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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

15 novembre 2012 (*)

«Sesta direttiva IVA – Esenzioni – Articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera g), e 2 – Prestazioni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale – Riconoscimento – Condizioni non applicabili agli organismi diversi da quelli di diritto pubblico – Potere discrezionale degli Stati membri – Limiti – Principio della neutralità fiscale»

Nella causa C-174/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione del 2 marzo 2011, pervenuta in cancelleria il 13 aprile 2011, nel procedimento

Finanzamt Steglitz

contro

Ines Zimmermann,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dai sigg. M. Ilešič, U. Lõhmus (relatore), A. Arabadjiev e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 maggio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per I. Zimmermann, da U. Behr, Rechtsanwalt,

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da W. Mölls e C. Soulay, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 luglio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera g), e 2, lettera a), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra la sig.ra Zimmermann e il Finanzamt Steglitz (Ufficio delle imposte di Steglitz, in prosieguo: il «Finanzamt») in merito all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») dovuta per gli anni 1993 e 1994.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva dispone quanto segue:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(...)

b)      l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;

(...)

g)      le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato;

(...)».

4        L’articolo 13, parte A, paragrafo 2, della sesta direttiva prevede quanto segue:

«a)      [g]li Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n) all’osservanza di una o più delle seguenti condizioni:

–        gli enti di cui trattasi non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite;

–        essi devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione;

–        essi devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi approvati, ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per servizi analoghi da imprese commerciali soggette all’[IVA];

–        le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’[IVA].

b)      sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista alle lettere b), g), h), i), l), m) e n) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che:

–        non siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate;

–        siano essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’[IVA]».

 Il diritto tedesco

5        L’articolo 4 della legge del 1993 relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz 1993, in prosieguo: l’«UStG»), nella versione applicabile agli anni controversi 1993 e 1994, prevedeva quanto segue:

«Fra le operazioni [...] sono esenti:

(...)

16.      le operazioni strettamente connesse con la gestione di (…) organismi per l’assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure, allorché:

a) tali organismi sono gestiti da persone giuridiche di diritto pubblico o

(…)

e)      nel caso di (…) organismi per l’assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure, nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali sono state sostenute, in tutto o in gran parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti;

(...)

18.      le prestazioni rese da associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute, nonché da enti, associazioni di persone e fondi patrimoniali con finalità di previdenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni, qualora

a)      i fornitori di dette prestazioni perseguano esclusivamente e direttamente fini di interesse generale, di beneficenza o religiosi, 

b)      le prestazioni siano direttamente dispensate ai beneficiari per statuto, atto costitutivo o altro atto dispositivo;

c)      i compensi per le relative prestazioni rimangano al di sotto di quelli corrisposti mediamente per analoghe prestazioni rese dalle imprese aventi fini di lucro. (…)».

6        La soglia dei due terzi, prevista dall’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG (in prosieguo: la «soglia dei due terzi») è stata ridotta al 40% a decorrere dal 1º gennaio 1995.

7        La nozione di «previdenza sociale» contenuta nell’articolo 4, punto 18, dell’UStG è definita nell’articolo 66, paragrafo 2, del codice tributario (Abgabenordnung, BGBl. 1976 I, pag. 613 e BGBl 1977 I, pag. 269) come segue:

«La previdenza sociale consiste nella protezione programmata delle persone in stato di bisogno o di pericolo nell’interesse della società e non a fini di lucro. Tale protezione può essere estesa al benessere psicofisico, sociale, educativo ed economico, nonché perseguire finalità preventive e assistenziali».

8        L’articolo 23 del regolamento di applicazione del 1993 dell’UStG (Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung 1993, in prosieguo: l’«UStDV») enumera undici associazioni che sono considerate come organizzazioni di previdenza sociale ufficialmente riconosciute ai sensi dell’articolo 4, punto 18, dell’UStG.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        La sig.ra Zimmermann è infermiera diplomata e nel 1992 lavorava come responsabile del servizio cure in un centro sociale. Parallelamente a tale attività dall’inizio del 1993 si occupava come lavoratrice autonoma di singoli pazienti, registrandosi il 1º giugno 1993 come prestatrice di servizi di assistenza a domicilio. Su sua richiesta, presentata il 27 agosto 1993, dal 1º ottobre 1993 veniva autorizzata a fornire, nell’ambito del sistema delle casse malattia, servizi di assistenza domiciliare. Nelle sue dichiarazioni ai fini dell’imposta sulla cifra d’affari per gli anni 1993 e 1994, la sig.ra Zimmermann menzionava le proprie operazioni come esenti dall’IVA conformemente all’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG.

10      Nel 1999 il Finanzamt accertava che la sig.ra Zimmermann, con il suo personale, aveva curato nel 1993 complessivamente 76 persone, di cui 52 (pari al 68%) l’avevano retribuita senza copertura previdenziale pubblica. Pertanto, il Finanzamt negava, ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG, l’esenzione IVA per i servizi prestati dalla sig.ra Zimmermann nel 1993.

11      Esso faceva osservare che, ai sensi della citata norma, in almeno due terzi dei casi le spese avrebbero dovuto essere sostenute, in tutto o in gran parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti. Il Finanzamt negava anche l’esenzione, ai sensi dell’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG, per i servizi erogati dalla sig.ra Zimmermann nel 1994 in quanto tale norma faceva riferimento alla situazione dell’anno civile precedente. Tuttavia, secondo il Finanzamt, l’esenzione di cui all’articolo 4, punto 14, dell’UStG era applicabile nei limiti in cui la sig.ra Zimmermann aveva prestato servizi di trattamento terapeutico. Con decisione del 27 aprile 1999, il Finanzamt fissava ad un terzo la stima della parte di tali cure.

12      A seguito di un reclamo infruttuoso, la sig.ra Zimmermann impugnava tali decisioni dinanzi al Finanzgericht. Nel corso di tale procedimento produceva un’attestazione rilasciata dal dipartimento per la sanità, gli affari sociali e la tutela dei consumatori dell’amministrazione di Berlino il 19 ottobre 2005, secondo la quale la sig.ra Zimmermann, da un lato, aveva prestato, almeno dal 1988, gli stessi servizi e esercitato le medesime attività dei presidi assistenziali (centri di assistenza sociale) rientranti nella Lega delle associazioni di assistenza sociale volontaria (Liga der Verbände der freien Wohlfahrtspflege) di Berlino e, dall’altro, la sua impresa era stata riconosciuta dal diritto sociale come organismo avente carattere sociale.

13      Il Finanzgericht ha sostanzialmente accolto il ricorso. Esso ha affermato che le operazioni effettuate dalla sig.ra Zimmermann nel 1993, fino al 1º ottobre, erano fiscalmente esenti, in forza dell’articolo 4, punto 14, primo periodo, dell’UStG, nella misura in cui si trattava della prestazione di trattamenti terapeutici. Il Finanzgericht ha stimato che tali servizi costituissero una percentuale pari al 75%.

14      A parere del Finanzgericht, la sig.ra Zimmermann ha diritto all’esenzione prevista dall’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG per il periodo compreso tra il 1º ottobre 1993 e il 31 dicembre 1994. Esso ha dichiarato che, a partire da detto periodo, almeno due terzi di tali operazioni avevano riguardato persone per le quali le spese mediche e farmaceutiche erano state sostenute, in tutto o in gran parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti. Sempre a parere del Finanzgericht, l’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG dev’essere interpretato conformemente alla direttiva nel senso che può essere preso in considerazione solo il periodo successivo al settembre del 1993.

15      Con il suo ricorso per cassazione («Revision»), il Finanzamt chiede l’annullamento della decisione del Finanzgericht e il rigetto del ricorso nella parte in cui esso ne ha accolto le domande, per il periodo compreso tra il 1º ottobre 1993 e il 31 dicembre 1994, sulla base della citata disposizione. La sig.ra Zimmermann chiede il rigetto del ricorso per cassazione.

16      Il Bundesfinanzhof considera, contrariamente al Finanzgericht, che non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 4, punto 16, lettera e), dell’UStG. Tuttavia, sussisterebbe un dubbio sulla questione se la soglia dei due terzi possa essere fondata sull’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva o sul paragrafo 2, lettera a), di tale medesimo articolo. Inoltre, la Corte non avrebbe approvato esplicitamente, nella sentenza dell’8 giugno 2006, L.u.P. (C-106/05, Racc. pag. I-5123), la condizione prevista dall’articolo 4, punto 16, lettera c), dell’UStG, secondo la quale una soglia del 40% dev’essere stata raggiunta durante l’anno precedente. Peraltro, nella specie sarebbe incerta la portata del principio di neutralità in materia di IVA.

17      Infatti, ai fini dell’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 4, punto 18, dell’UStG, applicabile ai soli undici organismi elencati nell’articolo 23 dell’UStDV, i quali fornirebbero prestazioni simili, anzi identiche, a quelle fornite dalla sig.ra Zimmermann, avrebbe poca rilevanza il fatto che le spese mediche e farmaceutiche siano state sostenute, in parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti. Non si sarebbe neanche tenuto conto, a tale proposito, della situazione dell’anno civile precedente.

18      Il Bundesfinanzhof ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), e/o paragrafo 2, lettera a), della [sesta direttiva] consenta al legislatore nazionale di subordinare l’esenzione fiscale relativa a servizi di assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure alla circostanza che, per quanto riguarda gli enti che prestano detti servizi, “nell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese assistenziali siano state sostenute, in tutto o in gran parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti” [articolo 4, punto 16, lettera e), dell’[UStG]].

2)      Se, nel rispetto del principio della neutralità dell’[IVA], sia rilevante ai fini della soluzione della precedente questione il fatto che il legislatore nazionale assoggetti l’esenzione dei medesimi servizi ad altre condizioni, qualora essi siano prestati da associazioni di assistenza sociale volontaria ufficialmente riconosciute o da enti, associazioni di persone e fondi patrimoniali con finalità di assistenza sociale volontaria, i quali siano membri di siffatte associazioni [articolo 4, punto 18, dell’[UStG]]».

 Sulle questioni pregiudiziali

19      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), e/o 2, lettera a), della sesta direttiva, interpretato alla luce del principio di neutralità in materia fiscale, osti a che l’esenzione dell’IVA per le cure a domicilio somministrate da prestatori commerciali sia soggetta ad una condizione come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale nell’anno civile precedente, in almeno due terzi dei casi, le spese relative a tali cure devono essere state sostenute, in tutto o in maggior parte, dagli enti di previdenza o di assistenza sociale legalmente istituiti (in prosieguo: la «condizione oggetto del procedimento principale»), in particolare qualora tale condizione non si applichi a tutti i fornitori di prestazioni del tipo menzionato.

20      Emerge dalla decisione di rinvio che, secondo la motivazione dell’UStG, sia l’articolo 4, punto 16, lettera e), di quest’ultima che il suo articolo 4, punto 18, sono volti a recepire l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva.

21      L’esenzione prevista in quest’ultima disposizione si applica alle prestazioni di servizi e alle cessioni di beni che sono, da un lato, «strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale» e, dall’altro, «effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato».

22      Emerge da una giurisprudenza costante che i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di IVA. Pertanto, questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al detto articolo 13 debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (v., in particolare, in tal senso, sentenze del 14 giugno 2007, Haderer, C-445/05, Racc. pag. I-4841, punto 18 e giurisprudenza ivi citata; del 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed, C-461/08, Racc. pag. I-11079, punto 25 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 10 giugno 2010, CopyGene, C-262/08, Racc. pag. I-5053, punto 26).

23      La Corte ha già ammesso, in una causa relativa, in particolare, ad una precedente versione dell’articolo 4, punto 16, dell’UStG, che le prestazioni di cure generiche e di economia domestica fornite da un servizio di somministrazione di cure in loco a persone fisicamente o economicamente non autosufficienti costituiscono prestazioni di servizi strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva (v. sentenza del 10 settembre 2002, Kügler, C-141/00, Racc. pag. I-6833, punti 8, 17, 44 e 61).

24      Nella specie, non è stato contestato che le cure a domicilio somministrate dalla sig.ra Zimmermann possono essere considerate «strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale» ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva. Spetta al giudice nazionale esaminare tale circostanza alla luce della giurisprudenza illustrata nei punti 22 e 23 della presente sentenza.

25      Emerge dal fascicolo, e in particolare dalle osservazioni del governo tedesco, che la condizione oggetto del procedimento principale verte sul riconoscimento del «carattere sociale» degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva.

26      Quest’ultima disposizione non precisa le condizioni né le modalità del citato riconoscimento (sentenza del 26 maggio 2005, Kingscrest Associates e Montecello, C-498/03, Racc. pag. I-4427, punto 49). Spetta dunque, in via di principio, al diritto nazionale di ciascuno Stato membro sancire le norme in base alle quali un siffatto riconoscimento può essere accordato a organismi di tal genere. Gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale a tale proposito (v. in particolare, in tal senso, sentenza Kügler, cit., punto 54; Kingscrest Associates e Montecello, cit., punti 49 e 51, nonché sentenza del 9 febbraio 2006, Stichting Kinderopvang Enschede, C-415/04, Racc. pag. I-1385, punto 23).

27      In tale contesto, l’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva conferisce agli Stati membri la facoltà di subordinare la concessione ad organismi diversi da quelli di diritto pubblico dell’esenzione prevista nel paragrafo 1, lettera g), di tale medesimo articolo al rispetto di una o più delle condizioni menzionate nel citato paragrafo 2, lettera a). Gli Stati membri sono liberi di imporre tali condizioni facoltative in via supplementare per la concessione dell’esenzione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Kingscrest Associates e Montecello, cit., punti 38 e 50; L.u.P., cit., punto 43, nonché sentenza del 14 giugno 2007, Horizon College, C-434/05, Racc. pag. I-4793, punto 45).

28      Ne consegue che, nella controversia principale, si tratta essenzialmente di valutare se, nell’ambito dell’organizzazione del riconoscimento ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, la Repubblica federale di Germania abbia rispettato i limiti del potere discrezionale di cui dispone (v. anche, per analogia, sentenza Kügler, cit., punto 55).

29      Su tale punto, il governo tedesco fa valere che la Repubblica federale di Germania era legittimata a prevedere che il riconoscimento di organismi diversi da quelli di diritto pubblico nell’ambito dell’esenzione menzionata nell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva fosse disciplinata in modo esaustivo dalla normativa tributaria interna, senza conferire alle autorità amministrative alcun potere discrezionale in materia.

30      È certo che l’adozione di norme nazionali relative alle condizioni e alle modalità per il riconoscimento del carattere sociale degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico è consentita dall’articolo 13, parte A, della sesta direttiva (v., in tal senso, sentenza Kingscrest Associates e Montecello, cit., punto 50).

31      Emerge tuttavia dalla giurisprudenza della Corte che, al fine di determinare gli organismi il cui «carattere sociale», ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva deve essere riconosciuto ai fini di tale disposizione, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione diversi elementi. Fra questi possono essere annoverati l’esistenza di disposizioni specifiche, siano esse nazionali o regionali, legislative o a carattere amministrativo, fiscali o previdenziali, il carattere di interesse generale delle attività del contribuente interessato, il fatto che altri contribuenti che svolgono le stesse attività beneficino già di un’analoga esenzione, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in questione siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse malattia o da altri organismi di previdenza sociale (v., in tal senso, sentenze cit. Kügler, punti 57 e 58, nonché Kingscrest Associates e Montecello, punto 53; come anche, per analogia, sentenze del 6 novembre 2003, Dornier, C-45/01, Racc. pag. I-12911, punti 72 e 73; L.u.P., cit., punto 53, nonché CopyGene, cit., punti 65 e 71).

32      Inoltre, l’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva può essere fatta valere da un soggetto passivo dinanzi ad un giudice nazionale per opporsi ad una normativa nazionale incompatibile con tale disposizione. In un caso simile, spetta al giudice nazionale determinare, alla luce di tutti gli elementi pertinenti, se il soggetto passivo sia un organismo riconosciuto come avente carattere sociale ai sensi della citata disposizione (v. sentenza Kügler, cit., punto 61).

33      Pertanto, quando un contribuente contesta il riconoscimento, o l’omesso riconoscimento, della qualifica di organismo a carattere sociale ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, spetta ai giudici nazionali valutare se le competenti autorità abbiano rispettato i limiti del potere discrezionale conferito dal citato articolo applicando i principi del diritto dell’Unione, ivi compreso, in particolare, il principio di parità di trattamento che si concretizza, in materia di IVA, nel principio di neutralità fiscale (v. in particolare, in tal senso, sentenze cit. Kügler, punto 56; Kingscrest Associates e Montecello, punti 52 e 54, nonché L.u.P., punto 48).

34      Nella specie, il giudice del rinvio si questiona, in un primo momento, sulla legittimità, rispetto alla sesta direttiva, di due aspetti della condizione oggetto del procedimento principale, vale a dire, da un lato, la soglia dei due terzi e, dall’altro, il fatto che la valutazione del soddisfacimento di tale condizione deve obbligatoriamente vertere, secondo l’interpretazione di tale giudice, sulla situazione come si presentava durante l’anno civile precedente (in prosieguo: l’«obbligo di prendere solo in considerazione l’anno civile precedente»).

35      Per quanto riguarda, in primo luogo, la soglia dei due terzi, occorre rilevare che, conformemente alla giurisprudenza menzionata nel punto 31 della presente sentenza, il fatto che i costi delle prestazioni di cui trattasi siano eventualmente sostenuti in gran parte dalle casse di malattia o da altri organismi di previdenza sociale costituisce un elemento che può essere preso in considerazione al fine di determinare gli organismi il cui «carattere sociale», ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva deve essere riconosciuto ai fini di tale disposizione.

36      Pertanto, nel contesto dell’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, la Corte ha già deciso, sostanzialmente, che mediante la semplice imposizione, ai fini del riconoscimento come laboratori di diritto privato per l’applicazione di detta disposizione, che le analisi mediche effettuate dai laboratori interessati siano, almeno per il 40%, a beneficio di assicurati presso un ente previdenziale, lo Stato membro interessato non eccede il potere discrezionale attribuitogli da detta disposizione (v., sentenza L.u.P., cit., punti 53 e 54).

37      Occorre valutare in modo analogo il requisito di una soglia fissata a due terzi dei casi, come quello oggetto del procedimento principale, ai fini dell’applicazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della citata direttiva. Infatti, l’imposizione di un siffatto limite risponde, in modo analogo, alla necessità di riconoscere il carattere sociale degli organismi per l’applicazione di quest’ultima disposizione. Analogamente, imponendo, anche nel contesto della condizione oggetto del procedimento principale, che le spese relative alle cure a domicilio di cui trattasi devono essere state sostenute, in tutto o in gran parte, dagli organismi di previdenza o di assistenza sociale legalmente istituiti, uno Stato membro non eccede, in linea di principio, il potere discrezionale consentito dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva.

38      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obbligo di prendere solo in considerazione l’anno civile precedente, il giudice del rinvio si chiede se tale obbligo potrebbe essere fondato sulla prima frase dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva, in forza della quale si dovrebbe tenere conto, in particolare, della «semplice» applicazione delle sanzioni previste nel prosieguo di tale paragrafo.

39      A tale proposito, sebbene gli Stati membri, in forza della prima frase dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva stabiliscano i presupposti delle esenzioni al fine di assicurarne la corretta e semplice applicazione e di prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, tali presupposti non possono riguardare la definizione del contenuto delle esenzioni previste (v., in particolare, sentenze del 19 gennaio 1982, Becker, 8/81, Racc. pag. 53, punto 32; Kingscrest Associates e Montecello, cit., punto 24, nonché del 14 dicembre 2006, VDP Dental Laboratory, C-401/05, Racc. pag. I-12121 punto 26).

40      Di conseguenza, nei casi in cui, a partire dall’inizio delle attività interessate, il «carattere sociale» ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva dovesse essere riconosciuto conformemente alla giurisprudenza menzionata nel punto 31 della presente sentenza, incomberebbe, per quanto necessario, al giudice del rinvio valutare se l’obbligo di prendere solo in considerazione l’anno civile precedente abbia come conseguenza che, per quanto riguarda il primo anno civile delle citate attività ovvero i due primi anni civili di queste ultime, il riconoscimento del «carattere sociale», ai sensi di tale disposizione, del prestatore interessato è automaticamente ed inevitabilmente escluso.

41      Poiché l’obbligo di prendere solo in considerazione l’anno civile precedente avrebbe una siffatta conseguenza, esso non può essere giustificato sul fondamento della prima frase dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva.

42      Il giudice del rinvio si interroga, in un secondo momento, sulla portata, nella controversia principale, del principio di neutralità fiscale, dato che, nell’ambito dell’articolo 4, punto 18, dell’UStG, applicabile ai soli undici organismi menzionati nell’articolo 23 dell’UStDV, l’esenzione di prestazioni come quelle fornite dalla sig.ra Zimmermann non è soggetta alla condizione oggetto del procedimento principale.

43      Infatti, emerge da una giurisprudenza illustrata nei punti 22 e 33 della presente sentenza che, nell’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, il rispetto della neutralità fiscale impone, in via di principio, che l’insieme degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico siano posti su un piano di parità ai fini del loro riconoscimento per la somministrazione di prestazioni simili [v. anche, per analogia con l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, sentenze cit. L.u.P., punto 50, e CopyGene, punto 71].

44      Il governo tedesco considera che si tratti, nel contesto particolare dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, di applicare il principio della parità di trattamento nell’ambito del riconoscimento del carattere sociale di taluni organismi ai fini della loro equiparazione agli organismi di diritto pubblico. Secondo questo punto di vista, a parere di detto governo, il principio di neutralità fiscale può essere interpretato non nel senso che i contenuti di prestazioni identiche devono essere tassati allo stesso modo, bensì che soggetti passivi identici devono soggiacere alle stesse condizioni per beneficiare dell’esenzione.

45      Il citato governo fa valere che la condizione oggetto del procedimento principale, ivi compresa, in particolare, la soglia dei due terzi, è volta a garantire che il prestatore interessato sia effettivamente un organismo sociale e che sia posto su un piano di parità rispetto agli organismi di diritto pubblico. Per contro, secondo tale governo, dal momento che l’articolo 4, punto 18, dell’UStG interessa, diversamente dal punto 16 del medesimo articolo, solo le persone giuridiche che non perseguono fini di lucro e che sono state ufficialmente riconosciute come aventi carattere sociale, le norme tedesche non riserverebbero a soggetti passivi identici un trattamento diverso, ma si limiterebbero a stabilire condizioni diverse ai fini del riconoscimento come organismi a carattere sociale di soggetti passivi diversi che si trovano in condizioni di fatto e di diritto diverse.

46      Su tali punti, occorre rammentare che la nozione di neutralità è impiegata in sensi diversi in materia di IVA.

47      Da un lato, rammentando che il meccanismo di detrazione previsto dalla sesta direttiva è inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche, la Corte ha deciso che il sistema comune dell’IVA è volto a garantire la neutralità per quanto riguarda l’onere fiscale di tutte le attività economiche, purché tali attività siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v. in particolare, in tal senso, sentenze del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark, C-174/08, Racc. pag. I-10567, punto 27, e del 22 dicembre 2010, RBS Deutschland Holdings, C-277/09, Racc. pag. I-13805, punto 38).

48      Dall’altro lato, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della neutralità fiscale osta a che merci o prestazioni di servizi simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA (v., in particolare, sentenze del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis, C-453/02 e C-462/02, Racc. pag. I-1131, punto 24, nonché del 10 novembre 2011, Rank Group, C-259/10 e C-260/10, Racc. pag. I-10947, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

49      È proprio in quest’ultimo senso che la nozione di neutralità rileva nel caso di specie. Infatti, come emerge dalla giurisprudenza menzionata al punto 22 della presente sentenza, nel contesto dell’interpretazione delle esenzioni previste dall’articolo 13 della sesta direttiva, il principio di neutralità fiscale deve essere applicato unitamente al principio di interpretazione restrittiva di tali esenzioni (v. anche, in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank, C-44/11, , punto 45).

50      Occorre rammentare, sotto tale punto di vista, che il principio generale di parità di trattamento, di cui il principio di neutralità fiscale costituisce un’espressione particolare a livello di diritto derivato dell’Unione e nel settore peculiare della fiscalità (v., in tal senso, sentenza NCC Construction Danmark, cit., punto 44), non è una regola di diritto primario che può incidere sulla validità di un’esenzione di cui all’articolo 13 della sesta direttiva. Esso non consente neanche di ampliare l’ambito di applicazione di una siffatta esenzione in assenza di una disposizione non equivoca (v., in tal senso, sentenze cit. VDP Dental Laboratory, punti 35-37, nonché Deutsche Bank, punto 45).

51      Infatti, le attività di interesse generale che debbono essere esentate dall’IVA, quelle che possono esserlo dagli Stati membri e quelle che non possono esserlo, nonché le condizioni alle quali le attività esentabili possono essere assoggettate dagli Stati membri sono definite nel testo dell’articolo 13, parte A, della sesta direttiva (v. sentenze del 3 aprile 2003, Hoffmann, C-144/00, Racc. pag. I-2921, punto 38, nonché del 16 ottobre 2008, Canterbury Hockey Club e Canterbury Ladies Hockey Club, C-253/07, Racc. pag. I-7821, punto 38).

52      Quindi, il principio di neutralità fiscale non osta, per esempio, al fatto che il riconoscimento del carattere sociale degli organismi di diritto pubblico non sia necessario ai fini dell’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, mentre un siffatto riconoscimento è richiesto per quanto riguarda gli organismi diversi da quelli di diritto pubblico.

53      Infatti, nell’ambito dell’esenzione prevista dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, come emerge dai punti 43 e 52 della presente sentenza, il principio di neutralità fiscale impone la parità di trattamento in materia di riconoscimento del carattere sociale non rispetto agli organismi di diritto pubblico, bensì nei confronti dell’insieme di tutti gli altri organismi.

54      Orbene, come confermato in udienza dinanzi alla Corte dal governo tedesco, gli organismi di cui all’articolo 4, punto 18, dell’UStG, i quali sono elencati in modo esaustivo nell’articolo 23 dell’UStDV, sono non di natura pubblica bensì di natura privata, alla stregua dei soggetti passivi ai quali si applica la condizione oggetto del procedimento principale.

55      È vero che, come sostiene, sostanzialmente, il governo tedesco, il principio di neutralità fiscale non potrebbe, in quanto tale, ostare al diniego di concedere l’esenzione ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), di tale direttiva ad organismi i quali, come la ricorrente in via principale, hanno per fine la ricerca sistematica del profitto, conformemente alla facoltà menzionata nell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, di tale direttiva.

56      Tuttavia, non emerge assolutamente dalle informazioni trasmesse alla Corte che la Repubblica federale di Germania, mediante la condizione oggetto del procedimento principale, si sia avvalsa della citata facoltà. Al contrario, emerge che tale medesima condizione, ai fini dell’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, prevede precisamente il riconoscimento del carattere sociale di organismi commerciali che perseguono uno scopo di lucro.

57      Inoltre, applicando le regole interpretative menzionate al punto 22 della presente sentenza (v., in particolare, sentenza del 28 gennaio 2010, Eulitz, C-473/08, Racc. pag. I-907, punto 42 e giurisprudenza ivi citata), la Corte ha già rilevato che la nozione di «organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato» ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva è in via di principio sufficientemente ampia per comprendere anche persone fisiche ed enti privati che perseguono uno scopo di lucro (v. sentenze del 7 settembre 1999, Gregg, C-216/97, Racc. pag. I-4947, punto 17; Hoffmann, cit., punto 24; Kingscrest Associates e Montecello, cit., punti 35 e 47, nonché del 17 giugno 2010, Commissione/Francia, C-492/08, Racc. pag. I-5471, punti 36 e 37).

58      La normativa nazionale non può, pertanto, nell’ambito dell’attuazione dell’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, prevedere condizioni sostanzialmente diverse relative, da un lato, agli organismi che perseguono uno scopo di lucro, e, dall’altro, alle persone giuridiche senza scopo di lucro cui si applica l’articolo 4, punto 18, dell’UStG.

59      Ne consegue che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, interpretato alla luce del principio di neutralità fiscale, osta ad una soglia come quella di due terzi, poiché, nel contesto di prestazioni che sono essenzialmente identiche, essa viene applicata, al fine del riconoscimento del «carattere sociale» ai sensi di tale disposizione, a taluni soggetti passivi di diritto privato ma non ad altri.

60      Per fornire una risposta completa al giudice del rinvio occorre rammentare che ad esso spetta, in funzione dell’insieme degli elementi concreti della controversia ad esso sottoposta, prendere in considerazione le condizioni poste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva.

61      Quindi, quale che sia l’interpretazione attribuita all’espressione «strettamente connesse» nell’ambito dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, occorre rammentare che l’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), primo trattino, di quest’ultima subordina in ogni caso l’esenzione alla condizione che le cessioni di beni o le prestazioni di servizi in questione siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate (v. sentenza Stichting Kinderopvang Enschede, cit., punto 25). Spetta al giudice del rinvio accertare se tutte le prestazioni fornite dalla sig.ra Zimmermann siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate ai sensi di quest’ultima disposizione (v., per analogia, sentenza Horizon College, cit., punti 38-41).

62      Peraltro, in forza dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), secondo trattino, della sesta direttiva, le prestazioni di servizi e le cessioni di beni sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista dal paragrafo 1, lettera g), di tale medesimo articolo se sono essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’IVA.

63      Alla luce di tutte le considerazioni suesposte occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, interpretato alla luce del principio di neutralità fiscale, osta a che l’esenzione dall’IVA di cure a domicilio somministrate da prestatori commerciali sia assoggettata ad una condizione come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale nel corso dell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese relative a tali cure devono essere state sostenute, in tutto o in gran parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti, qualora tale condizione non sia tale da garantire la parità di trattamento nell’ambito del riconoscimento, ai fini di tale disposizione, del carattere sociale di organismi diversi da quelli di diritto pubblico.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, interpretato alla luce del principio di neutralità fiscale, osta a che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di cure a domicilio somministrate da prestatori commerciali sia assoggettata ad una condizione come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale nel corso dell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese relative a tali cure devono essere state sostenute, in tutto o in gran parte, dagli enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti, qualora tale condizione non sia tale da garantire la parità di trattamento nell’ambito del riconoscimento, ai fini di tale disposizione, del carattere sociale di organismi diversi da quelli di diritto pubblico.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.