primo ricorso riguarda l’assoggettamento all’imposta del mc-bingo per il periodo 1° gennaio 2003-31 dicembre 2005, il secondo quello delle slot machines per il periodo 1° ottobre 2002-5 dicembre 2005.

15      Tali ricorsi si fondavano, in sostanza, sull’argomento che tipi diversi di mc-bingo e di slot machines erano trattati in modo diverso nella normativa sull’IVA, benché essi fossero equiparabili, se non identici, dal punto di vista del consumatore, e che quindi l’assoggettamento a detta imposta di taluni tipi di mc-bingo e di slot machines violava il principio della neutralità fiscale.

 Il ricorso relativo al mc-bingo

16      Con il mc-bingo si giocava in sequenze comprendenti diversi giochi. Benché l’importo della puntata fosse annunciato in anticipo, l’importo della vincita, che dipendeva dal numero dei giocatori che partecipavano ad un determinato gioco, poteva cambiare nel corso di una serie di giochi, e persino durante la prima parte di un gioco, ed esso non era necessariamente noto ai giocatori al momento dell’inserimento della puntata.

17      È pacifico tra le parti della causa principale che, per effetto del rinvio alla legge 1968 sui giochi, contenuto nella nota 1, lett. b), del gruppo 4 dell’allegato 9 della legge 1994 sull’IVA, il mc-bingo era esente da IVA solo allorché la posta in gioco era inferiore o uguale a 50 pence e la vincita inferiore o uguale a 25 sterline. Per contro, laddove non fosse soddisfatta una di queste due condizioni, il gioco di cui trattasi non era esente da detta imposta. È del pari pacifico che i due predetti tipi di gioco del mc-bingo erano identici dal punto di vista del consumatore. I Commissioners hanno sostenuto che, nondimeno, non sussisteva alcuna violazione del principio della neutralità fiscale, dal momento che non era dimostrato che tale diverso trattamento avesse influenzato la concorrenza tra tali giochi.

18      Con decisione 15 maggio 2008, il Tribunale si è pronunciato a favore della Rank. L’appello dei Commissioners contro detta decisione è stato respinto dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, con pronuncia in data 8 giugno 2009. I Commissioners hanno quindi proposto un ricorso contro tale decisione dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division).

 Il ricorso relativo alle slot machines

19      Per quanto riguarda le slot machines, l’esenzione dall’IVA, prevista al gruppo 4, punto 1, dell’allegato 9 della legge 1994 sull’IVA, non era applicabile allorché l’apparecchio di cui trattasi, messo a disposizione del giocatore, era un «apparecchio per il gioco» ai sensi delle note 1, lett. d), e 3 di detto gruppo 4.

20      A tal proposito, le slot machines gestite dalla Rank e considerate come apparecchi per il gioco, che rientrano nel contempo nell’ambito della parte III della legge 1968 sui giochi (in prosieguo: gli «apparecchi di cui alla Parte III»), erano raffrontate a due altri tipi di slot machines, in particolare, a seconda del fatto che l’elemento aleatorio nel gioco fosse o meno fornito, a richiesta del software di gioco incluso nell’apparecchio utilizzato dal giocatore, dalla macchina stessa.

21      Per quanto riguarda gli apparecchi di cui alla Parte III assoggettati a tassazione, il predetto elemento è fornito da un generatore elettronico di numeri casuali («electronic random number generator») contenuto fisicamente nell’apparecchio utilizzato dal giocatore. Per contro il primo tipo di slot machines che servono da raffronto (in prosieguo: gli «apparecchi di riferimento I») è costituito da apparecchi, un certo numero dei quali è collegato elettronicamente ad un generatore elettronico di numeri casuali, comune ad essi e separato, collocato però negli stessi locali in cui si trovano i terminali utilizzati dai giocatori.

22      Il secondo tipo di slot machines che servono da raffronto è costituito da «terminali per scommesse a quota fissa» («fixed odds betting terminals»; in prosieguo: i «FOBT»), che potevano essere installati unicamente nelle LBO. Un giocatore che utilizzava un FOBT scommetteva sull’esito di un evento o di un gioco virtuale, vale a dire un «format», caricato nel software del FOBT mediante l’inserimento di credito. L’esito dell’evento o del gioco virtuale era determinato mediante un generatore elettronico di numeri casuali collocato all’esterno dei locali della LBO interessata. Una controversia relativa alla questione se, tenuto conto della disciplina sui giochi, taluni format disponibili sui FOBT consentissero di «scommettere» oppure di «giocare» non è stata decisa con una pronuncia giurisdizionale, giacché era stato raggiunto un accordo tra le parti interessate. Non rispondendo alla definizione di «apparecchi per il gioco» ai sensi della normativa sull’IVA, i FOBT erano esenti da tale imposta. Gli introiti ricavati dai FOBT erano però assoggettati all’imposta generale sulle scommesse.

23      Dinanzi al Tribunal, era pacifico che gli apparecchi di cui alla Parte III assoggettati ad imposta e gli apparecchi di riferimento I erano simili dal punto di vista dei consumatori. Tuttavia i Commissioners hanno, in particolare, contestato che le due categorie di apparecchi di cui trattasi fossero in concorrenza fra loro e che gli apparecchi di riferimento I fossero effettivamente esenti secondo il diritto nazionale.

24      Con decisione 19 agosto 2008, il Tribunal si è pronunciato su alcuni aspetti controversi a favore della Rank, pur rinviando a data successiva la propria decisione su altri aspetti. In tale prima decisione, il Tribunal ha ritenuto, in particolare, che gli apparecchi di riferimento I fossero esenti da IVA ai sensi della normativa nazionale. In ogni caso, i Commissioners avrebbero in pratica deliberatamente trattato come esenti gli apparecchi di riferimento I.

25      L’8 giugno 2009 la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division ha respinto l’appello dei Commissioners avverso tale decisione. Questi ultimi hanno presentato ricorso contro tale pronuncia dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), contestando in particolare che esistesse una prassi pertinente avente ad oggetto l’esenzione da IVA degli apparecchi di riferimento I.

26      L’11 dicembre 2009 il Tribunal si è pronunciato a favore della Rank sulle questioni inizialmente rinviate a data successiva. Riguardo agli apparecchi di riferimento I, esso ha considerato che i Commissioners non potessero difendersi adducendo il fatto di aver agito con la dovuta diligenza («due diligence») anche se tali apparecchi erano stati messi in commercio solo dopo l’adozione della normativa nazionale di cui trattasi. Il Tribunal ha inoltre constatato l’esistenza di una violazione del principio della neutralità fiscale relativamente ai FOBT i quali, per la maggioranza dei giocatori, sarebbero, ad un alto livello d’astrazione, simili agli apparecchi di cui alla Parte III. I due tipi di apparecchi sarebbero considerati semplicemente come apparecchi per i giochi d’azzardo. Le differenze non sarebbero note alla maggioranza dei consumatori oppure sarebbero per questi ultimi irrilevanti.

27      I Commissioners hanno interposto appello contro la pronuncia 11 dicembre 2009 dinanzi all’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber). Tale appello riguarda, in particolare, l’esame delle somiglianze tra le slot machines assoggettate ad imposta e i FOBT, nonché il rigetto dell’argomento fondato sulla dovuta diligenza.

 Le questioni pregiudiziali nella causa C-259/10

28      Ritenendo che la soluzione della controversia principale dipenda dall’interpretazione del diritto dell’Unione, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Laddove sussista un trattamento diverso ai fini IVA:

–        tra prestazioni di servizi che sono identiche dal punto di vista del consumatore, o

–        tra prestazioni di servizi simili che rispondono alle medesime necessità del consumatore,

se tale circostanza sia di per sé sufficiente a dimostrare una violazione del principio della neutralità fiscale o se sia necessario prendere in considerazione (e, in tal caso, in che modo) anche

a)      il contesto normativo ed economico;

b)      la circostanza che esista o meno concorrenza tra i servizi identici o, eventualmente, tra i servizi simili di cui trattasi; e/o

c)      la questione se il diverso trattamento ai fini dell’IVA abbia provocato o meno una distorsione della concorrenza.

2)      Se un soggetto passivo – le cui prestazioni di servizi dal punto di vista del diritto nazionale sono soggette ad IVA (per il fatto che lo Stato membro si è avvalso del margine di discrezionalità riconosciutogli dall’art. 13, parte B, lett. f), della Sesta direttiva) – possa richiedere il rimborso dell’IVA versata relativamente a tali prestazioni di servizi, adducendo una violazione del principio della neutralità fiscale che trae origine dal trattamento IVA di altre prestazioni (prestazioni di riferimento) qualora:

a)      dal punto di vista del diritto nazionale le prestazioni di riferimento siano soggette ad IVA, ma

b)      le autorità fiscali dello Stato membro seguissero la prassi di trattare queste ultime prestazioni come esenti da IVA.

3)      Laddove la risposta alla seconda questione sia affermativa, quale condotta configuri una prassi pertinente, e in particolare:

a)      se sia necessario che le autorità fiscali abbiano rilasciato una dichiarazione chiara ed inequivoca riguardo al fatto che le prestazioni di riferimento sarebbero state trattate come prestazioni esenti da IVA;

b)      se sia rilevante che, all’epoca in cui ha rilasciato dichiarazioni, l’autorità fiscale avesse una comprensione incompleta e errata dei fatti rilevanti per il corretto trattamento a fini IVA delle prestazioni di riferimento;

c)      se sia pertinente il fatto che l’IVA non sia stata dichiarata dal soggetto passivo, o richiesta dalle autorità fiscali, relativamente alle prestazioni di riferimento, ma che successivamente le autorità fiscali ne abbiano tentato il recupero, con i normali termini di prescrizione nazionali.

4.      Laddove la differenza di trattamento fiscale risulti da una prassi costante delle autorità fiscali nazionali basata su un’interpretazione generalmente accettata del significato autentico della normativa nazionale, se faccia differenza per l’esistenza di una violazione del principio della neutralità fiscale la circostanza che:

a)      le autorità fiscali hanno successivamente modificato la loro prassi;

b)      un organo giurisdizionale nazionale consideri successivamente che la nuova prassi corrisponde al significato corretto della normativa nazionale;

c)      allo Stato membro, in base a principi di diritto nazionale e/o europeo, compresi i principi del legittimo affidamento, di estoppel, di certezza del diritto e dell’irretroattività, e/o in base ai termini di prescrizione, sia preclusa la possibilità di riscuotere l’IVA sulle prestazioni in precedenza considerate esenti».

 Le questioni pregiudiziali nella causa C-260/10

29      L’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber), ritenendo anch’esso che la soluzione della controversia principale dipenda dall’interpretazione del diritto dell’Unione, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Qualora uno Stato membro, avvalendosi del margine di discrezionalità di cui dispone ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della Sesta direttiva IVA, abbia assoggettato ad IVA alcuni tipi di apparecchi utilizzati per il gioco d’azzardo (i cosiddetti «apparecchi per il gioco di cui alla Parte III»), mantenendo nel contempo l’esenzione per altri apparecchi del genere (compresi i terminali per scommesse a quote fisse, cosiddetti “FOBT”), e qualora venga affermato che così facendo lo Stato membro ha violato il principio di neutralità fiscale: se sia i) determinante, o ii) rilevante, nel raffronto tra apparecchi per il gioco di cui alla Parte III e FOBT che

a)      i FOBT offrivano attività che costituivano «scommesse» ai sensi della normativa nazionale (o attività che l’autorità di regolamentazione competente, nell’ambito dell’esercizio dei suoi poteri regolamentari, era disposta a trattare come «scommesse» ai sensi della normativa nazionale) e

b)      gli apparecchi per il gioco di cui alla Parte III offrivano attività soggette a una classificazione diversa ai sensi della normativa nazionale, segnatamente l’attività di «gioco»

e che, in base al diritto dello Stato membro in questione, i giochi e le scommesse erano soggetti a regimi di regolamentazione diversi per quanto riguarda i controlli e la disciplina del gioco d’azzardo. In caso di risposta affermativa, quali siano le differenze, tra i regimi di regolamentazione di cui trattasi, di cui deve tener conto il giudice nazionale.

2)      Nel determinare se il principio della neutralità fiscale esiga il medesimo trattamento fiscale per i due tipi di apparecchio di cui alla questione 1 (ossia i FOBT e gli apparecchi per il gioco di cui alla Parte III), quale livello di astrazione deve essere applicato dal giudice nazionale per determinare se i prodotti siano simili. In particolare, in che misura è importante tener conto delle seguenti circostanze:

a)      somiglianze e differenze tra i limiti massimi consentiti delle puntate e dei premi tra i FOBT e gli apparecchi per il gioco di cui alla Parte III;

b)      la circostanza che si possa giocare con i FOBT solo in un certo tipo di locali autorizzati per le scommesse, che erano diversi e assoggettati a vincoli regolamentari diversi rispetto a quelli applicabili ai locali autorizzati per il gioco (pur se si poteva giocare con i FOBT e con, al massimo, due apparecchi per il gioco di cui alla Parte III collocati nei medesimi locali autorizzati per le scommesse);

c)      la circostanza che nei FOBT le possibilità di vincita del premio fossero direttamente correlate alle quote fisse pubblicate, mentre le possibilità di vincita con gli apparecchi per il gioco di cui alla Parte III potessero, in alcuni casi, essere modificate mediante un dispositivo che nel corso del tempo garantiva una determinata percentuale di incassi all’operatore e al giocatore;

d)      le somiglianze e le differenze nei format disponibili sui FOBT e sugli apparecchi per il gioco di cui alla Parte III;

e)      le somiglianze e le differenze tra i FOBT e gli apparecchi per il gioco di cui alla Parte III relativamente all’interazione possibile tra giocatore e macchina;

f)      la questione se gli elementi menzionati supra fossero o meno noti alla generalità di coloro che giocavano con gli apparecchi o se tali elementi fossero o meno da essi considerati pertinenti o importanti;

g)      se la differenza di trattamento in materia di IVA fosse giustificata da qualcuno di tali elementi.

3)      In una situazione in cui lo Stato membro, avvalendosi del margine di discrezionalità di cui dispone ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della Sesta direttiva, abbia esentato il gioco d’azzardo da IVA, ma abbia assoggettato ad essa una determinata categoria di apparecchi utilizzati per il gioco d’azzardo:

a)      se, in linea di principio, lo Stato membro possa addurre di aver agito con la dovuta diligenza in risposta all’asserzione di una presunta violazione, da parte di detto Stato membro, del principio della neutralità fiscale; e

b)      in caso di risposta affermativa alla parte a) della presente questione, quali siano gli elementi pertinenti per determinare se lo Stato membro possa o meno invocare tale argomento a sua difesa».

30      Con ordinanza del presidente della Corte 9 agosto 2010, i procedimenti C-259/10 e C-260/10 sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta e orale, nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione, lett. b) e c), nella causa C-259/10

31      Con tale questione, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) chiede in sostanza se il principio della neutralità fiscale debba essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’IVA di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime necessità di quest’ultimo sia sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio oppure se per una violazione siffatta sia necessaria anche la dimostrazione dell’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento.

32      Secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della neutralità fiscale osta in particolare a che merci o prestazioni di servizi simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA (v., in particolare, sentenze 3 maggio 2001, causa C-481/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3369, punto 22; 26 maggio 2005, causa C-498/03, Kingscrest Associates e Montecello, Racc. pag. I-4427, punti 41 e 54; 10 aprile 2008, causa C-309/06, Marks & Spencer, Racc. pag. I-2283, punto 47, nonché 3 marzo 2011, causa C-41/09, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-831, punto 66).

33      Da tale enunciazione del principio di cui trattasi risulta che la somiglianza di due prestazioni di servizio comporta che esse si trovino in concorrenza fra loro.

34      Pertanto l’esistenza effettiva di una concorrenza fra due prestazioni di servizi non costituisce una condizione autonoma e supplementare della violazione del principio della neutralità fiscale ove le prestazioni di cui trattasi siano identiche o simili dal punto di vista del consumatore e soddisfino le medesime esigenze di quest’ultimo (v., in questo senso, sentenze 23 ottobre 2003, causa C-109/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-12691, punti 22 e 23, nonché 17 febbraio 2005, cause riunite C-453/02 e C-462/02, Linneweber e Akritidis, Racc. pag. I-1131, punti 19-21, 24, 25 e 28).

35      Tale considerazione vale anche per quanto riguarda l’esistenza di una distorsione della concorrenza. La circostanza che due prestazioni identiche o simili e che soddisfano le medesime esigenze siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA comporta, in generale, una distorsione della concorrenza (v., in questo senso, sentenze 29 marzo 2001, causa C-404/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2667, punti 46 e 47 nonché 28 giugno 2007, causa C-363/05, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, Racc. pag. I-5517, punti 47-51).

36      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima questione, lett. b) e c), nella causa C-259/10 dichiarando che il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’IVA di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio. Una violazione siffatta non esige che sia dimostrata anche l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento.

 Sulla prima questione, lett. a), nella causa C-259/10 e sulla prima questione nella causa C-260/10

37      Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se, in presenza di una differenza di trattamento di due giochi d’azzardo per quanto riguarda la concessione di un’esenzione dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della stessa direttiva, il principio della neutralità fiscale debba essere interpretato nel senso che occorra o meno, tener conto del fatto che i due giochi in questione rientrano in categorie di licenza diverse e sono assoggettati a regimi giuridici diversi per quanto riguarda il controllo e la regolamentazione.

38      Ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva, le scommesse, le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste di denaro sono esenti da IVA, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro.

39      Tale esenzione è motivata da considerazioni di ordine pratico, in quanto le operazioni di gioco d’azzardo mal si prestano all’applicazione dell’IVA, e non, come avviene per determinate prestazioni di servizi d’interesse generale effettuate nel settore sociale, dalla volontà di garantire a tali attività un trattamento più favorevole in materia di IVA (v. sentenze 13 luglio 2006, causa C-89/05, United Utilities, Racc. pag. I-6813, punto 23, e 10 giugno 2010, causa C-58/09 Leo-Libera, Racc. pag. I-5189, punto 24).

40      Dalla formulazione stessa dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva risulta che tale disposizione ha lasciato un ampio margine discrezionale agli Stati membri circa l’esenzione o la tassazione delle operazioni di cui trattasi dal momento che consente a detti Stati di fissare le condizioni e i limiti ai quali può essere subordinata tale esenzione (v. sentenza Leo-Libera, cit., punto 26).

41      Nondimeno, gli Stati membri devono rispettare il principio della neutralità fiscale intrinseco al sistema comune dell’IVA, allorché, conformemente a tale disposizione, si avvalgono della facoltà di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione e, pertanto, di assoggettare o meno determinate operazioni all’IVA, (v. sentenze 11 giugno 1998, causa C-283/95, Fischer, Racc. pag. I-3369, punto 27, nonché Linneweber e Akritidis, cit., punto 24).

42      Come è stato ricordato al punto 32 della presente sentenza, tale principio osta a che prestazioni di servizi simili siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA.

43      Per determinare se due prestazioni di servizi siano simili ai sensi della giurisprudenza citata in tale punto, occorre tener conto principalmente del punto di vista del consumatore medio (v., per analogia, sentenza 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP, causa C-349/96, Racc. pag. I-973, punto 29), evitando distinzioni artificiali basate su differenze trascurabili (v., in questo senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punti 22 e 23).

44      Due prestazioni di servizi sono quindi simili quando presentano proprietà analoghe e rispondono alle medesime esigenze del consumatore, in base ad un criterio di comparabilità dell’uso, e quando le differenze esistenti non influiscono significativamente sulla decisione del consumatore medio di optare per l’una o l’altra di tali prestazioni (v., in questo senso, sentenza 3 maggio 2001, Commissione/Francia, cit., punto 27, e, per analogia, sentenze 11 agosto 1995, cause riunite da C-367/93 a C-377/93, Roders e a., Racc. pag. I-2229, punto 27, nonché 27 febbraio 2002, causa C-302/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2055, punto 23).

45      Orbene, secondo giurisprudenza costante, il principio della neutralità fiscale osta, nell’ambito del prelievo IVA, ad una differenziazione generalizzata tra le transazioni lecite e quelle illecite (v., in particolare, sentenze 5 luglio 1988, causa 269/86, Mol, Racc. pag. 3627, punto 18; 29 giugno 1999, causa C-158/98, Coffeeshop «Siberië», Racc. pag. I-3971, punti 14 e 21, nonché 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling, Racc. pag. I-6161, punto 50). La Corte ha da ciò concluso che gli Stati membri possono riservare l’esenzione ai soli giochi d’azzardo aventi natura lecita (sentenza Fischer, cit., punto 28). La liceità o illiceità della gestione di un gioco d’azzardo non può quindi essere presa in considerazione nell’ambito dell’esame della somiglianza tra due giochi d’azzardo.

46      Dalla giurisprudenza della Corte risulta del pari che, per valutare se i giochi o gli apparecchi per il gioco sono simili, l’identità di coloro che gestiscono tali giochi o apparecchi e la forma giuridica sotto la quale essi svolgono le loro attività sono, in linea di principio, prive di rilevanza (v. sentenza Linneweber e Akritidis, cit., punti 25 e 29 e la giurisprudenza ivi citata).

47      Si evince inoltre da tale sentenza, in particolare dai punti 29 e 30 di quest’ultima, che le differenze esistenti tra, da un lato, i pub/bar e le sale da gioco, e, dall’altro, i casinò autorizzati per quanto riguarda il contesto nel quale i giochi d’azzardo sono in essi offerti, in particolare l’accessibilità da un punto di vista geografico e di orari nonché l’ambiente, non rivestono importanza ai fini della comparabilità di tali giochi.

48      Infine, secondo i punti 29 e 30 della citata sentenza Fischer, la circostanza che solo uno dei due tipi di gioco sia assoggettato ad un’imposta non armonizzata non è idonea a giustificare la conclusione che detti tipi di gioco non siano comparabili. Il sistema comune dell’IVA risulterebbe infatti falsato laddove gli Stati membri potessero diversificarne l’applicazione in funzione dell’esistenza di altre imposte non armonizzate.

49      Ne consegue che le differenze di regime giuridico menzionate dai giudici del rinvio sono irrilevanti ai fini della valutazione della comparabilità dei giochi di cui trattasi.

50      Tale constatazione non è rimessa in discussione dalla circostanza che, in taluni casi eccezionali, la Corte abbia riconosciuto che, alla luce delle peculiarità dei settori considerati, differenze del contesto normativo e del regime giuridico regolante le cessioni di beni o le prestazioni di servizi interessate, quali ad esempio la possibilità o meno di rimborso di un medicinale oppure l’assoggettamento o meno del prestatore ad obblighi di servizio universale, potessero creare una distinzione agli occhi del consumatore in termini di rispondenza alle proprie esigenze (v. sentenze 3 maggio 2001, Commissione/Francia, cit., punto 27, nonché 23 aprile 2009, causa C-357/07, TNT Post UK, Racc. pag. I-3025, punti 38, 39 e 45).

51      Alla luce delle considerazioni che precedono, la prima questione, lett. a), nella causa C-259/10 e la prima questione nella causa C-260/10 vanno risolte dichiarando che, in presenza di una differenza di trattamento di due giochi d’azzardo per quanto riguarda la concessione di un’esenzione dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva, il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che non va tenuto conto del fatto che i due giochi in questione rientrino in categorie di licenza diverse e siano assoggettati a regimi giuridici diversi per quanto riguarda il controllo e la regolamentazione.

 Sulla seconda questione nella causa C-260/10

52      Con tale questione l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) chiede, in sostanza, se, per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili e richiedano il medesimo trattamento ai fini dell’IVA, occorra o meno prendere in considerazione differenze riguardanti i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita, le probabilità di vincita, i format disponibili e la possibilità d’interazione tra il giocatore e la slot machine.

53      Occorre anzitutto constatare che, a meno di privare di qualsiasi effetto utile l’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva e il margine discrezionale che tale disposizione riconosce agli Stati membri, che è stato ricordato al punto 40 della presente sentenza, il principio della neutralità fiscale non può essere interpretato nel senso che le scommesse, le lotterie e gli altri giochi d’azzardo con poste in danaro devono essere considerati tutti prestazioni simili ai sensi di tale principio. Uno Stato membro può quindi limitare l’esenzione dell’IVA a talune forme di gioco d’azzardo (v., in questo senso, sentenza Leo-Libera, cit., punto 35).

54      Risulta da tale sentenza che detto principio non è violato qualora uno Stato membro assoggetti ad IVA le prestazioni fornite mediante slot machines pur esonerando da tale imposta le scommesse sulle gare ippiche, le scommesse a posta fissa, le lotterie e le estrazioni (v., in questo senso, sentenza Leo-Libera, cit., punti 9, 10 e 36).

55      Tuttavia, per non rendere privo di senso il principio della neutralità fiscale e non falsare il sistema comune dell’IVA, una differenza di trattamento ai fini dell’IVA non può essere fondata su differenze di dettaglio nella struttura, nelle modalità o nelle regole dei giochi interessati che rientrano tutti nella stessa categoria di gioco, ossia le slot machines.

56      Risulta dai punti 43 e 44 della presente sentenza che l’accertamento della somiglianza tra i giochi d’azzardo assoggettati ad un’imposta diversa, che incombe al giudice nazionale alla luce delle circostanze da fattispecie (v., in questo senso, sentenze 27 aprile 2006, cause riunite C-443/04 e C-444/04, Solleveld e van den Hout-van Eijnsbergen, Racc. pag. I-3617, punti 42 e 45, nonché Marks & Spencer, cit., punto 48), deve essere effettuato dal punto di vista del consumatore medio e prendere in considerazione gli elementi pertinenti o importanti che possono influire significativamente sulla decisione di scegliere l’uno o l’altro gioco.

57      A tal proposito, differenze riguardanti i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita, le probabilità di vincita, i format disponibili e la possibilità d’interazione tra il giocatore e la slot machine possono avere un’influenza significativa sulla decisione del consumatore medio, in quanto il fascino dei giochi d’azzardo con poste in denaro risiede principalmente nella possibilità di vincita.

58      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la seconda questione nella causa C-260/10 va risolta dichiarando che per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili e richiedano il medesimo trattamento ai fini dell’IVA, occorre verificare se l’utilizzo di detti tipi sia comparabile dal punto di vista del consumatore medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo, e in proposito gli elementi che possono essere presi in considerazione sono, in particolare, i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita nonché le probabilità di vincita.

 Sulla seconda questione nella causa C-259/10

59      Con la seconda questione nella causa C-259/10, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) chiede, in sostanza, se il principio della neutralità fiscale debba essere interpretato nel senso che un soggetto passivo può richiedere il rimborso dell’IVA versata relativamente a talune prestazioni di servizi adducendo una violazione di detto principio, qualora le autorità fiscali dello Stato membro interessato abbiano trattato, in pratica, prestazioni di servizi simili come prestazioni esenti, pur se, secondo la normativa nazionale pertinente, esse non erano esenti da IVA.

60      Tale questione verte sull’argomento, addotto nella causa principale dai Commissioners, secondo cui l’assoggettamento a imposta degli apparecchi di cui alla Parte III non violava il principio della neutralità fiscale in quanto, ai sensi delle disposizioni della legge 1994 sull’IVA, neppure gli apparecchi di riferimento I erano esenti da IVA, anche se essi ammettono di non aver riscosso l’IVA su tali apparecchi nel corso degli anni rilevanti nella causa principale.

61      A tal proposito, va ricordato che il principio della neutralità fiscale costituisce la trasposizione in materia d’IVA del principio di parità di trattamento (v., in particolare, sentenze 29 ottobre 2009, causa C-174/08, NCC Construction Danmark, Racc. pag. I-10567, punto 41, e 10 giugno 2010, causa C-262/08, CopyGene, Racc. pag. I-5053, punto 64).

62      Benché un’amministrazione pubblica che segue una prassi generale possa essere vincolata da quest’ultima (v., in questo senso, sentenza 21 gennaio 1987, causa 268/84, Ferriera Valsabbia/Commissione, Racc. pag. 353, punti 14 e 15, nonché 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punto 211), resta pur sempre il fatto che il principio di parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto della legalità, secondo cui nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (v., in questo senso, sentenze 9 ottobre 1984, causa 188/83, Witte/Parlamento, Racc. pag. 3465, punto 15; 4 luglio 1985, causa C-134/84, Williams/Corte dei conti Racc. pag. 2225, punto 14, nonché 10 marzo 2011, causa C-51/10 P Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, Racc. pag. I-1541, punti 75 e 76).

63      Ne consegue che un soggetto passivo non può pretendere che una determinata prestazione debba essere assoggettata al medesimo trattamento fiscale di un’altra prestazione, laddove quest’ultimo trattamento non sia conforme alla normativa nazionale pertinente.

64      Di conseguenza, la seconda questione nella causa C-259/10 va risolta dichiarando che il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’IVA versata relativamente a talune prestazioni di servizi, adducendo una violazione di detto principio allorché le autorità fiscali dello Stato membro interessato hanno trattato, in pratica, come prestazioni esenti prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa nazionale pertinente, non fossero esenti da IVA.

65      In considerazione di tale risposta, non è necessario rispondere alle questioni terza e quarta poste nella causa C-259/10.

 Sulla terza questione nella causa C-260/10

66      Con tale questione l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) chiede in sostanza se il principio della neutralità fiscale debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dall’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva e abbia reso esente dall’IVA la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo da tale esenzione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, può opporsi ad una domanda di rimborso dell’IVA basata su una violazione di tale principio adducendo di aver agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali criteri.

67      Detta questione riguarda l’argomento dei Commissioners secondo il quale, al momento dell’adozione delle disposizioni nazionali di cui trattasi nella causa principale, le quali escludono gli apparecchi di cui alla Parte III dall’esenzione dall’IVA per i giochi d’azzardo, non esistevano apparecchi per il gioco simili che fossero esenti. La differenza di trattamento di apparecchi simili sarebbe sopravvenuta solo successivamente, con l’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di slot machines di cui le autorità fiscali avrebbero avuto conoscenza solo qualche tempo dopo l’inizio della loro commercializzazione. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord avrebbe successivamente agito con la dovuta diligenza adottando, in un lasso di tempo ragionevole, le misure idonee a far cessare un trattamento fiscale diverso.

68      A tal proposito, occorre anzitutto ricordare che qualora le condizioni o i limiti a cui uno Stato membro subordina l’esenzione dall’IVA per i giochi d’azzardo con poste in denaro siano contrari al principio della neutralità fiscale, detto Stato membro non può fondarsi su tali condizioni o limiti per rifiutare a un gestore di tali giochi l’esenzione che egli può legittimamente rivendicare ai sensi della sesta direttiva (v. sentenza Linneweber e Akritidis, cit., punto 37).

69      Pertanto, l’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva ha effetto diretto, nel senso che può essere invocato da un gestore di giochi o di apparecchi per giochi d’azzardo dinanzi ai giudici nazionali affinché siano disapplicate le norme di diritto interno incompatibili con tale disposizione (v. sentenza Linneweber e Akritidis, cit., punto 38).

70      Orbene, siffatto effetto diretto di una disposizione di una direttiva non dipende né dall’esistenza di un errore intenzionale o di una negligenza commessi dallo Stato membro interessato all’atto della trasposizione della direttiva di cui trattasi né dall’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione (v., in questo senso, sentenza 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, Racc. pag. I-6325, punti 25 e 27; 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I-8835, punto 103, nonché 10 aprile 2008, Marks & Spencer, cit., punto 36).

71      Va inoltre presa in considerazione la circostanza che, secondo la normativa nazionale di cui trattasi, il fatto di mettere a disposizione un qualunque mezzo per effettuare scommesse o giocare d’azzardo era, in linea di principio, esente da IVA, eccezione fatta per la messa a disposizione di apparecchi per il gioco rispondenti a determinati criteri. La fissazione di tali criteri di delimitazione esclude che lo Stato membro possa sostenere di aver ritenuto che non esistessero macchine non rispondenti a tali criteri e che non avrebbe neppure dovuto tener conto della possibilità che fossero progettati apparecchi del genere.

72      Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni del governo del Regno Unito risulta peraltro che il Gaming Board, organismo di regolazione dei giochi e quindi ente amministrativo dello Stato membro interessato, era informato dell’esistenza di nuove slot machines addirittura prima del loro utilizzo commerciale.

73      Alla luce di tali aspetti, non può essere accolto l’argomento dei Commissioners che si basa sul fatto che le autorità fiscali avrebbero avuto successivamente cognizione di tale esistenza per giustificare la differenza di trattamento, per un certo periodo, dei due tipi di slot machines.

74      Pertanto la terza questione nella causa C-260/10 va risolta dichiarando che il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dall’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva ed abbia esentato dall’IVA la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo da tale esenzione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre in risposta ad una domanda di rimborso dell’IVA, basata su una violazione di detto principio, il fatto di aver agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali criteri.

 Sulle spese

75      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio. Una violazione siffatta non esige che sia dimostrata anche l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento.

2)      In presenza di una differenza di trattamento di due giochi d’azzardo per quanto riguarda la concessione di un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che non va tenuto conto del fatto che i due giochi in questione rientrino in categorie di licenza diverse e siano assoggettati a regimi giuridici diversi per quanto riguarda il controllo e la regolamentazione.

3)      Per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili e richiedano il medesimo trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, occorre verificare se l’utilizzo di detti tipi sia comparabile dal punto di vista del consumatore medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo, e in proposito gli elementi che possono essere presi in considerazione sono, in particolare, i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita nonché le probabilità di vincita.

4)      Il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto versata relativamente a talune prestazioni di servizi, adducendo una violazione di detto principio allorché le autorità fiscali dello Stato membro interessato hanno trattato, in pratica, come prestazioni esenti prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa nazionale pertinente, non fossero esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

5)      Il principio della neutralità fiscale deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dall’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388 ed abbia esentato dall’imposta sul valore aggiunto la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo da tale esenzione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre in risposta ad una domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, basata su una violazione di detto principio, il fatto di aver agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali criteri.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.