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SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

25 aprile 2013 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Fiscalità – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 11 – Normativa nazionale che limita alle imprese del settore finanziario e assicurativo la possibilità di formare un gruppo di persone da considerarsi quale unico soggetto passivo ai fini dell’IVA»

Nella causa C-480/10,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proposto il 5 ottobre 2010,

Commissione europea, rappresentata da R. Lyal e K. Simonsson, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk e S. Johannesson, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

sostenuto da:

Irlanda, rappresentata da D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito da G. Clohessy, SC, e N. Travers, BL,

Repubblica di Finlandia, rappresentata da H. Leppo, in qualità di agente,

intervenienti,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, J.-C. Bonichot, C. Toader, A. Prechal e E. Jarašiūnas (relatore), giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 settembre 2012,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 novembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il proprio ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, limitando in pratica ai prestatori dei servizi finanziari e assicurativi la possibilità di formare un gruppo di persone che possano essere considerate quale unico soggetto passivo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo, rispettivamente: un «gruppo IVA» e l’«IVA»), il Regno di Svezia è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

2        L’articolo 11 della direttiva IVA così dispone:

«Previa consultazione del comitato consultivo [dell’IVA], ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo comma, può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione».

 La normativa svedese

3        L’articolo 1 del capitolo 6 a della legge in materia di IVA (1994:200) [mervärdesskattelagen (1994:200); in prosieguo: la «legge in materia di IVA»] così recita:

«Ai fini dell’applicazione della presente legge, due o più entità economiche possono, nelle circostanze di seguito indicate, essere considerate come un unico soggetto passivo (gruppo IVA) e l’attività esercitata dal gruppo può essere considerata come un’unica attività».

4        Il successivo articolo 2 del medesimo capitolo 6 a precisa quanto segue:

«Solo i soggetti di seguito elencati possono far parte di un gruppo IVA:

1.      entità economiche poste sotto la sorveglianza dell’Ispettorato delle Finanze che esercitano un’attività esente da IVA perché il fatturato di tale attività è esente ai sensi degli articoli 9 o 10 del capitolo 3, e

2.      entità economiche il cui scopo principale consiste nel fornire beni o servizi alle entità economiche menzionate nel precedente paragrafo 1, oppure

3.      entità economiche commissionari o committenti che abbiano un rapporto di commissione come nei casi di cui al capitolo 36 della legge relativa alle imposte sui redditi (1999:1229)».

5        L’articolo 9 del capitolo 3 della legge svedese in materia di IVA esenta da imposta la fornitura di servizi bancari e finanziari nonché le operazioni consistenti nella compravendita di titoli obbligazionari e azionari o operazioni analoghe.

6        L’articolo 10 del capitolo 3 della stessa legge esenta inoltre dall’imposta la fornitura di servizi di assicurazione e riassicurazione. Da tutte le precedenti disposizioni deriva che, in generale, solo gli operatori economici del settore finanziario ed assicurativo possono formare un gruppo IVA.

 Il procedimento precontenzioso ed il procedimento dinanzi alla Corte

7        Ritenendo che le disposizioni della legge in materia di IVA fossero in contrasto con l’articolo 11 della direttiva IVA nella parte in cui limitano l’applicazione del regime relativo ai gruppi IVA ai prestatori di servizi finanziari e di servizi assicurativi, la Commissione inviava, in data 23 settembre 2008, una lettera di diffida al Regno di Svezia, invitandolo a presentare osservazioni in merito.

8        Nella risposta del 19 novembre 2008 alla lettera di diffida, le autorità svedesi sostenevano che le disposizioni della legge in materia di IVA non sono contrarie alla direttiva IVA.

9        Non soddisfatta di tale risposta, la Commissione emanava, in data 20 novembre 2009, un parere motivato, cui il Regno di Svezia rispondeva con lettera del 20 gennaio 2010, facendo presente di voler insistere sulla posizione espressa nella propria risposta alla lettera di diffida.

10      Ciò premesso, la Commissione decideva di proporre il presente ricorso.

11      Con ordinanze del presidente della Corte del 15 febbraio e 6 luglio 2011, la Repubblica di Finlandia e l’Irlanda sono state ammesse ad intervenire a sostegno del Regno di Svezia.

 Sul ricorso

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

12      Il Regno di Svezia osserva che la Commissione europea invoca, a sostegno del proprio ricorso, il principio di parità di trattamento laddove, nel parere motivato, essa ha dichiarato che l’interpretazione da essa sostenuta dell’articolo 11 della direttiva IVA discende dal principio di neutralità fiscale. Il Regno di Svezia afferma, nella controreplica, che l’oggetto della controversia è stato così ampliato e, quindi, modificato.

13      La Repubblica di Finlandia ritiene che il procedimento precontenzioso e il presente ricorso non consentano di determinare chiaramente se la Commissione contesti al Regno di Svezia la violazione del principio di neutralità fiscale ovvero la violazione del principio di parità di trattamento. Essa rammenta che, secondo la giurisprudenza della Corte, da un lato, gli elementi di fatto e di diritto sui quali il ricorso è fondato devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso e, dall’altro, l’oggetto della controversia è definito dal procedimento precontenzioso e dev’essere quindi fondato sugli stessi motivi e mezzi esposti nel parere motivato.

14      A fronte di tale argomento la Commissione deduce che gli elementi di fatto e di diritto sui quali il proprio ricorso è fondato emergono in modo coerente e comprensibile dall’atto introduttivo. Non contestando il fatto che le imprese svedesi che esercitano un’attività nel settore finanziario e assicurativo non si trovano in concorrenza con altre imprese svedesi attive in altri settori, la Commissione riconosce che il principio di neutralità fiscale da essa invocato nell’ambito del procedimento precontenzioso non è applicabile nella specie. Essa ritiene, tuttavia, di non aver ampliato o modificato l’oggetto della controversia rispetto al parere motivato deducendo, a sostegno del ricorso, un argomento attinente alla violazione del principio di parità di trattamento.

 Giudizio della Corte

15      Si deve ricordare che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali il ricorso è fondato devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso (v., in particolare, sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna, C-400/08, Racc. pag. I-1915, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Nella specie, l’atto introduttivo della Commissione, da cui emerge chiaramente che l’istituzione invoca, a sostegno del ricorso, non la violazione del principio di neutralità fiscale, bensì la violazione del principio di parità di trattamento, risponde a tale esigenza.

16      Si deve parimenti rammentare che, secondo costante giurisprudenza, l’oggetto di un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE è determinato dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione. Pertanto, il ricorso deve essere basato sui medesimi motivi e mezzi esposti nel parere motivato. Tuttavia, tale esigenza non può giungere fino al punto di imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nel dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato, non sia stato ampliato o modificato (v., in particolare, sentenze dell’11 luglio 2002, Commissione/Spagna, C-139/00, Racc. pag. I-6407, punti 18 et 19, nonché del 18 novembre 2010, Commissione/Portogallo, C-458/08, Racc. pag. I-11599, punti 43 e 44).

17      È peraltro giurisprudenza costante che il principio di neutralità fiscale costituisce la trasposizione in materia di IVA del principio di parità di trattamento, il quale esige che situazioni analoghe non siano trattate in modo diverso, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata. Tuttavia, mentre la violazione del principio di neutralità fiscale può essere contemplato solo tra operatori economici concorrenti, la violazione del principio generale della parità di trattamento può essere contraddistinta, in materia tributaria, da altri tipi di discriminazioni, che incidono su operatori economici che non sono necessariamente concorrenti, ma versano nondimeno in una situazione comparabile per altri rapporti (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer, C-309/06, Racc. pag. I-2283, punti 49 e 51).

18      Ne discende che il principio di parità di trattamento in materia tributaria non coincide con il principio di neutralità fiscale. Conseguentemente, deducendo, nell’atto introduttivo del ricorso, che la legge in materia di IVA, nella parte in cui limita la possibilità di formare un gruppo IVA alle imprese del settore finanziario e assicurativo, non è compatibile con il principio di parità di trattamento, laddove nel parere motivato è stato invocato a tal riguardo il principio di neutralità fiscale, la Commissione ha ampliato l’oggetto della controversia.

19      Conseguentemente, il ricorso della Commissione è irricevibile in quanto è fondato sulla violazione del principio di parità di trattamento. Esso è ricevibile quanto al resto.

 Nel merito

 Argomenti delle parti

20      La Commissione ritiene che le disposizioni della legge in materia di IVA siano contrarie all’articolo 11 della direttiva IVA nella parte in cui la loro sfera di applicazione è limitata alle imprese del settore finanziario e assicurativo.

21      L’Istituzione deduce che un regime nazionale relativo ai gruppi IVA deve applicarsi a tutte le imprese stabilite nello Stato membro interessato, a prescindere dal tipo di attività esercitata. Infatti, a suo parere, considerato che il sistema comune dell’IVA costituisce un sistema uniforme, l’istituzione di un regime particolare nell’ambito di tale sistema dev’essere, in linea di principio, di applicazione generale.

22      L’interpretazione in tal senso dell’articolo 11 della direttiva IVA sarebbe avvalorata dal tenore stesso di tale disposizione, in cui nulla lascerebbe intendere che uno Stato membro possa limitare l’applicazione del regime ivi previsto alle imprese di un determinato settore. Tale interpretazione sarebbe inoltre conforme all’obiettivo della disposizione stessa, il quale, come risulterebbe dall’esposizione della motivazione della proposta della Commissione [COM(73) 950 def.] che ha condotto all’adozione della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), è volto a consentire agli Stati membri, a fini di semplificazione amministrativa ovvero di lotta contro gli abusi, di non considerare distinti i contribuenti la cui autonomia sia puramente giuridica.

23      Inoltre, la Commissione, se è pur vero che riconosce che il principio di neutralità fiscale non sembra essere applicabile nella specie, sostiene che il regime svedese relativo ai gruppi IVA è nondimeno contrario al principio di parità di trattamento. Detto regime favorirebbe, infatti, le imprese del settore finanziario e assicurativo rispetto a quelle operanti in altri settori. Orbene, il Regno di Svezia non avrebbe dimostrato che le imprese del settore finanziario ed assicurativo non si trovino in una situazione analoga a quella delle imprese di altri settori né che la limitazione della sfera di applicazione di tale regime a dette imprese sia obiettivamente giustificata.

24      Il Regno di Svezia contesta l’inadempimento contestato. A suo parere, infatti, le disposizioni della legge in materia di IVA non sono contrarie all’articolo 11 della direttiva IVA.

25      Il Regno di Svezia deduce, in limine, di aver aperto, nel corso del 1998, alle imprese del settore finanziario e assicurativo, sulla base dell’articolo 11 della direttiva IVA, la possibilità di formare gruppi IVA. Ritenendo che si trattasse di una deroga al principio secondo cui tutte le operazioni imponibili sono tassate, tale possibilità sarebbe stata limitata ai settori in cui si è ritenuto che l’esigenza fosse più importante. In tal modo, sarebbe stato deciso che potevano far parte di un gruppo IVA gli istituti di credito, le società di investimenti, le imprese di assicurazioni, le imprese esercenti un’attività finanziaria esente nonché le imprese che, in via principale, forniscono beni o servizi ad imprese finanziarie.

26      L’apertura di tale possibilità al settore finanziario ed assicurativo sarebbe stata considerata particolarmente opportuna in considerazione del fatto che l’attività delle imprese di tale settore è spesso frazionata tra più persone giuridiche distinte. Considerato che vengono regolarmente effettuate operazioni tra società di uno stesso gruppo e che le imprese finanziarie esercitano, essenzialmente, attività esenti, l’incidenza, per quanto attiene all’IVA, delle operazioni interne al gruppo sarebbe particolarmente rilevante in tale settore. Dette imprese sarebbero particolarmente esposte alla concorrenza delle imprese stabilite in altri Stati membri. Inoltre, al fine di contrastare la frode e l’evasione fiscali, ai sensi dell’articolo 11, secondo comma, della direttiva IVA, la possibilità di formare un gruppo IVA sarebbe stata limitata in modo tale da comprendere le imprese collocate, direttamente o indirettamente, sotto la sorveglianza dell’Ispettorato delle Finanze e, quindi, in un regime di controllo pubblico.

27      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il Regno di Svezia ritiene che l’articolo 11 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che tale disposizione consente che un regime nazionale relativo ai gruppi IVA venga applicato unicamente alle imprese appartenenti a taluni settori determinati.

28      Infatti, considerato che il sistema comune dell’IVA costituisce un sistema uniforme, fondato sul principio fondamentale di un’IVA generale ed universale, l’articolo 11 della direttiva IVA avrebbe natura derogatoria, in quanto ne discenderebbe che le operazioni realizzate nell’ambito di un gruppo di imprese possono essere esentate da imposta. Tale articolo dovrebbe essere, quindi, interpretato restrittivamente.

29      Né dal tenore né dagli obiettivi dell’articolo 11 della direttiva IVA emergerebbe che l’applicazione di tale disposizione da parte di uno Stato membro implichi che la possibilità di appartenere ad un gruppo IVA sia aperta a tutte le imprese stabilite sul territorio dello Stato medesimo. Da un lato, l’assenza di precisazioni in tale disposizione confermerebbe, a tal riguardo, il potere discrezionale degli Stati membri di determinare in modo più preciso a quali persone stabilite sul suo territorio offrire detta possibilità. Dall’altro, gli obiettivi di semplificazione amministrativa e di repressione degli abusi non sarebbero pertinenti per tutte le imprese e una generalizzazione della possibilità di formare gruppi IVA farebbe aumentare il rischio di abusi, il che si porrebbe in contrasto con uno degli obiettivi perseguiti.

30      Inoltre, la legge in materia di IVA non si porrebbe in contrasto né con il principio di neutralità fiscale né con quello di parità di trattamento. Infatti, da un lato, detta legge non comporterebbe distorsioni della concorrenza, considerato che le imprese del settore finanziario ed assicurativo si trovano in concorrenza unicamente tra di loro. Dall’altro, tali imprese non si troverebbero in una situazione analoga a quella delle imprese di altri settori. Inoltre, la limitazione della possibilità di formare un gruppo IVA sarebbe motivata da ragioni oggettive.

31      Al pari del Regno di Svezia, la Repubblica di Finlandia ritiene che nessun elemento nel tenore dell’articolo 11 della direttiva IVA consenta di interpretare tale disposizione nel senso che il regime relativo ai gruppi IVA debba essere di applicazione generale. A suo parere, la legge in materia di IVA è più conforme all’obiettivo di uniformità del sistema comune dell’IVA di quanto non lo sia l’interpretazione dello stesso articolo 11 sostenuta dalla Commissione, considerato che tale obiettivo esige che la sfera di applicazione dei regimi particolari consentiti dalla direttiva IVA e che derogano alle disposizioni generali ivi previste sia limitata nella misura maggiormente possibile. La limitazione della sfera di applicazione del regime relativo ai gruppi IVA non potrebbe essere quindi subordinata, a suo parere, ad alcun’altra condizione se non quella di rispettare il principio di neutralità fiscale. Orbene, la limitazione del regime medesimo alle imprese del settore finanziario ed assicurativo non risulterebbe in contraddizione con tale principio né, in ogni caso, con il principio di parità di trattamento.

32      L’Irlanda, ammessa a presentare osservazioni orali, ha sostenuto all’udienza che l’articolo 11 della direttiva IVA non costituisce un’eccezione e non impone obblighi agli Stati membri.

 Giudizio della Corte

33      Considerato che la sussistenza dell’inadempimento contestato dalla Commissione al Regno di Svezia dipende dall’interpretazione da dare all’articolo 11 della direttiva IVA, in merito alla quale le parti hanno espresso posizioni divergenti, si deve ricordare, in limine, che, per delimitare la portata di una disposizione di diritto dell’Unione, occorre tener conto, allo stesso tempo, del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità. Inoltre, dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di diritto dell’Unione, che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme (sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark, C-174/08, Racc. pag. I-10567, punti 23 e 24).

34      Ai fini di un’applicazione uniforme della direttiva IVA occorre, in particolare, che la nozione di «soggetto passivo» di cui al titolo III della direttiva medesima sia oggetto d’interpretazione autonoma e uniforme. In tale contesto, tale interpretazione si impone per l’articolo 11 della direttiva IVA, malgrado il carattere facoltativo, per gli Stati membri, del regime ivi previsto, al fine di evitare, nella sua attuazione, divergenze nell’applicazione nel regime medesimo da uno Stato membro all’altro.

35      A tal riguardo, dal tenore dell’articolo 11, primo comma, della direttiva IVA emerge che quest’ultimo consente ad ogni Stato membro di considerare più soggetti come un solo soggetto passivo, qualora questi ultimi siano stabiliti sul territorio dello Stato membro medesimo e, sebbene autonomi dal punto di vista giuridico, risultino strettamente connessi a livello finanziario, economico e organizzativo. Detto articolo, alla luce del suo tenore, non subordina la sua applicazione ad altre condizioni (sentenza del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda, C-85/11, punto 36). Esso non prevede nemmeno la possibilità, per gli Stati membri, di imporre agli operatori economici altre condizioni per poter costituire un gruppo IVA, quali l’esercizio di un certo tipo di attività o l’appartenenza ad un determinato settore di attività.

36      Né dal tenore dell’articolo 11 della direttiva IVA né dal contesto dell’articolo medesimo, vale a dire dal titolo III della direttiva de qua, emerge che tale articolo avrebbe natura di disposizione derogatoria o particolare che debba essere interpretata restrittivamente, come suggerito dal Regno di Svezia e dalla Repubblica di Finlandia.

37      Quanto agli obiettivi perseguiti dall’articolo 11 della direttiva IVA, dalla motivazione della proposta della Commissione che ha condotto all’adozione della direttiva 77/388 emerge che, con l’adozione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva stessa, cui si è sostituito detto articolo 11, il legislatore dell’Unione ha inteso consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente lo status di soggetto passivo alla nozione di autonomia puramente giuridica, vuoi a fini di semplificazione amministrativa, vuoi al fine di evitare taluni abusi, quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi al fine di beneficiare di un particolare regime (sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto 47).

38      L’articolo 11, secondo comma, della direttiva IVA consente parimenti agli Stati membri di adottare tutte le misure utili per evitare che l’applicazione del primo comma dell’articolo medesimo consenta frodi o evasione fiscali. Misure di tal genere possono essere tuttavia prese solo nel rispetto del diritto dell’Unione. In tal senso, con tale riserva, è consentito agli Stati membri restringere l’applicazione del regime previsto dall’articolo 11 stesso a fini di repressione della frode o dell’evasione fiscali.

39      Nella specie, come esposto al punto 26 supra, il Regno di Svezia deduce che, al fine di contrastare la frode e l’evasione fiscali, è stato deciso, conformemente all’articolo 11, secondo comma, della direttiva IVA, di limitare la possibilità di formare un gruppo IVA alle imprese collocate, direttamente o indirettamente, sotto la sorveglianza dell’Ispettorato delle Finanze e, quindi, in un regime di controllo pubblico. Orbene, la Commissione non ha dimostrato in termini convincenti che, con riguardo alla lotta contro la frode e l’evasione fiscali, tale misura non sia fondata.

40      Si deve necessariamente rilevare che la Commissione non ha dimostrato che la limitazione alle imprese del settore finanziario ed assicurativo dell’applicazione del regime previsto dall’articolo 11 della direttiva IVA sia contraria al diritto dell’Unione.

41      Conseguentemente e considerato che il ricorso della Commissione è irricevibile nella parte in cui è fondato sulla violazione del principio di parità di trattamento, il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

42      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Atteso che il Regno di Svezia ha chiesto la condanna della Commissione, quest’ultima, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, dello stesso regolamento, a tenore del quale gli Stati membri intervenuti nella lite sopportano le proprie spese, l’Irlanda e la Repubblica di Finlandia sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

3)      L’Irlanda e la Repubblica di Finlandia sopportano le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: lo svedese.