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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

10 aprile 2014 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Articoli 63 TFUE e 65 TFUE – Imposta sui redditi delle persone giuridiche – Disparità di trattamento tra i dividendi versati a fondi di investimento residenti e non residenti – Esclusione dell’esenzione fiscale – Restrizione non giustificata»

Nella causa C-190/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgorszcy (Polonia), con decisione del 28 marzo 2012, pervenuta in cancelleria il 23 aprile 2012, nel procedimento

Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company

contro

Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, presidente di sezione, A. Borg Barthet, E. Levits (relatore), M. Berger e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 settembre 2013,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company, da M. Rudnicki, consigliere giuridico;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, M. Szpunar e A. Kramarczyk, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da A. Rubio González, in qualità di agente;

–        per il governo francese, da G. de Bergues, J.-S. Pilczer e D. Colas, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. De Stefano, avvocato dello Stato;

–        per il governo finlandese, da M. Pere, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da K. Herrmann e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 novembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra la Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company, fondo di investimento con sede negli Stati Uniti d’America, ed il Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy (direttore dell’amministrazione finanziaria di Bydgoszcz; in prosieguo: il «Dyrektor»), riguardo al diniego, da parte di quest’ultimo, di accertare e rimborsare l’eccedenza d’imposta forfettaria sulle società, per gli esercizi 2005 e 2006, versata a titolo di tassazione dei dividendi distribuiti al ricorrente nel procedimento principale da società di capitali con sede nel territorio polacco.

 Contesto normativo

 La normativa polacca

3        L’articolo 6, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sulle società (ustawy o podatku dochodowym od osób prawnych), del 15 febbraio 1992 (Dz. U. n. 54, posizione 654), nel testo applicabile ai fatti oggetto del procedimento principale, vale a dire negli esercizi 2005 e 2006 (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sulle società»), così disponeva:

«Sono esenti da imposta:

(...)

10)      i fondi di investimento esercenti attività conformemente alle disposizioni della [legge relativa ai fondi di investimento (ustawy o funduszach inwestycyjnych), del 27 maggio 2004 (Dz. U. n. 146, posizione 1546; in prosieguo: la “legge relativa ai fondi di investimento”)]».

4        L’articolo 6, paragrafo 1, della legge relativa alle imposte sulle società è stata modificata dalla legge recante modifica della legge sulle imposte sui redditi delle persone fisiche, della legge relativa all’imposta sulle società e della legge relativa alla tassazione forfettaria di taluni redditi percepiti da persone fisiche (ustawa r. – Zmiana ustawy o podatku dochodowym od osób fizycznych, ustawy o podatku dochodowym od osób prawnych oraz ustawy o zryczałtowanym podatku dochodowym od niektórych przychodów osiąganych przez osoby fizyczne), del 25 novembre 2010 (Dz. U. del 2010, n. 226, posizione 1478). Tale disposizione, entrata in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2011, così dispone:

«Sono esenti dall’imposta:

(...)

10)      i fondi di investimento esercenti attività conformemente alle disposizioni della legge [relativa ai fondi di investimento];

10a)      gli enti di investimento collettivo con sede in uno Stato membro dell’Unione europea diverso dalla Repubblica di Polonia, o in un altro Stato dello Spazio economico europeo (SEE), qualora tali enti rispondano cumulativamente ai seguenti requisiti:

a)      i loro redditi siano integralmente soggetti, indipendentemente dalla loro provenienza, all’imposta sulle società nello Stato in cui abbiano sede,

b)      le loro attività abbiano unicamente ad oggetto l’investimento collettivo, in valori mobili, in strumenti del mercato finanziario e in altri diritti patrimoniali, di risorse finanziarie raccolte per mezzo di offerta, pubblica o non pubblica, all’acquisto dei loro titoli di investimento,

c)      esercitino la loro attività sulla base di autorizzazione concessa dalle competenti autorità di sorveglianza del mercato finanziario dello Stato in cui abbiano sede (...),

d)      le loro attività siano direttamente controllate dalle competenti autorità per la sorveglianza del mercato finanziario dello Stato in cui gli enti medesimi abbiano sede,

e)      abbiano designato un depositario per la custodia dei loro attivi,

f)      siano gestiti da operatori che dispongano, per l’esercizio della loro attività, dell’autorizzazione da parte delle competenti attività di sorveglianza del mercato finanziario dello Stato in cui gli organismi medesimi abbiano sede».

5        L’articolo 22 della legge relativa alle imposte sulle società così dispone:

«1.      La tassazione dei dividendi e degli altri redditi derivante dalla partecipazione agli utili di persone giuridiche con sede (...) in Polonia, fatto salvo il paragrafo 2, è stabilita nella misura del 19% dei redditi percepiti.

2.      La tassazione dei redditi, ai sensi del paragrafo 1, di soggetti indicati all’articolo 3, paragrafo 2, è stabilita nella misura del 19% dei medesimi, salvo che un accordo volto ad evitare le doppie imposizioni, concluso con lo Stato in cui il contribuente abbia sede ovvero l’amministrazione, non disponga diversamente».

6        Ai sensi dell’articolo 1 della legge relativa ai fondi di investimento, come successivamente modificata:

«La legge stabilisce le norme applicabili all’istituzione e all’attività dei fondi di investimento con sede sul territorio della Repubblica di Polonia, nonché le norme che disciplinano l’esercizio, da parte di fondi stranieri e di società di gestione, delle rispettive attività sul territorio della Repubblica di Polonia».

7        L’articolo 2, punti 7 e 9, della legge medesima così dispone:

«Ai fini della presente legge s’intende per:

(...)

7)      Stati membri: gli Stati membri dell’Unione europea diversi dalla [Repubblica di] Polonia;

(...)

9)      fondi stranieri: un fondo di investimento di tipo aperto o una società di investimenti con sede in un altro Stato membro e che eserciti la propria attività conformemente alle disposizioni comunitarie che disciplinano l’investimento collettivo in valori mobili;

(...)».

8        Il successivo articolo 3, paragrafo 1, così recita:

«Il fondo di investimento è una persona giuridica le cui attività hanno unicamente ad oggetto l’investimento collettivo, in valori mobili, in strumenti del mercato finanziario ed in altri diritti patrimoniali definiti dalla legge, di risorse finanziarie raccolte per mezzo di offerta, pubblica o non pubblica all’acquisto dei suoi titoli di investimento».

 La convenzione volta ad evitare le doppie imposizioni

9        Ai sensi dell’articolo 11 della Convenzione conclusa tra il governo della [Repubblica di Polonia] e il governo degli Stati Uniti d’America al fine di evitare le doppie imposizioni e di prevenire l’evasione fiscale (Umowy miedzy Rządem [Polskiej] Rzeczypospolitej Ludowej a Rządem Stanów Zjednoczonych Ameryki o uniknięciu podwójnego opodatkowania i zapobieżeniu uchylaniu się od opodatkowania w zakresie podatków od dochodu), firmata a Washington l’8 ottobre 1974 (Dz. U. del 1976, n. 31, posizione 178; in prosieguo: la «convenzione contro le doppie imposizioni»):

«1. I dividendi con fonte in uno Stato contraente e versati a un residente dell’altro Stato contraente sono tassati in questo secondo Stato. 

2.      Lo Stato contraente sul territorio del quale si trova la sede della società può parimenti tassare tali dividendi conformemente alla propria normativa, laddove l’imposta non può peraltro eccedere:

a)      il 5% dell’importo lordo dei dividendi qualora il beneficiario sia una persona giuridica che detenga una partecipazione non inferiore al 10% delle azioni con diritto di voto della società distributrice,

b)      il 15% dell’importo lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi.

Il presente comma non riguarda la tassazione della persona giuridica sugli utili da cui provengono i dividendi versati.

(...)».

 La controversia principale e le questioni pregiudiziali

10      Nel dicembre del 2010, il ricorrente nel procedimento principale, un fondo di investimento con sede sul territorio degli Stati Uniti d’America e la cui attività consiste, segnatamente, nell’acquisizione di partecipazioni in società polacche, chiedeva all’amministrazione finanziaria polacca il rimborso dell’eccedenza dell’imposta forfettaria sulle società applicata, in misura del 15%, ai dividendi ad esso versati da società stabilite in Polonia. Il ricorrente nel procedimento principale riteneva il proprio diritto al rimborso fondato sulla base dell’articolo 22, paragrafo 1, della legge relativa alle imposte sulle società, in combinato disposto con l’articolo 11, paragrafo 2, lettera b), della convenzione contro le doppie imposizioni.

11      Detta domanda veniva respinta con la decisione del 2 maggio 2011, sulla base del rilievo che il ricorrente nel procedimento principale, essendo un fondo di investimento stabilito sul territorio degli Stati Uniti d’America, non rispondeva ai requisiti di esenzione previsti dall’articolo 6, paragrafo 1, punto 10, della legge relativa all’imposta sulle società.

12      Tale decisione veniva confermata da successiva decisione del Dyrektor del 6 ottobre 2011, ragion per cui il ricorrente nel procedimento principale proponeva ricorso di annullamento dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo che le disposizioni della legge relativa all’imposta sulle società opererebbero una discriminazione tra i fondi di investimento stabiliti in Stati terzi e quelli stabiliti in Polonia.

13      Il giudice del rinvio si chiede se, tenuto conto della particolare natura dell’esenzione fiscale prevista dalla legge relativa all’imposta sulle società, che equivarrebbe ad un’esenzione integrale soggettiva dell’imposta sulle società riservata ai fondi di investimento in possesso dei requisiti previsti dalla legge relativa ai fondi di investimento, nonché tenuto conto dello stretto legame tra le disposizioni di quest’ultima legge e l’esenzione medesima, detta disposizione della legge polacca debba essere esaminata con riguardo non al principio della libera circolazione dei capitali, bensì a quello della libertà di stabilimento.

14      Nell’assunto che occorra procedere a tale esame con riguardo al principio della libera circolazione dei capitali, il giudice del rinvio si pone, quindi, la questione se la normativa oggetto del procedimento principale implichi una restrizione ingiustificata a detta libertà.

15      In particolare, il giudice del rinvio si chiede se l’analogia nelle modalità e nel settore di attività esercitata sia sufficiente per ritenere che il fondo di investimento con sede in Polonia sia paragonabile a quello con sede negli Stati Uniti, laddove i requisiti fissati dal diritto dell’Unione in materia di istituzione e di funzionamento di tali fondi differiscono da quelli fissati dal diritto di Stati terzi e non sono ivi applicabili.

16      Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che un’eventuale restrizione possa essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali in considerazione del carattere personale dell’esenzione e che tale restrizione sia parimenti proporzionata.

17      Ciò premesso, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgoszczy ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo [63 TFUE] sia applicabile nel caso in cui il giudice adito debba stabilire se, nell’ambito di un’esenzione soggettiva di portata generale, uno Stato membro possa attuare disposizioni di diritto nazionale che differenzino la situazione giuridica dei contribuenti, in modo tale che fondi di investimento con sede in uno Stato membro dell’Unione (…) fruiscano di un’esenzione dal prelievo forfettario dell’imposta in ragione dei dividendi percepiti, laddove non ne fruisca un fondo di investimento residente fiscalmente negli Stati Uniti.

2)      Se la disparità di trattamento tra i fondi di investimento con sede in uno Stato terzo e quelli con sede in uno degli Stati membri dell’Unione, prevista dal diritto nazionale ai fini dell’esenzione soggettiva in materia di imposte sui redditi, possa essere ritenuta giuridicamente fondata alla luce delle disposizioni dell’articolo [65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, in combinato disposto con l’articolo 65, paragrafo 3, TFUE]».

Sulla domanda volta alla riapertura della fase orale del procedimento

18      La fase orale del procedimento si è conclusa il 6 novembre 2013 a seguito della presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale.

19      Con lettera del 6 dicembre 2013, depositata presso la cancelleria della Corte il 9 dicembre 2013, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto, sostanzialmente, richiamandosi all’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte, la riapertura della fase orale del procedimento facendo valere fatti nuovi sopravvenuti tali da incidere in modo decisivo sulla decisione della Corte. Secondo quanto affermato dal ricorrente medesimo, l’amministrazione finanziaria degli Stati Uniti lo avrebbe informato del fatto che l’amministrazione finanziaria polacca avrebbe avviato un procedimento di scambio di informazioni in merito ad una questione ad esso afferente e di oggetto identico a quello del procedimento principale.

20      A tal riguardo si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 83 del suo regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre l’apertura o la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare, se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte (v. sentenza del 18 luglio 2013, Vodafone Omnitel e a., da C-228/12 a C-232/12 e da C-254/12 a C-258/12, punto 26).

21      Nella specie, la Corte ritiene, sentito l’avvocato generale, di disporre di tutti gli elementi necessari per rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio e che il fatto nuovo menzionato dalla ricorrente nel procedimento principale non sia tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte.

22      Conseguentemente, non vi è motivo per accogliere la richiesta della ricorrente del procedimento principale volta alla riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulle questioni pregiudiziali


 Sulla prima questione

23      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede di acclarare se l’articolo 63 TFUE si applichi in una fattispecie, come quella oggetto del procedimento principale, in cui, per effetto della normativa tributaria di uno Stato membro, i dividendi versati da società stabilite in detto Stato a favore di un fondo di investimento stabilito in uno Stato terzo non godono di esenzione fiscale, laddove i fondi di investimento stabiliti nello Stato membro medesimo beneficiano, invece, dell’esenzione.

24      Solamente il governo polacco ritiene che tale normativa nazionale debba essere valutata alla luce non della libera circolazione dei capitali, bensì della libertà di stabilimento o della libera prestazione dei servizi. A parere di detto governo, l’esenzione soggettiva oggetto del procedimento principale, che si applica a tutti i redditi di taluni operatori economici, indipendentemente dal tipo di operazione realizzata, è volta non ad introdurre un criterio distintivo fondato sul luogo di stabilimento, bensì ad indurre il consumatore a ricorrere ai servizi di fondi di investimento che esercitino la loro attività in un ambito giuridico precisamente definito. Peraltro, l’attività esercitata dai fondi di investimento costituirebbe un’attività di servizi di intermediazione finanziaria o di gestione di portafogli di attivi, ai sensi degli articoli 49 TFUE o 56 TFUE.

25      A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il trattamento fiscale dei dividendi può ricadere nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE, riguardante la libertà di stabilimento, e di quella dell’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali, e che, quanto alla questione se una normativa nazionale ricada sotto l’una o l’altra libertà di circolazione, occorre prendere in circolazione l’oggetto della normativa di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-35/11, punti 89 e 90 nonché giurisprudenza citata).

26      In particolare, ricade nella sfera di applicazione della libertà di stabilimento una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentano di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima (v. sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 91 e la giurisprudenza citata).

27      Ne consegue che, per quanto attiene ai dividendi provenienti da un paese terzo, qualora dall’oggetto della normativa nazionale risulti che quest’ultima è destinata ad applicarsi soltanto alle partecipazioni che consentano di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e di determinare le attività di quest’ultima, né l’articolo 49 TFUE né l’articolo 63 TFUE possono essere invocati (v. sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 98).

28      Per contro, eventuali disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni effettuate al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza l’intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (v. sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 92).

29      In un contesto relativo al trattamento fiscale di dividendi provenienti da un paese terzo, si deve ritenere che l’esame dell’oggetto di una normativa nazionale sia sufficiente per stabilire se il trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo ricada sotto le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 96).

30      A tal riguardo, la Corte ha precisato che una normativa nazionale relativa al trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo, la quale non si applichi esclusivamente alle fattispecie nelle quali la società madre eserciti un’influenza determinante sulla società distributrice dei dividendi, deve essere valutata alla luce dell’articolo 63 TFUE. Una società stabilita in uno Stato membro può, dunque, invocare tale disposizione, indipendentemente dall’entità della partecipazione da essa detenuta nella società distributrice di dividendi stabilita in un paese terzo, al fine di contestare la legittimità di detta normativa (v., in tal senso, sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 99).

31      Occorre tuttavia evitare che l’interpretazione dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, per quanto riguarda i rapporti con i paesi terzi, consenta agli operatori economici che non ricadono all’interno della sfera di applicazione territoriale della libertà di stabilimento di avvalersi di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 100).

32      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle conclusioni, tale ragionamento relativo al trattamento fiscale dei dividendi versati da una società di un paese terzo a favore di un soggetto stabilito sul territorio di uno Stato membro è parimenti applicabile alla fattispecie in cui vengano versati dividendi da una società stabilita in uno Stato membro a favore di un’azionista stabilito in un paese terzo, come avvenuto nel procedimento principale.

33      Infatti, da un lato, l’esenzione oggetto del procedimento principale, contemplata dall’articolo 6, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sulle società, non opera distinzioni in funzione del tipo di partecipazione da cui sono scaturiti i dividendi percepiti dal fondo di investimento. Dall’altro lato, il rischio che un operatore economico non ricompreso nella sfera di applicazione territoriale della libertà di stabilimento si avvalga di tale libertà non sussiste, considerato che la normativa tributaria oggetto del procedimento principale riguarda il trattamento fiscale di tali dividendi e non è volta a subordinare a condizioni l’accesso al mercato nazionale degli operatori provenienti da paesi terzi.

34      Tale rilievo non viene rimesso in discussione dagli argomenti dedotti, segnatamente, dal governo polacco, quali richiamati supra al punto 24, considerato che ciò che occorre esaminare al fine di determinare se tale normativa ricada nella sfera dell’applicazione dell’articolo 63 TFUE non è la natura dell’esenzione prevista dalla normativa stessa né il carattere dell’attività esercitata dal fondo di investimento, bensì la forma della partecipazione dei fondi di investimento nelle società residenti.

35      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione nel senso che l’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali, si applica in una fattispecie, come quella oggetto della causa principale, in cui, per effetto della normativa tributaria nazionale, i dividendi versati da società stabilite in uno Stato membro a favore di un fondo di investimento stabilito in uno Stato terzo non costituiscono oggetto di esenzione fiscale, mentre i fondi di investimento stabiliti nello Stato membro stesso beneficiano dell’esenzione.

 Sulla seconda questione

36      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente se gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, per effetto della quale non possono beneficiare di esenzione fiscale i dividendi versati da società stabilite nello Stato membro medesimo a favore di un fondo di investimento situato in uno Stato terzo.

37      In particolare, secondo la legge relativa all’imposta sulle società, nel testo applicabile ai fatti oggetto della causa principale, vale a dire nel corso degli anni 2005 e 2006 e sino al gennaio 2011, i dividendi distribuiti da una società residente ad un fondo di investimento stabilito in un paese terzo venivano tassati, in linea di principio, con l’aliquota del 19%, attraverso una ritenuta alla fonte, salvo applicazione di diversa aliquota in virtù di una convenzione contro le doppie imposizioni, laddove tali dividendi sarebbero risultati esenti da imposta qualora fossero stati versati ad un fondo di investimento residente, sempreché quest’ultima soddisfacesse parimenti le condizioni imposte dalla legge relativa ai fondi di investimento.

 Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

38      Si deve ricordare, in limine, che, se è pur vero che la fiscalità diretta ricade nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione (sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11, punto 14 e giurisprudenza citata).

39      A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza della Corte, le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni ai movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro e a dissuadere i residenti di questo Stato membro dal farne in altri Stati (sentenze del 18 dicembre 2007, A, C-101/05, Racc. pag. I-11531, punto 40; del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, Racc. pag. I-305, punto 50, nonché Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 15).

40      Nella specie, l’esenzione fiscale prevista dalla normativa tributaria nazionale oggetto del procedimento principale veniva riconosciuta unicamente ai fondi di investimento esercenti la loro attività conformemente alla legge relativa ai fondi di investimento.

41      Dalla decisione di rinvio emerge parimenti che, a termini della normativa nazionale oggetto del procedimento principale, i fondi di investimento beneficiano dell’esenzione subordinatamente alla condizione di avere sede sul territorio polacco. Pertanto, i dividendi versati a fondi di investimento non residenti non potrebbero beneficiare, per il solo fatto del luogo di stabilimento dei fondi stessi, dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte, ancorché a tali dividendi possa essere eventualmente applicata un’aliquota impositiva ridotta per effetto di una convenzione contro le doppie imposizioni.

42      Orbene, una siffatta differenza di trattamento fiscale dei dividendi tra i fondi di investimento residenti ed i fondi di investimento non residenti è tale da dissuadere, da un lato, i fondi di investimento stabiliti in un paese terzo dall’assunzione di partecipazioni in società stabilite in Polonia e, dall’altro, gli investitori residenti in tale Stato membro dall’acquisizione di quote in fondi di investimento non residenti (v., in tal senso, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 17).

43      Ne consegue che una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale è tale da produrre una restrizione alla libera circolazione dei capitali contraria, in linea di principio, all’articolo 63 TFUE.

44      Occorre tuttavia esaminare se tale restrizione possa essere giustificata con riguardo alle disposizioni del Trattato.

 Sull’applicabilità dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE

45      A termini dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, l’articolo 63 TFUE lascia impregiudicata l’applicazione, agli Stati terzi, di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali o della legislazione dell’Unione per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implichino investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari.

46      A tal riguardo, i governi polacco e tedesco hanno dedotto, nelle loro osservazioni e all’udienza, che, in primo luogo, la disposizione nazionale oggetto del procedimento principale, che prevede la tassazione dei dividendi versati da società polacche a fondi di investimento non residenti, era già in vigore anteriormente al 31 dicembre 1993, senza che le modalità di tale tassazione siano state successivamente modificate, e che, in secondo luogo, considerato che tale tassazione si applicava indistintamente, vale a dire a prescindere dal numero di azioni detenute nelle società polacche, i movimenti di capitali oggetto del procedimento principale possono parimenti ricadere nella nozione di «investimenti diretti», quale precisata dalla giurisprudenza della Corte. In ogni caso, la restrizione di cui trattasi implicherebbe la prestazione di servizi finanziari.

47      Per quanto attiene al criterio temporaneo stabilito dall’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, da consolidata giurisprudenza della Corte risulta che, se spetta, in linea di principio, al giudice nazionale determinare il contenuto della normativa esistente ad una data fissata da un atto dell’Unione, spetta alla Corte fornire gli elementi interpretativi della nozione di diritto dell’Unione che costituisce il riferimento per l’applicazione di un regime derogatorio, previsto dal diritto medesimo, ad una legislazione nazionale «esistente» ad una data determinata (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, Racc. pag. I-11753, punto 191).

48      In tale contesto, la Corte ha già avuto modo di affermare che ogni disposizione nazionale adottata posteriormente ad una data così stabilita non è, per questo solo fatto, automaticamente esclusa dal regime derogatorio istituito dall’atto dell’Unione di cui trattasi. Infatti, una disposizione che sia sostanzialmente identica alla legislazione anteriore, o che si limiti a ridurre o ad eliminare ostacoli all’esercizio dei diritti e delle libertà previsti dal diritto dell’Unione esistenti nella legislazione precedente, beneficerà della deroga. Per contro, una normativa che si basi su una logica diversa da quella del diritto precedente e istituisca nuove procedure non può essere equiparata alla normativa esistente alla data indicata dall’atto dell’Unione de quo (v. sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 192, e del 24 maggi 2007, Holböck, C-157/05, Racc. pag. I-4051, punto 41).

49      A tal riguardo, dalle osservazioni della Commissione emerge, senza che tale elemento sia stato contestato dal governo polacco, che l’esenzione fiscale prevista dall’articolo 6, paragrafo 1, punto 10, della legge relativa all’imposta sulle società è stata introdotta da una legge del 28 agosto 1997.

50      Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle conclusioni, una restrizione, ai sensi delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, che sia stata mantenuta successivamente al 31 dicembre 1993 non esisteva anteriormente a tale data.

51      Infatti, alla data del 31 dicembre 1993, i dividendi versati da società polacche ad enti non residenti sarebbero stati soggetti vuoi alla stessa ritenuta alla fonte applicabile ai dividendi versati ad enti stabiliti in Polonia, vuoi ad una tassazione ad aliquota ridotta, in applicazione di una convenzione contro le doppie imposizioni conclusa tra la Repubblica di Polonia e lo Stato interessato. È la legge del 28 agosto 1997, menzionata supra al punto 49, che ha introdotto per la prima volta una restrizione, operando una differenza di trattamento tra i fondi di investimento residenti e i fondi di investimento non residenti, esentando i primi dalla ritenuta alla fonte e dalle procedure amministrative connesse al prelievo forfettario di imposta sui dividendi loro distribuiti.

52      Conseguentemente, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale non può essere considerata quale restrizione esistente alla data del 31 dicembre 1993, in quanto l’elemento costitutivo di una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vale a dire l’esenzione fiscale prevista dall’articolo 6, paragrafo 1, punto 10, della legge relativa all’imposta sulle società, è stato introdotto successivamente, discostandosi dalla logica della normativa precedente ed attuando una procedura nuova, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 48.

53      Considerato che il criterio temporale non risulta soddisfatto e che i due criteri, temporale e sostanziale, previsti dall’articolo 64, paragrafo 1, TFUE devono essere soddisfatti cumulativamente, quest’ultimo articolo non può trovare applicazione nella fattispecie principale, senza necessità di esaminare se il criterio sostanziale sia soddisfatto.

 Sul carattere giustificato della restrizione

54      Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, l’articolo 63 TFUE non pregiudica il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria che operino una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento dei loro capitali.

55      Tale disposizione, costituendo una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve essere oggetto di interpretazione restrittiva. Pertanto, essa non può essere interpretata nel senso che qualsiasi legislazione tributaria che operi una distinzione tra i contribuenti in base al luogo in cui essi risiedano o allo Stato membro in cui investano i loro capitali sia automaticamente compatibile con il Trattato (v. sentenze dell’11 settembre 2008, Eckelkamp e a., C-11/07, Racc. pag. I-6845, punto 57; del 22 aprile 2010, Mattner, C-510/08, Racc. pag. I-3553, punto 32, e Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 56).

56      Infatti, la deroga prevista da detta disposizione subisce essa stessa una limitazione per effetto dell’articolo 65, paragrafo 3, TFUE, il quale stabilisce che le disposizioni nazionali di cui al precedente paragrafo 1 «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63» (v. sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 57).

57      Le differenze di trattamento autorizzate dall’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE devono essere pertanto mantenute distinte dalle discriminazioni vietate dal successivo paragrafo 3. Orbene, dalla giurisprudenza risulta che, perché una normativa tributaria nazionale come quella oggetto del procedimento principale possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non siano oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale (v. sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 58 e la giurisprudenza citata).

 Sulla comparabilità oggettiva delle fattispecie

58      Per quanto attiene alla questione della comparabilità, occorre, in primo luogo, precisare che, con riguardo ad una norma tributaria, come quella oggetto del procedimento principale, volta a non assoggettare ad imposta gli utili distribuiti da società residenti, la situazione di un fondo di investimento beneficiario residente è paragonabile a quella di un fondo di investimento beneficiario non residente, considerato che, in entrambi i casi, gli utili realizzati possono, in linea di principio, costituire oggetto di doppia imposizione o di imposizioni a catena (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 62; Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 113; del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, Racc. pag. I-9879, punto 56, nonché Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 42 e giurisprudenza citata).

59      Orbene, considerato che è il solo esercizio, da parte dello Stato membro in questione, della propria giurisdizione tributaria, a prescindere da qualsiasi tassazione in un altro Stato terzo, a far sorgere il rischio di doppia imposizione o di imposizione a catena, l’articolo 63 TFUE impone allo stesso Stato che preveda un’esenzione fiscale nei confronti dei dividendi versati agli operatori economici residenti da parte di altre società residenti di riconoscere un trattamento equivalente ai dividendi versati agli operatori economici stabiliti negli Stati terzi (v., in tal senso, citate sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 72; Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 60, Commissione/Germania, punto 57).

60      Orbene, la normativa tributaria nazionale oggetto del procedimento principale non prevede tale equivalenza di trattamento. Infatti, mentre detta normativa impedisce la doppia imposizione dei dividendi di origine nazionale percepiti da fondi di investimento residenti, allineando la situazione dei partecipanti a detti fondi a quella di investitori individuali, essa non elimina, e nemmeno attenua, la doppia imposizione cui un fondo di investimento non residente rischia di trovarsi soggetto qualora percepisca tali dividendi.

61      In secondo luogo, si deve ricordare che, ai fini della valutazione della comparabilità oggettiva di fattispecie soggette ad un trattamento differenziato, occorre tener conto unicamente dei criteri di distinzione previsti dalla normativa tributaria nazionale ai fini della tassazione dei dividendi distribuiti (v., in tal senso, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 28).

62      A tal riguardo, è pacifico che l’unico criterio di distinzione stabilito dalla normativa tributaria oggetto del procedimento principale si fonda sul luogo di residenza del fondo di investimento, ove solamente i fondi di investimento stabiliti in Polonia possono beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte dei dividendi percepiti. Infatti, l’esenzione fiscale di cui beneficiano i fondi di investimento residenti non è subordinata alla tassazione dei redditi distribuiti in capo ai rispettivi detentori delle quote.

63      Alla luce di tale criterio di distinzione, la valutazione della comparabilità delle fattispecie deve essere effettuata unicamente a livello dello strumento di investimento, considerato che la normativa di cui trattasi non tiene conto della situazione fiscale dei rispettivi detentori delle quote (v., in tal senso, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punti 32, 39 e 41).

64      Conseguentemente, non può trovare accoglimento l’argomento, dedotto dal governo tedesco, secondo cui gli effetti di una restrizione possono essere neutralizzati, in linea generale, qualora l’investitore possa imputare, nel proprio Stato di residenza, al proprio debito fiscale soggettivo l’imposta cui il fondo di investimento non residente è soggetto alla fonte ovvero dedurre tale imposta nella determinazione della base imponibile ai fini della tassazione nel proprio Stato di residenza.

65      In terzo luogo, dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni depositate dai governi polacco, tedesco, spagnolo, francese, italiano e finlandese nonché dalla Commissione risulta che la situazione di un fondo di investimento con sede in uno Stato terzo non è paragonabile a quella dei fondi di investimento stabiliti in Polonia e soggetti alla legge relativa ai fondi di investimento, né alla situazione dei fondi di investimento con sede in un altro Stato membro.

66      Più in particolare, la differenza tra i fondi di investimento con sede negli Stati Uniti e quelli con sede negli Stati membri dell’Unione atterrebbe, sostanzialmente, al fatto che questi ultimi sono soggetti ad una normativa uniforme applicabile all’istituzione e al funzionamento dei fondi di investimento europei, vale a dire alla direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 375, pag. 3), come modificata dalla direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva OICVM»), i cui requisiti sarebbero ripresi, sostanzialmente, dalla legge relativa ai fondi di investimento. Considerato che solamente i fondi di investimento che rispettino tali requisiti potrebbero beneficiare dell’esenzione prevista dalla legge relativa all’imposta sulle società, i fondi di investimento non residenti, non soggetti alla direttiva OICVM, si troverebbero conseguentemente in una situazione giuridica e di fatto fondamentalmente differente da quella dei fondi di investimento stabiliti negli Stati membri dell’Unione.

67      Orbene, la circostanza che i fondi di investimento non residenti esulino dal quadro normativo uniforme dell’Unione, istituito con la direttiva OICVM, che disciplina le modalità della creazione e del funzionamento dei fondi di investimento in seno all’Unione, quale trasposta nel diritto nazionale dalla legge polacca, relativa ai fondi di investimento, non può, di per sé, essere sufficiente per dimostrare la diversità di situazioni di detti fondi. Infatti, considerato che la direttiva OICVM non si applica ai fondi di investimento stabiliti in paesi terzi, in virtù del fatto che questi si trovano al di fuori della sfera di applicazione del diritto dell’Unione, esigere che questi ultimi vengano assoggettati ad una normativa identica rispetto ai fondi di investimento esterni priverebbe la libertà di circolazione dei capitali di qualsiasi effetto utile.

68      In ogni caso, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 37 e 38 delle conclusioni e come già affermato supra al punto 62, considerato che il criterio principale stabilito dalla normativa tributaria nazionale oggetto del procedimento principale si fonda sul luogo di residenza del fondo di investimento, consentendo unicamente ai fondi di investimento stabiliti in Polonia di beneficiare dell’esenzione fiscale, con riguardo al procedimento principale, un raffronto tra il quadro normativo posto a disciplina dei fondi stabiliti in un paese terzo ed il quadro normativo uniforme applicato in seno all’Unione risulta privo di pertinenza, in quanto non ricade nella normativa applicabile di cui trattasi nella specie.

69      Alla luce delle suesposte considerazioni, con riguardo alla normativa tributaria di uno Stato membro, quale la legge relativa all’imposta sulle società, che assume quale criterio di distinzione principale il luogo di residenza dei fondi di investimento, cui è subordinata la riscossione o meno di una ritenuta alla fonte sui dividendi loro versati da società polacche, i fondi di investimento non residenti si trovano in una situazione oggettivamente comparabile a quella dei fondi la cui sede si trovi sul territorio polacco.

70      Ciò detto, occorre poi esaminare se la restrizione risultante da una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, risulti giustificata da motivi imperativi di interesse generale (v. sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 63 e giurisprudenza citata).

 Sull’esistenza di motivi imperativi di interesse generale

–       La necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali

71      Secondo costante giurisprudenza, l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale che può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (sentenza del 6 ottobre 2011, Commissione/Portogallo, C-493/09, Racc. pag. I-9247, punto 42 e giurisprudenza citata).

72      A tal riguardo, come emerge dalla decisione di rinvio e come tutti i governi nonché la Commissione hanno dedotto nell’ambito delle proprie osservazioni depositate dinanzi alla Corte, in assenza di un quadro normativo comune in comune in materia di cooperazione amministrativa con gli Stati terzi, quale realizzata, in seno all’Unione, con la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza tra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), l’amministrazione finanziaria polacca non sarebbe in grado di verificare, con riguardo ad un fondo di investimento non residente, il rispetto degli specifici requisiti posti dalla normativa polacca né di valutare la portata e l’efficacia del controllo esercitato sul fondo medesimo rispetto ai meccanismi di cooperazione rinforzata previsti dalla direttiva OICVM in seno all’Unione.

73      Orbene, per quanto attiene all’argomento relativo all’assenza di strumenti giuridici che consentano all’amministrazione finanziaria polacca di verificare le prove e le informazioni presentate dai fondi di investimento stabiliti negli Stati Uniti al fine di accertare l’analogia rispetto ai fondi di investimento stabiliti in Polonia o in un altro Stato membro, si deve anzitutto precisare che il meccanismo di scambio di informazioni tra gli Stati membri, attuato dalla direttiva OICVM, si colloca nel sistema di cooperazione stabilito tra le rispettive autorità di omologazione e di sorveglianza ed i fondi di investimento, al fine di garantire la realizzazione del loro compito, la cui ampiezza è precisata all’articolo 50, paragrafo 5, della direttiva stessa.

74      In virtù di tale menzionato articolo, le competenti autorità che ricevano informazioni riservate possono utilizzarle solamente nell’esercizio delle loro funzioni per verificare che i requisiti di accesso all’attività degli OICVM o delle imprese concorrenti nella loro attività siano rispettate e per agevolare il controllo dei requisiti di esercizio dell’attività, dell’organizzazione amministrativa e contabile nonché dei meccanismi di controllo interno, ovvero al fine di irrogare sanzioni, sia nell’ambito di ricorsi amministrativi contro le decisioni delle autorità competenti, sia ancora nell’ambito di azioni giurisdizionali proposte ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 2, della direttiva OICVM.

75      Inoltre, le altre disposizioni della direttiva OICVM attinenti a tale sistema di scambio di informazioni pongono l’accento sulla necessità di tutela, in tale contesto, del segreto professionale.

76      Dall’articolo 50, paragrafo 5, della direttiva OICVM nonché dall’economia generale della medesima emerge che tale sistema di scambio di informazioni si colloca nel sistema di sorveglianza istituito dalla direttiva medesima. Conseguentemente, tale forma di cooperazione prevista dagli Stati membri non verte sulla materia tributaria, bensì attiene unicamente all’attività di fondi di investimento in materia di OICVM.

77      La direttiva OICVM non può, conseguentemente, attribuire all’amministrazione finanziaria polacca il potere di procedere, o di far procedere, a controlli al fine di verificare se i fondi di investimento siano conformi agli obblighi ad essi incombenti in virtù della legge relativa ai fondi di investimento, ove tale competenza è riservata alle autorità di sorveglianza investite di tale potere dalla direttiva medesima.

78      La direttiva OICVM non può tantomeno autorizzare un’autorità di sorveglianza di uno Stato membro a scambiare informazioni con l’autorità di sorveglianza dello Stato membro di imposizione, ottenute in seguito a controlli che la prima autorità abbia effettuato presso fondi di investimento stabiliti sul proprio territorio, al fine di consentire all’autorità di sorveglianza dello Stato membro di imposizione di trasmettere tali informazioni alle amministrazioni finanziarie nazionali.

79      Dalle suesposte considerazioni emerge che la circostanza che il sistema di scambio di informazioni istituito dalla direttiva OICVM non possa applicarsi ai fondi di investimento non residenti non è idoneo a giustificare tale restrizione oggetto del procedimento principale.

80      Inoltre, escludendo dall’esenzione fiscale i fondi di investimento non residenti unicamente in base al rilievo che sono stabiliti sul territorio di uno Stato terzo, la normativa tributaria nazionale, oggetto del procedimento principale, non fornisce la possibilità a tali contribuenti di dimostrare di ripsondere a requisiti equivalenti a quelli dettati dalla legge relativa ai fondi di investimento.

81      È ben vero che dalla giurisprudenza della Corte emerge che, nelle relazioni tra gli Stati membri dell’Unione, non può essere escluso a priori che il contribuente sia in grado di fornire la documentazione giustificativa pertinente che consenta all’amministrazione finanziaria dello Stato membro di imposizione di verificare, in termini chiari e precisi, che il contribuente stesso risponda, nel proprio Stato di residenza, a requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa nazionale di cui trattasi (v., in tal senso, citate sentenze A, punto 59, e Commissione/Portogallo, punto 46).

82      Tuttavia, tale giurisprudenza non può essere integralmente trasposta ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e gli Stati terzi, considerato che tali movimenti si collocano in un contesto giuridico differente (citate sentenze A, punto 60; del 19 novembre 2009, Commissione/Italia, C-540/07, Racc. pag. I-10983, punto 69; del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud, C-72/09, Racc. pag. I-10659, punto 40, nonché Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 65).

83      Si deve, infatti, rilevare che i meccanismi di cooperazione tra le competenti autorità degli Stati membri stabiliti dalla direttiva 77/799 non esistono tra le autorità medesime e le competenti autorità di uno Stato terzo qualora quest’ultimo non abbia assunto alcun impegno di mutua assistenza (citate sentenze Commissione/Italia, punto 70; Établissements Rimbaud, punto 41, nonché Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, punto 66).

84      Dai suesposti rilievi emerge che la giustificazione attinente alla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali è ammissibile unicamente qualora la normativa di uno Stato membro subordini il beneficio di un vantaggio fiscale al rispetto di requisiti la cui osservanza possa essere verificata unicamente ottenendo informazioni dalle competenti autorità di uno Stato terzo e qualora, in considerazione dell’assenza di un obbligo convenzionale, a carico di detto Stato terzo, di fornire informazioni, risulti impossibile ottenere chiarimenti dal medesimo (v. sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 67 e la giurisprudenza citata).

85      Orbene, contrariamente alle cause dalle quali sono scaturite le sentenze menzionate supra al punto 82, nell’ambito del quale non esisteva un obbligo convenzionale di fornire informazioni da parte degli Stati terzi in questione, ragion per cui la Corte ha escluso la possibilità per il contribuente di fornire essi stessi le prove necessarie ai fini del corretto accertamento delle imposte in questione, per quanto attiene al procedimento principale esiste un contesto normativo di reciproca assistenza amministrativa tra la Repubblica di Polonia e gli Stati Uniti d’America, che consente lo scambio di informazioni che risultino necessarie ai fini dell’applicazione della normativa tributaria.

86      Più in particolare, tali meccanismi di cooperazione risultano dall’articolo 23 della convenzione contro le doppie imposizioni nonché dall’articolo 4 della convenzione elaborata dall’organismo di cooperazione e di sviluppo economico (OCSE) e il Consiglio d’Europa, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1988, riguardante la reciproca assistenza in materia fiscale.

87      Ne consegue che, tenuto conto dell’esistenza di tali obblighi convenzionali tra la Repubblica di Polonia e gli Stati Uniti d’America, che istituisce un contesto giuridico comune di cooperazione e prevede meccanismi di scambio di informazioni tra le autorità nazionali interessate, non può essere escluso a priori che i fondi di investimento stabiliti nel territorio degli Stati Uniti d’America possano essere tenuti a fornire a fornire la pertinente documentazione che consenta all’amministrazione finanziaria polacca di verificare, in cooperazione con le competenti autorità degli Stati Uniti d’America, che essi esercitino la propria attività in condizioni equivalenti a quelle relative ai fondi di investimento stabiliti sul territorio dell’Unione.

88      Spetta nondimeno al giudice del rinvio esaminare se gli obblighi convenzionali tra la Repubblica di Polonia e gli Stati Uniti d’America, che istituiscono un contesto giuridico comune di cooperazione e prevedono meccanismi di scambio di informazioni tra le autorità nazionali interessate, siano effettivamente idonei a consentire all’amministrazione finanziaria polacca di verificare, all’occorrenza, le informazioni fornite dai fondi di investimento stabiliti sul territorio degli Stati Uniti d’America relative ai requisiti di avvio e di esercizio delle proprie attività, al fine di dimostrare che essi operano in un contesto normativo equivalente a quello dell’Unione.

–       La necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale

89      A sostegno dell’argomento secondo cui la restrizione determinata dalla normativa tributaria nazionale oggetto del procedimento principale troverebbe giustificazione nella necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale, il governo polacco sostiene che l’esenzione prevista da tale normativa è strettamente connessa alla tassazione dei versamenti effettuati dai fondi di investimento ai propri sottoscrittori. La coerenza del sistema fiscale esigerebbe che venga garantita la tassazione uniforme ed effettiva dei redditi di un contribuente, indipendentemente dallo Stato membro in cui detti redditi siano percepiti, e che la tassazione tenga conto dell’importo delle imposte assolte in altri Stati membri.

90      Inoltre, il governo tedesco sostiene che, laddove siano coinvolti Stati terzi e, segnatamente, quando siano interessati fondi di investimento, occorre ampliare la nozione di coerenza fiscale e valutare congiuntamente i vari livelli di tassazione, nell’assunto che i dividendi siano versati ai detentori di quote stabiliti all’estero.

91      Si deve ricordare che la Corte ha già avuto modo di affermare che l’esigenza di garantire tale coerenza può giustificare una normativa idonea a restringere le libertà fondamentali (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 50 e la giurisprudenza citata).

92      Tuttavia, affinché un argomento fondato su una giustificazione del genere possa trovare accoglimento, occorre, secondo costante giurisprudenza, che sia dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale interessato e la compensazione di tale vantaggio con un prelievo fiscale determinato, ove il carattere diretto di tale nesso dev’essere valutato con riguardo all’obiettivo perseguito dalla normativa in questione (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 51 e la giurisprudenza citata).

93      Orbene, come già rilevato supra al punto 62, l’esenzione dalla ritenuta alla fonte dei dividendi oggetto del procedimento principale non è subordinata alla condizione che i dividendi percepiti dal fondo di investimento interessato siano ridistribuiti dal medesimo e che la loro tassazione in capo al titolare dei detentori di quote del fondo stesso consenta di compensare l’esenzione dalla ritenuta alla fonte.

94      Inoltre, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 113 delle conclusioni, l’interpretazione ampliata della nozione di coerenza fiscale proposta dal governo tedesco riposa sulla premessa, non dimostrata, che i detentori di fondi di investimento stabiliti in paesi terzi risiedano essi stessi in tali paesi o, quantomeno, al di fuori del territorio nazionale. Orbene, l’esame del motivo relativo alla coerenza fiscale esige, in linea di principio, un esame con riguardo ad un solo ed unico sistema fiscale.

95      Conseguentemente, in assenza di un nesso diretto, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 92, tra l’esenzione della ritenuta alla fonte dei dividendi di origine nazionale percepiti da un fondo di investimento residente e la tassazione di tali dividendi a titolo di redditi dei detentori di quote di detto fondo di investimento, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale non può risultare giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema tributario.

–       La ripartizione della potestà impositiva e la salvaguardia del gettito fiscale

96      Il governo tedesco ha inoltre invocato la necessità di garantire la ripartizione della potestà impositiva fra la Repubblica di Polonia e gli Stati Uniti d’America, nonché la salvaguardia del gettito fiscale, come motivi di giustificazione della restrizione di cui trattasi, motivi che appare opportuno esaminare congiuntamente, in considerazione degli analoghi argomenti dedotti in merito.

97      Da un lato, per quanto attiene alla ripartizione della potestà impositiva, il governo tedesco deduce che la giurisprudenza relativa a tale motivo di giustificazione deve essere applicata unicamente alle situazioni interne all’Unione, considerato che, nel caso di movimenti di capitale verso paesi terzi o da essi provenienti, i soggetti interessati non possono avvalersi delle regole del mercato interno, in quanto una restrizione della sovranità fiscale di uno Stato membro per effetto della libera circolazione dei capitali produrrebbe la conseguenza diretta di trasferire la base imponibile verso un paese terzo.

98      Secondo costante giurisprudenza della Corte, la necessità di garantire l’equilibrata ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati membri può essere ammessa qualora, in particolare, il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul proprio territorio (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 47 e la giurisprudenza citata).

99      Tuttavia, uno Stato membro, allorché abbia scelto di non assoggettare ad imposta i fondi di investimento residenti beneficiari di dividendi di origine nazionale, non può invocare la necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta dei fondi di investimento non residenti beneficiari di tali redditi (v., in tal senso, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 48 e la giurisprudenza citata).

100    A tal riguardo, non può validamente sostenersi che tale giurisprudenza non si applichi ai rapporti tra gli Stati membri e gli Stati terzi, tenuto conto che l’assenza di reciprocità nell’ambito di tali rapporti, invocata dal governo tedesco, non può giustificare una restrizione ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e gli Stati terzi medesimi (v., in tal senso, sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 128).

101    Dall’altro lato, per quanto attiene alla salvaguardia del gettito fiscale nazionale, il governo tedesco sostiene che la libera circolazione dei capitali non deve costringere gli Stati membri a rinunciare al proprio gettito fiscale a favore di Stati terzi. Infatti, il mercato interno sarebbe volto a garantire un’efficace distribuzione delle risorse in seno all’Unione garantendo, nell’ambito di detto mercato, la neutralità fiscale. Orbene, gli Stati terzi, non appartenendo a tale mercato, non sono, conseguentemente, tenuti ad accettare un’analoga perdita di gettito fiscale nei confronti degli Stati membri.

102    Al tal riguardo è sufficiente rammentare che, secondo ben consolidata giurisprudenza della Corte, la riduzione del gettito fiscale non può essere considerata come un motivo imperativo di interesse generale che possa essere fatto valere per giustificare una misura in linea di principio incompatibile con una libertà fondamentale (sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, cit., punto 126).

103    Tale giurisprudenza si applica tanto nell’ipotesi in cui lo Stato membro interessato rinunci ad introiti fiscali a favore di un altro Stato membro quanto nell’ipotesi in cui tale rinuncia operi a favore di uno Stato terzo. In ogni caso, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 127 delle conclusioni, le società polacche continuano ad essere soggette all’imposta sugli utili e il diritto dell’Unione non impedisce allo Stato membro interessato, a più lungo termine, di rinunciare a prevenire le doppie imposizioni, imponendogli l’adozione ovvero il mantenimento di misure volte ad eliminare tali fattispecie di tassazione.

104    Dalle suesposte considerazioni emerge che la restrizione risultante dalla normativa tributaria nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, non è giustificata dalla necessità di garantire l’equilibrata ripartizione della potestà impositiva e la salvaguardia del gettito fiscale dello Stato membro interessato.

105    Alla luce dei suesposti rilievi, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, in virtù della quale non possono beneficiare di esenzione fiscale i dividendi versati da società stabilite nello Stato membro medesimo a favore di un fondo di investimento situato in uno Stato terzo, sempreché tra detto Stato membro e lo Stato terzo interessato sussista un obbligo convenzionale di mutua assistenza amministrativa che consenta alle amministrazioni finanziarie nazionali di verificare le informazioni eventualmente trasmesse dal fondo di investimento. Spetta al giudice del rinvio, nell’ambito del procedimento principale, esaminare se il meccanismo di scambio di informazioni previsto da tale sistema di cooperazione sia effettivamente idoneo a consentire all’amministrazione finanziaria polacca di verificare, all’occorrenza, le informazioni fornite dai fondi di investimento stabiliti sul territorio degli Stati Uniti d’America relative ai requisiti di istituzione e di esercizio delle loro attività, al fine di accertare che tali fondi operino nell’ambito di un contesto normativo equivalente a quello dell’Unione.

 Sugli effetti nel tempo della presente sentenza

106    Nelle proprie osservazioni scritte, il governo polacco ha chiesto alla Corte di limitare nel tempo gli effetti dell’emananda sentenza nel caso in cui essa dovesse dichiarare che gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE ostano alla normativa tributaria oggetto del procedimento principale.

107    A sostegno della propria richiesta detto governo, da un lato, ha richiamato l’attenzione della Corte sui rischi di gravi inconvenienti finanziari che una sentenza che affermasse tale principio produrrebbe, alla luce dell’elevato numero di casi in cui l’articolo 22, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sulle società trova applicazione. Il governo polacco fa presente che la Repubblica di Polonia ha ritenuto in buona fede che le disposizioni della legge relativa all’imposta sulle società fossero conformi al diritto dell’Unione, considerato che la Commissione ha posto in discussione le disposizioni medesime non con riguardo alla libera circolazione dei capitali con gli Stati terzi, bensì unicamente con riguardo agli altri Stati membri dell’Unione e del SEE.

108    A tal riguardo si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, che la Corte fornisce nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che consentono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all’applicazione di detta norma (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 58 e la giurisprudenza citata).

109    Solo in via del tutto eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, vale a dire la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 59 e la giurisprudenza citata).

110    Più in particolare, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione unicamente in circostanze ben precise, segnatamente laddove esisteva il rischio di ripercussioni economiche gravi dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede in base alla normativa considerata validamente vigente e laddove risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme al diritto dell’Unione in considerazione di un’incertezza oggettiva e rilevante quanto alla portata delle disposizioni del diritto dell’Unione, incertezza cui avevano eventualmente contribuito i comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 60 e la giurisprudenza citata).

111    Per quanto attiene all’argomento del governo polacco relativo alle considerevoli implicazioni che l’emananda sentenza potrebbe comportare per il bilancio dello Stato polacco, da ben consolidata giurisprudenza emerge che le conseguenze finanziarie eventualmente derivanti per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustifica, di per sé, la limitazione degli effetti di tale sentenza nel tempo (sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 62 e la giurisprudenza citata).

112    Orbene, il governo polacco non ha fornito, né nelle osservazioni scritte né all’udienza, dati che consentano alla Corte di valutare se lo Stato membro medesimo rischi effettivamente di essere gravemente colpito, dal punto di vista economico, dagli effetti dell’emananda sentenza.

113    Ciò premesso, e senza necessità di esaminare se la Repubblica di Polonia abbia ritenuto in buona fede che le disposizioni della legge relativa all’imposta sulle società fossero conformi al diritto dell’Unione, non vi è motivo per accogliere la richiesta dello Stato membro medesimo di limitare gli effetti nel tempo della presente sentenza, atteso che non è stato dedotto alcun elemento idoneo ad avvalorare l’argomento secondo cui tale sentenza rischierebbe, nel caso in cui i suoi effetti non venissero limitati nel tempo, di produrre inconvenienti finanziari gravi.

 Sulle spese

114    Nei confronti delle parti nel procedimento principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali, si applica in una fattispecie, come quella oggetto della causa principale, in cui, per effetto della normativa tributaria nazionale, i dividendi versati da società stabilite in uno Stato membro a favore di un fondo di investimento stabilito in uno Stato terzo non costituiscono oggetto di esenzione fiscale, mentre i fondi di investimento stabiliti nello Stato membro stesso beneficiano dell’esenzione.

2)      Gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, in virtù della quale non possono beneficiare di esenzione fiscale i dividendi versati da società stabilite nello Stato membro medesimo a favore di un fondo di investimento situato in uno Stato terzo, sempreché tra detto Stato membro e lo Stato terzo interessato sussista un obbligo convenzionale di mutua assistenza amministrativa che consenta alle amministrazioni finanziarie nazionali di verificare le informazioni eventualmente trasmesse dal fondo di investimento. Spetta al giudice del rinvio, nell’ambito del procedimento principale, esaminare se il meccanismo di scambio di informazioni previsto da tale sistema di cooperazione sia effettivamente idoneo a consentire all’amministrazione finanziaria polacca di verificare, all’occorrenza, le informazioni fornite dai fondi di investimento stabiliti sul territorio degli Stati Uniti d’America relative ai requisiti di istituzione e di esercizio delle loro attività, al fine di accertare che tali fondi operino nell’ambito di un contesto normativo equivalente a quello dell’Unione.

Firme


* Lingua processuale: il polacco.