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SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

8 marzo 2012 ( * )

«Inadempimento di uno Stato — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 296-298 — Regime comune forfettario dei produttori agricoli — Percentuale forfettaria di compensazione di livello zero»

Nella causa C-524/10,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto l’11 novembre 2010,

Commissione europea, rappresentata da M. Afonso, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica portoghese, rappresentata da L. Inez Fernandes e R. Laires, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen, dalla sig.ra C. Toader e dal sig. E. Jarašiūnas (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 settembre 2011,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo applicato ai produttori agricoli un regime speciale che non rispetta il regime istituito dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), in quanto li esenta dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), e avendo applicato una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero, procedendo contemporaneamente ad una compensazione negativa sostanziale sulle risorse proprie dell’Unione europea dovute in relazione alla riscossione dell’IVA, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 296-298 di detta direttiva.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

2

La direttiva IVA stabilisce, agli articoli 295-305, le norme relative al regime comune forfettario per i produttori agricoli (in prosieguo: il «regime forfettario agricolo»). Fino al 1o gennaio 2007, tale regime era disciplinato dall’articolo 25 della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

3

Ai sensi dell’articolo 295, paragrafo 1, punti 1-5, della direttiva IVA, tale regime riguarda, in sostanza, le cessioni di beni (prodotti agricoli) realizzate nell’ambito di aziende agricole, silvicole o ittiche, nonché le prestazioni di servizi agricoli, elencate rispettivamente agli allegati VII e VIII della medesima direttiva, effettuate da un produttore agricolo; l’espressione «agricoltore forfettario» indica un produttore agricolo al quale si applica il regime forfettario agricolo.

4

Ai sensi dell’articolo 295, punto 7, della direttiva IVA, per «percentuali forfettarie di compensazione» si intendono «le percentuali che gli Stati membri stabiliscono a norma degli articoli 297, 298 e 299, e che essi applicano nei casi contemplati dall’articolo 300, per consentire agli agricoltori forfettari di fruire della compensazione forfettaria dell’onere dell’IVA a monte». Tale onere corrisponde, secondo il punto 6 di detto articolo, all’«ammontare globale dell’IVA che ha colpito i beni ed i servizi acquistati dal complesso delle aziende agricole, silvicole o ittiche di ogni Stato membro soggette al regime forfettario, nella misura in cui detta imposta sarebbe detraibile, in forza degli articoli 167, 168 e 169 e degli articoli da 173 a 177, per un produttore agricolo soggetto al regime normale di applicazione dell’IVA».

5

Gli articoli 296-298 della direttiva IVA enunciano quanto segue:

«Articolo 296

1.   Gli Stati membri possono applicare ai produttori agricoli per i quali l’assoggettamento al regime normale dell’IVA o, eventualmente, al regime speciale [per le piccole imprese] di cui al capo 1 crei difficoltà, un regime forfettario inteso a compensare l’onere dell’IVA pagata sugli acquisti di beni e servizi degli agricoltori forfettari, conformemente al presente capo.

2.   Ogni Stato membro può escludere dal regime forfettario talune categorie di produttori agricoli, nonché i produttori agricoli per i quali l’applicazione del regime normale dell’IVA o, eventualmente, delle modalità semplificate di cui all’articolo 281, non crei difficoltà amministrative.

3.   Ogni agricoltore forfettario ha il diritto di optare per l’applicazione del regime normale dell’IVA o, eventualmente, delle modalità semplificate di cui all’articolo 281, secondo le modalità e le condizioni stabilite da ciascun[o] Stato membro.

Articolo 297

Gli Stati membri, ove occorra, fissano percentuali forfettarie di compensazione. Essi possono fissare percentuali forfettarie di compensazione differenziate per la silvicoltura, i vari sottosettori dell’agricoltura e la pesca.

Gli Stati membri notificano alla Commissione le percentuali forfettarie di compensazione fissate in virtù del primo comma prima di applicarle.

Articolo 298

Le percentuali forfettarie di compensazione sono determinate in base ai dati macroeconomici relativi ai soli agricoltori forfettari degli ultimi tre anni.

Le percentuali possono essere arrotondate al mezzo punto inferiore o superiore. Gli Stati membri possono anche ridurre le percentuali sino al livello zero».

6

L’articolo 299 della direttiva IVA dispone che le percentuali forfettarie di compensazione non possono avere l’effetto di procurare al complesso degli agricoltori forfettari rimborsi superiori agli oneri dell’IVA a monte.

7

A tenore dell’articolo 300 della direttiva IVA, le percentuali forfettarie di compensazione sono applicate, in sostanza, al prezzo al netto dell’IVA dei prodotti e dei servizi agricoli che gli agricoltori forfettari cedono o forniscono a soggetti passivi diversi da quelli che beneficiano del regime forfettario.

8

L’articolo 301 della stessa direttiva dispone quanto segue:

«1.   Per le cessioni di prodotti agricoli e le prestazioni di servizi di cui all’articolo 300 gli Stati membri prevedono che il versamento della compensazione forfettaria sia effettuato dall’acquirente o dal destinatario, oppure dall’autorità pubblica.

2.   Per le cessioni di prodotti agricoli e le prestazioni di servizi agricoli non contemplate dall’articolo 300, il versamento delle compensazioni forfettarie si considera effettuato dall’acquirente o dal destinatario».

9

L’articolo 302 della direttiva IVA stabilisce che, quando un agricoltore forfettario beneficia di una compensazione forfettaria, non ha diritto a detrazione per le attività soggette a detto regime forfettario.

10

L’articolo 303, paragrafo 1, della suddetta direttiva precisa, in sostanza, che, quando l’acquirente o il destinatario che sia soggetto passivo versa una compensazione forfettaria conformemente al citato articolo 301, paragrafo 1, egli ha il diritto di detrarre l’importo di tale compensazione dall’IVA di cui è debitore nello Stato membro in cui effettua le sue operazioni soggette ad imposta. Secondo il paragrafo 2 di detto articolo 303, l’acquirente o il destinatario può inoltre, in determinate ipotesi, ottenere il rimborso di tale importo da parte dell’amministrazione fiscale.

11

La sesta direttiva prevedeva inoltre, all’articolo 25, paragrafo 12, che gli Stati membri, qualora avessero deciso di applicare il regime forfettario agricolo sul proprio territorio, avrebbero determinato l’imponibile uniforme dell’IVA ai fini dell’applicazione del regime delle risorse proprie dell’Unione applicando il metodo comune di calcolo di cui all’allegato C della medesima direttiva. Tali disposizione e allegato non sono ripresi nella direttiva IVA, ma sono coperti dall’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall’imposta sul valore aggiunto (GU L 155, pag. 9).

12

Ai sensi dell’articolo 272, paragrafo 1, lettera e), della direttiva IVA, gli Stati membri possono esentare i soggetti passivi che beneficiano del regime forfettario agricolo da determinati obblighi o da qualsiasi obbligo di cui al titolo XI, capi 2-6, di detta direttiva, vale a dire, segnatamente, l’obbligo di dichiarare alle autorità fiscali ogni attività in qualità di soggetto passivo al fine di essere identificato, di emettere fatture con IVA, di tenere una contabilità e di depositare dichiarazioni IVA.

13

Conformemente all’articolo 395 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti dei Trattati (GU 1985, L 302, pag. 23), in combinato disposto con l’allegato XXXVI del medesimo atto, la Repubblica portoghese ha potuto differire fino al 1o gennaio 1989 la piena applicazione delle norme costituenti il sistema comune dell’IVA.

Il diritto nazionale

14

Il decreto legge n. 195/89, del 12 giugno 1989 (Diário da República, 1a serie, n. 133, del 12 giugno 1989), ha introdotto nel codice sull’imposta sul valore aggiunto (Código do Imposto sobre o Valor Acrescentado; in prosieguo: il «CIVA»), approvato dal decreto legge n. 394-B/84, del 26 dicembre 1984 (Diário da República, 1a serie, n. 297, del 26 dicembre 1984), modificato e ripubblicato dal decreto legge n. 102/2008, del 20 giugno 2008 (Diário da República, 1a serie, n. 118, del 20 giugno 2008), dichiarazione di rettifica n. 44-A/2008, del 13 agosto 2008 (Diário da República, 1a serie, n. 156, del 13 agosto 2008), varie disposizioni dirette a conformare la normativa portoghese in materia di IVA alla sesta direttiva. Tra le modifiche apportate a detta normativa rientrano le disposizioni che istituiscono il regime speciale applicabile ai produttori agricoli (in prosieguo: il «regime portoghese controverso»).

15

Ai sensi dell’articolo 9, punto 33, del CIVA, sono esenti da IVA «le cessioni di beni effettuate nell’ambito delle attività di cui all’allegato A del presente codice, nonché le prestazioni di servizi agricoli definite all’allegato B, qualora esse siano effettuate a titolo accessorio da un produttore agricolo che utilizza i suoi mezzi di manodopera e gli impianti normali della sua azienda agricola o silvicola». Gli allegati A e B del CIVA corrispondono, in sostanza, agli allegati VII e VIII della direttiva IVA.

16

Dal combinato disposto di detto articolo 9, punto 33, e dell’articolo 20, paragrafo 1, del CIVA, emerge che, come contropartita dell’esenzione summenzionata, i produttori agricoli non possono detrarre od ottenere il rimborso delle spese sostenute a titolo dell’IVA sull’acquisto di beni e servizi destinati alla realizzazione delle suddette cessioni e prestazioni.

17

Ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 3, del CIVA, i produttori agricoli che effettuano esclusivamente operazioni esenti da IVA sono dispensati dagli obblighi in materia di liquidazione di tale imposta e di traslazione della medesima sui loro clienti, di emissione di fatture, di dichiarazione e di contabilità gravanti sui soggetti passivi ai quali si applica il regime normale dell’IVA.

Il procedimento precontenzioso

18

Con lettera di messa in mora del 6 giugno 2008, la Commissione comunicava alla Repubblica portoghese che, a suo avviso, il regime portoghese controverso era incompatibile con le disposizioni del regime forfettario agricolo di cui alla direttiva IVA, in particolare con gli articoli 296-298 della medesima, nella parte in cui la normativa portoghese non prevede che gli agricoltori rientranti nel suddetto regime nazionale ricevano una compensazione a titolo dell’IVA pagata a monte e si limita ad istituire un’esenzione per le attività agricole, unitamente all’impossibilità di detrarre l’importo dell’IVA versata a monte.

19

Nella sua risposta del 20 agosto 2008 alla suddetta lettera, la Repubblica portoghese negava l’inadempimento, affermando che l’articolo 298, secondo comma, seconda frase, della direttiva IVA (in prosieguo: la «disposizione in causa») autorizza espressamente gli Stati membri a fissare percentuali forfettarie di compensazione di livello zero, senza che tale facoltà sia correlata all’importo dell’imposta versata dai produttori agricoli rientranti nel regime portoghese controverso. Essa sosteneva che la normativa portoghese produce un risultato compatibile con gli obiettivi perseguiti dal regime forfettario agricolo, in particolare con quello della semplificazione, e che il trattamento fiscale previsto da un siffatto regime, ove si accompagni ad una compensazione di livello zero, è equivalente a quello cui sono soggette le attività esenti dall’IVA che non danno diritto a detrazione. Essa concludeva che, poiché gli Stati membri possono scegliere liberamente la forma e i mezzi per l’attuazione delle direttive nel loro ordinamento interno, il regime portoghese controverso può rientrare nell’elenco delle attività esenti di cui all’articolo 9 del CIVA.

20

Non convinta da tale risposta, la Commissione, il 26 giugno 2009, inviava alla Repubblica portoghese un parere motivato, nel quale ribadiva il proprio punto di vista secondo cui il regime portoghese controverso non è conforme al disposto degli articoli 296-298 della direttiva IVA.

21

Con lettera del 31 agosto 2009, la Repubblica portoghese informava la Commissione di non voler adottare le misure necessarie per conformarsi al suddetto parere motivato ed approfondiva l’argomentazione sostenuta nella propria risposta alla lettera di messa in mora.

22

La Commissione, mantenendo la propria posizione secondo cui la normativa portoghese non è compatibile con gli articoli 296-298 della direttiva IVA, decideva di proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

23

La Commissione rileva, in primis, che il regime forfettario agricolo persegue un obiettivo di semplificazione, dato che gli agricoltori forfettari possono essere dispensati dall’osservanza di un certo numero di obblighi inerenti ai regimi normale o semplificato dell’IVA, nonché un obiettivo di compensazione dell’imposta pagata a monte, volto a evitare che questa contribuisca alla formazione del prezzo dei prodotti agricoli sotto forma di «IVA occulta».

24

Qualora uno Stato membro decida di applicare il suddetto regime sul suo territorio, esso sarebbe tenuto, ai sensi dell’articolo 297, primo comma, prima frase, della direttiva IVA, a fissare, ove occorra, percentuali forfettarie di compensazione. Orbene, il regime portoghese controverso non ottempererebbe all’obbligo di prevedere una compensazione a vantaggio degli agricoltori rientranti in tale regime per l’IVA che questi pagano a monte.

25

Gli argomenti dedotti dalla Repubblica portoghese per giustificare il regime portoghese controverso non potrebbero essere accolti. In primo luogo, la disposizione in causa non avrebbe la portata attribuitale da detto Stato membro. I lavori preparatori relativi alla sesta direttiva non consentirebbero di condividere l’interpretazione suggerita da quest’ultimo.

26

In secondo luogo, le caratteristiche dell’agricoltura portoghese non consentirebbero di ritenere che una compensazione di livello zero sia, ad ogni modo, compatibile con le disposizioni della direttiva IVA in quanto pur sempre vantaggiosa per gli agricoltori portoghesi rientranti nel regime portoghese controverso.

27

In terzo luogo, l’obbligo di fissare una compensazione forfettaria a titolo dell’onere dell’IVA sopportato a monte non sarebbe subordinato alla condizione che gli agricoltori forfettari si trovino, complessivamente, in una situazione di credito di imposta nei confronti dello Stato membro interessato.

28

In quarto luogo, sarebbe irrilevante il fatto che la Commissione abbia tardato a contestare il regime portoghese controverso, istituito, essenzialmente, a partire dall’anno 1992. Sul punto, la Commissione osserva, in particolare, che solamente a seguito di una missione di controllo delle risorse proprie condotta in Portogallo nel novembre 2007 sarebbe emerso che l’importo dell’IVA non detratta dagli agricoltori soggetti al suddetto regime ammontava all’incirca al 5,3% delle loro vendite nel 2004 ed al 7,9% nel 2005. Le autorità portoghesi, ritenendo che l’importo dell’IVA riscossa nel settore agricolo fosse eccessivo, avrebbero quindi applicato nel 2004 una compensazione negativa di circa EUR 70 milioni nel loro calcolo della base imponibile delle risorse proprie.

29

In quinto luogo, l’asserito recupero dell’IVA sopportata a monte attraverso sovvenzioni ed altri aiuti pubblici in favore delle attività agricole non potrebbe sostituirsi ad una corretta applicazione del regime forfettario agricolo, quale previsto dalla direttiva IVA.

30

In sesto luogo, né la direttiva IVA, né il preambolo della sesta direttiva e neppure la giurisprudenza della Corte consentirebbero di ritenere che la compensazione forfettaria di cui trattasi presenti carattere extrafiscale.

31

In secundis, la Commissione sostiene che la normativa portoghese si limita ad esentare dal pagamento dell’IVA e, pertanto, ad escludere dal sistema comune dell’IVA tutti i produttori agricoli non soggetti al regime normale, i quali rappresenterebbero una quota significativa del settore agricolo portoghese, vale a dire il 27% nel 2004 ed il 29% nel 2005. Il regime portoghese controverso, quindi, violerebbe gravemente il principio della generalità dell’IVA.

32

La Repubblica portoghese contesta, sotto un primo profilo, la fondatezza degli argomenti illustrati dalla Commissione. Quando è stata adottata la sesta direttiva, l’aliquota zero sarebbe stata applicata solamente in maniera assai residuale e transitoria. Pertanto, non si potrebbe ritenere che l’applicazione di una percentuale di compensazione pari a zero sia legata all’assoggettamento degli acquisti effettuati a monte ad un’imposta ad aliquota zero, a meno di non ammettere che la facoltà conferita agli Stati membri dall’articolo 25, paragrafo 3, della sesta direttiva – disposizione oggi inserita nell’articolo 298, secondo comma, della direttiva IVA – fosse, sin dall’origine, praticamente inapplicabile.

33

Inoltre, in primo luogo, il Consiglio dell’Unione europea avrebbe deciso di modificare la proposta di sesta direttiva elaborata dalla Commissione aggiungendovi la suddetta facoltà. Tuttavia, poiché tale proposta già prevedeva la possibilità di arrotondare le percentuali al livello inferiore o superiore, e dunque la facoltà di arrotondarle a zero qualora fossero state vicine a tale cifra, la modifica apportata dal Consiglio si sarebbe necessariamente spinta oltre rispetto a detta proposta. Nella motivazione allegata a quest’ultima, la Commissione avrebbe altresì osservato che gli Stati membri dovrebbero poter fissare liberamente le percentuali forfettarie di compensazione e che le percentuali risultanti dai calcoli macroeconomici pertinenti costituirebbero solamente limiti massimi. L’aggiunta del termine «anche» nella disposizione in causa, termine che non ricorreva nella corrispondente disposizione della sesta direttiva e che costituirebbe una modifica meramente formale, confermerebbe che gli Stati membri possono fissare una percentuale forfettaria di compensazione pari a zero in qualunque circostanza.

34

Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, non si potrebbe addebitare ad uno Stato membro la cui normativa nazionale è conforme al dettato chiaro e preciso di una disposizione della direttiva IVA di essere venuto meno agli obblighi ad esso incombenti proprio in forza di tale disposizione. Il ricorso non può quindi essere accolto.

35

In secondo luogo, l’accoglimento dell’interpretazione sostenuta dalla Commissione sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto nonché con l’obiettivo dell’applicazione semplice ed uniforme delle norme del sistema comune dell’IVA.

36

In terzo luogo, nell’ambito del regime forfettario agricolo, il solo compito della Commissione sarebbe di verificare che il livello di compensazione fissato da uno Stato membro non determini una compensazione troppo elevata. Non le sarebbe consentito chiedere ad uno Stato membro di applicare una percentuale di compensazione superiore a quella che esso ha stabilito.

37

Questi vari elementi confermerebbero l’interpretazione letterale della disposizione in causa. L’interpretazione sostenuta dalla Repubblica controversa non sarebbe, peraltro, contraria né alla necessità di applicazione uniforme del diritto dell’Unione né al principio della parità di trattamento e di neutralità fiscale. A questo proposito, detto Stato membro sostiene che il regime forfettario agricolo è, di per sé, idoneo a compromettere tale neutralità, dal momento che ammette l’applicazione di percentuali forfettarie di compensazione determinate sulla base di una semplice stima.

38

Ad abundantiam, la Repubblica portoghese afferma che la sua scelta di non procedere alla compensazione dell’IVA sopportata a monte dai produttori agricoli rientranti nel regime portoghese controverso è coerente dal punto di vista fiscale.

39

Anzitutto, le circostanze esistenti in Portogallo alla data dell’entrata in vigore della sesta direttiva in tale Stato membro non avrebbero, da allora, subìto modifiche significative, dato che la situazione attuale in materia di IVA presenta colà caratteristiche equivalenti a quelle esistenti al 1o gennaio 1989. Inoltre, anche ipotizzando che la modifica delle circostanze richiamate dalla Commissione si sia verificata, essa sarebbe avvenuta all’incirca 17 anni or sono, poiché l’aliquota zero è stata espunta dalla normativa portoghese nel marzo 1992.

40

Così, il fatto che le percentuali forfettarie di compensazione siano fissate «ove occorra» implicherebbe l’esistenza di situazioni in cui la fissazione di tali percentuali non è giustificata. Ciò si verificherebbe, segnatamente, nel caso in cui i produttori agricoli, complessivamente considerati, non si trovino in una situazione di credito di IVA nei confronti dello Stato. Inoltre, risulterebbe in particolare dalla giurisprudenza della Corte che il calcolo del limite massimo di compensazione deve tenere conto dell’IVA liquidata a valle conformemente al regime normale e che – pena la sussistenza di un aiuto di Stato – il regime forfettario agricolo non può consentire agli Stati membri di rimborsare agli agricoltori forfettari somme superiori al rimborso dell’IVA al quale avrebbero diritto se rientrassero nel regime normale.

41

Orbene, in Portogallo, tanto alla data del 1o gennaio 1989 quanto attualmente, gli importi dell’IVA correlata agli acquisti di beni e di servizi destinati alle attività agricole e detraibili nell’ambito del regime normale sarebbero inferiori agli importi dell’IVA dovuta allo Stato che risulterebbero dalla liquidazione e dalla traslazione di quest’ultima sugli acquirenti di beni e di servizi agricoli. I produttori agricoli non si troverebbero quindi, complessivamente, in una situazione di credito di IVA nei confronti dello Stato. Pertanto, la fissazione a livello zero della percentuale di compensazione dell’IVA sopportata a monte sarebbe, nel caso della Repubblica portoghese, l’unica soluzione fiscale adeguata e coerente.

42

A tale riguardo, la Repubblica portoghese sostiene che la Commissione non ha dimostrato, né durante la fase precontenziosa né nel suo ricorso, in che modo ha determinato i tassi del 5,3% e del 7,9% e che, d’altronde, essa ne ignora l’origine. Tale Stato membro non sarebbe dunque in grado di confutare tali tassi, i quali non potrebbero pertanto essere utilizzati dalla Commissione per imporgli di riconoscere agli agricoltori rientranti nel regime portoghese controverso una compensazione uguale o prossima ai tassi medesimi. In ogni caso, essi rappresenterebbero solamente un tetto massimo.

43

Sotto un secondo profilo, la Repubblica portoghese deduce che il regime portoghese controverso è conforme all’ambito di applicazione del regime previsto dalla direttiva IVA nonché all’obiettivo di semplificazione delle norme e delle procedure, dato che la normativa nazionale dispensa gli agricoltori rientranti in tale regime da qualsiasi obbligo in materia di emissione di fatture, di liquidazione, di dichiarazione, di contabilità, di traslazione e di pagamento dell’IVA. Inoltre, solamente la fissazione di una percentuale di compensazione di livello zero consentirebbe di realizzare un’effettiva – in quanto completa – semplificazione. Tale regime sarebbe altresì conforme ai requisiti che disciplinano l’obbligo di trasposizione del diritto derivato nel diritto interno.

44

Peraltro, il recupero degli importi di IVA sopportati per acquistare beni e servizi destinati alle attività agricole sarebbe quasi sempre garantito attraverso aiuti o altre sovvenzioni concesse dallo Stato e da altri enti pubblici.

45

Sotto un terzo profilo, la Repubblica portoghese afferma che l’obiettivo di compensazione, in favore degli agricoltori forfettari, dell’IVA che questi hanno sopportato a monte sui suddetti acquisti non è stato richiamato nella lettera di messa in mora o nel parere motivato. Ciò premesso, anche in caso di effettiva esistenza di tale obiettivo, l’eventuale compensazione non sarebbe di natura fiscale. La sesta direttiva e la direttiva IVA non possono quindi averne imposto il versamento.

46

Sotto un ultimo profilo, la Repubblica portoghese sottolinea che la Commissione medesima esclude, nel proprio ricorso, la questione dell’asserito debito portoghese in materia di risorse proprie dell’Unione legate al regime forfettario agricolo. Essa tuttavia fa valere, segnatamente, che, quand’anche la Corte accogliesse la tesi della Commissione, ciò non potrebbe comportare un aumento della partecipazione portoghese a titolo delle risorse proprie dell’Unione provenienti dall’IVA.

Giudizio della Corte

47

A sostegno del suo ricorso, la Commissione deduce due distinte censure, una relativa all’applicazione ai produttori agricoli rientranti nel regime portoghese controverso di un regime speciale che li esenta dal pagamento dell’IVA e comporta l’applicazione di una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero, l’altra relativa alla compensazione negativa sulle risorse proprie dovute dalla Repubblica portoghese in relazione alla riscossione dell’IVA.

Sulla prima censura, relativa all’esenzione e all’applicazione di una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero

48

Come emerge dagli articoli 272, paragrafo 1, lettera e), e 296, paragrafo 1, della direttiva IVA, il regime forfettario agricolo mira a consentire agli Stati membri di dispensare i produttori agricoli, per i quali l’applicazione del regime normale o del regime speciale delle piccole imprese crei difficoltà, da determinati obblighi o da qualsiasi obbligo abitualmente gravanti sui soggetti passivi che rientrano nel regime normale dell’IVA, riconoscendo loro, nel contempo, una compensazione forfettaria dell’onere dell’IVA che detti agricoltori hanno versato a monte. Tale regime persegue quindi, allo stesso tempo, un obiettivo di semplificazione (sentenza del 26 maggio 2005, Stadt Sundern, C-43/04, Racc. pag. I-4491, punto 28) e un obiettivo di compensazione dell’onere dell’IVA sopportato a monte (sentenza del 15 luglio 2004, Harbs, C-321/02, Racc. pag. I-7101, punto 29). Poiché la Commissione ha segnatamente – come emerge dagli atti presentati alla Corte – fatto riferimento a quest’ultimo obiettivo tanto nella lettera di messa in mora quanto nel parere motivato, la Repubblica portoghese non può, in ogni caso, fondatamente asserire che detto obiettivo non può essere fatto valere nei suoi confronti nell’ambito del presente ricorso.

49

Occorre altresì rammentare che, da un lato, il regime forfettario agricolo è un regime derogatorio il quale costituisce un’eccezione al regime generale della direttiva IVA e deve, pertanto, essere applicato solo nella misura necessaria a realizzarne lo scopo. Inoltre, secondo costante giurisprudenza della Corte, qualunque deroga o eccezione ad una regola generale deve essere interpretata restrittivamente (sentenze citate Harbs, punto 27, e Stadt Sundern, punto 27). D’altro lato, l’esenzione dall’IVA per le attività agricole non è prevista dalla direttiva IVA. Al contrario, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 46-46 delle sue conclusioni, sebbene le vendite degli agricoltori forfettari non siano soggette ad IVA, il regime forfettario agricolo non è stato concepito, per l’appunto, come un regime di esenzione, poiché un regime siffatto non avrebbe consentito di eliminare l’onere dell’IVA sopportata a monte e quindi di garantire la neutralità del sistema comune dell’IVA. Del resto, dall’articolo 296, paragrafo 1, della citata direttiva emerge che i produttori agricoli sono, in linea di principio, soggetti o al regime normale, o al regime speciale delle piccole imprese, oppure al suddetto regime forfettario.

50

Inoltre, sebbene la semplificazione degli obblighi amministrativi gravanti sugli agricoltori forfettari rientri effettivamente fra gli obiettivi perseguiti dal regime forfettario agricolo, la ricerca di semplificazione non può giustificare l’istituzione di un regime non previsto dalla direttiva IVA (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 28 settembre 2006, Commissione/Austria, C-128/05, Racc. pag. I-9265, punto 25). Ciò vale, a maggior ragione, in quanto tale obiettivo di semplificazione deve, nella fattispecie, essere conciliato con quello della compensazione dell’onere dell’IVA sopportato a monte dagli agricoltori interessati, il quale implica necessariamente l’imposizione di un minimo di obblighi amministrativi agli agricoltori forfettari, segnatamente al fine di raccogliere i dati necessari alla determinazione delle percentuali forfettarie di compensazione applicabili.

51

Orbene, dato che gli agricoltori forfettari sopportano effettivamente un onere di IVA a monte non trascurabile, non riconoscere ai medesimi la compensazione di un simile onere sarebbe contrario a quest’ultimo obiettivo.

52

Inoltre, a mente del settimo considerando della direttiva IVA, il sistema comune dell’IVA dovrebbe portare ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione. In tal senso, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 45-48 delle sue conclusioni, il regime forfettario agricolo mira altresì a preservare il più possibile la neutralità dell’IVA, essendo la compensazione volta a evitare che l’onere dell’IVA sopportato a monte sia traslato a valle e determini allora un incremento del prezzo, il quale sarebbe a sua volta gravato da tale tassa e aumenterebbe, a cascata, lungo l’intero circuito di produzione e di distribuzione dei prodotti e servizi forniti dagli agricoltori forfettari. Di conseguenza, interpretando la disposizione in esame nel senso che essa lascerebbe liberi gli Stati membri di ridurre le percentuali forfettarie di compensazione fino al livello zero anche nel caso in cui gli agricoltori sopportino a monte un onere dell’IVA non trascurabile, verrebbe pregiudicata la suddetta neutralità.

53

È vero che il versamento di una semplice compensazione a carattere meramente forfettario non porta, per definizione, a garantire una perfetta neutralità dell’IVA. Tale compensazione consente, tuttavia, di assicurare la migliore neutralità possibile in considerazione della necessità di conciliare quest’ultima e l’obiettivo di compensazione con l’obiettivo di semplificazione delle regole cui gli agricoltori forfettari sono soggetti, il quale parimenti costituisce uno degli obiettivi del regime forfettario agricolo, come rilevato al punto 48 della presente sentenza.

54

In tale contesto non può ritenersi che, di per sé, le modalità di determinazione della percentuale forfettaria di compensazione previste dall’articolo 298 della direttiva IVA rimettano in discussione tali obiettivi. Non può pertanto ammettersi che una mera esenzione delle attività agricole – in quanto equivalente, dal punto di vista funzionale, all’applicazione di una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero – possa essere considerata una trasposizione adeguata delle norme della direttiva IVA relative al regime forfettario agricolo e, in particolare, dei suoi articoli 296-298.

55

A tale riguardo, occorre anche osservare che la possibilità di ridurre le percentuali forfettarie di compensazione fino al livello zero costituisce un’opzione ulteriore rispetto a quella di arrotondare tali percentuali al mezzo punto inferiore o superiore prevista all’articolo 298, secondo comma, prima frase, della direttiva IVA. Tuttavia, alla luce delle suesposte considerazioni, tale possibilità di riduzione fino al livello zero è offerta agli Stati membri solo qualora le percentuali risultanti dai calcoli effettuati conformemente al primo comma del medesimo articolo 298, quand’anche superiori allo 0,5%, siano nondimeno trascurabili e, di conseguenza, qualora l’onere complessivo di IVA sopportato a monte dagli agricoltori forfettari possa a sua volta considerarsi trascurabile.

56

Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 20-33 e 56-58 delle sua conclusioni, da un lato, né la formulazione della disposizione in causa né i lavori preparatori della sesta direttiva ostano a tale interpretazione degli articoli 296-298 della direttiva IVA e, dall’altro, la Repubblica portoghese non può invocare a proprio vantaggio la sentenza del 15 luglio 2010, Commissione/Regno Unito (C-582/08, Racc. pag. I-7195), per sostenere che tale interpretazione non può essere fatta valere nei suoi confronti.

57

Occorre altresì sottolineare che, al contrario di quanto sostiene la Repubblica portoghese, proprio il fatto di interpretare la disposizione controversa nel senso che essa lascerebbe liberi gli Stati membri di fissare percentuali forfettarie di livello zero, a prescindere dalle circostanze, contravverrebbe alla certezza del diritto ed all’applicazione uniforme delle norme del sistema comune dell’IVA nell’Unione.

58

Nel caso di specie, e senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità o sulla pertinenza dell’argomentazione della Commissione basata sui tassi del 5,3% e del 7,9% da essa dedotti, è sufficiente rilevare che la Repubblica portoghese ammette che l’aliquota zero dell’IVA è stata abrogata nella sua normativa nel corso dell’anno 1992 e che i beni ed i servizi generalmente acquistati dagli agricoltori per l’esercizio delle loro attività sono da allora soggetti, a seconda dei casi, ad un’aliquota IVA del 6% o del 13%. Gli agricoltori forfettari portoghesi sopportano quindi necessariamente un onere dell’IVA a monte che non è trascurabile e che deve perciò essere compensato. Pertanto, tale Stato membro non può legittimamente applicare agli agricoltori rientranti nel regime portoghese controverso una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero.

59

Peraltro, occorre rilevare, anzitutto, che l’argomento della Repubblica portoghese secondo cui occorrerebbe fissare una percentuale forfettaria di compensazione superiore a zero solamente qualora gli agricoltori si trovino in una situazione di credito di IVA nei confronti dello Stato non trova alcun supporto nel testo della direttiva IVA. Al contrario, la Corte ha già precisato che, sebbene i dati macroeconomici relativi ai soli agricoltori forfettari, cui si riferisce l’articolo 298 della direttiva IVA, comprendano in effetti, come indicato dalla Repubblica portoghese, le entrate (consumo intermedio e formazione lorda di capitale fisso) e le uscite (produzione finale, ivi compreso l’autoconsumo), nonché l’importo totale delle imposte relative alle entrate, essa ha anche indicato che le percentuali forfettarie di compensazione sono ottenute dividendo il solo importo totale delle imposte relative alle entrate per le uscite (sentenza del 28 giugno 1988, Commissione/Italia, 3/86, Racc. pag. 3369, punto 8). L’IVA eventualmente dovuta a valle e, pertanto, l’eventuale situazione di credito d’imposta degli agricoltori, segnatamente di quelli rientranti nel regime forfettario, non è quindi presa in considerazione nella determinazione della percentuale forfettaria di compensazione applicabile.

60

Inoltre, da giurisprudenza costante della Corte risulta che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze dell’11 ottobre 2001, Commissione/Austria, C-110/00, Racc. pag. I-7545, punto 13, e del 3 giugno 2010, Commissione/Spagna, C-487/08, Racc. pag. I-4843, punto 34). Le norme stabilite all’articolo 258 TFUE, poi, devono essere applicate senza che la Commissione sia tenuta a rispettare un dato termine. Essa dispone così del potere di decidere quando si debba eventualmente proporre un ricorso e non spetta alla Corte, in linea di principio, sindacare tale decisione (sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Italia, C-297/08, Racc. pag. I-1749, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

61

Di conseguenza, poiché la Repubblica portoghese non contesta che, allo scadere del termine fissato nel parere motivato, l’onere complessivo dell’IVA gravante sui fattori di produzione agricola e sopportato dagli agricoltori rientranti nel regime portoghese controverso non era trascurabile, come rilevato al punto 58 della presente sentenza, il fatto che le circostanze esistenti in Portogallo a tale riguardo siano sostanzialmente immutate dal 1992, o addirittura dal 1989, anche laddove dimostrato, è privo di incidenza sull’analisi della fondatezza del ricorso della Commissione.

62

Infine, da un lato, la direttiva IVA enuncia espressamente, al suo articolo 296, paragrafo 1, che il regime forfettario agricolo è volto a compensare l’onere dell’IVA sopportato a monte dagli agricoltori forfettari. Non può dunque affermarsi che tale compensazione riguardi, in maniera generale, i costi inerenti all’azienda agricola e presenti, quindi, un carattere extrafiscale che non consentirebbe di imporre il versamento di detta compensazione in forza della direttiva IVA. Dall’altro, quest’ultima prevede, ai suoi articoli 300 e 301, le principali modalità secondo cui la compensazione effettiva alla quale un dato agricoltore ha diritto deve essere determinata e corrisposta al medesimo. Pertanto, non si può neppure affermare che l’onere dell’IVA sopportato a monte dagli agricoltori rientranti nel regime portoghese controverso possa essere compensato nei loro confronti attraverso misure diverse dal versamento della compensazione forfettaria prevista dalla suddetta direttiva.

63

Pertanto, la prima censura dedotta dalla Commissione a sostegno del proprio ricorso dev’essere considerata fondata.

Sulla seconda censura, relativa alla compensazione negativa sulle risorse proprie dovute in relazione alla riscossione dell’IVA

64

Secondo costante giurisprudenza, la Corte può esaminare d’ufficio se ricorrano i presupposti previsti dall’articolo 258 TFUE per la proposizione di un ricorso per inadempimento (sentenze del 31 marzo 1992, Commissione/Italia, C-362/90, Racc. pag. I-2353, punto 8, e Commissione/Spagna, cit., punto 70).

65

Risulta, in particolare, dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura della Corte e dalla giurisprudenza ad esso relativa che il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti e che tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo sindacato. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso (sentenze del 9 gennaio 2003, Italia/Commissione, C-178/00, Racc. pag. I-303, punto 6, e del 15 giugno 2010, Commissione/Spagna, C-211/08, Racc. pag. I-5267, punto 32).

66

Nel caso di specie, la seconda censura dedotta dalla Commissione non soddisfa tali requisiti. Con tale censura, infatti, la Commissione addebita alla Repubblica portoghese di procedere ad una compensazione negativa sostanziale sulle risorse proprie dovute in relazione alla riscossione dell’IVA. Tuttavia, nell’esposizione dei suoi motivi, la Commissione si limita a indicare che, in caso di accertata infrazione della direttiva IVA che determini una riduzione delle risorse proprie dell’Unione, essa sarebbe legittimata a riscuotere l’importo totale delle risorse proprie interessate, maggiorato dei relativi interessi di mora. Essa omette, quindi, di spiegare precisamente quale sarebbe l’obbligo rispetto al quale detto Stato membro, procedendo a una simile compensazione, si sarebbe reso inadempiente. Inoltre, la Commissione afferma, nel suo ricorso, che «il presente procedimento per inadempimento non [è] volto ad esaminare in quale misura la Repubblica portoghese si sia conformata alla normativa in materia di riscossione delle risorse proprie», in tal modo contraddicendo la seconda censura enunciata nelle conclusioni che essa ha presentato alla Corte.

67

Ne consegue che detta seconda censura deve essere respinta in quanto irricevibile.

68

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre dichiarare che, applicando ai produttori agricoli un regime speciale che non rispetta il regime istituito dalla direttiva IVA, in quanto li esenta dal pagamento dell’IVA e comporta l’applicazione di una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 296-298 della suddetta direttiva.

Sulle spese

69

Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Conformemente al paragrafo 3, primo comma, dello stesso articolo, se, in particolare, le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese. Pertanto, poiché il ricorso della Commissione è accolto solo parzialmente, occorre condannare ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Applicando ai produttori agricoli un regime speciale che non rispetta il regime istituito dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in quanto li esenta dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto e comporta l’applicazione di una percentuale forfettaria di compensazione di livello zero, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 296-298 della suddetta direttiva.

 

2)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

3)

La Commissione europea e la Repubblica portoghese sopportano le proprie spese.

 

Firme


( * )   Lingua processuale: il portoghese.