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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

12 settembre 2013 (*)

«Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva 77/388/CEE – Articoli 17 e 19 – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Utilizzo di beni e servizi sia per operazioni soggette ad imposta sia per operazioni esenti – Detrazione in prorata – Calcolo del prorata – Succursali stabilite in altri Stati membri e in Stati terzi – Mancata considerazione del loro fatturato»

Nella causa C-388/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Francia), con decisione dell’11 luglio 2011, pervenuta in cancelleria il 22 luglio 2011, nel procedimento

Le Crédit Lyonnais

contro

Ministre du Budget, des Comptes publics et de la Réforme de l’État,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, presidente di sezione, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J.-J. Kasel (relatore) e M. Berger, giudici,

avvocato generale: P. Cruz Villalón

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 settembre 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Le Crédit Lyonnais, da C. Aldebert, E. Ashworth e C. Reinbold, avocats;

–        per il governo francese, da G. de Bergues e J.-S. Pilczer, in qualità di agenti;

–        per il governo cipriota, da E. Symeonidou, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, da L. Seeboruth e A. Robinson, in qualità di agenti, assistiti da R. Hill, barrister;

–        per la Commissione europea, da C. Soulay e L. Lozano Palacios, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 febbraio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 17, paragrafi 2, 3 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede Le Crédit Lyonnais (in prosieguo: «LCL»), istituto di credito avente la sua sede sociale in Francia, contrapposto allo Stato francese, con riferimento al calcolo del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») applicabile a LCL per il periodo che va dal 1° gennaio 1988 al 31 dicembre 1990.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        L’articolo 2 della sesta direttiva così dispone:

«Sono soggette all’[IVA]:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)».

4        L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva così prevede:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.      Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

5        L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva così recita:

«Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».

6        Ai sensi dell’articolo 13, parte B, della sesta direttiva:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano, a condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni stesse e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

d)      le operazioni seguenti:

1.      la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi;

2.      la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi;

3.      le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti;

4.      le operazioni, compresa la negoziazione, relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio, ad eccezione delle monete e dei biglietti da collezione; sono considerati da collezione le monete d’oro, d’argento o di altro metallo e i biglietti che non sono normalmente utilizzati per il loro valore liberatorio o presentano un interesse per i numismatici;

5.      le operazioni, compresa la negoziazione, eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società [o] associazioni, obbligazioni, altri titoli, ad esclusione:

–        dei titoli rappresentativi di merci;

–        dei diritti o titoli di cui all’articolo 5, paragrafo 3;

6.      la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri;

(…)».

7        L’articolo 17 della direttiva di cui trattasi così dispone:

«1.      Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovut[a] o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

b)      l’[IVA] dovuta o assolta per le merci importate;

c)      l’[IVA] dovuta ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), e dell’articolo 6, paragrafo 3.

3.      Gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la [detrazione] o il rimborso dell’[IVA] di cui al paragrafo 2 nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini:

a)      di sue operazioni relative alle attività economiche di cui all’articolo 4, paragrafo 2, effettuate all’estero, che darebbero diritto a [detrazione] se fossero effettuate all’interno del paese;

b)      di sue operazioni esenti ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera i), dell’articolo 15 e dell’articolo 16, paragrafo 1, punti B, C e D, e paragrafo 2;

c)      di sue operazioni esenti ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera a) e lettera d), punti da 1 a 5, quando il cliente risieda fuori della Comunità o quando tali operazioni sono direttamente connesse a beni destinati a essere esportati in un paese non appartenente alla Comunità.

(…)

5.      Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la [detrazione] è ammessa soltanto per il prorata dell’[IVA] relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono:

a)      autorizzare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore;

b)      obbligare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori;

c)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

d)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate;

e)      prevedere che non si tenga conto dell’IVA che non può essere detratta dal soggetto passivo quando essa sia insignificante.

(…)».

8        L’articolo 19, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva così dispone:

«1.      Il prorata di [detrazione] previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

–        al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’[IVA], relativo alle operazioni che danno diritto a [detrazione] ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3,

–        al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’[IVA], relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a [detrazione]. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l’importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all’articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all’unità superiore.

2.      In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di [detrazione], non si tiene conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle cessioni di beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie o a quelle di cui all’articolo 13, punto B, lettera d), (…) quando si tratta di operazioni accessorie. Qualora gli Stati membri si avvalgano della possibilità prevista dall’articolo 20, paragrafo 5, di non richiedere la rettifica per i beni di investimento, possono includere i proventi della cessione di tali beni nel calcolo del prorata di [detrazione]».

 La normativa francese

9        L’articolo 271 del codice generale delle imposte (code général des impôts; in prosieguo: il «CGI»), nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, così disponeva:

«4.      Danno diritto a detrazione alle stesse condizioni che se fossero soggetti all’[IVA]:

(…)

b)      I servizi bancari e finanziari esenti ai sensi del disposto dell’articolo 261 C, paragrafo 1, lettere da a) a e), qualora questi siano prestati a soggetti residenti o stabiliti al di fuori della Comunità economica europea o riguardino esportazioni di beni verso paesi diversi dagli Stati membri della Comunità».

10      A tenore dell’articolo 212 dell’allegato II del CGI:

«I soggetti passivi che non effettuano esclusivamente operazioni che danno diritto a detrazione possono detrarre una frazione dell’[IVA] che ha gravato sui beni che costituiscono immobilizzi pari all’importo di detta imposta moltiplicato per il rapporto fra l’ammontare annuo delle entrate relative ad operazioni che danno diritto a detrazione e l’ammontare annuo delle entrate relative a tutte le operazioni effettuate (...)».

11      L’articolo 213 dell’allegato II del CGI così prevedeva:

«Qualora il soggetto passivo operi in settori di attività non sottoposti a identica disciplina quanto all’[IVA], tali settori, ai fini dell’applicazione del diritto a detrazione, formano oggetto di contabilità distinte.

Ciascun immobile o insieme di immobili o frazione di immobile composto di alloggi sociali ad uso locativo la cui cessione a sé stessi sia imponibile in applicazione dell’ultimo comma dell’articolo 257, paragrafo 7, punto 1, lettera c), del [CGI] costituisce un settore di attività.

L’importo dell’imposta detraibile per i beni comuni ai diversi settori è determinato mediante applicazione del rapporto di cui all’articolo 212».

12      L’articolo 219 dell’allegato II del CGI era formulato come segue:

«I soggetti passivi che non effettuano esclusivamente operazioni che danno diritto a detrazione possono detrarre l’[IVA] che ha gravato sui medesimi beni e servizi nel rispetto dei seguenti limiti:

a.      Qualora tali beni e servizi concorrano esclusivamente all’esecuzione di operazioni che danno diritto a detrazione, l’imposta che ha gravato sugli stessi è detraibile;

b.      Qualora essi concorrano esclusivamente all’esecuzione di operazioni che non danno diritto a detrazione, l’imposta che ha gravato sugli stessi non è detraibile;

c.      Qualora il loro impiego sfoci, al contempo, nell’esecuzione di operazioni, di cui alcune danno diritto a detrazione e altre non danno diritto a detrazione, una frazione dell’imposta che ha gravato sugli stessi è detraibile. Tale frazione viene determinata alle condizioni di cui agli articoli da 212 a 214».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      LCL è un istituto di credito che ha sede in Francia e detiene succursali in taluni Stati membri dell’Unione europea e in determinati Stati terzi.

14      In seguito ad una verifica della contabilità di LCL relativa al periodo che va dal 1° gennaio 1988 al 31 dicembre 1989, e a due notifiche di rettifica, l’amministrazione tributaria ha addebitato a LCL taluni solleciti d’arretrato, in particolare, d’IVA per il periodo menzionato. Tali solleciti derivano dal rifiuto di tale amministrazione di considerare, contrariamente a quanto fatto da LCL nelle sue dichiarazioni, l’importo degli interessi dei finanziamenti concessi dalla sede di LCL alle sue succursali stabilite fuori del territorio francese al numeratore e al denominatore del prorata di detrazione previsto in materia di IVA dall’articolo 212 dell’allegato II del CGI.

15      Il 20 luglio 1994, LCL ha proposto un primo reclamo contro tali solleciti sostenendo che l’importo degli interessi di cui trattasi poteva essere considerato nel calcolo del prorata di detrazione dell’IVA. Il 31 dicembre 1996, esso ha proposto un secondo reclamo con cui ha chiesto la restituzione delle somme che riteneva di aver versato in eccesso per i periodi in parola e di quelle che aveva versato, nel 1990 e nel 1991, per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1990, in base all’asserto che, qualora non si potesse tenere conto dell’importo degli interessi fatturati dalla sede principale alle succursali, in quanto la sede principale formerebbe, unitamente alle succursali estere, una sola ed unica entità, i proventi delle operazioni che queste ultime realizzano con terzi dovrebbero essere considerati come ad essa facenti capo ed essere presi in considerazione per il calcolo del prorata di detrazione ad essa applicato.

16      In seguito al rigetto di tali reclami da parte dell’amministrazione tributaria, LCL ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunal administratif de Paris [Tribunale amministrativo di Parigi]. Con decisione del 5 ottobre 2004, detto giudice ha respinto il ricorso. Poiché l’appello che esso aveva presentato avverso detta decisione era stato del pari respinto, LCL ha impugnato quest’ultima decisione in cassazione dinanzi al Conseil d’État.

17      A sostegno della sua impugnazione, LCL afferma che, per stabilire il prorata di detrazione delle spese della sua sede principale in materia di IVA, occorre prendere in considerazione le entrate delle sue succursali stabilite negli altri Stati membri dell’Unione e negli Stati terzi, in quanto si deve ritenere che tali succursali costituiscano con detta sede principale, in seguito alla sentenza del 23 marzo 2006, FCE Bank (C-210/04, Racc. pag. I-2803), per quanto riguarda i rapporti che esse intrattengono, un soggetto unico.

18      Esso sostiene che, dichiarando, da una parte, che le succursali stabilite in uno Stato membro dell’Unione sono per parte loro soggette all’IVA e tengono conto, per determinare il proprio prorata, di dette entrate, le quali non possono pertanto giustificare un nuovo diritto a detrazione a vantaggio della sede principale e, dall’altra, che le succursali stabilite fuori dell’Unione, le quali possono o no essere soggette all’IVA, oppure essere soggette ad altra disciplina, costituiscono «settori di attività distinti» per l’esercizio del diritto a detrazione, la Cour administrative d’appel de Paris (Corte amministrativa d’appello di Parigi) ha accolto un’interpretazione incompatibile con il principio comunitario di neutralità del sistema comune dell’IVA.

19      Alla luce di quanto sopra, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, tenuto conto delle norme relative all’ambito di applicazione territoriale dell’[IVA], gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, e 19 della sesta direttiva (…) possano essere interpretati nel senso che, ai fini del calcolo del prorata ivi previsto, la sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro debba tenere conto delle entrate di ciascuna delle sue succursali stabilite in un altro Stato membro e, simmetricamente, tali succursali debbano tenere conto di tutte le entrate ricomprese nell’ambito di applicazione dell’[IVA] conseguite dalla società.

2)      Se si debba adottare la medesima soluzione per le succursali stabilite al di fuori dell’Unione europea, in particolare alla luce del diritto a detrazione previsto dall’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e c), in relazione alle operazioni bancarie e finanziarie di cui all’articolo 13 B, lettera d), punti da 1 a 5, effettuate a favore di clienti stabiliti al di fuori dell’[Unione].

3)      Se la risposta alle prime due questioni possa variare da uno Stato membro all’altro, in funzione delle opzioni rese possibili dall’ultimo comma dell’articolo 17, paragrafo 5, in particolare per quanto riguarda la costituzione di settori di attività distinti.

4)      In caso di risposta affermativa a una delle prime due questioni, da un lato, se occorra limitare l’applicazione di tale prorata al calcolo dei diritti a detrazione dell’[IVA] che ha gravato sulle spese sostenute dalla sede centrale a vantaggio delle succursali estere e, dall’altro, se le entrate conseguite all’estero debbano essere prese in considerazione secondo le norme applicabili nello Stato della succursale, oppure secondo quelle applicabili nello Stato della sede centrale».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

20      Si deve ricordare preliminarmente che, secondo una giurisprudenza costante, incombe alla Corte, nel contesto della procedura di collaborazione con i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente. In tale ottica, spetta eventualmente alla Corte riformulare la questione che le viene deferita (v., in particolare, sentenza FCE Bank, cit., punto 21).

21      Al riguardo va osservato che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in qual modo si debba determinare, da una parte, il prorata di detrazione dell’IVA della sede centrale di una società stabilita in Francia e, dall’altra, il prorata di detrazione delle succursali di tale società stabilite fuori di detto Stato membro. Orbene, in quanto la controversia principale riguarda soltanto la determinazione del prorata di detrazione applicabile alla sede centrale della società soggetta ad imposta, non è utile pronunciarsi nel dettaglio sul calcolo dei prorata di detrazione applicabili alle succursali di detta società stabilite fuori di tale Stato.

22      Pertanto, la prima questione deve essere intesa nel senso che è diretta, sostanzialmente, a stabilire se gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA ad essa applicabile, una società, la cui sede centrale sia situata in uno Stato membro, possa prendere in considerazione il fatturato realizzato dalle succursali stabilite in altri Stati membri.

23      Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che, per determinare la portata di una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (v., in particolare, sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark, C-174/08, Racc. pag. I-10567, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

24      Al riguardo è giocoforza constatare che il tenore letterale degli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva non consente, di per sé, di affermare che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA applicabile ad una società, la cui sede centrale è situata in uno Stato membro, tale società può prendere in considerazione il fatturato realizzato dalle sue succursali stabilite in altri Stati membri.

25      Riguardo al contesto in cui si inseriscono tali disposizioni e alle finalità di queste ultime, è necessario ricordare che gli articoli 17 e 19 della sesta direttiva fanno parte del titolo XI della stessa, dedicato al regime delle detrazioni.

26      Il diritto a detrazione, previsto agli articoli 17 e seguenti della sesta direttiva, costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (sentenze del 6 octobre 2005, Commissione/Francia, C-243/03, Racc. pag. I-8411, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland, C-488/07, Racc. pag. I-10409, punto 14).

27      Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune di IVA garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v. sentenza Royal Bank of Scotland, cit., punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

28      Più in particolare, l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva stabilisce il regime che si applica al diritto alla detrazione dell’IVA qualora quest’ultima si riferisca a beni o a servizi che sono utilizzati dal soggetto passivo «sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto». In tal caso, conformemente all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva, la detrazione è ammessa solo per la parte dell’IVA che è proporzionale all’importo delle prime operazioni assoggettate ad imposta (sentenza Royal Bank of Scotland, cit., punto 17).

29      A norma dell’articolo 17, paragrafo 5, secondo comma, della sesta direttiva, il diritto alla detrazione viene calcolato in base ad un prorata determinato ai sensi dell’articolo 19 della direttiva medesima (sentenza Royal Bank of Scotland, cit., punto 18).

30      Occorre dunque constatare che, dal momento che il calcolo del prorata di detrazione costituisce un elemento del regime delle detrazioni, le modalità secondo cui tale calcolo deve essere effettuato rientrano, unitamente a detto regime di detrazioni, nella sfera di applicazione della normativa nazionale in materia di IVA cui un’attività o un’operazione deve essere fiscalmente collegata.

31      Spetta, infatti, alle autorità tributarie di ogni Stato membro stabilire, come consente loro l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, nell’autorizzarle a prevedere la fissazione di un prorata distinto per ogni settore d’attività oppure la detrazione secondo la destinazione della totalità o di parte dei beni e servizi ad un’attività precisa, oppure anche a prevedere l’esclusione del diritto a detrazione al ricorrere di determinate condizioni, il metodo di determinazione del diritto alla detrazione (v., in tal senso, sentenza Royal Bank of Scotland, cit., punto 19).

32      L’osservazione che compare al punto 31 della presente sentenza si trova peraltro corroborata dalla circostanza che il modo di restituzione dell’IVA, per detrazione, ovvero per rimborso, è esclusivamente funzione del luogo in cui ha sede il soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Italia, C-244/08, punti 25 e 33).

33      Occorre inoltre precisare che la nozione di «luogo di stabilimento» non riguarda esclusivamente la sede del soggetto passivo, ma anche le stabili organizzazioni ai sensi della sesta direttiva che egli può avere negli altri Stati membri. Pertanto, una società che ha fissato la propria sede in uno Stato membro e che dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro deve essere considerata, per questo motivo, come stabilita in quest’ultimo Stato per le attività che in esso vengono svolte e non potrà più pretendere il rimborso dell’IVA ai sensi dell’ottava direttiva 79/1072/CEE del Consiglio, del 6 dicembre 1979, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (GU L 331, pag. 11), e della tradicesima direttiva 86/560/CEE del Consiglio, del 17 novembre 1986, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità (GU L 326, pag. 40), che ivi è pagata. Spetterà a tale stabile organizzazione chiedere, presso le autorità fiscali di detto Stato, la detrazione dell’IVA relativa agli acquisti che in esso sono stati realizzati (v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, cit., punti 33 e 35).

34      Dato che la Corte ha giudicato che la stabile organizzazione, ai sensi della sesta direttiva, situata in uno Stato membro, e la sede principale situata in un altro Stato membro costituiscono un unico soggetto d’IVA (sentenza Commissione/Italia, cit., punto 38), ne deriva che un unico soggetto passivo è sottoposto, oltre al regime applicabile nello Stato in cui ha sede, a tanti regimi di detrazione nazionali quanti sono gli Stati membri in cui dispone di stabili organizzazioni.

35      Orbene, poiché le modalità di calcolo del prorata costituiscono un elemento fondamentale del regime delle detrazioni, non si può, senza rimettere seriamente in dubbio sia la ripartizione razionale delle sfere d’applicazione delle normative nazionali in materia di IVA sia la ragion d’essere di detto prorata, tenere conto, nel calcolo del prorata applicabile alla sede principale di un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro, del fatturato realizzato da tutte le stabili organizzazioni di cui tale soggetto passivo dispone negli altri Stati membri.

36      Tale interpretazione degli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva è, inoltre, conforme all’obiettivo di tali disposizioni.

37      Infatti, riguardo al principio di neutralità dell’IVA, che il regime delle detrazioni deve attuare, è giocoforza constatare che, come l’avvocato generale ha osservato ai paragrafi da 67 a 69 delle sue conclusioni, non è dimostrato che il fatto di consentire a un soggetto passivo di calcolare il prorata di detrazione applicabile alla sua sede stabilita in uno Stato membro determinato tenendo conto del fatturato realizzato dalle sue stabili organizzazioni site in altri Stati membri sia idoneo a garantire, in ogni caso, una maggiore ottemperanza a detto principio rispetto ad un sistema che prevede che il soggetto passivo debba, in ogni Stato membro in cui si può ritenere che egli detenga una stabile organizzazione ai sensi della sesta direttiva, determinare un prorata di detrazione separato.

38      Inoltre, come il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha fatto giustamente valere, tale modalità di determinare il prorata di detrazione applicabile alla sede principale di un soggetto passivo produrrebbe la conseguenza di far aumentare, per tutti gli acquisti che tale soggetto passivo ha effettuato nello Stato membro nel quale si trova la sua sede principale, la quota di IVA che tale sede può detrarre anche qualora una parte di tali acquisti non abbia alcun nesso con le attività delle stabili organizzazioni site fuori di detto Stato. Pertanto, il valore del prorata di detrazione applicabile sarebbe falsato.

39      Infine, tale modalità di stabilire il prorata di detrazione è idonea a pregiudicare l’effetto utile degli articoli 5, paragrafo 7, lettera a), e 6, paragrafo 3, della sesta direttiva che attribuiscono un certo potere discrezionale agli Stati membri, attenuando gli effetti delle scelte da essi effettuate in materia di politica fiscale.

40      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA ad essa applicabile, una società, la cui sede principale sia situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in altri Stati membri.

 Sulla seconda questione

41      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, alla luce dell’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e c), della sesta direttiva, una società, la cui sede sia situata in uno Stato membro, possa prendere in considerazione, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA ad essa applicabile, il fatturato realizzato dalle sue succursali stabilite in Stati terzi.

42      Al riguardo occorre ricordare che, come risulta dai punti da 30 a 33 della presente sentenza, il regime delle detrazioni è basato sul principio di territorialità delle disposizioni nazionali applicabili e che, qualora un soggetto passivo disponga di una stabile organizzazione in uno Stato diverso da quello in cui ha stabilito la propria sede principale, le attività economiche che egli svolge in tale Stato sono considerate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva, come esercitate a partire da tale stabile organizzazione.

43      Orbene, è giocoforza constatare che non esiste, né nei considerando della sesta direttiva né nelle sue disposizioni, alcun elemento che consenta di concludere che la circostanza che un soggetto passivo disponga di una stabile organizzazione fuori dell’Unione europea sia idonea ad incidere sul regime delle detrazioni cui tale soggetto passivo è sottoposto nello Stato membro nel quale è situata la sua sede principale.

44      Ne consegue, come l’avvocato generale ha constatato al paragrafo 81 delle sue conclusioni, che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non si può validamente sostenere che le prestazioni di servizi fornite da stabili sedi site fuori dell’Unione a vantaggio di clienti del pari stabiliti in Stati terzi debbano essere considerate fornite dalla sede principale stessa.

45      Tale constatazione non è posta nuovamente in discussione dall’argomento secondo cui una società che ha la propria sede principale in uno Stato membro e che dispone di una succursale in uno Stato terzo deve, ai fini dell’IVA, ricevere lo stesso trattamento tributario di una società, del pari stabilita in uno Stato membro, che fornisce le stesse prestazioni di servizi senza fare ricorso a siffatta succursale o che dispone, a tale scopo, di una controllata in detto Stato terzo. Infatti, tali differenti opzioni riflettono situazioni chiaramente distinte e non possono pertanto ricevere lo stesso trattamento tributario.

46      Va aggiunto, al riguardo, che i soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengono più appropriate per le loro attività economiche e al fine di limitare i loro oneri fiscali (sentenza del 22 dicembre 2010, RBS Deutschland Holdings, C-277/09, Racc. pag. I-13805, punto 53).

47      Così la scelta, da parte di un imprenditore, tra operazioni esenti ed operazioni soggette ad imposta può basarsi su un insieme di elementi, in particolare su considerazioni di natura fiscale attinenti al regime obiettivo dell’IVA (v. sentenza del 9 ottobre 2001, Cantor Fitzgerald International, C-108/99, Racc. pag. I-7257, punto 33).

48      D’altra parte, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, un soggetto passivo, nel caso in cui possa scegliere tra diverse operazioni, ha anche diritto a scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permetta di limitare la contribuzione fiscale (v., segnatamente, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, Racc. pag. I-1609, punto 73, nonché RBS Deutschland Holdings, cit., punto 54).

49      Occorre pertanto rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 17, paragrafo 3, lettere a) e c), nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’IVA ad essa applicabile, una società, la cui sede principale è situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in Stati terzi.

 Sulla terza questione

50      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che consente ad uno Stato membro di adottare una norma ai fini del calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta che la autorizzi a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro oppure in uno Stato terzo.

51      Per rispondere a tale questione, occorre ricordare che dal combinato disposto del testo degli articoli 17, paragrafo 5, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva risulta che quest’ultima disposizione si limita a rinviare al prorata di detrazione previsto in tale articolo 17, paragrafo 5, primo comma, e fissa, quindi, una regola dettagliata di calcolo soltanto per il prorata previsto alla prima di dette due disposizioni nonché, per estensione, per la detrazione da effettuare facendo applicazione dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), di detta direttiva (v., in tal senso, sentenze Royal Bank of Scotland, cit., punto 22, e dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt, C-511/10, punto 21).

52      La Corte ha, del pari, dichiarato che, in assenza di indicazioni nella sesta direttiva, spetta agli Stati membri stabilire, nei limiti del rispetto del diritto dell’Unione nonché dei principi sui quali si fonda il sistema comune dell’IVA, metodi e regole a disciplina del calcolo del prorata di detrazione dell’IVA versata a monte. Nell’esercizio di tale potere, gli Stati membri sono obbligati a tener conto della finalità e dell’economia della direttiva stessa (v., segnatamente, sentenza BLC Baumarkt, cit., punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

53      Tuttavia, è giocoforza constatare che il riferimento effettuato dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva a «settori d’attività» non può essere interpretato come relativo a zone geografiche.

54      Infatti, come risulta dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva, il termine «attività» si riferisce, nel contesto della sesta direttiva, ai diversi generi di attività economiche come le attività di produttore, commerciante o prestatore di servizi.

55      Ne deriva che uno Stato membro non può, sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, consentire ad un soggetto passivo stabilito sul suo territorio di tenere conto, all’atto della determinazione del prorata di detrazione applicabile a un settore della sua attività economica, della cifra d’affari realizzata da una stabile organizzazione sita fuori dello stesso Stato.

56      Occorre pertanto rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che non consente ad uno Stato membro di adottare una regola di calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta, che autorizzi quest’ultima a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro oppure in uno Stato terzo.

 Sulla quarta questione

57      Considerate le risposte fornite alle prime due questioni, non occorre rispondere alla quarta questione.

 Sulle spese

58      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ad essa applicabile, una società, la cui sede principale sia situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in altri Stati membri.

2)      Gli articoli 17, paragrafo 3, lettere a) e c), nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388 devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ad essa applicabile, una società, la cui sede principale è situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in Stati terzi.

3)      L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che non consente ad uno Stato membro di accogliere una regola di calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta, che autorizzi quest’ultima a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro oppure in uno Stato terzo.

Firme


* Lingua processuale: il francese.