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SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

3 maggio 2012 (*)

«Fiscalità – Sesta direttiva IVA – Articolo 2 – Prestazione di servizi a titolo oneroso – Servizi di telecomunicazioni – Carte telefoniche prepagate contenenti informazioni che consentono di effettuare chiamate telefoniche internazionali – Commercializzazione tramite una rete di distributori»

Nella causa C-520/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Regno Unito), con decisione del 22 ottobre 2010, pervenuta in cancelleria l’8 novembre 2010, nel procedimento

Lebara Ltd

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente di sezione, J. Malenovský, R. Silva de Lapuerta, G. Arestis e T. von Danwitz (relatore), giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 ottobre 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Lebara Ltd, da P. Lasok, QC, e M. Angiolini, barrister, incaricati da S. Macherla, solicitor,

–        per il governo del Regno Unito, da S. Hathaway e L. Seeboruth, in qualità di agenti, assistiti da R. Hill, barrister,

–        per il governo ellenico, da K. Paraskevopoulou, M. Germani e I. Pouli, in qualità di agenti,

–        per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels, M. de Ree, M. Bulterman e da J. Langer, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da R. Lyal e C. Soulay, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 dicembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2003/92/CE del Consiglio, del 7 ottobre 2003 (GU L 260, pag. 8; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Lebara Ltd (in prosieguo: la «Lebara») ai Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») in merito ad un avviso di accertamento emesso da questi ultimi riguardo all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») asseritamente dovuta dalla Lebara per i servizi di telecomunicazioni forniti da quest’ultima nel corso del mese di marzo del 2005.

 Contesto normativo

3        Ai termini dell’articolo 2, primo e secondo comma, della prima direttiva 67/227/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU 71, pag. 1301; in prosieguo: la «prima direttiva»):

«Il principio del sistema comune [dell’IVA] consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’[IVA], calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’[IVA] che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo».

4        L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

5        Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di detta direttiva, si considera «cessione di bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

6        L’articolo 6 di detta direttiva così dispone:

«1.      Si considera “prestazioni di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5.

Tale operazione può consistere tra l’altro:

–        in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo,

(...)

4.      Qualora un soggetto passivo che agisca a proprio nome ma per conto di altri, partecipi ad una prestazione di servizi, si riterrà che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo proprio

(…)».

7        L’articolo 9 della sesta direttiva, contenuto nel relativo Capo VI intitolato «Luogo delle operazioni imponibili», prevede che:

«1.      Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

2.      Tuttavia:

(...)

«e)      Il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese (…) a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

      (...)

–        prestazioni di servizi di telecomunicazioni. Sono considerate prestazioni di servizi di telecomunicazioni le prestazioni di servizi che rendono possibile la trasmissione, l’emissione o la ricezione di segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura via filo, per radio, tramite mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici, ivi compresa la cessione e la concessione, ad esse connesse, di un diritto di utilizzazione a infrastrutture per la trasmissione, l’emissione o la ricezione. Ai sensi della presente disposizione è considerata come facente parte di una prestazione di servizi di telecomunicazioni anche la messa a disposizione dell’accesso a reti globali d'informazioni.

(...)»

8        L’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva, contenuto nel relativo Capo VII, intitolato «Fatto generatore ed esigibilità dell’imposta», così dispone:

«1.      Si considera:

a)      fatto generatore dell’imposta il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta;

b)      esigibilità dell’imposta il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito.

2.      Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. (...)

Tuttavia, nel caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione o alla prestazione di servizi, l’imposta diventa esigibile all’atto dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato.

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        La Lebara è una società stabilita nel Regno Unito che fornisce servizi di telecomunicazioni. Al momento dei fatti del procedimento principale, essa commercializzava a tale scopo, mediante soggetti passivi stabiliti in diversi altri Stati membri (in prosieguo: i «distributori»), carte telefoniche dirette a persone stabilite in tali Stati membri che desideravano effettuare chiamate verso paesi terzi ad un prezzo vantaggioso.

10      Sulle carte telefoniche vendute dalla Lebara erano indicati, in particolare, il nome del marchio, il valore nominale espresso nella valuta dello Stato membro di stabilimento del distributore, uno o più numeri locali di accesso da utilizzare per effettuare una chiamata nonché un codice PIN occultato. Per effettuare una chiamata, bastava conoscere tali informazioni, segnatamente il codice PIN.

11      Le carte telefoniche potevano essere utilizzate solo per effettuare chiamate telefoniche. La loro validità era limitata, da una parte, dal valore nominale che vi era indicato e, dall’altra, da un periodo determinato, a decorrere dal momento del loro primo utilizzo. Al termine di tale periodo, tutto il credito telefonico non utilizzato veniva perso.

12      Per raggiungere un corrispondente situato in un paese terzo, l’utente componeva il numero locale di accesso figurante sulla carta. Detta chiamata veniva ricevuta sulla rete di telecomunicazioni di un operatore telefonico locale, con cui la Lebara aveva preliminarmente concluso un accordo sulla messa a disposizione di uno o più numeri locali speciali, e veniva diretta verso il centro di smistamento appartenente alla Lebara e gestito da quest’ultima nel Regno Unito. Il sistema automatizzato della Lebara invitava, poi, l’utente a comporre il codice PIN indicato sulla carta. Quando il codice era riconosciuto dal sistema automatizzato, l’utente componeva il numero internazionale che desiderava chiamare. La chiamata era dunque diretta verso la sua destinazione finale da fornitori di servizi internazionali di telefonia con cui la Lebara aveva parimenti concluso precedentemente accordi che le davano accesso alla loro rete internazionale di telecomunicazioni.

13      La Lebara vendeva le carte telefoniche non direttamente ai consumatori, ma esclusivamente attraverso una rete di distributori.

14      Dalla decisione di rinvio emerge che i distributori acquistavano le carte telefoniche dalla Lebara ad un prezzo convenuto, inferiore al valore nominale di dette carte, e le rivendevano poi, con il loro nome o con un nome da essi scelto o anche con il marchio della Lebara. Ad ogni modo, i distributori agivano a proprio nome e per proprio conto e non in quanto agenti della Lebara. Le carte telefoniche erano vendute quasi esclusivamente a utenti finali nello Stato membro del distributore, o direttamente dal medesimo, o da altri soggetti passivi quali grossisti o dettaglianti stabiliti in detto Stato membro che agivano in quanto intermediari. La Lebara non conosceva né controllava il prezzo di rivendita chiesto dai distributori o dagli altri intermediari.

15      Le carte telefoniche erano attivate dalla Lebara su richiesta del distributore, a condizione che esso le avesse pagate. Anche se la Lebara non conosceva l’identità dell’utente finale, essa aveva predisposto sistemi che le consentivano di ripercorrere l’uso di ciascuna carta venduta e di determinare, segnatamente, se essa era valida e quali erano il credito residuo, i numeri a partire dai quali erano state effettuate chiamate con l’aiuto di tale carta nonché i numeri chiamati. Nessun distributore, né nessun’altra persona aveva accesso a tali sistemi.

16      La Lebara non ha versato alcuna IVA per la vendita di carte telefoniche ai distributori, in quanto tale operazione era una prestazione di servizi di telecomunicazioni il cui luogo si trovava nello Stato membro di stabilimento del distributore ed era pertanto quest’ultimo che doveva pagare l’IVA in tale Stato membro, conformemente al meccanismo dell’inversione contabile. Secondo la Lebara l’uso effettivo della carta non comportava che essa fornisse una prestazione di servizi a titolo oneroso all’utente finale.

17      I Commissioners hanno invece ritenuto che la Lebara dovesse versare l’IVA al Regno Unito in quanto tale società forniva, in realtà, due servizi: da una parte, l’«emissione», che si situava al momento della vendita della carta al distributore e, dall’altra, il «riscatto», che avveniva al momento dell’utilizzo effettivo della carta da parte dell’utente finale. Gli Stati membri sarebbero liberi di tassare o la prima, o la seconda di tali prestazioni. Nel Regno Unito, sarebbe la seconda prestazione ad essere assoggettata ad imposizione. La base imponibile sarebbe costituita dalla frazione dell’importo versato dal distributore alla Lebara proporzionale all’uso effettivo della carta da parte del suo utente finale rispetto al valore nominale della medesima.

18      Su tale base, i Commissioners hanno emesso un avviso di accertamento a titolo dell’IVA afferente ai servizi di telecomunicazioni forniti dalla Lebara nel corso del mese di marzo del 2005. La Lebara ha proposto un ricorso avverso tale avviso dinanzi al giudice del rinvio.

19      Quest’ultimo considera in particolare che, tenuto conto delle diverse prassi riguardanti il trattamento fiscale di tali carte telefoniche esistenti in taluni Stati membri, vi è un rischio di doppia imposizione o di mancata imposizione di entrate provenienti dalla commercializzazione delle carte telefoniche. Ritenendo che la soluzione della controversia nel procedimento principale dipenda dall’interpretazione del diritto dell’Unione, il First-tier Tribunal (Tax Chamber) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:

«In circostanze come quelle della presente causa:

1)      Ove un soggetto passivo (l’“operatore economico A”) venda carte telefoniche che rappresentano il diritto di ricevere da detto soggetto servizi di telecomunicazioni, se l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che l’operatore economico A effettua due forniture ai fini dell’IVA: una al momento della vendita iniziale della carta da parte dell’operatore economico A ad un altro soggetto passivo (l’“operatore economico B”) e una al momento del suo “riscatto” (vale a dire l’utilizzo della carta da parte di una persona – l’“utente finale” – per effettuare chiamate telefoniche).

2)      In caso di risposta affermativa alla questione sub 1), come debba applicarsi l’IVA (nel rispetto del diritto dell’Unione in materia di IVA) all’interno della catena di fornitura in cui l’operatore economico A vende la carta telefonica all’operatore economico B, quest’ultimo rivende la carta telefonica in uno Stato membro B, e la carta viene infine acquistata nello Stato membro B dall’utente finale che la utilizza per effettuare chiamate telefoniche».

 Sulle questioni pregiudiziali

20      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio si riferisce ad un operatore telefonico che propone servizi di telecomunicazioni consistenti nel vendere ad un distributore carte telefoniche che contengono tutte le informazioni necessarie per effettuare chiamate telefoniche internazionali mediante l’infrastruttura messa a disposizione da detto operatore e che sono rivendute dal distributore, a proprio nome e per proprio conto, a utenti finali, direttamente o mediante altri soggetti passivi quali grossisti e dettaglianti. Detto giudice chiede, in sostanza, se occorra interpretare l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva nel senso che un tale operatore telefonico fornisce due prestazioni a titolo oneroso, una al distributore, al momento della vendita della carta telefonica a quest’ultimo, e l’altra all’utente finale, quando quest’ultimo effettua chiamate telefoniche servendosi delle informazioni figuranti sulla carta.

21      Dalle osservazioni sottoposte alla Corte emergono, in sostanza, tre posizioni diverse a tal proposito. Secondo le due prime, l’operatore telefonico fornisce un solo servizio di telecomunicazioni imponibile, o al distributore allorché tale operatore gli vende la carta telefonica, o all’utente finale quando consente a quest’ultimo l’impiego effettivo della carta per effettuare chiamate. Secondo la terza posizione, l’operatore fornisce due prestazioni distinte, e lo Stato membro è libero di scegliere quale assoggettare ad IVA.

22      Per rispondere alla prima questione, occorre ricordare gli obiettivi e le regole principali del sistema comune dell’IVA nonché le peculiarità del sistema di commercializzazione di cui trattasi nel procedimento principale.

23      Il principio del sistema comune dell’IVA consiste, ai sensi dell’articolo 2 della prima direttiva, nell’applicare ai beni ed ai servizi, un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione (v., in particolare, sentenze del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona, C-475/03, Racc. pag. I-9373, punto 21, e del 28 ottobre 2010, Commissione/Polonia, C-49/09, Racc. pag. I-10619, punto 44).

24      Tuttavia, a ciascun passaggio, l’IVA si può esigere solo previa detrazione dell’importo dell’IVA che ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo. Il sistema delle detrazioni è disciplinato in modo che i soggetti passivi siano autorizzati a detrarre dall’IVA da essi dovuta gli importi di IVA che hanno già gravato sui beni o sui servizi a monte e che tale imposta colpisca ogni volta solo il valore aggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale (v. sentenze citate Banca popolare di Cremona, punto 22, e Commissione/Polonia, punto 44).

25      Ne consegue che l’IVA mira a gravare unicamente sul consumatore finale e ad essere perfettamente neutrale nei confronti dei soggetti passivi che intervengono nel processo di produzione e di distribuzione che precede la fase di imposizione finale, indipendentemente dal numero di operazioni avvenute (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Commissione/Germania, C-427/98, Racc. pag. I-8315, punto 29).

26      Inoltre, dall’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva deriva che sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ad essere soggette all’IVA e non i pagamenti effettuati quale corrispettivo di queste ultime (v., in tal senso, sentenze del 9 ottobre 2001, Cantor Fitzgerald International, C-108/99, Racc. pag. I-7257, punto 17, nonché del 21 febbraio 2006, BUPA Hospitals e Goldsborough Developments, C-419/02, Racc. pag. I-1685, punto 50). Tuttavia, in virtù dell’articolo 10, paragrafo 2, secondo comma, della sesta direttiva, nel caso di versamento di un acconto, l’IVA può diventare esigibile senza che la cessione o la prestazione sia stata ancora effettuata purché tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già conosciuti (v. sentenza BUPA Hospitals e Goldsborough Developments, citata, punto 48).

27      Infine, secondo una costante giurisprudenza, una prestazione di servizi viene effettuata «a titolo oneroso», ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva, e configura, pertanto, un’operazione imponibile soltanto quando tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario. La sussistenza di un nesso diretto tra il servizio prestato ed il controvalore ricevuto è dunque necessaria (v., in particolare, sentenze del 3 settembre 2009, RCI Europe, C-37/08, Racc. pag. I-7533, punti 24 e 30; del 29 ottobre 2009, Commissione/Finlandia, C-246/08, Racc. pag. I-10605, punti 44 e 45, nonché del 27 ottobre 2011, GFKL Financial Services, C-93/10, Racc. pag. I-10791, punti 18 e 19).

28      In merito alle peculiarità del sistema di commercializzazione di cui trattasi nel procedimento principale, occorre ricordare che le carte telefoniche sono a utilizzo unico in quanto consentono solo di effettuare chiamate telefoniche internazionali verso destinazioni e con tariffe definite in anticipo. Così, esse danno diritto ad un solo tipo di servizi la cui natura e quantità sono predeterminate e che è soggetto ad una sola aliquota di imposta.

29      La commercializzazione delle carte telefoniche avviene mediante una catena di distribuzione che comprende perlomeno un operatore intermedio, vale a dire il distributore, tra l’operatore telefonico, che mette a disposizione l’infrastruttura necessaria per effettuare chiamate telefoniche internazionali, e l’utente finale. Secondo la rappresentazione dei fatti contenuta nella decisione di rinvio, detto distributore rivende le carte telefoniche a proprio nome e per proprio conto.

30      Inoltre, il prezzo pagato dall’utente finale per l’acquisto di una carta telefonica, direttamente presso il distributore oppure presso un dettagliante intermedio, non è necessariamente identico al valore nominale di detta carta. Infine, l’operatore telefonico, che non controlla il prezzo di rivendita chiesto dai distributori o dagli altri intermediari, non è in grado di conoscere il medesimo.

31      Dato che una prestazione di servizi è imponibile solo se è effettuata a titolo oneroso, circostanza che presuppone l’esistenza di una reciprocità tra il servizio fornito e la retribuzione che costituisce il controvalore del medesimo, come rilevato al punto 27 della presente sentenza, è giocoforza ricordare che l’operatore telefonico riceve un solo pagamento effettivo nell’ambito della fornitura di tali servizi di telecomunicazioni.

32      Ciò premesso, non si può ritenere che l’operatore telefonico fornisca due prestazioni di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della sesta direttiva, una al distributore e l’altra all’utente finale.

33      Per identificare il beneficiario dell’unica prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da detto operatore e dunque l’unica prestazione imponibile, occorre determinare chi, tra il distributore e l’utente finale, sia legato all’operatore telefonico da un rapporto giuridico nell’ambito del quale sia avvenuto uno scambio di reciproche prestazioni.

34      A tal riguardo, occorre rilevare, da una parte, che l’operatore telefonico fornisce al distributore, mediante la vendita di carte telefoniche, tutte le informazioni necessarie per effettuare chiamate telefoniche internazionali di una determinata durata mediante l’infrastruttura da esso messa a disposizione, per cui trasferisce in tal modo al distributore il diritto di utilizzare questa infrastruttura per effettuare tali chiamate. Così, l’operatore telefonico fornisce un servizio al distributore.

35      Tale servizio rientra nella nozione di «prestazioni di servizi di telecomunicazioni», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), decimo trattino, della sesta direttiva. Infatti, tale disposizione definisce detta nozione in modo ampio, includendo non solo la trasmissione di segnali e di suoni in quanto tale ma anche tutte le prestazioni di servizi che «rendono possibile» una tale trasmissione, nonché la cessione ad essa connessa di un diritto di utilizzazione di infrastrutture per una tale trasmissione.

36      D’altra parte, in cambio di detto servizio di telecomunicazioni, il distributore versa all’operatore telefonico il prezzo convenuto con quest’ultimo.

37      Detto pagamento non può essere considerato un pagamento effettuato dall’utente finale all’operatore telefonico, anche se la rivendita della carta telefonica da parte del distributore e, eventualmente, degli altri operatori intermedi comporta che, in fin dei conti, l’onere di detto pagamento si ripercuota su tale utente finale.

38      Infatti, il distributore rivende le carte telefoniche a proprio nome nonché per proprio conto e si serve inoltre, almeno per una parte di detta rivendita, di altri operatori intermedi come i grossisti e i dettaglianti. Inoltre, l’importo che l’utente finale paga effettivamente, al momento dell’acquisto della carta telefonica, al distributore o ad un dettagliante intermedio non è necessariamente identico al prezzo pagato dal distributore all’operatore telefonico o al valore nominale della carta e l’operatore telefonico non è in grado di conoscere tale importo. Peraltro, l’identità dell’utente finale di una carta telefonica non è necessariamente conosciuta al momento del pagamento effettuato dal distributore all’operatore telefonico, segnatamente quando la carta sia destinata ad essere rivenduta da un altro operatore intermedio.

39      Alla luce di tali circostanze, non si può ritenere che, con il suo pagamento all’operatore telefonico, il distributore trasmetta unicamente il compenso pagato dall’utente finale all’operatore telefonico e crei così un nesso diretto tra i medesimi.

40      Peraltro, dato che l’utente finale non ha alcun diritto al rimborso, a carico dell’operatore telefonico, di un eventuale credito di chiamata non utilizzato nel periodo di validità della carta, l’esistenza di un nesso diretto tra tale utente e l’operatore telefonico non può essere dimostrata sulla base di un tale diritto.

41      Risulta da quanto precede che sussiste uno scambio di reciproche prestazioni, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 27 della presente sentenza, tra l’operatore telefonico e il distributore al momento della vendita iniziale delle carte telefoniche a quest’ultimo.

42      Pertanto, l’osservanza dell’articolo 2, primo comma, della prima direttiva e del principio di neutralità fiscale è garantita nel caso dell’esistenza di una catena di distribuzione di servizi di telecomunicazioni quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, segnatamente quando il distributore non rivende le carte direttamente all’utente finale. Infatti, sia la vendita iniziale di una carta telefonica sia la sua rivendita successiva sono operazioni imponibili. In ciascuna fase della catena, l’IVA è esattamente proporzionale al prezzo pagato e consente la detrazione dell’imposta versata a monte. In particolare, al momento dell’ultima vendita di una carta telefonica all’utente finale, l’IVA è esattamente proporzionale al prezzo pagato da quest’ultimo per l’acquisto della carta, anche se tale prezzo non è identico al valore nominale della carta.

43      Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che un operatore telefonico che propone servizi di telecomunicazioni consistenti nel vendere ad un distributore carte telefoniche che contengono tutte le informazioni necessarie per effettuare chiamate telefoniche internazionali mediante l’infrastruttura messa a disposizione da detto operatore e che sono rivendute dal distributore, a proprio nome e per proprio conto, a utenti finali, direttamente o mediante altri soggetti passivi quali grossisti o dettaglianti, fornisce una prestazione di servizi di telecomunicazioni a titolo oneroso al distributore. Per contro, detto operatore non fornisce una seconda prestazione di servizi a titolo oneroso all’utente finale allorché quest’ultimo, avendo acquistato la carta telefonica, esercita il diritto di effettuare chiamate telefoniche servendosi delle informazioni figuranti su detta carta.

44      Considerata la risposta alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

45      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2003/92/CE del Consiglio, del 7 ottobre 2003, deve essere interpretato nel senso che un operatore telefonico che propone servizi di telecomunicazioni consistenti nel vendere ad un distributore carte telefoniche che contengono tutte le informazioni necessarie per effettuare chiamate telefoniche internazionali mediante l’infrastruttura messa a disposizione da detto operatore e che sono rivendute dal distributore, a proprio nome e per proprio conto, a utenti finali, direttamente o mediante altri soggetti passivi quali grossisti o dettaglianti, fornisce una prestazione di servizi di telecomunicazioni a titolo oneroso al distributore.

Per contro, detto operatore non fornisce una seconda prestazione di servizi a titolo oneroso all’utente finale allorché quest’ultimo, avendo acquistato la carta telefonica, esercita il diritto di effettuare chiamate telefoniche servendosi delle informazioni figuranti su detta carta.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.