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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

19 dicembre 2012 (*)

«Fiscalità – Direttiva 90/434/CEE – Regime fiscale comune applicabile alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi – Articoli 2, 4 e 9 – Conferimento d’attivo – Imposizione delle plusvalenze realizzate dalla società conferente in occasione del conferimento d’attivo – Rinvio dell’imposizione – Condizione che esige che nel bilancio della società conferente venga iscritta una riserva in sospensione di imposta corrispondente al valore della plusvalenza realizzata»

Nella causa C-207/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Commissione tributaria regionale di Milano (Italia), con decisione del 7 aprile 2011, pervenuta in cancelleria il 2 maggio 2011, nel procedimento

3D I Srl

contro

Agenzia delle Entrate – Ufficio di Cremona,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič (relatore), E. Levits, J.-J. Kasel e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 maggio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la 3D I Srl, da A. Fantozzi, R. Esposito e G. Mameli, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da P. Rossi e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 luglio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, 4 e 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una lite insorta tra la 3D I Srl (in prosieguo: la «3D I»), già 3D FIN Srl, e l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Cremona (in prosieguo: l’«Agenzia delle Entrate»), avente ad oggetto il rifiuto di quest’ultima di rimborsare l’imposta sostitutiva versata dalla suddetta società a seguito di un’operazione di conferimento intracomunitario di uno dei suoi rami d’attività.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        I considerando dal primo al sesto della direttiva 90/434 enunciano quanto segue:

«considerando che le fusioni, le scissioni, i conferimenti d’attivo e gli scambi d’azioni che interessano società di Stati membri diversi (…) non devono essere intralciat[i] da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri; che occorre quindi istituire per queste operazioni regole fiscali neutre nei riguardi della concorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizione competitiva sul piano internazionale;

considerando che disposizioni di ordine fiscale penalizzano attualmente tali operazioni rispetto a quelle che interessano società di uno stesso Stato membro; che è indispensabile eliminare tale penalizzazione;

considerando che non è possibile conseguire tale scopo mediante un’estensione [a livello] comunitario dei regimi interni in vigore negli Stati membri, dato che le differenze esistenti fra questi regimi possono provocare distorsioni; che soltanto un regime fiscale comune può pertanto costituire una soluzione soddisfacente in proposito;

considerando che il regime fiscale comune deve evitare un’imposizione all’atto di una fusione, di una scissione, di un conferimento d’attivo o di uno scambio di azioni, pur tutelando gli interessi finanziari dello Stato cui appartiene la società conferente o acquisita;

considerando che, per quanto riguarda le fusioni, le scissioni e i conferimenti di attivo, queste operazioni avranno di regola come risultato la trasformazione della società conferente in una stabile organizzazione della società beneficiaria del conferimento o l’integrazione dell’attivo in una stabile organizzazione di quest’ultima società;

considerando che il sistema del riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti, fino alla loro effettiva realizzazione, applicato ai beni inerenti a dett[a stabile organizzazione], consente di evitare un’imposizione delle plusvalenze corrispondenti, pur garantendo la loro successiva imposizione da parte dello Stato della società conferente, all’atto della loro realizzazione».

4        L’articolo 2 di detta direttiva, che trova collocazione nel titolo I della stessa dedicato alle «Disposizioni generali», così dispone:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si deve intendere per:

(…)

c)      conferimento d’attivo: l’operazione mediante la quale una società conferisce, senza essere sciolta, la totalità o uno o più rami della sua attività ad un’altra società, mediante consegna di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria del conferimento;

d)      scambio di azioni: l’operazione mediante la quale una società acquista nel capitale sociale di un’altra società una partecipazione il cui effetto sia quello di conferirle la maggioranza dei diritti di voto di questa società, mediante l’attribuzione ai soci dell’altra società, in cambio dei loro titoli, di titoli rappresentativi del capitale sociale della prima società e eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio;

e)      società conferente: la società (…) che conferisce la totalità o uno o più rami della sua attività;

f)      società beneficiaria: la società che riceve (…) la totalità o uno o più rami di attività della società conferente;

(…)».

5        Il titolo II della direttiva 90/434 enuncia, negli articoli 4-8, le «Regole applicabili alle fusioni, scissioni e scambi di azioni». L’articolo 4 di detta direttiva recita:

«1.      La fusione o la scissione non comporta alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenza tra il valore reale degli elementi d’attivo e di passivo conferiti ed il loro valore fiscale.

Si intende per:

–        “valore fiscale”: il valore che sarebbe stato preso in considerazione per il calcolo degli utili o delle perdite ai fini della determinazione della base imponibile di un’imposta sul reddito, sugli utili o sulle plusvalenze della società conferente, se questi elementi d’attivo o di passivo fossero stati venduti al momento della fusione o della scissione, ma indipendentemente da tali operazioni;

–        “elementi d’attivo e di passivo conferiti”: gli elementi d’attivo e di passivo della società conferente che, a seguito della fusione o della scissione, sono effettivamente connessi alla stabile organizzazione della società beneficiaria, situata nello Stato membro della società conferente e che concorrono alla formazione dei risultati presi in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile delle imposte.

2.      Gli Stati membri subordinano l’applicazione del paragrafo 1 alla condizione che la società beneficiaria calcoli i nuovi ammortamenti e le plusvalenze o minusvalenze inerenti agli elementi d’attivo e di passivo trasferiti alle stesse condizioni in cui sarebbero state calcolate dalla o dalle società conferenti, se la fusione o la scissione non avesse avuto luogo.

3.      Nel caso in cui, in base alla legislazione dello Stato membro della società conferente, la società beneficiaria può calcolare i nuovi ammortamenti e le plusvalenze o minusvalenze inerenti agli elementi d’attivo e di passivo conferiti in maniera diversa da quella prevista al paragrafo 2, il paragrafo 1 non si applica agli elementi d’attivo e di passivo per i quali la società beneficiaria abbia fatto uso di tale facoltà».

6        L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della citata direttiva reca la seguente formulazione:

«1.      L’assegnazione, in occasione di una fusione, scissione o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio.

2.      Gli Stati membri subordinano l’applicazione del paragrafo 1 alla condizione che il socio non assegni ai titoli ricevuti in cambio un valore fiscale superiore a quello che i titoli scambiati avevano immediatamente prima della fusione, della scissione o dello scambio di azioni.

L’applicazione del paragrafo 1 non impedisce agli Stati membri di tassare il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto.

Per “valore fiscale” va inteso il valore che verrebbe utilizzato come base per il calcolo eventuale di un profitto o di una perdita da considerare ai fini della determinazione della base imponibile di un’imposta sul reddito, sui benefici o sulle plusvalenze del socio della società».

7        Il titolo III della direttiva 90/434 è dedicato alle «Regole applicabili ai conferimenti d’attivo». Esso contiene, quale unico articolo, l’articolo 9, a norma del quale gli articoli 4-6 della direttiva in parola si applicano ai conferimenti d’attivo di cui sopra.

 La normativa italiana

8        In Italia, la direttiva 90/434 è stata trasposta dal decreto legislativo n. 544, del 30 dicembre 1992, recante attuazione della normativa comunitaria relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli altri scambi di azioni concernenti società di Stati membri diversi (GURI n. 9, del 13 gennaio 1993, pag. 8; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 544/1992»).

9        L’articolo 1 del decreto legislativo n. 544/1992 disponeva quanto segue:

«Le disposizioni del presente decreto si applicano:

(…)

c)      ai conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa da uno ad altro dei soggetti indicati nella lettera a) [ossia società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative e di mutua assicurazione, enti pubblici e privati aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, e analoghi soggetti residenti in altri Stati membri dell’Unione europea], residenti in Stati diversi dell[’Unione], sempre che uno dei due sia residente nel territorio dello Stato».

10      L’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 544/1992 disponeva quanto segue:

«I conferimenti di cui alla lettera c) non costituiscono realizzo di plusvalenze o di minusvalenze ma l’ultimo costo dell’azienda o del ramo aziendale conferito fiscalmente riconosciuto costituisce costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione ricevuta. La differenza tra il valore delle azioni o quote ricevute e l’ultimo valore dei beni conferiti riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi non concorre a formare il reddito imponibile dell’impresa o società apportante fino a quando non sia stata realizzata o distribuita ai soci. Se le partecipazioni ricevute sono iscritte in bilancio ad un valore superiore a quello contabile dell’azienda conferita la differenza deve essere iscritta in apposito fondo e concorre alla formazione del reddito imponibile in caso di distribuzione. (…)».

11      Inoltre, al momento del conferimento in questione nel procedimento principale era in vigore il decreto legislativo n. 358, dell’8 ottobre 1997, recante riordino delle imposte sui redditi applicabili alle operazioni di cessione e conferimento di aziende, fusione, scissione e permuta di partecipazioni (GURI n. 249, del 24 ottobre 1997, pag. 4; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 358/1997»).

12      L’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 358/1997 enunciava:

«1.      Le plusvalenze realizzate mediante la cessione di aziende possedute per un periodo non inferiore a tre anni e determinate secondo i criteri previsti dall’articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi (…) possono essere assoggettate ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con l’aliquota del 19 per cento. (…)

2.      L’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva va esercitata nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta nel quale le plusvalenze sono realizzate (…)».

13      L’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 358/1997 prescriveva quanto segue:

«1.      I conferimenti di aziende possedute per un periodo non inferiore a tre anni, effettuati tra i soggetti indicati nell’articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi (…), non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione, da allegare alla dichiarazione dei redditi, i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.

2.      In luogo dell’applicazione delle disposizioni del comma 1, i soggetti ivi indicati possono optare, nell’atto di conferimento, per l’applicazione delle disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi (…) e dell’articolo 1 del presente decreto. L’opzione può essere esercitata anche per i conferimenti di cui all’articolo 1 del decreto legislativo [n. 544/1992]».

14      I decreti legislativi n. 544/1992 e n. 358/1997 sono stati sostituiti a far data dal 1º gennaio 2004, in occasione di una riforma del sistema tributario nazionale. Nel contesto di quest’ultima, il regime di neutralità fiscale delle operazioni di conferimento d’attivo transfrontaliere è divenuto identico a quello previsto per le operazioni di conferimento nazionali e la condizione che imponeva il possesso dell’impresa da più di tre anni, prevista dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 358/1997, è stata abolita. È stata così soppressa la possibilità di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva con l’aliquota del 19%.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

15      La 3D I è una società di capitali con sede in Crema (Italia). Il 12 ottobre 2000 essa ha conferito un ramo della sua attività parimenti situato in Italia ad una società residente nel Granducato di Lussemburgo. A seguito di tale operazione, l’attività conferita è stata trasformata in una stabile organizzazione, situata in Italia, di detta società lussemburghese. In cambio, la 3D I ha ricevuto una partecipazione sotto forma di azioni di quest’ultima società. Tali partecipazioni sono state iscritte nel bilancio della 3D I per un valore superiore al valore fiscale dell’attività conferita.

16      Il 9 maggio 2001 la 3D I ha optato per la possibilità, prevista dagli articoli 1, comma 1, e 4, comma 2, del decreto legislativo n. 358/1997, di pagare, per l’operazione di cui sopra, l’imposta sostitutiva in base all’aliquota del 19%, rinunciando così al regime di neutralità fiscale previsto dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 544/1992. La 3D I ha dunque versato la somma di ITL 5 732 298 000, pari a EUR 2 960 484,85, corrispondente all’importo dell’imposta sostitutiva dovuta. In conseguenza del pagamento di tale imposta, le plusvalenze constatate sul piano contabile a seguito dell’operazione di conferimento sono state liberate ed è stata altresì riconosciuta ai fini fiscali la differenza tra il valore fiscale del ramo aziendale conferito e il valore attribuito alle partecipazioni ricevute quale contropartita del conferimento (riallineamento dei valori contabili di tali partecipazioni con i valori fiscali).

17      Essendo venuta a conoscenza, in particolare, della sentenza del 21 novembre 2002, X e Y (C-436/00, Racc. pag. I-10829), la 3D I ha presentato dinanzi all’amministrazione tributaria, in data 8 gennaio 2004, un’istanza di rimborso dell’imposta sostitutiva da essa versata. Essa sosteneva che l’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 544/1992 era incompatibile con la direttiva 90/434 in quanto subordinava la neutralità del conferimento a condizioni non previste dalla direttiva stessa. L’esistenza, in particolare, della condizione secondo cui la differenza di valore doveva essere immobilizzata in una riserva non distribuibile avrebbe portato in pratica le imprese interessate ad optare per l’imposta sostitutiva, dal momento che la terza possibilità prevista dal regime nazionale, ossia il pagamento dell’imposta ordinaria in base ad un’aliquota del 33% sulla differenza di valore, era ancora più svantaggiosa delle altre due opzioni. La 3D I sosteneva di aver erroneamente ritenuto che le condizioni previste dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 544/1992 fossero legittime e di avere, a motivo di tale errore, optato per l’imposta sostitutiva piuttosto che per il regime di neutralità fiscale.

18      Essendo stata la suddetta istanza di rimborso oggetto di una decisione implicita di rigetto da parte dell’Agenzia delle Entrate, la 3D I ha proposto, in data 13 aprile 2004, un ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cremona. Con decisione dell’11 ottobre 2006, tale ricorso è stato rigettato, in particolare a motivo del fatto che la 3D I aveva liberamente scelto il regime dell’imposta sostitutiva ed aveva ottenuto il beneficio del riconoscimento fiscale della differenza di valore in base ad un’aliquota d’imposta assai favorevole rispetto a quella che avrebbe dovuto esserle applicata in caso di realizzo della plusvalenza.

19      Il 5 marzo 2007 la 3D I ha interposto appello avverso tale decisione dinanzi alla Commissione tributaria regionale di Milano. Tale giudice ritiene che l’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 544/1992, prevedendo l’obbligo di iscrivere nel bilancio della società conferente una riserva in sospensione d’imposta successivamente ad un conferimento intracomunitario, a pena di tassazione delle eventuali plusvalenze risultanti da tale conferimento, sia contraria alla direttiva 90/434 e alla costante giurisprudenza della Corte che vieta le misure costituenti ostacolo alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento. Infatti, al fine di evitare un’incompatibilità siffatta con il diritto dell’Unione, gli Stati membri dovrebbero rinviare la tassazione delle plusvalenze fino al momento in cui queste ultime vengono effettivamente realizzate, senza subordinare tale rinvio a condizioni eccessivamente limitative delle suddette libertà fondamentali.

20      Sulla scorta di tali circostanze, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la normativa di uno Stato membro, come quello italiano, di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo [n. 544/1992], in forza del quale un conferimento o uno scambio di azioni dia luogo ad imposizione, nei confronti della società conferente, delle plusvalenze da conferimento corrispondenti alla differenza tra i costi iniziali di acquisto delle azioni o quote conferite ed il loro valore corrente, a meno che la società conferente iscriva nel proprio bilancio un apposito fondo di riserva in misura corrispondente al plusvalore emerso in sede di conferimento, in un caso come quello oggetto del presente procedimento, contrasti con gli articoli 2, 4 e 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva [90/434]».

 Sulla questione pregiudiziale

21      Con il suo quesito, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 2, 4 e 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva 90/434 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano, in una situazione quale quella in esame nel procedimento principale, a che un conferimento d’attivo o uno scambio di azioni dia luogo ad imposizione, nei confronti della società conferente, delle plusvalenze risultanti da tale conferimento, a meno che la società conferente iscriva nel proprio bilancio un’apposita riserva in misura corrispondente al plusvalore emerso nell’ambito del conferimento di cui trattasi.

22      Tuttavia, è pacifico che il procedimento principale riguarda esclusivamente un conferimento d’attivo ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della citata direttiva, e non uno scambio di azioni ai sensi della lettera d) del medesimo articolo. Per tale motivo, occorre limitare la questione sollevata all’ipotesi di un conferimento d’attivo.

23      Inoltre, con riguardo a questa ipotesi, occorre constatare come dall’articolo 9 della direttiva 90/434 risulti che l’articolo 8 di quest’ultima non fa parte delle norme dichiarate applicabili ai conferimenti d’attivo. Quest’ultimo articolo stabilisce che l’assegnazione, in occasione di una fusione, di una scissione o di uno scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima società, non deve di per sé stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, sugli utili o sulle plusvalenze di questo socio. L’inapplicabilità di tale articolo 8 ai conferimenti d’attivo si spiega con il fatto che, nel caso di questi conferimenti, i titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria vengono attribuiti non ai soci della società conferente, bensì alla società conferente stessa.

24      Pertanto, la questione sollevata deve essere esaminata alla luce degli articoli 2, 4 e 9 della direttiva 90/434.

25      Per quanto riguarda in particolare l’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, esso, letto in combinato disposto con l’articolo 9 di quest’ultima, stabilisce che il conferimento d’attivo non comporta alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenza tra il valore reale degli elementi d’attivo e di passivo conferiti ed il loro valore fiscale. Tale disposizione precisa che il valore fiscale è quello che sarebbe stato preso in considerazione per il calcolo degli utili o delle perdite ai fini della determinazione della base imponibile di un’imposta sul reddito, sugli utili o sulle plusvalenze della società conferente, se questi elementi d’attivo e di passivo fossero stati venduti al momento del conferimento d’attivo, ma indipendentemente da quest’ultimo. Per elementi d’attivo e di passivo conferiti occorre intendere, nell’ambito di un conferimento d’attivo, i rami dell’attività della società conferente che, a seguito di tale conferimento, sono effettivamente connessi alla stabile organizzazione della società beneficiaria, situata nello Stato membro della società conferente, o che divengono tale stabile organizzazione, e che concorrono alla formazione dei risultati presi in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile delle imposte.

26      Attraverso tale imperativo di neutralità fiscale nei confronti della società beneficiaria e della società acquistata, la direttiva 90/434 mira – come risulta dai suoi considerando primo e quarto – a garantire che i conferimenti d’attivo concernenti società di Stati membri differenti non vengano intralciati da restrizioni, svantaggi o distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri, e ciò al fine di consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizione competitiva sul piano internazionale (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C-28/95, Racc. pag. I-4161, punto 45; dell’11 dicembre 2008, A.T., C-285/07, Racc. pag. I-9329, punto 21, e del 20 maggio 2010, Modehuis A. Zwijnenburg, C-352/08, Racc. pag. I-4303, punto 38).

27      Tuttavia, il suddetto imperativo di neutralità fiscale non è incondizionato. Infatti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 90/434, letto in combinato disposto con l’articolo 9 di quest’ultima, gli Stati membri subordinano l’applicazione del paragrafo 1 del citato articolo 4 alla condizione che la società beneficiaria calcoli i nuovi ammortamenti e le plusvalenze o minusvalenze inerenti agli elementi d’attivo e di passivo trasferiti alle stesse condizioni in cui sarebbero state calcolate dalla società conferente se il conferimento d’attivo non avesse avuto luogo. L’articolo 4, paragrafo 3, della citata direttiva precisa che, se, in base alla legislazione dello Stato membro della società conferente, la società beneficiaria può calcolare i suddetti ammortamenti e le suddette plusvalenze o minusvalenze in maniera diversa da quella prevista al paragrafo 2 del medesimo articolo 4, il paragrafo 1 di quest’ultimo non si applica agli elementi d’attivo e di passivo per i quali la società beneficiaria abbia fatto uso di tale facoltà.

28      Come rilevato dalla Commissione europea, tale obbligo, per la società beneficiaria, di preservare – ove essa desideri beneficiare della neutralità fiscale – la continuità della valutazione degli elementi d’attivo e di passivo trasferiti ai fini del calcolo dei nuovi ammortamenti e delle plusvalenze o minusvalenze inerenti agli elementi suddetti, mira ad evitare che tale neutralità divenga un’esenzione definitiva non prevista dalla direttiva 90/434. Infatti, risulta dai suoi considerando quarto e sesto, che tale direttiva si limita a istituire un regime di rinvio dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti, il quale, pur evitando che il conferimento di attività dia luogo di per sé stesso ad imposizione, tutela gli interessi finanziari dello Stato della società conferente assicurando l’imposizione di tali plusvalenze al momento del loro effettivo realizzo (v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2007, Kofoed, C-321/05, Racc. pag. I-5795, punto 32; A.T., cit., punto 28, e Modehuis A. Zwijnenburg, cit., punto 39).

29      Se dunque la direttiva 90/434 definisce le condizioni alle quali è subordinato il rinvio dell’imposizione, in capo alla società beneficiaria, delle plusvalenze inerenti all’attività conferita, essa però non precisa le condizioni alle quali è subordinato il beneficio, per la società conferente, di un rinvio dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria consegnati come contropartita del conferimento, e non regolamenta, in particolare, la questione di quale sia il valore che la società conferente deve attribuire a tali titoli.

30      Orbene, contrariamente a quanto la 3D I pare ritenere, da quanto sopra risulta non già che la direttiva 90/434 vieti agli Stati membri di fissare condizioni siffatte, bensì che essa lascia a questi ultimi – come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 42 e 49 delle sue conclusioni – un margine di manovra che consente loro di subordinare o meno la neutralità fiscale di cui beneficia la società conferente a determinate condizioni di valutazione dei titoli ricevuti in contropartita, come ad esempio la continuità dei valori fiscali, purché tali condizioni non portino al risultato che l’attribuzione di detti titoli in occasione del conferimento d’attivo generi di per sé stessa un’imposizione delle plusvalenze inerenti ai titoli stessi.

31      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, tale constatazione è confermata dalla genesi storica della direttiva 90/434, nonché dal fatto che, in occasione della sua ultima proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 90/434, portante la data del 17 ottobre 2003 [COM(2003) 613 def.], la Commissione ha proposto – come già aveva fatto nella sua proposta di direttiva del Consiglio riguardante il regime fiscale comune da applicarsi alle fusioni, alle scissioni ed ai conferimenti d’attivo che hanno luogo fra società di Stati membri diversi (GU 1969, C 39, pag. 1) – di inserire una disposizione riguardante il valore da attribuire ai titoli ricevuti in contropartita del conferimento di attività. Mediante tale disposizione, in virtù della quale i suddetti titoli si sarebbero visti attribuire il valore reale che l’attività conferita aveva immediatamente prima del conferimento, la Commissione mirava ad evitare la doppia imposizione che può verificarsi, al momento della realizzazione delle plusvalenze, nel caso in cui la società beneficiaria abbia valutato l’attività conferita in conformità alla condizione stabilita dall’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 90/434 e nel caso in cui la società conferente abbia attribuito ai titoli ricevuti il valore che l’attività conferita aveva immediatamente prima dell’operazione. Tuttavia, il legislatore dell’Unione non ha seguito tale proposta.

32      Per quanto riguarda la situazione in esame nel procedimento principale, risulta dalla decisione di rinvio, ed è stato altresì rilevato sia dal governo italiano sia dalla Commissione, che la legislazione nazionale avrebbe consentito alla 3D I di attribuire ai titoli ricevuti come contropartita del conferimento il valore che l’attività conferita aveva prima dell’operazione e di beneficiare così del rinvio dell’imposizione delle plusvalenze inerenti a tali titoli rispettando una condizione che – come si è constatato nei precedenti punti della presente sentenza – è, allo stato attuale del diritto dell’Unione, compatibile con quest’ultimo.

33      Considerate tali circostanze, non può ritenersi incompatibile con la direttiva 90/434 il fatto che la legislazione nazionale offra alla società conferente la possibilità supplementare di attribuire ai titoli suddetti un valore superiore a quello che l’attività conferita aveva prima dell’operazione, corrispondente, in particolare, a quello della plusvalenza realizzata in occasione del conferimento, ma subordini tale possibilità alla condizione che detta società iscriva nel proprio bilancio un’apposita riserva pari al plusvalore in tal modo emerso.

34      Il governo italiano e la Commissione hanno peraltro evidenziato che la condizione di cui si discute nel procedimento principale risponde semplicemente alle esigenze contabili che derivano necessariamente dalla valutazione delle partecipazioni, e che la tassazione della riserva suddetta in caso di distribuzione ai soci della società conferente era necessaria nel quadro del sistema tributario nazionale in vigore alla data dei fatti oggetto del procedimento a quo, nella misura in cui tale sistema, che concedeva, insieme con la suddetta distribuzione, un credito d’imposta a tali soci, avrebbe determinato un pregiudizio immediato per l’Erario italiano ed un indebito beneficio per i soci suddetti e, indirettamente, per la società conferente.

35      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 2, 4 e 9 della direttiva 90/434 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in una situazione quale quella oggetto del procedimento principale, a che un conferimento d’attivo dia luogo ad imposizione, nei confronti della società conferente, delle plusvalenze risultanti dal conferimento stesso, a meno che la società conferente iscriva nel proprio bilancio un’apposita riserva in misura corrispondente al plusvalore emerso in sede di conferimento.

 Sulle spese

36      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Gli articoli 2, 4 e 9 della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in una situazione quale quella oggetto del procedimento principale, a che un conferimento d’attivo dia luogo ad imposizione, nei confronti della società conferente, delle plusvalenze risultanti dal conferimento stesso, a meno che la società conferente iscriva nel proprio bilancio un’apposita riserva in misura corrispondente al plusvalore emerso in sede di conferimento.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.