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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

6 settembre 2012 (*)

«IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 138, paragrafo 1 – Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico – Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione – Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente»

Nella causa C-273/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Baranya Megyei Bíróság (Ungheria), con decisione del 18 maggio 2011, pervenuta in cancelleria il 3 giugno 2011, nel procedimento

Mecsek-Gabona Kft

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus (relatore), A. Rosas, A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 maggio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo ungherese, da Z. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti,

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios e V. Bottka, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010 (GU L 326, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 2006/112»).

2        Questa domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede contrapposta la Mecsek-Gabona Kft (in prosieguo: la «Mecsek-Gabona») alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (direzione regionale delle imposte del Dél-dunántúl: in prosieguo: la «Főigazgatóság»), in merito al rifiuto, da parte di detta amministrazione, di concedere alla ricorrente di cui al procedimento principale il beneficio dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») in forza di un’operazione da essa qualificata come cessione intracomunitaria di beni.

 Contesto normativo

 La direttiva 2006/112

3        La direttiva 2006/112, conformemente ai suoi articoli 411 e 413, ha abrogato e sostituito, a far data dal 1° gennaio 2007, la normativa dell’Unione all’epoca in vigore in materia di IVA, in particolare la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

4        L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), i), della direttiva 2006/112 dispone come segue:

«1.      Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

(...)

b)      gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro:

i)      da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente non soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale (...)».

5        Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva:

«Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

6        Il titolo IX di detta direttiva, intitolato «Esenzioni», contiene dieci capi e il capo 1 è dedicato alle disposizioni generali. L’articolo 131, unico articolo di tale capo, ha il seguente tenore:

«Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso».

7        L’articolo 138, figurante nel capo 4, intitolato «Esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie», di detto titolo IX, dispone al suo paragrafo 1:

«Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».

8        Gli articoli 131 e 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 riprendono, in sostanza, il contenuto dell’articolo 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificato dalla direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995 (GU L 102, pag. 18).

9        Il titolo XI della direttiva 2006/112, intitolato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», comporta, segnatamente, un capo 2, intitolato «Identificazione», e un capo 3, intitolato «Fatturazione».

10      Detto capo 2 contiene, in particolare, l’articolo 214 che dispone come segue:

«1.      Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero individuale le persone seguenti:

(...)

b)      ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni soggetti all’IVA a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o che ha esercitato l’opzione prevista all’articolo 3, paragrafo 3, per l’assoggettamento all’IVA dei suoi acquisti intracomunitari;

(...)».

11      L’articolo 220, che rientra nel capo 3 del medesimo titolo, prevede al suo paragrafo 1:

«Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, una fattura nei casi seguenti:

(...)

3)      per le cessioni di beni effettuate alle condizioni previste dall’articolo 138;

(...)».

12      L’articolo 226, figurante in detto capo 3, prevede:

«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(...)

4)      il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del destinatario, di cui all’articolo 214, con il quale ha ricevuto una cessione di beni o una prestazione di servizi per la quale è debitore dell’imposta o una cessione di beni di cui all’articolo 138;

(...)».

 Il diritto ungherese

13      L’articolo 89, paragrafo 1, della legge n. CXXVII del 2007 relativa all’imposta sul valore aggiunto (Általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. Törvény, Magyar Közlöny 2007/128), è formulato come segue:

«Sono esenti – fatto salvo quanto disposto ai paragrafi 2 e 3 – le cessioni di beni spediti o trasportati, in modo dimostrabile, fuori dall’Ungheria ma nella Comunità, indipendentemente dal fatto che la spedizione o il trasporto siano effettuati dal venditore, dall’acquirente o da un terzo – che agisca per loro conto – per un altro soggetto passivo che non operi in tale qualità in Ungheria bensì in un altro Stato membro della Comunità, o per un ente non soggetto passivo registrato in un altro Stato membro della Comunità e tenuto al pagamento dell’imposta».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      La Mecsek-Gabona è una società ungherese la cui attività principale consiste nel commercio all’ingrosso di cereali, tabacco, sementi e foraggio.

15      Il 28 agosto 2009, essa ha concluso un contratto di vendita con la Agro-Trade srl (in prosieguo: la «Agro-Trade»), società stabilita in Italia, e tale contratto aveva ad oggetto 1 000 tonnellate di colza, con un margine di oscillazione pari a ± 10 %, al prezzo di HUF (fiorini ungheresi) 71 500 a tonnellata, ai fini di una cessione intracomunitaria di beni in esenzione dall’IVA.

16      Nelle clausole relative alle modalità di esecuzione di detto contratto, le parti avevano convenuto che si sarebbe proceduto all’esecuzione di quest’ultimo sul piano quantitativo in funzione del peso caricato presso i locali del venditore a Szentlőrinc (Ungheria), secondo quanto attestato dai registri di pesatura e dalle fatture redatte sulla base di questi ultimi. L’acquirente provvedeva a procurarsi i mezzi di trasporto e al trasporto della merce avente come destinazione un altro Stato membro.

17      Prima di detto trasporto, l’acquirente ha comunicato i numeri di immatricolazione dei camion che avrebbero prelevato la merce presso la Mecsek-Gabona. I quantitativi di prodotti acquistati sono stati indicati nelle lettere di vettura CMR (lettere di spedizione redatte sul fondamento della Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978), dopo la pesatura dei camion, e i trasportatori hanno presentato i documenti di trasporto dagli stessi vistati. Il venditore ha realizzato una fotocopia del primo esemplare di tali lettere di vettura completate, mentre l’originale veniva conservato dai trasportatori. Le quaranta lettere di vettura CMR, i cui numeri di serie sono in ordine successivo, sono state rispedite al venditore, per posta, dall’indirizzo dell’acquirente, situato in Italia.

18      Il 4 settembre 2009 sono state emesse due fatture ai fini della vendita oggetto del procedimento principale in esenzione dall’IVA, la prima per un importo pari a HUF 34 638 175 e la seconda per la somma di HUF 34 555 235, con riferimento a quantitativi di colza, rispettivamente, di 484,45 tonnellate e 483,29 tonnellate. L’importo risultante sulla prima fattura è stato pagato qualche giorno dopo la consegna da una persona di cittadinanza ungherese, che ha versato tale somma sul conto della Mecsek-Gabona. Per contro, la seconda fattura, al pagamento della quale si doveva provvedere negli otto mesi successivi alla consegna, non è stata pagata.

19      Da una consultazione del registro dei soggetti passivi effettuata dalla ricorrente di cui al procedimento principale, il 7 settembre 2009, è emerso che, a quella data, l’Agro-Trade disponeva di un numero d’identificazione IVA.

20      In occasione della verifica relativa alla dichiarazione tributaria della Mecsek-Gabona, l’amministrazione tributaria ungherese ha inviato una richiesta di informazioni alle autorità italiane, in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1798/2003 del Consiglio, del 7 ottobre 2003, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92 (GU L 264, pag. 1). Secondo le informazioni trasmesse da tali autorità, la Agro-Trade era irreperibile e all’indirizzo della sede dichiarata risultava un’abitazione privata. Nessuna società con detta denominazione era stata registrata a quell’indirizzo. Non essendo mai stata versata l’IVA, la Agro-Trade era altresì sconosciuta all’amministrazione tributaria italiana. Il 14 gennaio 2010, il numero d’identificazione IVA italiano di detta società era stato cancellato dal registro con effetto retroattivo al 17 aprile 2009.

21      Sul fondamento di tutti questi elementi, l’amministrazione tributaria ungherese di primo grado ha considerato che la Mecsek-Gabona non era stata in grado di dimostrare, in sede di procedimento tributario, che aveva avuto luogo un’effettiva cessione intracomunitaria di beni oggetto di un’esenzione dall’IVA e ha accertato, con una decisione del 7 settembre 2010, l’esistenza, per detta società, di un debito tributario pari a HUF 17 298 000 a titolo di IVA relativa al settembre 2009, maggiorato di una sanzione dell’entità di HUF 1 730 000 e di una penalità di mora di HUF 950 000.

22      Con una decisione del 18 gennaio 2011, la Főigazgatóság ha confermato la decisione adottata dall’amministrazione tributaria di primo grado, reputando che la Mecsek-Gabona avrebbe dovuto disporre di un documento idoneo a fornire la prova della spedizione della merce nonché del suo trasporto a destinazione di un altro Stato membro. Poiché la società di cui trattasi non era in grado di presentare un tale documento al momento del controllo, e il documento da essa presentato non poteva essere considerato facente fede, la stessa sarebbe debitrice dell’IVA relativa alla vendita di cui trattasi nel procedimento principale, a meno che essa non sia stata in buona fede all’atto dell’operazione.

23      Secondo la Főigazgatóság, la Mecsek-Gabona avrebbe dovuto adottare maggiori precauzioni. Pertanto, non si sarebbe dovuta limitare a verificare che la merce fosse stata prelevata ma si sarebbe dovuta altresì accertare che quest’ultima fosse arrivata a destinazione.

24      Dinanzi al giudice del rinvio la ricorrente nel procedimento principale chiede l’annullamento della decisione della Főigazgatóság e, del pari, della decisione emessa dall’amministrazione tributaria di primo grado. La stessa ha rilevato che non poteva esserle imputata alcuna negligenza né all’atto della conclusione del contratto né al momento dell’esecuzione di quest’ultimo, dal momento che, in data 7 settembre 2009, aveva verificato il numero d’identificazione IVA della Agro-Trade, che quest’ultimo esisteva concretamente e che le lettere di vettura CMR le erano state anche rispedite dall’indirizzo italiano dell’acquirente. La Mecsek-Gabona ha aggiunto che il fatto che l’amministrazione tributaria italiana abbia proceduto, il 14 gennaio 2010 e con effetto retroattivo al 17 aprile 2009, alla cancellazione di detto numero d’identificazione non poteva essere noto alla stessa e che, di conseguenza, detta cancellazione non poteva assolutamente influire a tale riguardo.

25      La Főigazgatóság ha disposto il rigetto del ricorso della Mecsek-Gabona ribadendo la propria argomentazione secondo cui tale società poteva applicare l’esenzione dall’IVA alla cessione oggetto del procedimento principale solo a condizione di accertarsi non soltanto del ritiro della merce ma anche dell’arrivo di quest’ultima a destinazione.

26      Il Baranya Megyei Bíróság reputa necessaria un’interpretazione dell’articolo 138 della direttiva 2006/112 affinché sia posto in condizioni di determinare quali siano le prove sufficienti per dimostrare che ha avuto luogo una cessione di beni in esenzione dall’IVA e che possa pronunciarsi sulla questione della misura in cui il venditore, qualora non provveda esso stesso al trasporto, risponda del comportamento dell’acquirente. Facendo riferimento alla sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. (C-409/04, Racc. pag. I-7797), il giudice del rinvio chiede, inoltre, se il fatto che il numero d’identificazione IVA della Agro-Trade sia stato oggetto di una cancellazione successivamente alla cessione del bene possa indurre a dubitare della buona fede della ricorrente nel procedimento principale e a concludere nel senso dell’assenza di una cessione in esenzione dall’IVA.

27      In tali circostanze, il Baranya Megyei Bíróság ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che una cessione di beni è esente da IVA nell’ipotesi in cui i beni siano stati venduti ad un acquirente che, al momento della conclusione del contratto di compravendita, era registrato ai fini IVA in un altro Stato membro e nel medesimo contratto sia stato stabilito che il potere di disposizione e il diritto di proprietà siano trasferiti all’acquirente contestualmente al carico dei beni sul mezzo di trasporto e che l’obbligo di trasportare i beni nell’altro Stato membro gravi sull’acquirente.

2)       Se per realizzare una cessione esente da IVA sia sufficiente, dal punto di vista del venditore, che questo dimostri che la merce venduta sia trasportata mediante veicoli immatricolati all’estero e che disponga di lettere di vettura CMR rispedite dall’acquirente o se ci si debba assicurare che i beni venduti abbiano attraversato la frontiera nazionale e che il trasporto sia stato effettuato all’interno del territorio comunitario.

3)      Se possa mettersi in dubbio che la cessione dei beni è esente da IVA per il solo fatto che l’amministrazione fiscale dell’altro Stato membro annulli retroattivamente, a una data anteriore rispetto a detta cessione, il numero fiscale comunitario dell’acquirente».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima e sulla seconda questione

28      Con le sue due prime questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro rifiuti di concedere, a un venditore stabilito in tale Stato membro, un’esenzione dall’IVA nel caso di una cessione intracomunitaria, in circostanze in cui, da un lato, il diritto di disporre di un bene quale proprietario è trasferito, nel territorio di detto Stato membro, a un acquirente stabilito in un altro Stato membro che, al momento dell’operazione, dispone di un numero d’identificazione IVA in quest’ultimo Stato e che provvede al trasporto del bene di cui trattasi a destinazione del medesimo, e, dall’altro lato, il venditore si accerta che i camion immatricolati all’estero ritirino il bene presso il suo deposito e dispone delle lettere di vettura CMR, rispedite dall’acquirente a partire dallo Stato membro di destinazione, quale prova del fatto che il bene è stato trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore.

29      Occorre ricordare, anzitutto, che la cessione intracomunitaria, che costituisce il corollario dell’acquisto intracomunitario, è esente dall’IVA se soddisfa i requisiti fissati all’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenze Teleos e a., cit., punto 28, e del 18 novembre 2010, X, C-84/09, Racc. pag. I-11645, punto 26).

30      In forza di tale disposizione, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nell’Unione, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

31      Secondo una costante giurisprudenza, l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (v. sentenze Teleos e a., cit., punto 42; del 27 settembre 2007, Twoh International, C-184/05, Racc. pag. I-7897, punto 23; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, Racc. pag. I-12605, punto 41, e del 16 dicembre 2010, Euro Tyre Holding, C-430/09, Racc. pag. I-13335, punto 29).

32      Per quanto riguarda, in primo luogo, il trasferimento all’acquirente del diritto di disporre di un bene materiale come proprietario, si deve osservare che costituisce una condizione relativa a qualsiasi cessione di beni, definita all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, e non consente, di per sé, di determinare il carattere intracomunitario dell’operazione interessata.

33      A tale proposito, dalla decisione di rinvio emerge che è indiscusso che il presupposto relativo al trasferimento del diritto di disporre del bene come proprietario risulta soddisfatto nel procedimento principale, dal momento che, secondo il contratto concluso tra le parti, tale trasferimento ha avuto luogo nel momento in cui la merce è stata caricata sui mezzi di trasporto forniti dall’acquirente e l’amministrazione tributaria ungherese non ha messo in dubbio che il carico era stato effettivamente eseguito.

34      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene è stato spedito o trasportato al di fuori dello Stato membro di cessione, si deve ricordare che tale obbligo deve essere collocato nel contesto specifico del regime transitorio di tassazione degli scambi nell’ambito dell’Unione, introdotto dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388 (GU L 376, pag. 1), a motivo dell’abolizione delle frontiere interne a partire dal 1° gennaio 1993 (citata sentenza Teleos e a., punto 21).

35      La Corte ha osservato al riguardo che, anche se la cessione intracomunitaria di beni è soggetta alla condizione oggettiva che abbia avuto luogo il trasferimento fisico di questi ultimi fuori dallo Stato membro di cessione, a seguito dell’abolizione del controllo alle frontiere tra gli Stati membri, risulta difficile per le autorità tributarie verificare se le merci abbiano o meno lasciato fisicamente il territorio del suddetto Stato membro. Pertanto, tali autorità procedono ad una siffatta verifica principalmente in base alle prove fornite dai soggetti passivi e alle dichiarazioni di questi ultimi (citate sentenze Teleos e a., punto 44, e R., punto 42).

36      Dalla giurisprudenza emerge altresì che, in mancanza di specifiche disposizioni nella direttiva 2006/112 per quanto riguarda le prove che i soggetti passivi siano tenuti a fornire per beneficiare dell’esenzione dall’IVA, spetta agli Stati membri, conformemente all’articolo 131 della direttiva 2006/112, fissare le condizioni alle quali le cessioni intracomunitarie sono da essi esentate, per assicurare una corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Tuttavia, nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Collée, C-146/05, Racc. pag. I-7861, punto 24; Twoh International, cit., punto 25; X, cit., punto 35, e R., cit. punti 43 e 45).

37      A tale riguardo, si deve osservare che la decisione di rinvio non menziona eventuali obblighi concreti previsti dal diritto ungherese, come, in particolare, un elenco dei documenti da presentare alle autorità competenti ai fini dell’applicazione dell’esenzione a una cessione intracomunitaria. Secondo le spiegazioni fornite dal governo ungherese all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte, la normativa ungherese prevede soltanto che la cessione deve essere certificata e che il livello delle prove richieste dipende dalle concrete circostanze dell’operazione di cui trattasi.

38      Pertanto, gli obblighi spettanti a un soggetto passivo in materia di prova devono essere determinati in funzione delle condizioni espressamente stabilite a tale riguardo dal diritto nazionale e dalla prassi abituale prevista per analoghe operazioni.

39      Quindi, come discende dalla giurisprudenza della Corte, il principio di certezza del diritto impone che i soggetti passivi abbiano conoscenza dei loro obblighi fiscali prima di concludere un’operazione (sentenza Teleos e a., cit., punto 48 e giurisprudenza menzionata).

40      Il giudice del rinvio chiede segnatamente se, al fine di applicare l’esenzione a una cessione intracomunitaria, uno Stato membro possa imporre al soggetto passivo l’obbligo di accertarsi che la merce abbia fisicamente lasciato il territorio di detto Stato membro.

41      A questo proposito, la Corte ha già osservato che, in una situazione in cui manifestamente non esiste alcuna prova tangibile che permetta di ritenere che i beni di cui trattasi sono stati trasferiti al di fuori del territorio dello Stato membro di cessione, obbligare il soggetto passivo a fornire una tale prova non garantisce la corretta e semplice applicazione delle esenzioni. Al contrario, un obbligo siffatto lo pone in una situazione di incertezza circa la possibilità di applicare l’esenzione sulla cessione intracomunitaria o circa la necessità di includere l’IVA nel prezzo di vendita (v., in tal senso, sentenza Teleos e a., cit., punti 49 e 51).

42      Si deve inoltre precisare che, qualora l’acquirente benefici del potere di disporre del bene di cui trattasi come proprietario nello Stato membro di cessione e provveda al trasporto di detto bene verso lo Stato membro di destinazione, occorre tener conto del fatto che la prova che il venditore può produrre alle autorità tributarie dipende fondamentalmente dagli elementi che egli riceve a tal fine dall’acquirente (v., in tal senso, sentenza Euro Tyre Holding, citata, punto 37).

43      La Corte ha quindi considerato che, qualora il venditore abbia adempiuto i suoi obblighi relativi alla prova di una cessione intracomunitaria, laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare il bene interessato fuori dallo Stato membro di cessione non sia stato assolto dall’acquirente, è quest’ultimo che dovrebbe essere considerato debitore dell’IVA in tale Stato membro (v., in tal senso, citate sentenze Teleos e a., cit., punti 66 e 67, nonché Euro Tyre Holding, punto 38).

44      Dalla decisione di rinvio emerge che, nel procedimento principale, la Mecsek-Gabona si è avvalsa del proprio diritto all’esenzione dall’IVA basandosi sul numero di identificazione IVA attribuito all’acquirente dalle autorità italiane, sul fatto che la merce venduta era stata prelevata mediante camion immatricolati all’estero e sulle lettere di vettura CMR rispedite dall’acquirente a partire dal suo indirizzo postale, nelle quali era indicato che i beni erano stati trasportati in Italia.

45      La questione se la Mecsek-Gabona, operando in tal modo, abbia soddisfatto gli obblighi ad essa incombenti in materia di prova e di diligenza rientra nella valutazione del giudice del rinvio, alla luce delle condizioni precisate al punto 38 della presente sentenza.

46      Orbene, per l’ipotesi in cui la cessione di cui trattasi rientri nell’evasione attuata dall’acquirente e l’amministrazione tributaria non sia certa che i beni abbiano effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, si deve esaminare, in terzo luogo, se tale amministrazione possa, successivamente, obbligare il venditore ad assolvere l’IVA afferente a detta cessione.

47      Secondo una consolidata giurisprudenza, la lotta contro eventuali evasioni, elusioni e abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112 (v. sentenze del 29 aprile 2004, Gemeente Leusden e Holin Groep, C-487/01 e C-7/02, Racc. pag. I-5337, punto 76; R., cit., punto 36, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41 e giurisprudenza menzionata) che giustifica talvolta obblighi severi per il venditore (sentenza Teleos e a., cit., punti 58 e 61).

48      Quindi, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione tributaria (v., sentenze Teleos e a., cit., Punto 65, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 54).

49      Infatti la Corte ha considerato detti elementi come importanti per determinare la possibilità di obbligare il venditore ad assolvere l’IVA a posteriori (v., in tal senso, sentenza Teleos e a., cit., punto 66).

50      Di conseguenza, nel caso che l’acquirente nel procedimento principale abbia posto in essere un’evasione, è giustificato subordinare a un requisito di buona fede il diritto del venditore all’esenzione dall’IVA

51      La decisione di rinvio non consente di concludere che la Mecsek-Gabona sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’acquirente aveva posto in essere un’evasione.

52      Tuttavia, nelle sue osservazioni scritte e orali presentate dinanzi alla Corte il governo ungherese rileva che diversi elementi non indicati nella decisione di rinvio forniscono, a suo giudizio, la prova della mala fede della ricorrente nel procedimento principale. Tale governo rileva quindi che, pur non conoscendo l’acquirente di beni di cui trattasi nel procedimento principale, la Mecsek-Gabona non aveva chiesto a quest’ultimo alcuna garanzia, ne aveva verificato il numero d’identificazione solo dopo l’operazione, non aveva effettuato alcuna ricerca di informazioni supplementari su detto acquirente, gli aveva trasferito il diritto di proprietà su tali beni accettando di posticipare il pagamento del loro prezzo di vendita e aveva presentato le lettere di vettura CMR rispedite da detto acquirente nonostante fossero incomplete.

53      Al riguardo si deve ricordare che, nel contesto del procedimento instaurato in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice nazionale effettuare una valutazione globale di tutti gli elementi e le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire se la Mecsek-Gabona abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che le si potevano ragionevolmente richiedere per garantire che l’operazione realizzata non la conducesse a partecipare a un’evasione tributaria.

54      Qualora detto giudice giungesse alla conclusione che il soggetto passivo di cui trattasi sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare l’evasione medesima, la stessa dovrebbe negargli il beneficio del diritto all’esenzione dall’IVA.

55      Da quanto precedentemente esposto risulta che si deve rispondere alla prima e alla seconda questione indicando che l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che non osta a che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la propria partecipazione a detta evasione.

 Sulla terza questione

56      Con la sua terza questione di giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, possa essere negata al venditore per il fatto che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima.

57      Nell’ambito del regime transitorio di tassazione degli scambi nell’ambito dell’Unione, il cui obiettivo consiste nel trasferire il gettito tributario allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti (v. sentenze Teleos e a., cit., punto 36, nonché del 22 aprile 2010, X e tributaria eenheid Facet – Facet Trading, C-536/08 e C-539/08, Racc. pag. I-3581, punto 30), l’identificazione dei soggetti passivi dell’IVA tramite i numeri individuali mira ad agevolare la determinazione dello Stato membro in cui ha luogo detto consumo finale.

58      Da una parte, la direttiva 2006/112 in forza del suo articolo 214, paragrafo 1, lettera b), impone agli Stati membri di prendere i provvedimenti necessari affinché ogni soggetto passivo che effettua acquisti intracomunitari sia identificato tramite un numero individuale. D’altra parte, tale direttiva impone, ai sensi del suo articolo 226, punto 4, che nella fattura, che deve sempre essere emessa nel caso di una cessione intracomunitaria, sia obbligatoriamente indicato il numero di identificazione IVA dell’acquirente, con il quale quest’ultimo ha ricevuto una cessione di beni prevista all’articolo 138 della direttiva di cui trattasi.

59      Tuttavia, né la formulazione dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 né la giurisprudenza menzionata al punto 31 della presente sentenza indicano, tra le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria tassativamente elencate, l’obbligo di disporre di un numero d’identificazione IVA.

60      Indubbiamente, l’attribuzione di un siffatto numero fornisce la prova dello status fiscale del soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’IVA e agevola il controllo tributario delle operazioni intracomunitarie. Tuttavia, si tratta di un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria (v., per analogia, per quanto riguarda il diritto a detrazione, sentenze del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie, C-385/09, Racc. pag. I-10385, punto 50, e del 22 dicembre 2010, Dankowski, C-438/09, Racc. pag. I-14009, punti 33 e 47).

61      Infatti dalla giurisprudenza emerge che un provvedimento nazionale il quale, essenzialmente, subordini il diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma, senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali, eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta (sentenza Collée, cit., punto 29), a meno che la violazione dei requisiti formali avesse l’effetto di impedire la dimostrazione certa che i requisiti sostanziali erano stati soddisfatti (v., in tale senso, sentenza Collée, cit., punto 31).

62      Nel caso di specie, è pacifico che il numero d’identificazione dell’acquirente era valido al momento dell’esecuzione dell’operazione, ma che, diversi mesi dopo quest’ultima, le autorità italiane hanno disposto la cancellazione di tale numero, con effetto retroattivo, dal registro dei soggetti passivi.

63      Orbene, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero d’identificazione IVA, un’eventuale irregolarità relativa a detto registro non può comportare che un operatore, il quale si sia basato sui dati figuranti nel registro, sia escluso dall’esenzione della quale avrebbe diritto di beneficiare.

64      Come giustamente rileva la Commissione europea, sarebbe contrario al principio di proporzionalità che il venditore sia considerato debitore dell’IVA per la sola ragione che si è verificata una cancellazione retroattiva del numero d’identificazione IVA dell’acquirente.

65      Pertanto, si deve rispondere alla terza questione nel senso che l’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima.

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010, deve essere interpretato nel senso che non osta a che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la propria partecipazione a detta evasione.

2)      L’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima.

Firme


* Lingua processuale: l’ungherese.